L’evoluzione della terra. L’epoca polare. Luce e amore. L’epoca iperborea.

O.O. 106 – Miti e misteri dell’Egitto – 07.09.1908


 

Sommario: L’evoluzione della terra. L’epoca polare. Luce e amore. L’epoca iperborea. La separazione del sole che prese seco le sostanze più sottili (luce), consolidando la terra in acqua. L’uomo essere acquatico. Pesci, anfibi e draghi. Il simbolo del serpente. L’epoca lemurica e la separazione della luna. Il sistema osseo umano, respirazione nell’aria e coscienza di nascita e morte. Luce e aria: Osiride e Tifone.

 

Sinora abbiamo cercato di formarci un’immagine della nostra evoluzione terrestre rispetto a quella umana, per poter comprendere come il passato della terra e gli eventi della sua evoluzione si rispecchino nella conoscenza dei singoli periodi di civiltà dell’epoca postatlantica.

 

Abbiamo descritto le esperienze più profonde dei discepoli dei risci e mostrato come le esperienze interiori di quegli iniziandi rappresentassero, in immagini spirituali vedute a mezzo della chiaroveggenza, gli avvenimenti svoltisi sulla terra primordiale quando essa conteneva ancora in sé il sole e la luna.

Abbiamo veduto anche quale alto grado d’iniziazione quei discepoli indiani dovessero raggiungere, per potersi formare una concezione del mondo che rappresentasse in immagine la ripetizione di quanto si era svolto in un remotissimo passato.

Abbiamo visto pure ciò che avevano pensato i Greci allorché, durante le spedizioni di Alessandro Magno, erano venuti a conoscenza delle esperienze per le quali passavano i discepoli indiani quando la loro anima si elevava all’immagine della forza creatrice divino-spirituale, espressa all’inizio nella nebbia primordiale, mentre sole e luna erano ancora congiunti con la terra.

Abbiamo cercato di porci davanti all’anima quell’immagine, il Brahman degli Indiani, che ai Greci si presentava nella veste di Eracle come una ripetizione degli eventi che in effetti si erano svolti nel passato.

Inoltre abbiamo già rilevato che le successive epoche si rifletterono poi nelle civiltà persiana ed egizia.

 

• Agli iniziati persiani apparvero in immagini gli eventi che si erano svolti durante la seconda epoca, quando il sole si separò dalla terra.

• Quel che era accaduto quando a poco a poco si era staccata la luna divenne concezione del mondo e principio d’iniziazione presso gli Egizi, i Caldei, i Babilonesi, gli Assiri.

Per poter penetrare con lo sguardo nell’anima dell’antico egizio (poiché questo è l’importante per noi, considerando l’iniziazione dei Persiani solo come una preparazione), dobbiamo tornare a guardare più da vicino che cosa avvenne in effetti della nostra terra quando sole e luna se ne separarono.

 

Vogliamo ora prescindere dai grandi avvenimenti cosmici e guardare quel che avvenne sulla terra stessa quando prima il sole e poi la luna si allontanarono.

Riandando al suo stato primordiale, quando era ancora congiunta col sole e con la luna, non vi troveremmo nessuno dei nostri animali attuali, delle nostre piante, e nemmeno dei nostri minerali. In origine costituivano la terra soltanto gli uomini, i germi umani.

È vero che già sull’antico sole e sull’antica luna erano stati posti i germi animali e vegetali, e quindi che anch’essi erano già contenuti nello stadio primordiale della terra, ma in certo modo erano germi ancora dormienti, non tali che dal loro aspetto si fosse potuto dedurre che un giorno si sarebbe potuto da essi generare alcunché. Soltanto quando il sole cominciò a staccarsi, quei germi furono capaci di muoversi per diventare più tardi animali. Soltanto quando il sole si fu separato del tutto dalla terra, e la terra rimase sola con la luna, divennero capaci di movimento i germi che più tardi divennero piante. Quando poi cominciò la separazione della luna, si formarono via via i germi minerali. Questo dobbiamo ricordare.

