L’Impulso di Michele e il mistero del Golgota – II

O.O. 152 – Verso il mistero del Golgota – 20.05.1913


 

Sommario: La comprensione di tipo scientifico-naturale durante il trascorso periodo di Gabriele. Risveglio di una comprensione per lo spirituale nel nuovo periodo di Michele. Il Cristo è disceso sulla Terra per poter attraversare la morte. L’avanzamento di Michele da messaggero di Jahve a messaggero del Cristo, da Spirito di popolo a Spirito del Tempo.

 

Abbiamo cercato di mostrare qual è, conforme alla legge dell’universo, il carattere dell’epoca attuale. Non dobbiamo proprio trascurare una tale caratterizzazione, perché parlando delle forze spirituali, degli impulsi spirituali di un’epoca, noi intendiamo parlare di forze e di impulsi che operano in ogni singola anima umana. Né potremo conoscere le nostre anime, se non saremo in grado di scorgere gli impulsi, le forze spirituali del nostro tempo, che sono nello stesso tempo le forze e gli impulsi della nostra anima.

Potremmo però chiederci: è forse giustificato dire che nell’anima di chi sinceramente e onestamente giunge alla scienza dello spirito vive, magari inconscio, un sentimento, un anelito proveniente dai veri ed autentici impulsi spirituali del nostro tempo?

 

Ieri l’altro ho cercato di mostrare che l’epoca in cui oggi viviamo può essere denominata l’epoca di Michele.

In quest’epoca, a sempre più anime umane sarà possibile comprendere i fatti spirituali.

Negli ultimi secoli agli uomini fu soprattutto possibile la comprensione dei fatti esteriori, dei fenomeni della natura, delle leggi fisiche, chimiche, fisiologiche, di tutto quanto si riferisce allo spazio e al tempo. Nell’epoca precedente alla nostra, l’epoca di Gabriele, furono le scoperte scientifiche a passare di trionfo in trionfo, e l’anima umana era allora incline a conseguire del mondo una comprensione adeguata alla scienza naturale.

Oggi, invece, stiamo andando incontro a un tempo

in cui sarà anche possibile giungere a una comprensione dello spirito.

 

Due epoche che si susseguono nell’evoluzione dell’umanità non sono mai state tanto differenti fra loro, quanto l’epoca da poco trascorsa e quella in cui siamo entrati ora, e le anime che oggi anelano a una conoscenza spirituale non possono non sentirsi quanto mai lontane dalle anime che invece si attengono ancora alle scoperte scientifiche dei secoli passati.

Fra non molto, però, coloro che oggi credono di star saldi sul terreno del monismo materialistico risulteranno in realtà assolutamente fuori tempo rispetto a coloro che aspirano alla comprensione dei mondi soprasensibili. Ciò è dovuto al fatto che, a partire dall’ultimo terzo del secolo scorso, dai mondi superiori cominciò a riversarsi nel nostro mondo un possente influsso, per cui agli uomini si rese possibile giungere a una comprensione degli impulsi spirituali che guidano l’evoluzione del mondo e dell’umanità.

 

Duemila anni or sono ebbe luogo l’evento centrale della nostra evoluzione: il mistero del Golgota.

Di questo evento centrale dell’evoluzione dell’umanità abbiamo ripetutamente parlato sotto i più diversi aspetti. Dalle molteplici considerazioni fatte al riguardo, è risultato senz’altro evidente che oggi la sua comprensione è divenuta possibile del tutto indipendentemente dai punti di vista delle varie confessioni religiose, solo grazie all’indagine della scienza dello spirito, in modo tale che da parte di ogni confessione religiosa oggi ne sia possibile la comprensione. Perciò ci si può anche chiedere la ragione per cui da molte parti non si voglia riconoscere che l’evento del Cristo è da considerarsi come il grande centro dell’evoluzione.

Qui dobbiamo anche tener presente qualcosa di cui ho parlato ieri in una conferenza pubblica: ossia che per un preconcetto qualche persona non voglia sapere quanto si svolse all’inizio della nostra era in uno sperduto paese, che alcuni non intendano affatto occuparsi di quello che noi chiamiamo il mistero del Golgota. È perfino comprensibile che un’anima umana trovi ovvio concepire il corso della storia come se si dovesse cancellarne quanto è avvenuto sul Golgota. Prendiamolo come ipotesi.

 

Tuttavia, chi esamini con scrupolo la storia della nostra evoluzione, potrà scoprire, proprio nell’epoca del Golgota, un fatto che la caratterizza in modo peculiare. Ne abbiamo parlato ieri. Proprio in quell’epoca avvenne il trapasso fra due diversi atteggiamenti dell’anima umana:

• uno tutto rivolto alla percezione esteriore del mondo,     • l’altro tutto rivolto alla propria interiorità.

