L’impulso del Cristo, equilibratore fra Lucifero e Arimane

O.O. 194 – La Missione di Michele – 21.11.1919


 

È noto che la nostra evoluzione terrena fu preceduta da una evoluzione cosmica entro la quale noi ci troviamo, e che tale evoluzione prosegue, essendo ora giunta ad un punto oltre il quale procederà verso gradi ulteriori più avanzati. Ma è pure noto che, se consideriamo l’universo come tale, vi troviamo non solo gli esseri che per primi incontriamo nel piano fisico, nei regni minerale, vegetale, animale e umano, bensì vi troviamo esseri che sono superiori a quei regni e che noi abbiamo chiamato col termine complessivo di esseri delle gerarchie superiori. Quando parliamo dell’evoluzione nella sua totalità, dobbiamo sempre tener conto di questi esseri delle gerarchie superiori.

 

Questi esseri percorrono per loro conto un’evoluzione che possiamo comprendere trovando delle analogie con la nostra evoluzione umana e con quella che altrimenti si trova nei diversi regni della Terra. Prego comunque di tener presente quanto segue: sappiamo che noi uomini abbiamo attraversato un’evoluzione saturnia, una solare e una lunare, finché siamo giunti sulla nostra Terra, tanto che considerando la nostra evoluzione cosmica, possiamo dire che sentendoci come uomini nel nostro ambiente terreno, siamo giunti al quarto grado della nostra evoluzione.

 

Consideriamo gli esseri che stanno immediatamente sopra il nostro gradino umano e che indichiamo come angeli: per pura analogia possiamo affermare che queste entità, pur avendo una forma del tutto diversa da quella dell’esistenza umana ed essendo a tutta prima invisibili per i sensi fisici umani, hanno il grado evolutivo di Giove.

 

Passiamo agli arcangeli: essi hanno il grado evolutivo che l’umanità avrà raggiunto su Venere e se passiamo alle archai, agli spiriti del tempo, entità che entrano particolarmente nella nostra evoluzione terrestre, ebbene esse sono già nell’evoluzione di Vulcano.

 

Sorge ora il quesito significativo: vi è pure la classe successiva superiore di entità, quella che appartiene alla gerarchia dei cosiddetti spiriti della forma.

 

Se ci domandiamo a che grado stiano gli spiriti della forma dobbiamo rispondere:

hanno già sorpassato il limite di quella che noi uomini

possiamo per ora considerare come nostra evoluzione futura, quella di Vulcano;

sono quindi a un grado del quale possiamo affermare che, indicando in sette gradini

quelli che possiamo raggiungere con le nostre considerazioni,

allora queste entità che chiamiamo spiriti della forma, hanno raggiunto l’ottavo gradino.

Possiamo concludere: noi uomini stiamo nel quarto grado di sviluppo;

se prendiamo l’ottavo grado, troviamo gli spiriti della forma.

 

Non possiamo però pensare questa serie di gradi evolutivi come uno dopo l’altro giustapposti, bensì dobbiamo pensarli compenetrati uno nell’altro. Come la sfera d’aria che circonda la Terra la compenetra, così l’ottava sfera evolutiva cui appartengono gli spiriti della forma, compenetra la sfera nella quale noi uomini ci ritroviamo. Cerchiamo di considerare con attenzione questi due gradi evolutivi.

 

Diciamo: noi uomini ci troviamo in quanto tali in una sfera che ha raggiunto il quarto stadio di sviluppo,

ma, prescindendo da tutto il resto, ci troviamo inoltre nel regno

che gli spiriti della forma devono considerare come il loro, intorno a noi e attraverso di noi.

 

Prendiamo adesso concretamente l’uomo nella sua evoluzione: abbiamo spesso detto come egli si articoli, abbiamo distinto l’evoluzione del capo dalla restante evoluzione umana che suddividiamo ancora in due parti, quella del torace e quella delle membra; ma vogliamo per ora prescindere da ciò. Vogliamo porci nella prospettiva che nell’uomo si abbia quello che appartiene allo sviluppo del capo e quello che è assegnato alla restante parte dell’uomo.