 

Guardiamo ora la terra stessa. Quando conteneva ancora in sé il sole e la luna, essa era solo una specie di grande nebbia eterica d’immensa estensione, contenente in sé i germi viventi degli uomini e quelli ancora dormienti degli altri esseri: animali, piante, minerali. Poiché vi erano solo germi umani e non esistevano occhi, nessun occhio poteva osservare da fuori tali processi; quel che qui si descrive è visibile solo per il chiaroveggente che guardi retrospettivamente al passato.

Questa descrizione è fatta nell’ipotesi che qualcuno avesse visto quella nebbia da un punto dello spazio cosmico. Nemmeno sull’antico Saturno un occhio fisico avrebbe potuto scorgere qualcosa. Allora, nel suo stadio primordiale, la terra non era che una nebbia che sarebbe stata sentita soltanto come calore. Da quella massa di nebbia eterica originaria, si formò a poco a poco una sfera di vapore luminoso che già sarebbe stata visibile, se vi fossero stati allora occhi per vederla; se fosse stato possibile penetrarvi col senso del tatto, essa sarebbe apparsa come uno spazio riscaldato, come l’interno d’un forno. Presto quella nebbia divenne una massa luminosa contenente in sé tutti i germi dei quali abbiamo parlato.

 

Ci deve essere chiaro che quella nebbia non era uguale a una formazione nuvolosa o a una nebbia di adesso, ma conteneva in sé disciolte tutte le sostanze che oggi sono divenute solide o liquide. Vi erano contenuti tutti i metalli e i minerali, in forma di un vapore molto trasparente compenetrato di calore e di luce. Immaginiamo di esserci: la nebbia eterica si era trasformata in un gas illuminato, ed esso andava sempre più rischiarandosi. Appunto col condensarsi dei gas, la luce andava accrescendosi, finché in effetti tutta quella massa di nebbia prese l’apparenza di un gran sole risplendente nello spazio cosmico.

 

Una volta si ebbe davvero il momento in cui la terra conteneva ancora in sé il sole, ed era tutta pervasa di luce che si irradiava tutt’intorno nello spazio cosmico. Quella luce rese possibile che non soltanto l’uomo potesse vivere con la terra nella forma primordiale di allora, ma che nella massa di luce vivessero anche tutti gli esseri superiori che non assumevano un corpo fisico e che erano e sono tuttavia congiunti con l’evoluzione umana: Angeli, Arcangeli, Archai; e non soltanto questi, ma anche altri esseri, ancora più elevati: le Potestà, o Exusiai o Spiriti della forma; le Virtù o Dynamis o Spiriti del movimento, le Dominazioni o Kyriotetes o Spiriti della saggezza, e poi quelli che sono chiamati Troni o Spiriti della volontà; e finalmente, meno strettamente uniti con la sfera luminosa, staccandosi da essa sempre più, i Cherubini e i Serafini.

 

La terra era dunque un corpo cosmico popolato da tutta una gerarchia di esseri inferiori e superiori, sublimi. La luce di cui quel corpo cosmico era compenetrato e che irradiava nello spazio, non era soltanto luce, ma forza d’amore; quell’amore che più tardi doveva diventare la missione della terra. L’amore formava la parte essenziale di quella luce. Dobbiamo dunque figurarci che non irradiasse soltanto luce, luce fisica, ma che essa fosse spiritualizzata dalla forza dell’amore.

 

È difficile da concepire per un’anima di oggi. Vi sono infatti oggi uomini che descrivono il sole come un globo di gas che semplicemente irradia luce. È un’idea del tutto materiale quella che la gente, eccettuati gli occultisti, si fa ora del sole. Chi legge oggi una descrizione del sole, quale si può trovare nei libri che sono l’alimento spirituale d’innumerevoli persone, non impara a conoscere l’essere vero del sole. Ciò che vi è in quei libri ha tanto valore quanto la descrizione di un cadavere per l’essere umano. Come il cadavere non è l’uomo, così quel che l’astrofisico descrive del sole, non è il sole.

