L’immaginazione

O.O. 12-16-17 – Sulla via dell’Iniziazione – (L’immaginazione)


 

È impossibile far veri pregressi nella penetrazione dei mondi superiori senza passare per i gradini della conoscenza immaginativa. Ciò non vuol dire però che nella disciplina occulta l’uomo debba assolutamente restar fermo per un certo tempo al gradino dell’immaginazione, come se si trattasse di una classe scolastica da frequentare per intera. In certi casi questo può essere necessario, ma non sempre. Dipende da quanto il discepolo ha sperimentato prima di dare inizio alla disciplina occulta. Nel corso di queste considerazioni si vedrà che, a tale riguardo, è importante l’ambiente spirituale del discepolo e che, a seconda del rapporto con l’ambiente spirituale, si possono perfino fondare diversissimi metodi della «via della conoscenza».

Quando si intraprende la via dell’iniziazione può essere straordinariamente importante sapere quanto segue; e non solo come un’interessante teoria, ma come qualcosa da cui si potranno trarre i più svariati punti di vista pratici, se veramente si vuol superare la prova sul sentiero della conoscenza superiore.

Spesso si sente dire da persone che aspirano a uno sviluppo superiore: vorrei perfezionarmi spiritualmente, vorrei sviluppare in me «l’uomo superiore», ma non provo desiderio dei fenomeni del «mondo astrale».

 

Ciò è comprensibile se si tien conto delle descrizioni che di quel «mondo astrale» si trovano in certi libri. Vi si parla di fenomeni e di esseri capaci di arrecare ogni sorta di pericoli all’uomo. Vi si dice che sotto l’influsso di quegli esseri l’uomo può fin troppo facilmente subire danni nel proprio atteggiamento morale e nella sua sanità intellettuale. Si fa capire al lettore che in questo campo la parete divisoria fra «il sentiero buono e il sentiero cattivo» è sottile come una tela di ragno, e che incombe il pericolo di cadere in abissi insondabili, di precipitare nell’abiezione più completa. È senza dubbio impossibile respingere semplicemente tali affermazioni; eppure non è affatto giusta la posizione che spesso si assume nei confronti della disciplina occulta. Il solo punto di vista corretto è invece questo: i possibili pericoli non devono trattenere nessuno dal percorrere la via della conoscenza superiore, ma in tutti i casi occorre provvedere rigorosamente a che quei pericoli vengano superati. Certo, in alcuni casi ne conseguirà che un uomo, che chieda a un maestro occulto indicazioni per la disciplina superiore, ne riceva in un primo momento il consiglio di attendere ancora e di fare prima certe esperienze della vita ordinaria, o di apprendere cose che possono essere imparate nel mondo fisico. In tal caso sarà compito del maestro occulto di dare al discepolo la giusta direzione per raccogliere le esperienze e imparare le cose in questione.

 

Nella massima parte dei casi si vedrà che in un primo momento il maestro procede così. Basterà poi che il discepolo presti sufficiente attenzione a ciò che gli capita, dopo essersi messo in rapporto col maestro, perché egli possa osservare svariatissimi fatti. Scoprirà che ora, come «per caso», egli avrà esperienze e osserverà cose a cui certamente, senza il collegamento col maestro, egli non sarebbe stato esposto. Se spesso i discepoli non osservano queste cose e diventano impazienti, dipende solo dal fatto che appunto non rivolgono alle loro esperienze la necessaria attenzione.

Non si deve assolutamente credere che l’azione del maestro occulto sul discepolo si svolga mediante «giochetti di prestigio» e «arti magiche» chiaramente percepibili. La sua azione è al contrario del tutto intima, e chi voglia investigarne la natura e l’essenza senza avere già raggiunto un certo grado di disciplina occulta, cadrà certamente in errore. In ogni caso il discepolo danneggia se stesso se s’impazientisce per il fatto di essere sottoposto a un periodo di attesa. Da ciò non risulta affatto diminuita la rapidità del suo progresso; al contrario, questo verrebbe rallentato proprio nel caso ch’egli cominciasse troppo presto la disciplina alla quale aspira, spesso con tanta impazienza.