 

Pensiamo ora in forma di immagine (vedi disegno) una superfìcie di mare, attraversata a guado dall’uomo che procede in modo che solo il suo capo emerga, e avremo in tale immagine, che è beninteso solo un’immagine, la posizione dell’uomo attuale. Tutta la zona nella quale vi è il capo va considerata nel quarto stadio di evoluzione, e quella entro la quale l’uomo passa a guado, o possiamo dire procede nuotando in avanti, dovremmo considerarla come l’ottavo stadio, dell’evoluzione.

 

Lo strano è infatti che

• l’uomo si è in certo modo sottratto con il suo capo all’elemento

nel quale gli spiriti della forma spiegano la loro essenza particolare.

• L’uomo si è come emancipato, riguardo alla formazione del suo capo,

da quanto è impregnato dagli spiriti della forma.

 

Solo comprendendo nei suoi fondamenti questo fatto si può giungere a una comprensione dell’uomo; perché solo così si afferrerà nella maniera giusta la posizione particolare che egli ha nell’universo.

 

Vale a dire che si afferrerà il fatto che l’uomo,

quando avvertirà su di sé un certo influsso creativo da parte degli spiriti della forma,

non lo avvertirà direttamente con le capacità del suo capo,

ma attraverso l’effetto esercitato sul suo capo dal resto del suo organismo.

 

Sappiamo bene che noi respiriamo

e che fisiologicamente la respirazione è in rapporto con la circolazione sanguigna.

Ma il sangue viene spinto pure nel capo,

perciò il capo è in una connessione organica, vitale, con il restante organismo;

viene nutrito e vitalizzato dal restante organismo.

 

Testo alternativo generato dal computer: 40 40 stadio 80 stadio - spiriti della forma

 

Dobbiamo distinguere bene due fatti:

• uno, che il capo sta in diretto rapporto con il mondo esterno.

Quando vediamo una cosa, la percepiamo mediante i nostri occhi, e questo è un rapporto diretto tra il mondo esterno e il nostro capo.

 

• Considerando invece la vita del capo, come esso viene mantenuto dal processo respiratorio e circolatorio, abbiamo allora la salita del sangue dal restante organismo nel capo, e possiamo dire di non avere in tal caso un rapporto diretto del capo con l’ambiente, ma un rapporto indiretto.

 

Non dobbiamo ovviamente fare delle distinzioni pedanti, dicendo che l’aria respirata vien pure aspirata con la bocca, e che perciò la respirazione rientra nella attività del capo; perciò ho detto che si tratta solo di un’immagine. Considerato organicamente, quel che si aspira con la bocca non rientra nelle attività del capo, bensì del restante organismo.

 

Se ora prendiamo in considerazione i concetti base che abbiamo testé adottati, se vogliamo attenerci all’idea che noi siamo inseriti in due sfere, in una delle quali siamo condotti dal fatto che abbiamo percorso l’evoluzione di Saturno, Sole, Luna e stiamo entro l’evoluzione della Terra, cioè nel quarto stadio della nostra evoluzione, e se inoltre teniamo presente che stiamo anche entro una sfera che appartiene agli spiriti della forma così come la Terra ci appartiene, una sfera che compenetra la nostra Terra ed esclude solo il nostro capo, mentre noi con l’intero restante organismo, con tutto quanto non è facoltà sensoriale, stiamo nell’ottava sfera, se teniamo presente tutto questo, abbiamo creato una certa base per comprendere quel che segue.

 

Tuttavia voglio creare una certa base anche mediante altri concetti. Se vogliamo considerare la nostra vita sottoposta a tali influssi, non possiamo farlo altrimenti se non abbracciando con lo sguardo le entità che cooperano agli avvenimenti del mondo e che abbiamo già spesso ricordate: le entità luciferiche e arimaniche.