 

Come chi dell’uomo descrive soltanto il cadavere ne tralascia l’essenziale, così pure non descrive la parte essenziale del sole il fisico che crede di trovarne gli elementi costitutivi a mezzo dell’analisi spettrale. Egli non ne vede che il corpo esteriore. Con ogni raggio solare affluisce su tutti gli esseri della terra la forza di entità superiori che popolano il sole; e con la luce del raggio di sole scende la forza dell’amore, quella stessa che qui, sulla terra, irradia da uomo a uomo, da cuore a cuore.

Il sole non potrebbe mai mandare sulla terra luce puramente fisica; la luce solare contiene invisibilmente in sé il più caldo e fervido sentimento d’amore. Con essa fluiscono sulla terra le forze dei Troni, dei Serafini, dei Cherubini e di tutta la gerarchia degli esseri spirituali superiori che dimorano sul sole e che non hanno bisogno di altro corpo che di un corpo di luce. Ma siccome tutto quel che esiste ora nel sole era allora ancora congiunto con la terra, così lo erano anche tutti gli esseri superiori; e anche oggi essi sono tuttora congiunti con l’evoluzione della terra.

Inoltre dobbiamo considerare che l’uomo, che era il minore di tutti gli esseri superiori, esisteva già allora in germe, quale nuovo figlio della terra, portato e curato da quelle alte entità che lo albergavano nel loro seno.

All’epoca dell’evoluzione terrestre che stiamo considerando, l’uomo, appunto perché viveva ancora nel grembo di quelle alte entità, doveva avere un corpo molto più fine. Infatti alla coscienza chiaroveggente risulta che il corpo dell’uomo d’allora era fatto di una evanescente forma di vapore, di un corpo d’aria o di gas, tutto pervaso e compenetrato di luce.

 

Pensiamo a una nuvola di forma regolare che a guisa di calice si apra verso l’alto, e pensiamo questo calice risplendente di una luce interiore in esso contenuta: avremo un’immagine degli uomini di allora che cominciavano appena ad avere una coscienza ottusa, simile a quella che hanno gli attuali vegetali. Tuttavia gli uomini di allora non erano piante nel senso attuale, ma masse di nuvole in forma di calice, pervase di luce e di calore, senza netti contorni che le delimitassero dal resto della massa terrestre.

Quella era una volta la figura umana: una forma che era un corpo fisico di luce, ancora partecipe delle forze della luce. A cagione della finezza del corpo umano, vi si potevano quindi immergere non solo un suo proprio corpo eterico e astrale, non solo l’io nei suoi primi inizi, ma anche le entità spirituali superiori che erano legate con la terra.

 

Allora l’uomo era ancora radicato, per così dire, verso l’alto negli esseri divino-spirituali che lo compenetravano. Non è facile davvero descrivere lo splendore, la magnificenza della terra di allora, e dare un’idea di quei tempi. Dobbiamo rappresentarcela come un globo tutto pervaso di luce, irradiato da nuvole luminose formanti meravigliosi fenomeni di luce e giochi di colore. Se si fosse potuta immergere una mano in quella terra, si sarebbero sentite impressioni di calore. Era un incessante fluttuare di quelle masse tutte pervase di calore e di luce, in cui vivevano tutti gli esseri umani d’oggi, avvolti e cullati dagli esseri spirituali irradianti, verso l’esterno, giochi magnifici di luci multiformi.

Fuori vi era il cosmo terrestre in tutta la sua immensa varietà; dentro, l’uomo ravvolto nella luce, connesso con le entità divino-spirituali da cui irradiavano torrenti di luce verso la sfera luminosa esterna. L’uomo era attaccato a quel cosmico seno luminoso della nostra terra, come per mezzo d’un cordone ombelicale che avesse la sua sorgente nel mondo divino. La pianta luminosa che era l’uomo di allora viveva come in un comune grembo cosmico nel quale si sentiva unificata col manto di luce che avvolgeva tutta la terra.

