L’essenza dell’iniziazione

O.O. 104 – L’Apocalisse – 19.06.1908


 

Oggi il mio compito sarà di descrivervi, in generale l’essenza dell’iniziazione, quello che accade nell’uomo quando, attraverso l’iniziazione, si trova messo nella condizione di vedere da sé dentro quel mondo spirituale che sta dietro il mondo dei sensi; e il mio compito deve arrivare a presentarvi in grandi tratti, di quale genere sia l’esperienza inerente all’iniziazione. Poiché solo in quanto entriamo un po’ più esattamente nell’essenza dell’iniziazione, noi possiamo a poco a poco arrivare a capire questo importante documento religioso: l’Apocalisse.

 

Per prima cosa dobbiamo ancora una volta osservare con precisione i due stati di coscienza dell’uomo; cioè quello stato di coscienza che dura dal mattino, quando l’uomo si sveglia fino alla sera, quando egli si addormenta; e l’altro stato coscienza, che comincia con l’addormentarsi e finisce col risveglio. Noi abbiamo spesso rammentato che l’uomo, così come ci viene incontro nella sua forma odierna, è una quadruplice entità, poiché egli consta del corpo fisico, del corpo eterico, del corpo astrale e dell’io.

 

Nella forma umana esteriore queste quattro parti appaiono alla coscienza chiaroveggenti così che il corpo fisico, come una specie di nocciolo, sta nel mezzo (rappresentatevi questo del tutto schematicamente davanti agli occhi). Il corpo fisico è permeato durante il giorno dal cosiddetto corpo eterico, che sporge soltanto un poco attorno alla testa, come una chiara aureola, pur compenetrando tutto il capo. Però verso il basso il corpo eterico o vitale diventa sempre più nebuloso e indistinto, e più ci avviciniamo alle membra inferiori dell’uomo, tanto meno esso corrisponde in senso stretto alla forma del corpo fisico.

 

Queste due parti dell’essere umano durante il giorno sono a loro volta avviluppate da quello che noi chiamiamo corpo astrale, che sporge da ogni parte come un ellissoide, come una forma d’uovo e che, nel suo aspetto primitivo, ha dei raggi luminosi che propriamente appaiono come se, dall’esterno, scorressero verso l’interno, compenetrando l’uomo dall’esterno verso l’interno. In questo corpo astrale sono disegnate un’infinità di figure diverse, tutti i tipi possibili di linee e di raggi, alcune a forma di saetta, altre in strani aggrovigliamenti; tutto questo circonda l’uomo nelle più svariate forme luminose.

 

Il corpo astrale è l’espressione delle sue passioni, dei suoi istinti, impulsi e brame, ma anche di tutti i suoi pensieri e rappresentazioni. In questo corpo astrale la coscienza chiaroveggente vede ritratte tutte quelle che si chiamano le esperienze dell’anima, dai più bassi impulsi fin su ai più alti ideali morali. Poi abbiamo il quarto elemento dell’entità umana, che si vorrebbe descrivere come qualche cosa che invia raggi ad un punto che si trova a circa un centimetro dietro la fronte.

Questa sarebbe la schematica rappresentazione dei quattro elementi dell’entità umana. Nel corso di queste conferenze vedremo come ogni singola parte si comporti nell’insieme.

Così è dunque l’uomo durante il giorno, dalla mattina, quando egli si sveglia, alla sera, quando si addormenta. Ora, la sera, quando egli si addormenta, restano a giacere nel letto il corpo fìsico e il corpo eterico, e si vede come uno scorrer fuori di quello che abbiamo descritto come corpo astrale.

 

Questo « scorrer fuori » è un’espressione un po’ inesatta; propriamente si forma come una specie di nebbia; così che noi vediamo, di notte, il corpo astrale uscire dal corpo fisico e corpo eterico come una specie di nebbia a spirale intorno all’uomo, mentre il quarto elemento dell’essere umano, l’io, per suo conto, scompare quasi del tutto, cioè si perde nell’infinito. La parte del corpo astrale che si dilegua in basso si vede molto debolmente, la parte superiore corrisponde a quello che dichiamo come « corpo astrale uscito fuori ».