 

Occupiamoci prima del lato più esteriore di esse: abitano alla pari di noi uomini le sfere nelle quali anche noi stiamo, e se afferriamo il loro aspetto più esterno possiamo dire che ci possiamo rappresentare tutte le entità luciferiche come portatrici delle forze che noi uomini avvertiamo quando vogliamo diventare fantasiosi, quando ci abbandoniamo in modo unilaterale alla fantasia o al fanatismo, quando vogliamo, per usare un’immagine, portarci con il nostro essere al di sopra del nostro capo.

 

Quando noi uomini vogliamo uscire con il nostro essere al di sopra del capo,

agiscono in noi forze che hanno una certa parte nella nostra organizzazione umana,

che sono però forze universali degli esseri che noi chiamiamo luciferici.

 

Pensandoli come esseri che siano del tutto formati dall’elemento che in noi tende verso l’alto al di sopra del capo, abbiamo gli esseri luciferici che stanno in un determinato rapporto con il nostro mondo umano.

 

Pensiamo all’opposto a tutto quanto ci comprime sulla Terra,

a tutto quanto fa di noi degli aridi prosaici,

a quanto ci porta a sviluppare dei principi materialistici,

a quanto ci compenetra di quello che possiamo chiamare arido intelletto,

e abbiamo le potenze arimaniche.

 

Tutto quello che ho detto sin qui in senso animico, si può esprimere più in senso corporeo dicendo: l’uomo si trova sempre in una posizione intermedia tra quello che di lui vuol fare il sangue e quello che di lui vogliono fare le ossa. Queste vogliono continuamente portarci all’irrigidimento; in altre parole le ossa vogliono farci arimanici anche nel fisico, indurendoci.

 

Il sangue tenderebbe a spingerci al di sopra di noi stessi; in senso patologico il sangue può diventar febbrile, e allora l’uomo viene sospinto anche organicamente nella fantasticheria; le ossa possono estendere la loro natura al restante organismo, e allora l’uomo si fossilizza, diventa sclerotico, come avviene fino ad un certo grado quasi ad ognuno in vecchiaia. Allora l’uomo porta in sé l’elemento di morte nel suo organismo: è l’elemento arimanico.

 

Si può affermare che

• quanto sta nel sangue ha la propensione per il luciferico,

• quanto sta nelle ossa ha la propensione per l’arimanico,

e l’uomo è in una posizione di equilibrio tra i due,

così come egli deve essere animicamente in posizione di equilibrio tra esaltazione e arida prosaicità.

 

Ma possiamo caratterizzare queste due entità in maniera più profonda:

possiamo osservare gli interessi che le entità luciferiche hanno nell’esistenza cosmica,

e allora troviamo che nel cosmo esse hanno anzitutto l’interesse a che il mondo, specialmente il mondo umano,

rinneghi le entità spirituali che dobbiamo considerare come le vere creatrici dell’uomo.

 

Le entità luciferiche non desiderano altro che rendere il mondo infedele alle entità divine.

Non è tanto che le entità luciferiche abbiano in prima linea l’intenzione di impadronirsi del mondo;

si può desumere da tutto quello che ho detto in varie occasioni sulle entità luciferiche

che non è questa la cosa più importante per loro,

bensì che il mondo rinneghi, si liberi delle entità divine che l’uomo può sentire come proprie.

 

Le entità arimaniche hanno un’altra intenzione:

hanno l’intenzione deliberata di prendere nella loro sfera di potere

specialmente il regno umano, e con esso la Terra, di renderli dipendenti da sé,

ma prima di tutto vogliono dominare gli uomini come tali.

 

Mentre quindi le entità luciferiche hanno sempre mirato fin dal principio

a render l’uomo ribelle verso quel che l’umanità può sentire e intendere come proprio elemento divino,

le entità arimaniche hanno la tendenza

a costringere gradualmente entro la loro sfera di potere l’umanità e tutto quello che le è connesso.

 

Così nel nostro cosmo, nel quale siamo intessuti in quanto uomini,

ha luogo una lotta tra le entità luciferiche, continuamente tese alla libertà universale,

e le entità arimaniche, tese a una perpetua potenza e forza.

Questa lotta, entro la quale ci troviamo, compenetra tutto;

questa è la seconda idea importante che prego di tener presente per le nostre ulteriori considerazioni.