 

In quella fine forma nebulosa di pianta, attaccato alla madre terra da quel cordone ombelicale, l’uomo viveva da essa protetto e difeso come, in senso più grossolano, il bambino nel seno della madre; quel germe umano viveva così in un remotissimo passato.

Poi il sole cominciò a separarsi prendendo seco le sostanze più fini.

 

Vi fu un tempo in cui le alte entità solari abbandonarono gli uomini, e tutto ciò che oggi fa parte del sole si separò dalla terra, lasciando dietro a sé solo le sostanze più grossolane.

A misura che tale processo si svolgeva, il vapore si raffreddava, condensandosi in acqua; la terra, che prima era aeriforme, divenne un globo acqueo. Le acque primordiali ne erano il centro e intorno non v’era aria; poi via via l’acqua formò fitte nebbie che a poco a poco diventavano più tenui.

La terra di allora era dunque una terra liquida, contenente sostanze molli circondate da nebbie che andavano diradandosi sempre più verso le sfere superiori diventando tenuissime. Tale si presentava la terra di allora già molto trasformata; ormai gli uomini dovevano immergere le loro forme, prima aeree e pervase di luce, in torbide acque, e ivi assumere forme acquee nell’acqua, come prima avevano assunto forme aeree nell’aria.

L’uomo divenne una figura liquida, però non interamente.

Egli non fu mai del tutto immerso nell’acqua; è questo un momento importante.

 

Abbiamo detto che al centro la terra era tutta liquida, ma l’uomo era un essere liquido solo in parte; egli emergeva dall’acqua nell’involucro vaporoso ed era costituito per metà da acqua e per metà da vapore. Dentro l’acqua l’uomo non avrebbe mai potuto essere raggiunto dal sole, tanto le masse acquee erano dense. Nel vapore la luce del sole poteva invece penetrare alquanto, e così l’uomo viveva in parte nell’acqua densa, priva di luce, e in parte nel vapore compenetrato di luce. L’acqua non era però privata di una cosa che descriveremo ora con più precisione.

 

Da principio la terra non era stata soltanto pervasa di calore e di luce, ma anche di suono, e il suono le era rimasto. Perciò quando la luce se ne fu uscita, l’acqua divenne sì oscura, ma rimase compenetrata interiormente di suono; fu il suono a dare alle acque la configurazione, la forma, come si può constatare da un ben noto esperimento di fisica.

Il suono è infatti una forza formatrice che divide e ordina le parti. Il suono è una forza formatrice ed è essa che dall’acqua plasmò il corpo umano. La forza del suono era rimasta nella terra. È il suono risonante attraverso la terra quel che formò la figura umana.

 

La luce poteva raggiungere solo la parte dell’uomo che emergeva dall’acqua. In basso un corpo liquido; in alto un corpo di vapore illuminato dalla luce esteriore e a cui nella luce avevano accesso gli esseri che erano usciti col sole.

Prima, finché il sole era unito con la terra, l’uomo si sentiva vivere nel grembo di quegli esseri; ora, nella luce, essi risplendevano su di lui e gli facevano affluire le loro forze. Non dimentichiamo però che, dopo la scissione del sole, erano rimaste ancora nella terra le altre forze che essa avrebbe dovuto separare da sé: le forze della luna.

 

Abbiamo dunque un’epoca in cui il sole si era appena separato, in cui a poco a poco l’uomo-pianta dovette immergersi nella terra acquea fisica. Il gradino che egli aveva raggiunto allora nel suo corpo è quel che oggi vediamo fissato, ma degenerato, nei pesci. I pesci, che vediamo oggi popolare le acque, sono i residui naturalmente decaduti degli uomini di allora. Immaginiamo ad esempio un pesce dorato, avente una fantastica forma vegetale, mobilissimo, e pervaso da un sentimento di tristezza, perché all’acqua era stata tolta la luce. Sorse una profondissima nostalgia: la luce non c’era più, e tendere ad essa faceva nascere la nostalgia.