 

Ora abbiamo già fatto osservare ieri che cosa deve accadere all’uomo quando riceve l’iniziazione. Se l’uomo è soltanto occupato come lo sono abitualmente gli uomini del nostro tempo non può ottenere nessuna iniziazione. L’uomo deve essere preparato in modo che, durante la solita vita diurna, faccia quegli esercizi che gli sono prescritti dalle scuole di iniziazione (cioè meditazioni, concentrazioni, eccetera). Questi esercizi, in fondo, per quello che riguarda la loro importanza per l’uomo, sono gli stessi in tutte le scuole iniziatiche.

 

Essi si differenziano soltanto un poco l’uno dall’altro,

in quanto più lontano andiamo indietro nelle scuole iniziatiche precristiane,

tanto più gli esercizi sono indirizzati ad allenare il pensiero, ad addestrare forze di pensiero;

quanto più ci avviciniamo ai tempi cristiani, tanto più essi sono invece diretti ad educare le forze del sentimento;

e quanto più ci avviciniamo ai tempi moderni, tanto più noi vediamo come, nelle cosiddette scuole dei rosacroce,

per le esigenze e le necessità dell’umanità, sia stato introdotto un particolare modo di educazione della volontà,

di esercizi per la volontà.

 

Quando anche le meditazioni, di primo acchito, siano simili a quelle delle altre scuole precristiane, lo stesso predomina dappertutto, alla base degli esercizi rosicruciani, una particolare educazione dell’elemento volitivo, quello che importava, e che veniva raggiunto attraverso esercizi tanto nelle scuole dei misteri orientali, quanto nelle scuole egiziane, pitagoriche e altre, ed anche per l’effetto di quegli esercizi che per lo più derivano dalla meditazione del Vangeli di Giovanni, è che nell’uomo, durante la vita diurna, anche per un tempo brevissimo, anche solo per cinque o quindici minuti, s’imprimesse un’attività tale da perdurare anche quando sopravviene, con l’addormentarsi, quella condizione nella quale il corpo astrale esce fuori.

Nell’uomo che fa questi esercizi, diciamo, occulti,

a poco a poco il corpo astrale, di notte, presenta le più svariate trasformazioni.

 

Esso appare con altre manifestazioni luminose, e mostra quell’articolazione plastica di organi, della quale abbiamo già parlato; e tutto ciò diventa sempre più e più evidente. Il corpo astrale riceve a poco a poco un’organizzazione interiore, come l’ha il corpo fisico nei suoi occhi, orecchi e così via. Questo però non porterebbe ancora tanto in là da vedere molto; specialmente non nell’uomo d’oggi. Certamente egli percepisce già qualcosa quando i suoi organi interiori siano, por un certo tempo, così formati. Egli inizia allora ad avere una coscienza durante il sonno.

 

Mondi spirituali emergono dalla consueta oscurità generale. Quello che l’uomo può allora percepire, quello che, soprattutto, egli ha percepito in tempi più antichi (e che oggi è già molto raro) sono meravigliose immagini di vita vegetale. Queste sono le primissime acquisizioni della chiaroveggenza.

Dove prima cerano soltanto le tenebre dell’assenza di coscienza, sorgono, come nebulosamente viventi, ma reali, delle figure vegetali. E molto di quanto vien descritto nelle mitologie degli antichi popoli è stato vitto in questo modo. Quando vien raccontato nella saga che Wotan, Wile e We trovarono sulla spiaggia una pianta e che con questa formarono l’uomo, si accenna al fatto che ciò era stato visto prima in una simile immagine vegetale. E in tutte le mitologie potete trovare questa primitiva forma di veggenza, le percezioni di visioni vegetali.

