L’idea delle ripetute vite terrene e del karma in occidente e nel buddismo

O.O. 131 – Da Gesù a Cristo – 06.10.1911


 

Prima di occuparci in generale di una caratteristica del rosicrucianesimo e di una caratteristica dell’iniziazione di oggi, vogliamo anzitutto indicare ciò che a sua volta ebbe un’influenza determinante, per cui persino l’iniziazione rosicruciana del secolo tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo, e poi anche quella del sedicesimo e diciassettesimo secolo, dovette essere modificata avvicinandosi ai nostri tempi.

 

Il rosicrucianesimo dei secoli passati

non poteva ancora tener conto di un elemento spirituale che è penetrato più tardi nell’evoluzione dell’umanità,

e del quale non si può fare a meno fra gli elementi fondamentali

di tutte quelle correnti spirituali che crescono sul terreno dell’occultismo, e perciò in ogni corrente spirituale teosofica.

 

Per ragioni che si paleseranno più chiaramente alla nostra anima durante il corso di queste conferenze, ciò che risiede oggi a base e come punto di partenza della nostra conoscenza scientifico-spirituale per molti secoli non fece parte delle dottrine esteriori exoteriche del cristianesimo, e cioè l’insegnamento della reincarnazione e del karma, delle ripetute vite terrene.

 

L’insegnamento della reincarnazione e del karma, fino al tredicesimo secolo,

non era dunque ancora penetrato in tutto il suo senso nei primi gradini della iniziazione rosicruciana.

 

Si poteva arrivare fino al quarto e quinto gradino di iniziazione rosicruciana, si poteva attraversare ciò che fra i gradini dell’iniziazione rosicruciana viene chiamato lo studio rosicruciano, l’acquisto dell’immaginazione, l’acquisto della scrittura occulta, la scoperta della pietra filosofale, e perfino sperimentare anche in parte ciò che si chiama la morte mistica, si poteva dunque arrivare fino a questo gradino e acquistare delle cognizioni occulte straordinariamente elevate senza che occorresse aver raggiunto piena chiarezza in merito alle dottrine così illuminanti di reincarnazione e karma.

 

Attualmente dobbiamo però renderci ben conto che, per virtù del progredito pensiero dell’umanità, in esso sono penetrate delle forme di pensiero per mezzo delle quali, purché in modo conseguente si pensi ciò che oggi già facilmente si può pensare exotericamente, esteriormente, si può arrivare assolutamente a riconoscere le ripetute vite terrene, e con ciò anche arrivare all’accettazione dell’idea del karma.

 

Ciò che vien detto nel mio secondo dramma rosicruciano La prova dell’anima, per bocca di Strader, e cioè che oggi il pensatore conseguente, se non vuol romperla con tutto quello che è stato apportato dalle forme di pensiero degli ultimi secoli, deve arrivare in ultimo al riconoscimento del karma e della reincarnazione, è qualcosa di assolutamente radicato nelle profondità della vita spirituale odierna .

E poiché ciò si è preparato lentamente ed è radicato nelle profondità della nostra vita spirituale, si affaccia gradatamente come qualcosa di autonomo nella vita spirituale dell’occidente.

 

In modo mirabilmente autonomo, certo soltanto in singoli pensatori eminenti, si affaccia l’idea che è necessario riconoscere le ripetute vite terrene. Basta soltanto notare quello che, volontariamente o involontariamente, viene completamente dimenticato dalla nostra letteratura odierna e che si affaccia in modo mirabile per esempio in Lessing, nell’Educazione del genere umano. Vediamo come Lessing, grande spirito del secolo diciottesimo, al punto culminante della sua vita riassuma le proprie idee scrivendo l’Educazione del genere umano, e arrivi come per ispirazione all’idea delle ripetute vite terrene.

Così l’idea delle ripetute vite terrene si inserisce come per necessità interiore nella vita moderna. E questa idea va presa in considerazione, certo in modo diverso di quanto non si faccia nella nostra storia naturale o nella vita della nostra educazione moderna rispetto a simili idee.

Esse la considerano infatti sulla base dell’antica massima che ai vecchi, se furono intelligenti, convenga pur perdonare qualcosa; sebbene quindi riconoscano il merito di Lessing nelle sue creazioni precedenti, ritengono però che, nei suoi ultimi anni, egli debba essere stato alquanto svanito per essere arrivato all’idea delle successive vite terrene. Ma quest’idea si affaccia nell’epoca moderna anche altrove, sporadicamente.