 

Se il discepolo lascia agire su di sé nel modo giusto il «periodo di attesa», o gli altri cenni o consigli del maestro occulto, egli si prepara effettivamente a superare certe prove e certi pericoli che gli si accostano quando affronta il gradino, per lui inevitabile, dell’immaginazione. Questo gradino è inevitabile perché ognuno che cerchi un collegamento col mondo spirituale senza averlo percorso, può trovarlo solo inconsciamente, sicché è condannato a brancolare nel buio. Senza la conoscenza immaginativa si può certo acquistare un oscuro sentimento di quel mondo superiore, si può anche giungere senza di essa alla sensazione di essere uniti col «proprio Dio» o col «proprio sé superiore», ma in questo modo non si può pervenire a una vera conoscenza in piena coscienza e limpida, luminosa chiarezza. Perciò è mera illusione il proclamare che non occorrono rapporti coi «mondi inferiori» (quello astrale e quello devachanico), e che ciò che importa è soltanto il «destare il Dio in sé». Se uno aspira a questo e se ne accontenta, va lasciato in pace; e infatti l’occultista si guarderà bene dal dissuaderlo.

Ma il vero occultismo non ha nulla a che fare con questo genere di aspirazione. Né esso del resto invita direttamente alcuno a seguire la disciplina occulta. Ma in colui che la cerca non vuole destare solo un oscuro sentimento di «essere simile a Dio», ma cerca di schiudergli gli occhi spirituali a quel che realmente esiste nei mondi superiori.

 

Certo, il «sé divino» è contenuto in ogni uomo; ma questo vale per ogni essere. Il «sé divino» è contenuto e operante anche nella pietra, nella pianta, nell’animale. Ma non si tratta di sentirlo e saperlo così, in senso generico, bensì di entrare in un reale rapporto con le manifestazioni del «sé divino». Come non sa nulla del mondo fisico chi non fa che ripetere: questo mondo contiene celato in sé il «sé divino», così non sa nulla dei mondi superiori chi cerca «il divino regno degli spiriti» solo in una sfera generica, evanescente e indistinta. Dobbiamo aprire gli occhi e contemplare la manifestazione della divinità nelle cose del mondo fisico, nella pietra, nella pianta, e non affermare come in sogno che tutti questi non sono che «fenomeni» e che la vera figura di Dio sta «nascosta dietro». No, Dio si rivela nelle sue creazioni, e chi vuol conoscere Dio deve imparare a conoscere l’essenza di quelle creazioni. Perciò si deve anche imparare realmente a contemplare ciò che vive e avviene in mondi superiori, se si vuole conoscere il «divino».

 

La coscienza del fatto che in noi vive «l’uomo divino» può tutt’al più costituire un inizio il quale, se sperimentato nel giusto modo, diventa lo stimolo a salire veramente nei mondi superiori. Ma questo è possibile solo se si sono elaborati in sé i «sensi» spirituali. Ogni altro atteggiamento significa voler rimanere quali si è, e limitarsi a raggiungere ciò che è possibile raggiungere in quella condizione.

Invece il punto di vista dell’occultismo è quello che si divenga un uomo diverso da come si è, per poter vedere e sperimentare cose diverse da quelle abituali.

E a questo fine è appunto necessario passare per la conoscenza immaginativa. Abbiamo già detto che non occorre considerare questo grado dell’immaginazione come una classe che si debba assolutamente frequentare per un anno intero. La cosa va intesa nel senso che, specialmente nella nostra vita d’oggi, vi sono persone dotate di certe premesse, che consentono al maestro occulto di suscitare in loro contemporaneamente, o almeno quasi contemporaneamente alla conoscenza immaginativa, anche quella ispirata e quella intuitiva. Non deve però assolutamente intendersi nel senso che il passaggio per l’immaginazione possa essere risparmiato ad alcuno.