 

Vi fu un momento nell’evoluzione della terra, in cui il sole non era ancora uscito del tutto da essa; allora la forma umana si poteva scorgere tutta inondata di luce; la parte superiore si trovava ancora al gradino solare, mentre la parte inferiore aveva già la forma che si fissò poi nei pesci. Poiché dunque l’uomo, con la metà del suo essere, viveva nell’oscurità, vi era in basso una natura umana molto inferiore, dato che in quella parte risiedevano le forze della luna. Senza essere ancora pietrificate come la lava sulla luna attuale, erano però forze molto oscure, nelle quali potevano immergersi solo le parti peggiori dell’astralità. In alto vi era però una figura di vapore, corrispondente per così dire alla testa, nella quale irraggiava la luce dandole una forma.

Così l’uomo era composto da una parte inferiore e da una superiore, e si moveva, nuotando e librandosi, in quell’atmosfera di vapore. Quell’atmosfera densa di allora non era ancora aria, attraverso la quale sarebbe potuto penetrare il sole, ma consisteva di vapori attraverso i quali poteva penetrare il calore, non la luce. Il raggio di sole non poteva baciare la terra intera ma soltanto la sua superficie; l’oceano terrestre restava oscuro, e in esso erano le forze che più tardi si separarono come luna.

 

Poiché nella terra penetravano le forze della luce, vi penetravano anche gli dèi; così di sotto vi era il manto acqueo, abbandonato dagli dèi e compenetrato soltanto dalla forza del suono, e tutt’intorno il vapore nel quale irradiavano le forze solari; con la parte del suo corpo che emergeva dalla superficie delle acque, l’uomo partecipava ancora alla luce e all’amore che irradiavano su di lui dal mondo spirituale. Ma perché il mondo dei suoni compenetrava l’oscuro nucleo liquido della terra?

Perché uno degli alti esseri solari era rimasto indietro, e aveva congiunta la sua esistenza con la terra; è lo stesso Spirito che conosciamo col nome di Jahvé o Jehova. Solo Jahvé rimase con la terra, sacrificandosi, e col suo intimo essere compenetrò di suoni formatori la terra acquea.

 

Poiché erano rimaste le forze peggiori, elementi davvero terribili e malvagi, entro la terra liquida, la parte umana di vapore discese sempre più, e dalla figura vegetale di prima venne formandosi via via un essere al livello d’un anfibio. Tale figura, molto inferiore nella scala dei viventi a quel che divenne più tardi l’uomo, viene descritta nei miti e nelle leggende come drago o dragone.

Invece l’altra parte dell’uomo, abitante delle regioni luminose, viene rappresentata come un essere che non discese, che combatte la natura inferiore e che viene raffigurato ad esempio in San Michele che uccide il drago, o in San Giorgio che lotta contro di esso. Anche nella figura di Sigfrido che combatte il drago, sotto un altro aspetto abbiamo un’immagine della dualità in cui si manifestava allora l’essere umano.

 

Nella parte superiore della terra, e quindi anche nella parte superiore dell’uomo, penetrava il calore, formando come un drago di fuoco. Al di sopra si librava il corpo eterico nel quale era trattenuta la forza del sole. Risulta così una figura che nell’Antico Testamento viene molto bene rappresentata come serpente seduttore, anch’esso anfibio.

Ora si andava sempre più avvicinando il tempo in cui le forze più basse vennero espulse. Poderosi cataclismi squassavano la terra mentre la luna andava staccandosene; per l’occultista le formazioni basaltiche attuali appaiono come i residui delle forze purificatrici che causarono quella separazione. Era però anche il tempo in cui la parte centrale liquida della terra andava sempre più condensandosi e si formava a poco a poco il suo nucleo solido, minerale.