 

Il mondo nel quale siamo inseriti è permeato di entità luciferiche e arimaniche

e vige in esso il potente contrasto

• tra la tendenza liberatrice delle entità luciferiche     • e l’aspirazione al potere delle entità arimaniche.

Se abbracciamo con lo sguardo l’intera situazione possiamo affermare:

in sostanza posso comprendere il mondo solo se lo afferro mediante la triplicità; abbiamo infatti

• da un lato quanto è luciferico,   • dall’altro lato quanto è arimanico,    • nel mezzo è inserito l’uomo

che come terzo, in posizione di equilibrio fra i due, deve sentire il proprio elemento divino.

 

Solo ponendo come base tale triplicità si arriva a comprendere il mondo,

avendo chiaro che la vita umana è come un giogo di bilancia (vedi figura):

qui è il fulcro, qua un piatto della bilancia, l’elemento luciferico che in realtà porta in su,

dall’altro piatto l’elemento arimanico che in realtà tira in giù.

Chi tiene il giogo in equilibrio è l’uomo.

 

 

Chi era iniziato a tali misteri ha sempre affermato nel corso dell’evoluzione dell’umanità che si può comprendere l’esistenza del mondo in cui l’uomo è posto solo nel senso della triplicità, che non si può comprendere il mondo se lo si vuole afferrare nella sua struttura fondamentale in base ad altri numeri che non siano il tre. Nel nostro linguaggio possiamo quindi dire:

nell’esistenza del mondo abbiamo a che fare

• con l’elemento luciferico, rappresentato da un piatto della bilancia,

• con l’elemento arimanico, rappresentato dall’altro piatto della bilancia,

• e con la condizione di equilibrio che rappresenta l’impulso del Cristo.

 

Si può dunque capire che è interesse delle potenze luciferiche e arimaniche di tener nascosto il mistero della triplicità, perché la giusta penetrazione di esso rende l’umanità capace di stabilire la posizione di equilibrio tra le potenze luciferiche e arimaniche. Ciò significa utilizzare da un lato ogni tendenza alla libertà, elemento luciferico, per mete universali giovevoli, e dall’altro lato fare altrettanto con l’elemento arimanico.

 

• La condizione di spirito più normale dell’uomo

è quella di impegnarsi nella maniera giusta entro la triplicità del mondo,

nella struttura del mondo in quanto esso è fondato sulla triplicità.

 

Nella corrente che influisce sulla vita spirituale e culturale umana vi fu in passato e sussiste tuttora una forte tendenza a confondere l’uomo sul significato della triplicità, e domani e dopodomani avremo da discutere più precisamente sulle origini del persistere di una tale forte tendenza a confondere l’uomo in connessione a questa, possiamo dire, santa triplicità.

 

Possiamo riscontrare molto distintamente nella cultura umana moderna come questa triplice articolazione venga quasi completamente dissimulata mediante un’articolazione dualistica. Si rifletta solamente al fatto che per poter comprendere giustamente il Faust di Goethe, come l’ho più volte spiegato qui, bisogna sapere che la confusione riguardo alla triplicità ha giuoco perfino in tale sommo poema universale. Se Goethe avesse potuto al suo tempo penetrare come le cose stanno in realtà, non avrebbe rappresentato solamente la potenza mefistofelica come avversaria di Faust, come quella che avvilisce Faust, ma avrebbe contrapposto alla potenza mefistofelica, che si identifica come sappiamo con la potenza arimanica, la potenza luciferica, e nel Faust Lucifero e Mefistofele sarebbero apparsi come due parti.

 

È un argomento che ho qui ripetutamente trattato. Se si studia la figura goethiana di Mefistofele si può vedere bene come Goethe abbia dappertutto mescolato gli elementi luciferico e arimanico nella caratterizzazione di Mefistofele, la cui figura è in Goethe mista e composta di due elementi. Non è una creazione unitaria, ma è un disordine variopinto dell’elemento luciferico e di quello arimanico. Ho svolto esaurientemente questo argomento nel mio libretto Tre saggi su Goethe.