 

Anche il paradiso terrestre è una rappresentazione di questo tipo di veggenza, soprattutto coi suoi due alberi della conoscenza e della vita; anch’esso è un risultato di questa veggenza astrale. E non per niente, nel libro della Genesi stesso, viene accennato che il paradiso terrestre e in generale tutto quello che è descritto nell’inizio dell’esposizione biblica, è stato veduto. Bisogna imparare a leggere la Bibbia, allora capiremo quanto profondamente e significativamente essa conserva, nelle sue descrizioni, questa misteriosa condizione.

Un tempo non si insegnava in merito al paradiso terrestre, o all’inizio della Bibbia, nel modo in cui lo si fa oggi. Una volta veniva rivelato che « Adamo cadde in un sonno profondo » e questo era un sonno (così si diceva ai primi cristiani) nel quale Adamo, guardando indietro, percepì le visioni che sono presentate al principio della Genesi. Soltanto oggi si può credere che parole come: « Adamo cadde in un sonno profondo » siano lì per caso. Ogni parola della Bibbia è di una profonda importanza, e soltanto chi sa valutare ogni singola parola potrà capire la Bibbia.

 

Questo dunque era il primo passo. Ma poi, nei misteri precristiani, sopraggiungeva ancora qualcosa di speciale: quando l’uomo aveva fatto per molto tempo i suoi esercizi, e questo durava a lungo, quando egli aveva accolto in sé pressa poco quello che era necessario per mettere ordine nella sua anima, quando aveva accolto in sé press’a poco quello che noi oggi chiamiamo antroposofia, egli finalmente diveniva partecipe della vera e propria antica iniziazione. E in che consisteva quest’antica iniziazione?

 

Non è sufficiente che gli organi vengano formati nel corpo astrale; essi devono anche imprimersi nel corpo eterico. Come il sigillo imprime le sue cifre nella ceralacca, così gli organi astrali devono esser impressi nel corpo eterico. A questo scopo ogni discepolo delle antiche iniziazioni veniva messo in una condizione del tutto singolare. E precisamente egli veniva condotto, per tre giorni consecutivi, a uno stato simile alla morte. Riconosceremo sempre più che un simile stato non può né deve essere attraversato attualmente, poiché si hanno oggi altri mezzi di iniziazione.

 

Descrivo ora l’iniziazione precristiana. In questa l’iniziando, per la durata di tre giorni e mezzo, veniva posto, da colui che se ne intendeva, in una condizione simile alla morte. O veniva steso in una specie di piccolo vano o recesso, in una specie di tomba, e quivi egli giaceva in una condizione di sonno mortale. Oppure anche veniva legato a una croce in una posizione speciale, con le mani protese, poiché questo promuoveva il sopravvenire di quella condizione che si voleva raggiungere.

 

Noi sappiamo da molte altre conferenze che la morte, nell’uomo, avviene quando il corpo eterico esce col corpo astrale e con l’io, e rimane indietro soltanto il corpo fisico. Accade così, nella morte, qualche cosa che, di regola, non accadde mai durante la vita tra nascita e morte.

Il corpo eterico non ha mai lasciato, neppure nel sonno più profondo, il corpo fisico, anzi vi è sempre dentro. Nella morte il corpo eterico abbandona il corpo fisico.

 

Ora, durante quella condizione simile alla morte, anche una parte del corpo eterico abbandona il corpo fisico, così che una parte del corpo eterico, che abitualmente era dentro, in questa condizione si troverà fuori. Si descrive ciò, come sapete, in conferenze più exoteriche, quando si dice che il corpo eterico veniva estratto.

Ciò non è del tutto esatto. Ma queste sottili distinzioni ora soltanto possiamo farle. Dunque, nel corso di questi tre giorni e mezzo, durante i quali il sacerdote iniziatore sorvegliava attentamente l’iniziando, abbiamo l’uomo in una condizione in cui soltanto la sua parte inferiore era collegata col suo corpo eterico.