 

La terra si condensò sia per la scissione della luna, sia perché le parti superiori depositarono le loro sostanze più pesanti e più grossolane nelle parti inferiori, mentre in alto andava formandosi qualcosa di sempre più simile all’aria attuale, sebbene ancora permeata d’acqua.

La terra ebbe ormai al suo centro un nucleo solido, circondato d’acqua tutt’attorno.

 

All’inizio la nebbia periferica era ancora impenetrabile ai raggi del sole, ma andò sempre più alleggerendosi, a misura che quelle sostanze si depositavano nel centro. Solo molto più tardi si trasformò in aria vera e propria, e allora la terra cominciò ad essere pervasa dai raggi del sole, che prima non avevano potuto raggiungerla.

Arriviamo ora a una fase della nostra terra che bisogna cercare di metterci bene dinanzi all’anima. Prima l’uomo era immerso nell’acqua, ed emergeva nella nebbia; per la condensazione terrestre l’uomo liquido acquista ora la possibilità di rendere la sua forma più densa e di assumere un solido sistema osseo. L’uomo s’indurì sempre più in se stesso, e la sua parte superiore si trasformò così da acquistare una facoltà nuova, prima impossibile: quella di respirare aria.

Troviamo ora un primo accenno dei polmoni.

 

Nella parte superiore era prima situato qualcosa che accoglieva la luce, la quale però non poteva penetrare più addentro. Nella sua ottusa coscienza ora l’uomo sentiva di nuovo la luce; poteva sentire quel che dall’alto irradiava su lui, come l’affluire in lui di forze divine. In tale periodo di transizione egli sentiva scindersi in due parti ciò che così gli fluiva; sentiva l’aria che penetrava in lui col suo soffio, mentre prima penetrava in lui soltanto la luce. Egli dovette così dirsi: prima sentivo la forza che è sopra di me come quella che mi largiva ciò che ora mi occorre per respirare; la luce era per me respiro.

Quello che affluiva in lui ora gli appariva diviso: luce e aria, divenute una dualità.

Il soffio dell’aria terrestre che affluiva nell’uomo era al tempo stesso l’annuncio che doveva imparare a sentire qualcosa del tutto nuovo.

 

Finché c’era la luce sola, l’uomo non conosceva nascita e morte; prima quando la nuvola irraggiata di luce si trasformava, egli sentiva ciò come il mutare d’una veste, non sentiva di nascere, non sentiva di morire; si sentiva eterno, nascita e morte erano solo una vicenda alterna.

Col primo respiro cominciò la coscienza di nascere e morire: “L’aria, il soffio dell’aria, separatosi dal fratello raggio di luce, ha anche separato da me gli esseri che prima mi affluivano con la luce, mi ha portato la morte!” Così sentiva l’uomo di allora.

 

Quale fu l’essere che uccise il senso che l’uomo aveva, di possedere sì una figura oscura, però congiunta con l’Essere eterno? chi cancellò in lui tale coscienza? Fu il soffio d’aria che penetrò in lui: Tifone. Tifone vuol dire: soffio d’aria.

Quando l’anima egizia sperimentò in sé ciò che in tal modo si era svolto, cioè lo scindersi del raggio, prima unitario, nel raggio di luce e nel soffio dell’aria, tale evento cosmico le divenne un’immagine simbolica: l’uccisione di Osiride per opera di Tifone o Set il soffio del vento.

 

Un grande evento cosmico si nasconde nel mito egizio di Osiride ucciso da Tifone.

L’Egizio sentiva in Osiride il Dio venente dal sole che ancora viveva in armonia con suo fratello.

Tifone era l’aria che si respira e che portava all’uomo la mortalità.

 

Vediamo qui, in un esempio dei più significativi, come i fatti dell’evoluzione del mondo si ripetano nella conoscenza interiore degli uomini.

Così si svolse il divenire della trinità di sole, luna e terra. Tutto questo veniva insegnato al discepolo egizio in profonde, profondissime immagini formate in piena consapevolezza.