 

Uno psicologo del secolo diciannovesimo, il Drossbach, parlò di questa idea come era possibile parlarne nel secolo diciannovesimo. Senza occultismo, per semplice osservazione di ciò che la natura offre, Drossbach, come psicologo, ha cercato a suo modo di stabilire l’idea delle ripetute vite terrene. Inoltre una piccola società, al passaggio dalla prima alla seconda metà del secolo diciannovesimo, all’avvicinarsi degli anni cinquanta, indisse un premio per il miglior scritto sulla immortalità dell’anima . Fu questo un fatto assolutamente notevole nella vita spirituale tedesca, anche se è poco conosciuto. Un piccolo circolo indìce un premio per il miglior scritto sull’immortalità dell’anima! E, strano a dirsi, lo scritto premiato del Widenmann si occupò della questione in modo da concepire l’immortalità dell’anima nel senso delle ripetute vite terrene; ne parlò indubbiamente in modo ancora imperfetto, e così doveva essere a metà del secolo passato in cui le forme di pensiero non si erano ancora spinte tanto in là.

 

Si potrebbero citare molti casi in cui l’idea delle ripetute vite terrene sgorga quasi come un postulato, un’esigenza del secolo diciannovesimo. Per questo nel mio piccolo scritto Reincarnazione e karma e poi anche in Teosofia potè essere costruita, con le forme di pensiero della scienza naturale, l’idea delle ripetute vite terrene e del karma, plasmando tali forme di pensiero rispetto all’individualità umana in contrapposto alla specie animale.

 

Ma su una cosa dobbiamo essere in chiaro: vi è una enorme differenza non nell’idea stessa delle ripetute vite terrene, ma fra il modo in cui l’occidente è arrivato a questa idea, semplicemente per via di pensiero, e il modo in cui, per esempio, la presentò il buddismo. È assai interessante gettare uno sguardo sulla maniera con la quale Lessing, nella sua Educazione del genere umano, è arrivato all’idea delle ripetute vite terrene. Beninteso, il risultato si può completamente paragonare, anzi lo si può dire assolutamente simile, a ciò che le ripetute vite terrene sono nel buddismo; ma la via seguita dal Lessing è del tutto diversa. La via per la quale Lessing vi è arrivato non è del resto affatto conosciuta. Come, è arrivato Lessing a quell’idea?

 

Lo si può vedere con esattezza se si legge attentamente l’Educazione del genere umano. Si può dire che nell’evoluzione dell’umanità è osservabile in senso stretto un progresso. Lessing esprime questo dicendo: « Il progresso è un’educazione dell’umanità da parte delle potenze divine ». Egli dice inoltre: « La Divinità ha posto in mano all’umanità un primo libro elementare, l’Antico Testamento. Con questo è stato posto un determinato gradino dell’evoluzione umana. Quando il genere umano fu più progredito venne il secondo libro elementare: il Nuovo Testamento ».

 

Nel nostro tempo Lessing vede poi qualcosa che va oltre il Nuovo Testamento: un sentimento autonomo dell’anima umana per il vero, il bene e il bello. Questo per lui è un terzo gradino nell’educazione divina del genere umano. Tale pensiero dell’educazione del genere umano da parte delle potenze divine è svolto in modo grandioso.

Sorge ora in lui il pensiero: qual’è l’unico modo di spiegare questo progresso?

 

Lessing non può spiegarselo in altro modo se non pensando che ogni anima debba prender parte a ogni periodo di civiltà umana, e che così soltanto si può trovare un senso al fatto che nell’evoluzione dell’umanità vi sia un progresso. Infatti non avrebbe senso se un’anima vivesse soltanto nel periodo di civiltà dell’Antico Testamento e un’altra soltanto nell’epoca del Nuovo Testamento. Vi è senso soltanto se le anime vengono condotte attraverso tutti i periodi di civiltà e prendono parte a tutti i gradini di educazione dell’umanità. In altre parole, se l’anima vive in ripetute vite terrene, allora la progressiva educazione del genere umano ha il suo giusto significato.