 

Questo è il momento nel quale il corpo astrale, con tutto quello che, come organi, aveva formato in sé, si imprime nel corpo eterico. In questo momento arriva l’illuminazione. Quando l’iniziando, dopo tre giorni e mezzo, veniva risvegliato, in lui era avvenuto quello che si chiama l’illuminazione, la quale doveva venire a seguito della purificazione, ossia dopo la mera formazione degli organi del corpo astrale. Adesso il discepolo era uno che « sapeva » nel mondo spirituale; quello che aveva visto prima era soltanto un gradino preparatorio della veggenza. Questo mondo, che si presentava come una specie di visione con prevalenti forme vegetali, ora si completava attraverso figure essenzialmente nuove.

 

Giungiamo ora a caratterizzare con più precisione quello che l’iniziato cominciava a vedere. Ora, guidato così fino l’illuminazione, gli riusciva chiaro, quando veniva risvegliato di aver visto qualche cosa che egli non avrebbe mai potuto accogliere prima nelle sue cognizioni. Che cosa aveva veduto. Che cosa poteva, in un certo modo, richiamare davanti alla sua anima, come significative immagini ricordo della veggenza? Quando vogliamo chiarirci che cosa egli avesse visto dobbiamo gettare uno sguardo indietro all’evoluzione dell’uomo.

 

Dobbiamo ricordarci che, per cominciare, l’uomo ha conseguito a poco a poco quel grado di coscienza individuale che egli ha oggi. In un certo senso, l’uomo non ha sempre potuto dire « io » a se stesso, così come egli fa oggi. Basta che noi retrocediamo nel tempo in cui i Cheruschi, gli Eruli eccetera vivevano nei paesi ove oggi vivono i Tedeschi. Il singolo qui non si sentiva come un singolo io umano, ma come un membro della stirpe. Come le dita non si sentono come qualcosa per sé stante, così il singolo Cherusco non si sentiva assolutamente nella condizione di dire a se stesso « io ».

 

L’io era l’io di tutta la stirpe; la stirpe rappresentava un organismo, e i gruppi di uomini che vi appartenevano, ed erano uniti fra loro da legami di sangue, avevano per così dire un’anima in comune, un io in comune. Come oggi le vostre due braccia appartengono al vostro io, così in quei tempi voi stessi eravate membri di una più grande comunità.

Ciò è ancora espresso significativamente presso quel popolo di cui si parla nell’Antico Testamento. Ogni singolo sentiva se stesso come un membro del popolo. Così che quando il singolo parlava dell’io abituale, non parlava di sé nel senso più alto; egli sentiva invece qualche cosa di più profondo quando diceva: io e il padre Abramo siamo uno, perché per lui risaliva fino ad Abramo una certa coscienza di io che, attraverso tutte le generazioni, scendeva fino al singolo.

Tutti quelli che erano parenti per sangue erano racchiusi in un solo « io ».

 

Vi era come un io in comune per un gruppo di anime, che avvolgeva tutto il popolo, e quelli che potevano vedere attraverso le cose dicevano a se stessi: quello che veramente costituisce il nostro intimo essere immortale non risiede nel singolo, risiede in tutto il popolo. Tutti i singoli membri appartengono a questo io comune.

Quindi a ciascuno di questi assertori era chiaro che chi moriva si riuniva con un’invisibile entità che risaliva fino al padre Abramo.

Veramente il singolo sentiva che sarebbe ritornato nel grembo di Abramo. Qui si sentiva eternamente in salvo, nell’anima di gruppo del popolo: quest’anima di gruppo, di tutto il popolo, non poteva scendere sul piano fisico. Qui si vedevano soltanto singole figure umane. Ma queste, per loro, non erano realtà, la realtà era nel mondo spirituale. Essi presentivano che ciò che scorre attraverso il sangue è il divino. E poiché essi vedevano il divino in Jehova, chiamavano questo divino Jehova o anche Michael, che significa « faccia del Signore ». Come anima di gruppo del popolo consideravano quindi Jehova.