 

Tale confusione, che esiste perfino nel Faust di Goethe, si fonda completamente sul fatto che

nell’evoluzione moderna dell’umanità (anticamente era diverso)

ha prevalso in una certa direzione l’illusione di poter mettere la dualità al posto della triplicità

nel considerare la struttura del mondo:

• il principio del bene da una parte, il principio del male dall’altra, Dio e il diavolo.

 

Si pensi dunque a quello che dobbiamo tener presente: chi vuole convenientemente penetrare la struttura del mondo, deve riconoscere la triplicità, deve riconoscere che gli elementi luciferico e arimanico stanno fra loro contrapposti e che la posizione divina consiste nel mantenere l’equilibrio tra i due. A questo dobbiamo contrapporre l’illusione che si è introdotta nell’evoluzione spirituale dell’umanità con la dualità, con Dio e il diavolo, con le potenze divine spirituali in alto e le potenze diaboliche in basso. È come se l’uomo fosse sviato, strappato dalla posizione di equilibrio, in quanto gli viene nascosto che la vera salvezza per la comprensione del mondo consiste nell’afferrare giustamente la triplicità, e gli si dà a intendere che in qualche modo la struttura del mondo è determinata dalla dualità. Tuttavia le migliori ricerche dell’umanità sono cadute in questo errore.

 

Se si vuole approfondire questo punto, bisogna farlo assolutamente senza alcun pregiudizio,

bisogna realmente elevarsi a una sfera libera da pregiudizi.

 

Bisogna veramente distinguere bene tra oggetto e nome,

senza lasciarsi sedurre dall’opinione che, per il fatto di aver dato un certo nome a un’entità,

questa sia sentita nella maniera giusta dall’uomo.

 

Se cerchiamo di afferrare il concetto delle entità che l’uomo deve sentire come le sue entità divine, dobbiamo convincerci che l’uomo può sentirle nella maniera giusta solo se pensa operante l’equilibrio tra i due principi luciferico e arimanico.

Non potrà mai sentire in modo giusto quello che deve sperimentare come suo elemento divino, se non accetta la triplicità.

 

Consideriamo da questo punto di vista un poema come Il paradiso perduto di Milton, o come il Messia di Klopstock che è nato sotto l’influsso del primo: non vi si troverà alcuna reale comprensione per una struttura trinitaria dell’universo, ma solo una lotta tra un presunto bene e un presunto male, un combattimento tra cielo e inferno.

 

Nello sviluppo spirituale umano s’introduce qui l’illusione della dualità; in due poemi universali moderni,

abbiamo l’illusoria contrapposizione tra cielo e inferno così come si è radicata nella coscienza popolare.

• Non serve a niente che Milton o Klopstock qualifichino l’essere celeste come divino;

esseri divini, come l’uomo dovrebbe intenderli, sono solo quelli

che si appoggiano sulla struttura trinitaria dell’esistenza universale.

 

Allora si potrebbe affermare che abbia luogo una lotta tra il principio del bene e quello del male.

Altrimenti si prende una dualità, a un membro della quale viene attribuito il bene,

e nomi corrispondenti a entità propriamente prese dalla divinità,

mentre si fissa nell’altra parte l’elemento diabolico antidivino.

Che cosa si è fatto in realtà con questo?

 

Niente di meno che il vero elemento divino è sfuggito alla coscienza,

si è attribuito il nome divino all’elemento luciferico,

e ci si trova davanti a una lotta tra Lucifero e Arimane, nella quale si sono attribuite

ad Arimane delle qualità luciferiche e al regno di Lucifero delle qualità divine.

 

Vediamo qui l’enorme portata di una simile esposizione.

Mentre gli uomini credono di avere a che fare con elementi divini e infernali in una contrapposizione

come si trova nel Paradiso perduto di Milton o nel Messia di Klopstock,

hanno invece a che fare in verità con elementi luciferici e arimanici.

Non è più presente alcuna coscienza dell’elemento divino,

e all’opposto vengono attribuiti nomi divini a elementi luciferici.