 

Nel mio libro L’iniziazione è stata già accennata la ragione del pericolo che la conoscenza immaginativa presenta. Essa consiste nel fatto che, penetrando in quel mondo, l’uomo perde per così dire il terreno sotto i piedi. In un primo tempo gli va apparentemente del tutto perduto ciò che nel mondo fisico gli conferisce saldezza. Se nel mondo fisico noi percepiamo qualcosa, ci si chiede: donde viene questa percezione? Per lo più lo si chiede inconsciamente. Ma appunto inconsciamente ci si rende conto che le cause delle percezioni sono gli oggetti «fuori nello spazio». I colori, i suoni, gli odori provengono da tali oggetti. Non si vedono colori liberamente aleggianti, non si odono suoni, senza che sia possibile rendersi conto a quali oggetti i colori aderiscano come qualità, e da quali oggetti provengano i suoni. Questa coscienza che gli oggetti e gli esseri stiano all’origine delle percezioni fisiche dà ad esse, e insieme all’uomo stesso, un saldo e sicuro sostegno. Se qualcuno ha delle percezioni senza una causa esterna, si parla di condizioni abnormi, patologiche. Simili percezioni prive di causa si chiamano illusioni, allucinazioni, visioni.

 

Ora, considerandolo in modo del tutto esteriore, tutto il mondo immaginativo consiste di tali allucinazioni, visioni e illusioni. Nel mio libro appena citato è stato mostrato come, per mezzo della disciplina occulta, vengano suscitate ad arte siffatte visioni, ecc. Concentrando la coscienza sopra un seme o una pianta che sta appassendo, si evocano davanti all’anima certe figure che, per il momento, non sono altro che allucinazioni. La «fiamma» di cui lì è detto che può apparire nell’anima per effetto della contemplazione di una pianta, e che dopo qualche tempo si stacca del tutto dalla pianta, è pari a un’allucinazione, se considerata esteriormente. E le cose vanno avanti così nella disciplina occulta, quando si penetra nel mondo immaginativo. Ciò che di solito per noi proveniva dalle cose «fuori nello spazio», o aderiva ad esse come qualità: colori, suoni, odori, ecc. riempie ora lo spazio, liberamente aleggiando. Le percezioni si staccano da tutti gli oggetti esteriori e aleggiano o volteggiano liberamente nello spazio. E intanto si sa molto esattamente che non sono gli oggetti lì presenti ad aver prodotto quelle percezioni, ma noi stessi. Ecco perché si crede di «aver perduto il terreno sotto i piedi». Nella vita ordinaria nel mondo fisico dobbiamo infatti guardarci bene dall’avere rappresentazioni che non provengano dalle cose, che, per così dire, siano senza base e senza ragione.

Ma per produrre la conoscenza immaginativa importa proprio di avere in un primo momento colori, suoni, odori, ecc. che, completamente staccati da ogni oggetto, «aleggino liberamente nello spazio».

 