 

Il singolo uomo, sulla terra, non poteva vedere questi esseri spirituali. L’iniziato che sperimentava il grande momento in cui il corpo astrale viene impresso nel corpo eterico cominciava a vedere, per prima cosa, le più importanti anime di gruppo. Quando noi, cioè, guardiamo indietro negli antichi tempi dell’umanità, troviamo dappertutto che l’io che noi abbiamo oggi si è dunque evoluto da queste coscienze di gruppo, da un io di gruppo; così per il veggente, quando guarda indietro, sempre più i singoli uomini confluiscono nelle anime di gruppo.

 

Ora ci sono principalmente quattro tipi di anime di gruppo, quattro immagini primordiali di anime di gruppo. Quando prendiamo in considerazione tutte le svariate anime di gruppo delle diverse anime, abbiamo in esse una determinata somiglianza, ma anche delle differenze. Se si suddividono, si ottengono quattro gruppi, quattro immagini primordiali. Si possono vedere soprattutto quando si guarda indietro chiaroveggentemente a quel tempo in cui l’uomo non era ancora incarnato, non era ancora disceso sulla terra.

 

Poiché ora noi dobbiamo rappresentarci con precisione il momento nel quale l’uomo è disceso dalle regioni spirituali fin nella carne. Noi possiamo rappresentarci questo momenti soltanto in grandiosi simboli.

Vi fu un tempo in cui la nostra terra era di una materia assai più morbida di quella di oggi, un tempo in cui non erano né rocce né pietre così indurite come oggi, in cui forme delle piante si mostravano ancora diverse, in cui tutto era sommerso come un mare primordiale in antri acquosi, in cui aria e acqua non erano ancora separate, e in cui di tutti gli esseri che oggi abitano la terra, soltanto animali piante erano formati nell’acqua. Quando gli esseri minerali cominciarono ad assumere la loro forma odierna, si potè dire che l’uomo uscisse dall’invisibilità. E così appariva all’iniziato.

 

Circondato esternamente da una specie di involucro egli scendeva giù dalle regioni che oggi sono le regioni dell’aria. L’uomo non era ancora qui nel fisico, densamente, quando già l’animale era incarnato. L’uomo era un sottile essere d’aria fino alla stessa epoca lemurica. Ed egli si è sviluppato così che l’immagine chiaroveggente lo rappresenta in quattro gruppi di anime: da una parte con la figura di un leone, dall’altra con la figura di un toro, in alto con quella di un’aquila, e nel mezzo, in basso, con una figura che è già simile all’uomo. Così si manifesta l’immagine chiaroveggente.

 

Così vien fuori l’uomo dall’oscurità delle regioni spirituali. E quello che lo ha formato, come forza, appare in una specie di formazione di arcobaleno. Proprio le forze fisiche circondano l’intera figura di questo uomo come un arcobaleno. Bisogna descrivere questo divenire umano nei diversi campi e nei diversi modi. Ora esso sarà descritto quale appare in un’immagine retrospettiva all’occultista, il quale vede come queste quattro anime di gruppo siano allora emerse dall’insieme del divino-umano che stava discendendo.

Da sempre si è rappresentato questo momento simbolicamente nella forma che voi potete trovare nel secondo dei cosiddetti suggelli. Questa è la rappresentazione simbolica; ma essa è più che un semplice simbolo. Qui abbiamo, uscenti dall’indefinito, quattro anime di gruppo, intorno vi è l’arcobaleno e il numero dodici. Bisogna anche capire che cosa significhi il numero dodici.

 

Quando si vede apparire quanto è stato descritto, si ha, chiaroveggentemente, il sentimento che ciò è circondato da qualche cosa che è di tutt’altra essenza e natura di ciò che proviene dalla spiritualità indistinta. E tutto quanto stava intorno era, negli antichi tempi, simboleggiato nello zodiaco, nei dodici segni dello zodiaco. Il momento dell’ingresso nella chiaroveggenza è ancora collegato con diverse altre esperienze.