 

Ora, il Paradiso perduto di Milton e il Messia di Klopstock sono solamente creazioni spirituali

che possono formarsi movendo dalla coscienza moderna dell’umanità,

perché quello che si esprime in questi poemi è la diffusa coscienza dell’umanità;

in essa si è infiltrato l’errore della dualità, mentre ne è stata tenuta lontana la verità della triplicità.

 

Quello che di più profondo ha prodotto l’umanità moderna,

cui da un certo punto di vista essa guarda con ragione come alle sue più grandi realizzazioni,

è un’illusione, una maya, un grande inganno nato dalle sue illusioni.

 

Quanto opera in questo errore è in fondo creazione degli influssi arimanici

che si concentreranno un giorno nell’incarnazione di Arimane, della quale ho già parlato.

• L’errore nel quale ci troviamo non è altro che il risultato della errata comprensione dell’universo

che germoglia dappertutto nel mondo per gli uomini della civiltà moderna,

in quanto essi contrappongono il cielo all’inferno.

• Il cielo come essi lo descrivono, vien preso per divino e l’inferno vien preso per diabolico,

mentre in verità si tratta dell’elemento luciferico chiamato celeste

e dell’elemento arimanico chiamato infernale.

 

Dobbiamo ora pensare a quali interessi vi siano nella storia spirituale moderna.

Persino la triplice struttura dell’organismo umano o dell’essere umano nella sua totalità, come ho spesso accennato, è stata in certo senso eliminata per la civiltà occidentale, dall’ottavo concilio ecumenico di Costantinopoli dell’anno 869: è stato elevato a dogma che il cristiano non deve credere a un’entità umana ternaria, ma solo a una binaria.

Credere in corpo, anima e spirito è interdetto, e teologi e filosofi del medioevo che sapevano ancora molto della verità ebbero una gran pena a distanziarsi da essa, perché la cosiddetta tricotomia, l’articolazione dell’uomo in corpo, anima e spirito era stata dichiarata eretica. Dovettero insegnare la dualità: l’uomo consisteva di corpo e anima e non di corpo, anima e spirito.

 

Quello che certi uomini, certi esseri sanno bene

è quale enorme importanza abbia per la vita spirituale umana

mettere la partizione binaria al posto della ternaria.

 

Si deve guardare in tali profondità se si vuol rettamente comprendere perché nel numero di novembre del periodico « Stimmen der Zeit » (Voci del tempo) il padre gesuita Zimmermann fa presente che uno degli ultimi decreti del Santo Uffizio di Roma proibisce ai cattolici, sotto pena di non ottenere l’assoluzione nella confessione, di leggere scritti teosofici, di possederli o di prender parte a ogni attività teosofica. Padre Zimmermann interpreta il decreto nelle « Stimmen der Zeit », che si chiamavano prima « Stimmen aus Maria Laach », nel senso che esso si applichi anzitutto alla mia antroposofia, che cioè si debba curare che quei cattolici, che vogliono essere riconosciuti da Roma come veri cattolici, non abbiano da occuparsi di letteratura antroposofìca. Come uno dei motivi principali viene citato che vi si distingue l’entità umana in corpo anima e spirito, cioè che vi si insegna una dottrina eretica rispetto a quella ortodossa che distingue l’uomo in corpo e anima.

 

Ho anche ricordato che questa distinzione in corpo e anima

si è trasferita, senza che essi lo sapessero, sui filosofi moderni;

essi credono di gestire una scienza senza pregiudizi e senza presupposti,

credono di osservare realisticamente e di giungere poi al giudizio che l’uomo consiste di corpo e di anima.

• In verità non fanno che seguire anche loro

ciò che è penetrato, attraverso quel dogma, nello sviluppo spirituale moderno.

Quanto viene oggi considerato scientifico è in fondo del tutto dipendente da tali cose,

come sono state immesse nel mondo nel corso dell’evoluzione umana moderna.