Il gradino successivo della conoscenza immaginativa dovrà consistere nel trovare nuova base e nuovo fondamento per le rappresentazioni divenute autonome. Ciò ha da avvenire appunto nel mondo diverso che ora si deve manifestare. Nuovi oggetti e nuovi esseri s’impossessano di quelle rappresentazioni. Ad esempio, nel mondo fisico il colore azzurro «aderisce» a un fiordaliso; anche nel mondo immaginativo quel colore non deve rimanere «liberamente aleggiante». Esso, per così dire, fluisce verso un’entità, e mentre prima era autonomo, privo di padrone, ora diventa l’espressione di un’entità. Per mezzo di esso qualcosa parla all’osservatore, qualcosa ch’egli può appunto percepire solo nel mondo immaginativo. Così le rappresentazioni «liberamente aleggianti» si raccolgono intorno a dati centri, e ci si accorge che certi esseri si esprimono per il loro tramite. Come nel mondo fisico vi sono oggetti ed esseri corporei ai quali «aderiscono», o da cui provengono, colori, odori, suoni, ecc., ora attraverso essi si esprimono «esseri spirituali». Effettivamente quegli «esseri spirituali» sono sempre presenti e aleggiano costantemente intorno all’uomo; ma non possono manifestarglisi, se egli non ne offre loro l’occasione. E questa occasione l’uomo può offrirla solo suscitando in sé la facoltà di far sorgere davanti alla sua anima suoni, colori, ecc., anche quando questi non siano causati da nessun oggetto fisico.

 

I «fatti e gli esseri spirituali» sono del tutto diversi dagli oggetti e dagli esseri del mondo fisico. Non è tanto facile trovare nel linguaggio ordinario un termine che caratterizzi anche solo approssimativamente quella differenza. Forse ci si avvicina al massimo alla verità dicendo: nel mondo immaginativo ogni cosa parla all’uomo come se essa fosse intelligente in modo diretto, mentre nel mondo fisico anche l’intelligenza può manifestarsi solo per tramite della corporeità fisica. La mobilità e la libertà del mondo immaginativo è prodotta appunto dal fatto che manca qui l’intermediario degli oggetti esteriori e che l’elemento spirituale si estrinseca direttamente nei colori, nei suoni, ecc. liberamente aleggianti.

 

Ora, la ragione di un pericolo che minaccia l’uomo da parte di quel mondo sta nel fatto che egli percepisce le manifestazioni degli «esseri spirituali», ma non gli esseri stessi. Ciò avviene infatti finché l’uomo rimane soltanto nel mondo immaginativo e non sale a mondi più elevati. Solo l’ispirazione e l’intuizione lo conducono gradualmente fino a quegli esseri stessi. Ma se il maestro occulto volesse destare prematuramente queste due condizioni, senza aver prima introdotto a fondo il discepolo nella sfera immaginativa, il mondo superiore avrebbe per lui soltanto un’esistenza spettrale e fantomatica. Andrebbe perduta tutta la splendida ricchezza d’immagini in cui esso deve rivelarsi, se vi si vuole realmente penetrare. In questo fatto risiede il motivo per cui il discepolo ha bisogno di una «guida», o «guru», come appunto viene chiamata questa guida nella scienza dello spirito.

 

Infatti all’inizio il mondo immaginativo è davvero per il discepolo solo un «mondo di immagini» di cui egli ignora per la massima parte il significato. Ma il maestro occulto sa a quali cose e a quali esseri quelle immagini si riferiscono, in un mondo ancora superiore. Se il discepolo ha fiducia in lui, può sapere che più tardi gli si manifesteranno dei nessi che ancora non è in grado di scorgere. Nel mondo fisico gli erano stati di guida gli oggetti stessi nello spazio; egli era in grado di verificare l’esattezza delle sue rappresentazioni. La realtà corporea è lo «scoglio» contro il quale devono infrangersi tutte le allucinazioni e le visioni. Ma quando si penetra nel mondo immaginativo quello scoglio scompare in un abisso. Perciò deve subentrare la «guida» che serve da «scoglio». Il discepolo deve sentire la realtà del mondo nuovo a contatto di ciò che il maestro è in grado di offrirgli. Da questo fatto si può misurare quanto grande debba essere la fiducia nella guida, in ogni disciplina occulta veramente degna di questo nome. Non appena viene meno la possibilità di credere nella guida, avviene nel mondo superiore qualcosa di simile a ciò che sarebbe nel mondo fisico il trovarsi improvvisamente privato di tutto ciò su cui si fondava la certezza della realtà delle proprie percezioni.