La prima cosa sperimentata da chi vive il distacco dell’eterico è come un divenir grande, sempre più e più grande, è un distendersi sopra ciò che egli percepisce. Viene un momento del quale l’iniziato dice a se stesso: io non vedo soltanto queste quattro figure, ma io sono dentro di esse, io ho allargato il mio essere fino ad esse. Ed egli s’identifica con esse. Egli percepisce quello che si è simbolizzato attraverso le dodici costellazioni, attraverso il numero dodici.

 

Noi potremo capire meglio quello che qui si estende tutt’attorno a ciò che si sta svelando, se ricordiamo di nuovo che la nostra terra ha attraversato precedenti incarnazioni. Noi sappiamo già che prima che la terra fosse terra, essa è passata attraverso lo stato di Saturno, poi attraverso quello di Sole, poi attraverso quello di Luna, e soltanto dopo divenne terra nel senso odierno. Ciò era necessario, poiché soltanto attraverso tutto questo era possibile che sulla terra d’oggi sorgessero gli esseri che proprio vi sono apparsi. Essi dovettero evolversi a poco a poco attraverso tali metamorfosi.

Quando noi dunque guardiamo indietro nel lontanissimo passato vediamo il primo stato della nostra terra, quello dell’antico Saturno, che agli inizi della sua esistenza non riluceva neppur ancora. Esso era una specie di condizione calorica. Voi non avreste potuto vederlo come un globo luminoso; soltanto se vi foste avvicinati a questo Saturno sareste entrati in uno spazio più caldo, poiché esso consisteva soltanto di semplice condizione di calore.

 

Ora si dovrebbe chiedere: è cominciato con Saturno il divenire del mondo? non vi erano forse altre sostanze prima da cui Saturno è scaturito? non vi sono state altre incarnazioni prima di Saturno? Sarebbe difficile andare indietro oltre Saturno, soprattutto perché proprio con Saturno è cominciata una cosa senza la quale non possiamo andare dietro oltre Saturno: con Saturno infatti comincia proprio ciò che noi chiamiamo tempo. Prima c’erano altre forme di esistenza; cioè non possiamo veramente parlare di un prima perché ancora non vi era il tempo. Il tempo è anch’esso cominciato una volta.

 

Prima di Saturno non esisteva tempo, esisteva soltanto eternità, perpetuità.

Tutto era contemporaneo.

 

Il susseguirsi degli avvenimenti è cominciato soltanto con Saturno. In quella condizione cosmica nella quale c’é solo eternità, perpetuità, non esiste neppure alcun movimento. Perché per il movimento è necessario il tempo; là invece non vi è nessuno « scorrere », là è perpetuità e quiete; quello che in occultismo si chiama la « beata quiete nella durata ». Questa è l’espressione adatta per ciò. Beata quiete nella durata precedette lo stato di Saturno.

Il movimento dei corpi celesti cominciò con Saturno e prese come segno il circolo formato dai dodici segni dello zodiaco.

 

E il tempo in cui un pianeta giaceva in una di queste costellazioni si chiamava un’ora cosmica; si stimava ciò un’« ora cosmica ». Dodici ore cosmiche, dodici ore diurne e dodici ore notturne! Per ciascuna di queste incarnazioni, per Saturno, per il Sole, per la Luna, viene contato un seguito di ore cosmiche, che si raggruppano in « giornate » cosmiche, e infine così che di questi dodici spazi di tempo sette sono esteriormente percepibili e cinque sono più o meno impercettibili esteriormente.

 

Si distinguono dunque sette ronde di Saturno, ossia sette grandi giornate di Saturno e cinque grandi notti di Saturno. Si potrebbe anche dire cinque giorni e sette notti; poiché il primo e l’ultimo giorno sono giorni crepuscolari.

Abitualmente si chiamano, tali sette ronde o sette giorni, “manvantara “, e le cinque notti cosmiche, « pralaya ». Se vogliamo avere un calcolo di tempo del tutto corrispondente al nostro, allora bisogna contare due stati planetari insieme: cioè Saturno e Sole, Luna e Terra. Otteniamo così ventiquattro epoche evolutive per ognuno dei due. Queste ventiquattro ronde formano importanti epoche nella descrizione del mondo, e si immaginano queste ventiquattro epoche rette da entità nel cosmo, alle quali viene accennato nell’Apocalisse nei ventiquattro seniori, i ventiquattro reggitori delle rivoluzioni cosmiche, dei tempi cosmici.