 

Non crediamo di poter convertire a una certa benevolenza verso l’antroposofia coloro che la stigmatizzano stando su simili posizioni, rivolgendo loro, come spesso ci sembra di dover fare, qualche buona parola. L’antroposofia deve aprirsi da sé il suo ingresso nel mondo, senza la protezione di chicchessia, fosse pure una potenza considerata cristiana.

 

Solo per intima forza l’antroposofia può raggiungere quello che deve raggiungere nel mondo.

Si pensi che l’impulso del Cristo è comprensibile

solo considerandolo come equilibratore tra L’elemento luciferico e l’elemento arimanico,

sapendolo inserire rettamente nella triplicità.

 

Si può anche porre inversamente il quesito in questo modo:

cosa si deve fare se si vuol traviare l’uomo dal vero impulso del Cristo?

Bisogna distogliere gli uomini dalla vera struttura universale secondo la triplicità

e ricondurli all’errore della dualità che è giustificata solo dove si tratta di quel che è manifesto,

non dove si deve giungere a quello che sta dietro al manifesto, e cioè alla sfera del vero.

 

Dobbiamo aver chiaro che in tali fatti dobbiamo distaccarci dai meri nomi;

non si incontra il Cristo chiamando Cristo una cosa qualunque;

si può impedire l’incontro con il Cristo chiamato con il suo Nome, se al posto della triplicità si pone la dualità.

Se qualcuno volesse distogliere l’uomo dal concepire il giusto concetto del Cristo,

non avrebbe che da sostituire alla triplicità la dualità.

Se invece si deve alludere in senso verace all’impulso del Cristo, è necessario contrapporre la triplicità alla dualità.

 

Non è perciò necessario unirsi al coro degli accusatori di eresia.

Non occorre considerare d’ora in poi scritti diabolici il Paradiso perduto di Milton o il Messia di Klopstock;

si può invece continuare a godere della loro bellezza e grandiosità,

ma si deve esser coscienti che in tali scritti, fioriti dalla civiltà popolare moderna,

non si parla affatto del Cristo, e che essi derivano dal pregiudizio

che tutto quanto non appartiene all’evoluzione umana in una direzione deve essere considerato diabolico,

mentre nell’altra si ha il divino. No, si ottiene solo l’elemento Lucifero.

 

Scrivendo poi il Paradiso perduto in realtà si descrive

la cacciata dell’uomo dal regno di Lucifero al regno di Arimane,

si dipinge la nostalgia dell’uomo non verso il mondo divino,

ma verso il paradiso perduto, che è però il regno di Lucifero.

 

Nel Paradiso perduto di Milton e nel Messia di Klopstock si possono trovare

delle belle descrizioni dell’anelito umano verso il regno di Lucifero:

questo è quanto si può scorgere in quei poemi, perché tale è il loro contenuto.

 

Certe idee che sono penetrate nell’umanità moderna sono veramente da rivedere; non sono piccole ma grandi le decisioni che dobbiamo prendere oggi mentre ci accingiamo a pensare e sentire antroposoficamente.

Dobbiamo prendere molto sul serio un termine che Nietzsche ha spesso usato: e cioè il capovolgimento di certi valori, che deve esser preso molto, ma molto sul serio.

Le umane prestazioni nei tempi moderni devono mutare molto.

 

Con questo non si devono assolutamente muovere accuse di eresia. Noi rappresentiamo di continuo delle scene del Faust di Goethe, e io stesso ho dedicato decenni allo studio di Goethe, ma come si può rilevare dal mio piccolo scritto Tre saggi su Goethe, ciò non mi ha reso cieco di fronte alla caratterizzazione errata che vive nella figura goethiana di Mefistofele. Sarebbe tuttavia meschino dire: il Mefistofele di Goethe è falso, quindi buttiamolo via. Così facendo ci comporteremmo come certi inquisitori, ma questo non è lecito a uomini moderni. Ma neppure ci dobbiamo sentire comodamente soddisfatti di quanto nella vita spirituale moderna è divenuto carne e sangue per vaste masse di uomini.

 

L’umanità dovrà imparare, moltissimo

e in molti campi dovrà intraprendere dei capovolgimenti.