 

Così sorge nella mente di Lessing l’idea delle ripetute vite terrene come qualcosa di connaturato all’uomo, poiché a base di quell’idea vi è per Lessing un senso più profondo, e cioè che se un’anima è stata incarnata nei tempi dell’Antico Testamento, essa ha accolto ciò che allora poteva accogliere; quando essa ricompare in un tempo successivo, porta seco in questo i frutti della vita precedente, porta poi i frutti della seconda vita nella terza, e così di seguito. Così i gradini che si susseguono fanno parte dell’evoluzione, e ciò che un’anima si acquista vale non soltanto per sé, ma per l’intera umanità. L’umanità diventa un grande organismo, e la reincarnazione risulta necessaria per Lessing, perché l’intero genere umano possa progredire. Lessing parte dunque dall’evoluzione storica, da quello che interessa l’intera umanità, e da ciò viene spinto al riconoscimento della reincarnazione.

 

Le cose stanno altrimenti quando ricerchiamo la medesima idea nel buddismo. In esso l’uomo ha da fare soltanto con se stesso, soltanto con la propria psiche; la singola anima si dice: « Io sono posta nel mondo della maya; le passioni mi hanno portato nel mondo della maya, e nelle incarnazioni che si susseguono mi libero, come singola anima, dalle incarnazioni terrene ». Si tratta qui di una faccenda che riguarda la singola individualità; lo sguardo è rivolto sulla singola individualità.

Questa è la grande differenza: o si considera la cosa dall’interno, come nel buddismo, o dall’esterno, come fa Lessing che abbraccia con lo guardo l’intera evoluzione dell’umanità. In ambo i casi il risultato è il medesimo, ma in occidente la via è stata del tutto diversa. Mentre il buddista si limita a quel che interessa la singola anima individuale, lo sguardo dell’uomo occidentale è rivolto a ciò che interessa l’intera umanità; l’uomo occidentale si sente unito con tutti gli uomini come in un organismo unitario.

 

Che cosa ha prodotto nell’uomo occidentale la necessità di non pensare al singolo uomo, ma di tener sempre presente nelle questioni più importanti che si tratta di problemi che interessano l’intera umanità?

Questa necessità è sorta in lui dal fatto che, nella sua sfera affettiva, nel suo mondo di sentimento, egli ha accolto le parole del Cristo Gesù sulla fratellanza umana di tutte le nazionalità, di tutte le diverse razze, dell’umanità nel suo assieme come un grande organismo. È perciò interessante vedere come anche in Drossbach, sebbene ancora imperfettamente perché le idee scientifiche della prima metà del secolo diciannovesimo ancora non avevano prodotto le corrispondenti forme di pensiero, il suo pensiero non segua la via buddistica ma quella universale cosmica.

 

Drossbach parte dalle idee scientifiche e considera l’anima sotto l’aspetto cosmico. Egli non può rappresentarsela in altro modo se non pensando che essa, come un seme, si introduca nella forma esteriore, e quindi appaia sempre di nuovo in altre forme, come reincarnandosi. Questa idea sorge in modo fantastico in Drossbach il quale ritiene che il mondo stesso si debba trasformare, mentre Lessing pensa a periodi di tempo brevi e indubbiamente esatti. A sua volta il Widenmann, nel suo scritto premiato sulla immortalità dell’anima, ha delle idee giuste sul problema della reincarnazione.

 

Queste idee penetrano così sporadicamente per mezzo di questi scrittori. Ed è giusto che, nonostante il corso imperfetto del pensiero, esse scaturiscano non in una persona, ma nella mente di molti. Questo infatti è il grande cambiamento verificatosi nell’evoluzione dell’anima umana dal diciottesimo al ventesimo secolo; concludiamo così dicendo che chi si occupa oggi dello studio del divenire del mondo deve anzitutto familiarizzarsi con quelle forme di pensiero che conducono oggi in modo del tutto spontaneo all’accettazione, alla credibilità della reincarnazione e del karma.

 

Il pensiero umano non era dunque tanto progredito fra il tredicesimo e il diciottesimo secolo da poter arrivare da solo al riconoscimento della reincarnazione. Ma bisogna sempre partire dal livello al quale di volta in volta il pensiero umano si trova nella sua forma più sviluppata. Perciò oggi bisogna prendere le mosse dal pensiero che logicamente (vale a dire per via di giusta ipotesi) si può considerare l’idea delle ripetute vite terrene dal punto di vista della scienza. Così progrediscono i tempi.