 

Oltre a questo fatto ve n’è un altro per cui l’uomo potrebbe piombare nella confusione, s

e volesse trasferirsi senza guida nel mondo immaginativo.

Infatti, fra tutte le entità spirituali, il discepolo impara a conoscere in prima linea se stesso.

 

Nella vita fisica il discepolo ha sentimenti, brame, desideri, passioni, rappresentazioni, ecc.

Questi vengono tutti causati da cose e da esseri del mondo esterno,

eppure l’uomo sa esattamente che essi formano il suo mondo interiore,

ed egli li distingue, in quanto contenuti del suo mondo interiore, dagli oggetti del mondo esterno.

• Ma non appena sia risvegliato il senso immaginativo, questa facilità di distinguere cessa completamente.

I suoi sentimenti, le sue passioni e rappresentazioni, ecc.

escono letteralmente da lui, e assumono forma, colore e suono;

ora egli sta loro di fronte come nel mondo fisico sta di fronte a oggetti ed esseri del tutto estranei.

 

E che la confusione possa diventare completa si capirà,

ricordando quanto è stato detto nel capitolo «Alcuni effetti dell’iniziazione» del libro L’iniziazione.

Là è descritto appunto il modo in cui il mondo immaginativo si presenta all’osservatore:

tutto vi appare rovesciato, come nello specchio.

• Ciò che emana dall’uomo appare come se volesse accostarsi a lui dall’esterno.

 

Un suo desiderio si trasforma ad esempio nella figura di un animale dall’aspetto fantastico,

o anche nella figura di un essere simile all’uomo.

• Questo ha l’aria di volerlo aggredire, di muovere all’assalto contro di lui,

o anche di volerlo indurre a compiere questo o, quello.

• Così può darsi che all’uomo sembri di essere circondato da un mondo fantastico che gli svolazzi intorno,

talvolta affascinante e seducente, talvolta anche raccapricciante.

• In realtà quel mondo non rappresenta altro che i suoi propri pensieri,

desideri e passioni, trasformati in immagini.

 

Sarebbe grande errore il credere che sia facile discernere dal vero mondo spirituale quel «sé» tramutato in immagini. In un primo tempo è addirittura impossibile al discepolo far realmente questa distinzione; infatti

la stessa identica immagine può provenire

• tanto da un essere spirituale che parla all’uomo,    • quanto da qualcosa ch’è dentro l’anima.

E se appunto in ciò l’uomo ha troppa fretta,

si espone al pericolo di non imparare mai a separare correttamente le due cose l’una dall’altra.

Su questo punto s’impone la massima prudenza.

 

Più grande diventa la confusione per il fatto che i desideri e le brame della propria anima si rivestono di immagini aventi un carattere diametralmente opposto a ciò che realmente sono. Supponiamo ad esempio che la vanità si rivesta in tal modo di un’immagine. Essa può presentarsi come una figura attraente, che promette le cose più meravigliose se si seguono i suoi suggerimenti. Questi suggerimenti sembrano prospettare qualcosa di assolutamente buono e desiderabile; ma se si seguono, si precipita nella rovina morale o d’altro genere. Al contrario, una qualità buona dell’anima può rivestirsi di forme non simpatiche. Solo chi sia veramente esperto è in grado di distinguere in proposito; e solo una personalità addirittura incrollabile nel perseguire una giusta mèta è al sicuro di fronte alle arti seduttrici delle proprie immagini animiche.

 

Considerando tutto ciò, si riconoscerà quanto sia necessaria la guida d’un maestro che con sicuro discernimento richiami l’attenzione del discepolo su quanto in questo campo è illusione e quanto è verità. Non bisogna però credere che questo maestro debba sempre star dietro allo scolaro. Quel che importa per il discepolo non è affatto la continua vicinanza spaziale al maestro. Certo vi sono momenti in cui tale vicinanza spaziale è desiderabile ed altri in cui è assolutamente necessaria.