 

Nella figura del suggello vi si accenna con una specie di orologio cosmico. Le singole cifre dell’orologio sono soltanto alternate con le doppie corone dei seniori a significare che essi sono i re del tempo perché regolano rivoluzioni dei corpi cosmici (vedi il secondo suggello).

Così l’iniziato dapprima rivede il passato in questa immagine. Ma ora dobbiamo chiederci: perché l’iniziato vede questa immagine? Perché in questa immagine sono rappresentate in modo simbolico astrale le forze che hanno formato nel suo odierno aspetto il corpo eterico e di conseguenza il corpo fisico. Potete facilmente capire come ciò sia. Pensate: l’uomo giace nel letto, col suo astrale e con l’io abbandona il corpo fisico e il corpo eterico. Ora però al corpo fisico e al corpo eterico, come essi sono oggi, al corpo umano fisico odierno, e a quello eterico, sono collegati il corpo astrale e l’io. Né il corpo fisico nè il corpo eterico possono sussistere per se stessi. Essi sono diventati quali sono perché sono stati articolati con il corpo astrale e l’io.

 

• Soltanto un corpo fisico nel quale non scorra alcun sangue né vi sia alcun sistema nervoso,

può sussistere senza corpo astrale e senza io.

Quindi può vivere la pianta perché essa non ha alcun sangue né alcun sistema nervoso.

Infatti il sistema nervoso è connesso col corpo astrale, e il sangue con l’io.

• Nessun essere ha nel corpo fisico un sistema nervoso se non è compenetrato da un corpo astrale.

• E nessun essere ha nel corpo fisico un sistema sanguigno se in esso non si è introdotto l’io.

 

Pensate a ciò che voi fate ogni notte. Voi lasciate semplicemente il vostro corpo fisico e il vostro corpo eterico

e li abbandonate a se stessi col sistema sanguigno e il sistema nervoso.

Se dipendesse soltanto da voi, ogni notte accadrebbe che, poiché avete abbandonato il vostro sistema nervoso e il sistema sanguigno, il corpo fisico dovrebbe soccombere e lo sarebbe nello stesso istante in cui il corpo astrale e l’io abbandonano il corpo fisico e l’eterico.

 

Ma lo sguardo chiaroveggente osserva come allora altre entità, altre entità spirituali, lo occupino. Si vede come esse entrino e facciano ciò che l’uomo durante la notte non fa: cioè provvedere al sistema sanguigno e al sistema nervoso. E queste sono le stesse entità che hanno creato l’uomo, in quanto egli consiste di corpo fisico e di corpo eterico; non soltanto oggi, ma di incarnazione in incarnazione.

Sono le stesse entità che sull’antico Saturno hanno fatto sorgere il primo abbozzo del corpo fisico e che sul Sole hanno elaborato il corpo eterico. Queste entità che hanno operato fin dall’inizio dell’esistenza di Saturno e del Sole sul corpo fisico e sull’eterico, ogni notte operano mentre l’uomo dorme e abbandona sdegnoso il corpo fisico e il corpo eterico per così dire alla morte; esse entrano e provvedono al suo sistema nervoso e al suo sistema sanguigno.

 

Da ciò possiamo capire come nel momento in cui il corpo astrale tocca il corpo eterico, per imprimersi in essi l’uomo sia permeato da queste forze che lo hanno formato, così che egli vede l’immagine di queste forze che sono simboleggiate nel secondo suggello. Ciò che lo sostiene e costituisce un rapporto con tutto il cosmo, risplende per lui in quel momento dell’iniziazione. Egli vede quello che ha formato questi suoi due corpi: il fisico e l’eterico, e che in ogni notte li conserva bene in vita; egli stesso, però, non ha nessuna partecipazione in questo, poiché egli non può ancor lavorare in queste parti del suo essere.