 

D’altro canto, però, il maestro occulto trova anche i mezzi per restare in contatto col discepolo pur trovandosi lontano da lui. Si aggiunga che in questo campo molte cose, che si svolgono in un colloquio fra il maestro e lo scolaro, agiscono non di rado ancora dopo mesi e forse anni. Ma c’è una cosa che certamente deve spezzare la necessaria unione fra maestro e discepolo, ed è il caso che questi perda la sua fiducia nel maestro. È particolarmente dannoso se questo vincolo di fiducia si scioglie prima che lo scolaro abbia imparato a distinguere i miraggi della propria anima dalla vera realtà.

 

Ora si potrebbe forse dire: ma se il discepolo stabilisce col maestro un simile legame, perde ogni libertà e indipendenza, si mette totalmente nelle sue mani. No, appunto questo non avviene per nulla in realtà. Vi sono certamente differenze tra i diversi metodi di disciplina occulta; la dipendenza può dover essere maggiore o minore.

Essa è relativamente massima nel metodo che veniva seguito dagli occultisti orientali e che oggi ancora viene da essi insegnato. Ma già nella cosiddetta iniziazione cristiana questa dipendenza da un’altra persona esiste in misura molto minore. Ed è totalmente soppressa nella via della conoscenza che dal quattordicesimo secolo in poi viene insegnata nelle cosiddette scuole segrete dei rosacroce. Non che in questa via sia scomparsa la figura del maestro, ciò che è impossibile, ma cessa del tutto ogni dipendenza da lui. Si vedrà nel seguito di queste considerazioni in che modo ciò sia possibile. Infatti verrà descritto esattamente in che cosa si differenzino quei tre «sentieri di conoscenza»: quello orientale, quello cristiano e quello rosicruciano. In quest’ultimo non entra in giuoco nulla che possa turbare un uomo moderno nel suo sentimento di libertà.

 

Verrà pure menzionato che anche nell’Europa moderna qualcuno può seguire come discepolo la via orientale o quella cristiana più antica, sebbene quella rosicruciana sia attualmente la più naturale e tutt’altro che non-cristiana. Un uomo può percorrerla senza mettere affatto in pericolo il suo cristianesimo, e può percorrerla persino chi ritenga di essere pienamente all’altezza della moderna concezione scientifica.

Un’altra cosa può forse richiedere una spiegazione. Si può essere tentati di domandare se non potrebbe venir risparmiata al discepolo la prova dei miraggi ingannevoli della propria anima.

 

Se gli fosse risparmiata, egli non potrebbe mai raggiungere quell’autonomo discernimento ch’è per lui tanto desiderabile, perché nulla può rendere così evidente la peculiare natura del mondo immaginativo quanto l’osservazione della propria anima. Infatti in un primo tempo l’uomo conosce la vita interiore della propria anima da un solo lato, poiché vi si trova immerso. E il discepolo deve appunto imparare a guardare le cose non solo da fuori, ma ad osservarle come se in ciascuna di esse egli stesse immerso.

 

Se ora il suo proprio mondo di pensieri gli si presenta come qualcosa di estraneo,

egli appunto per questo impara a conoscere una cosa, che già conosce da un lato, anche da un altro lato.

• In certo modo egli stesso deve diventare per sé il primo esempio di tale conoscenza.

Il mondo fisico lo ha abituato a qualcosa di ben diverso:

in esso egli scorge tutte le cose sempre solo da fuori e sperimenta dall’interno solo se stesso.

• E finché rimane nel mondo fisico non può mai guardare dietro la superficie delle cose,

né può uscire da se stesso, per così dire dalla propria pelle, per osservarsi da fuori.

 

Questo invece è letteralmente il primo compito nella disciplina occulta

e con l’aiuto di questo egli impara poi

a contemplare dietro la loro superficie anche i fatti e gli esseri esteriori.