Quanto all’uomo, il corpo fisico e il corpo eterico che di notte giacciono nel letto sarebbero condannati a un’esistenza vegetale, perché egli li abbandona a sé stessi.

Per questo fatto, nell’uomo, la condizione di sonno è uno stato di incoscienza quale lo ha sempre la pianta.

 

Che cosa accade, ora, nell’uomo comune di ciò che durante il sonno è uscito fuori? che cosa accade del corpo astrale e dell’io? Questi sono anch’essi non coscienti nella notte. Nell’uomo abituale, durante il sonno notturno, non vi è nessuna esperienza dentro il corpo astrale. Ma pensate, invece, di aver esercitato i sette gradi dell’iniziazione giovannita, questa importantissima tappa dell’iniziazione cristiana.

 

Allora a voi apparirebbe soltanto quello che abbiamo descritto sin qui, ma oltre al fatto che per il contatto del corpo astrale col corpo eterico potete sviluppare forza di chiaroveggenza, apparirebbe ancora dell’altro. L’uomo diventa cosciente delle proprietà animiche, delle caratteristiche animiche umane del mondo astrale e del mondo devacianico, dai quali veramente, riguardo alla sua anima, egli è nato. E sopravviene a questa immagine un simbolo ancora più alto che sembra riempire tutto il mondo.

 

A questo simbolo dell’antica iniziazione si aggiunge, per colui che percorre i gradini dell’iniziazione giovannita, qualche cosa che è rappresentato nel migliore modo possibile nel primo dei suggelli. Come in una visione chiaroveggente egli vede il re-sacerdote con la cintura d’oro, coi piedi che sembrano fatti di metallo incandescente, il capo coperto di capelli bianchi come bianca lana; dalla bocca gli esce una spada di fuoco fiammeggiante e nella mano ha le sette stelle cosmiche: Saturno, Sole, Luna, Marte, Mercurio, Giove e Venere.

 

Alla figura che sta al centro del secondo suggello,

nell’antica iniziazione veniva accennato come alla quinta anima-gruppo.

Essa è ciò che nell’umanità degli antichi tempi era soltanto allo stato di germe

e che solo con l’iniziazione cristiana si sviluppò verso quello che viene indicato come « Figlio dell’uomo »

e che, quando appare all’uomo interamente nella sua vera figura, regge le sette stelle.

 

Questa rappresentazione, a tutta prima simbolica, deve chiarirci soprattutto che ciò che nell’uomo attuale appare come separazione dei diversi corpi (corpi fisico ed eterico da un lato, corpo astrale ed io dall’altro), può esser trattato così che ambedue possano, per così dire, portare il loro tributo all’iniziazione, dapprima attraverso quella forma d’iniziazione conseguente al contatto del corpo astrale col corpo eterico, in cui risplendono le quattro anime-gruppo, poi col trattare il corpo astrale in modo che esso divenga particolarmente chiaroveggente.

Prima vi era una speciale veggenza che nel mondo soprasensibile arrivava tutt’al più ad una specie di esperienza vegetale. Con l’iniziazione cristiana è stato dato ciò che significa un più alto grado di iniziazione nel corpo astrale e che è simbolicamente indicato nella seconda immagine.

 

Qui dunque sono descritte, traendole dal principio stesso di iniziazione, le due cose che sono dette subito all’inizio dell’Apocalisse. Soltanto che lo scrittore dell’Apocalisse le ha presentate in ordine inverso, e con ragione.

Egli prima ha descritto l’aspetto del « Figlio dell’uomo », il volto di Colui che è, che era, e che sarà, e, dopo, l’altra immagine. Ambedue le immagini sono simboli di ciò che sperimenta l’iniziato durante l’iniziazione.

 

Così abbiamo fatto passare davanti alla nostra anima quello che, in determinati casi d’iniziazione,

accade ed è sperimentato per primo.