Questo trapasso avvenne sì nell’epoca del mistero del Golgota, ma indipendentemente da esso. In quel tempo cioè si verificò nella coscienza dell’essere umano una grande svolta: la svolta fra una vita dedita all’ambiente esteriore e una vita dedita all’interiorizzazione. Tutti possono rintracciare tale svolta nella storia, anche a prescindere dal mistero del Golgota stesso.

 

L’umanità si è dunque trovata a un punto di svolta. Per caratterizzarlo non è necessario ricorrere all’influsso del mistero del Golgota. Altri eventi ci mostrano che in passato l’umanità viveva rivolta verso il mondo esteriore, mentre dopo gli uomini pervasi dall’impulso del loro tempo, pervasi dal genio del loro tempo, cominciarono a vivere rivolti verso la propria interiorità.

 

Quando avvengono cose del genere, esse devono prima esser preparate. Qui non voglio attenermi a un detto assai comune, al detto cioè che la natura, o la storia, non fanno mai salti. Solo entro certi limiti quel detto ha la sua giustificazione, perché effettivamente anche il fiore ha la sua preparazione già nella foglia verde (sebbene anche in tal caso potrebbe trattarsi di una specie di salto nello sviluppo della pianta).

La svolta che dunque ci si presenta al tempo del Golgota nell’evoluzione dell’umanità fu senz’altro preparata; se ci immergiamo nella dottrina, nella concezione degli ultimi secoli dell’antichità ebraica, riusciremo a scoprire che il motivo dominante nella preparazione di quella svolta è analogo a quello di altre regioni della Terra.

 

Per lo spirito ebraico fu una svolta di tutt’altro genere rispetto ad altre precedenti. Per la vita spirituale ebraica, il secolo sesto avanti il mistero del Golgota, per il suo modo di considerare il mondo, ci appare del tutto diverso, un’epoca del tutto nuova rispetto a ciò che vi fu prima. Se esaminiamo i fatti con accuratezza, possiamo riscontrare che, sebbene l’antico popolo ebraico avesse caratteristiche ben differenti da quelle del popolo greco, tuttavia nella filosofia e perfino nella poesia greca degli ultimi secoli prima del Golgota troviamo lo stesso spirito del popolo ebraico. Basta considerare spiriti come Platone, Aristotele, perfino come Socrate, per constatare che una siffatta svolta è stata preparata in ogni luogo.

 

Ora, gli eventi che si svolgono qui in Terra sono diretti, sono guidati dal mondo soprasensibile. Prima che ciò cui diamo nome di evento del Golgota si svolgesse nella vita terrena, la precedente direzione della nostra evoluzione inviò agli uomini un messaggero: si trattava allora di un messaggero di Jahve.

Il messaggero che preparò spiritualmente il mistero del Golgota è lo stesso spirito che oggi regge la nostra epoca di civiltà, è lo spirito a cui diamo il nome di Michele.

Come Michele conferisce il carattere al tempo nostro, così conferì il carattere a tutto il periodo di civiltà durante il quale il mistero del Golgota andò preparandosi. Ma la potenza spirituale che dai mondi superiori inviò allora agli uomini come messaggero Michele, era Jahve.

 

In quel tempo antico non capitava, come invece accade oggi, che si facessero obiezioni a chi parlava di cose spirituali, e che per esempio si dicesse: “Tu parli tanto di Spirito del popolo o di Spirito del tempo, o in genere di fatti spirituali, ma parli ben poco di Dio”! Oggi invece tali obiezioni si fanno; non si coglie però il motivo per cui non si parla di Dio. Non si parla di Dio perché nessun concetto umano è in grado di abbracciare veramente la realtà in cui viviamo, in cui operiamo, in cui esistiamo. Anche a questo proposito le idee che oggi ci si fa sono talora proprio interessanti!

Mi è capitato recentemente di tenere una conferenza pubblica, e che, come è d’uso, si facessero delle domande e si dessero delle risposte. Un tale fece una domanda molto “intelligente”: «Posto che sia logico conoscere un oggetto per il fatto che noi lo vediamo in quanto tale perché possiamo contrapporci ad esso – e dunque non possiamo avere un’immagine oggettiva di un oggetto che è in noi (come ad esempio la pupilla) proprio perché non lo vediamo -, è giusto affermare (come fanno alcuni mistici) che ci si debba allontanare da Dio, per poterlo osservare in quanto oggetto?»

A una tale domanda si può rispondere soltanto così: certo, secondo alcuni mistici per poter stare di fronte a Dio bisogna allontanarsene; tuttavia, anche allontanandoci da Dio, noi restiamo sempre in lui. Da Dio noi non possiamo mai uscire! Talune logiche sono molto logiche, ma anche molto poco logiche.

 

In passato, quando tutta l’umanità era ancora congiunta col mondo spirituale, gli uomini provavano un profondo senso di venerazione per il divino entro cui viviamo, entro cui operiamo, entro cui esistiamo. Un tale elemento divino però non poteva venir designato sempre mediante un nome. Gli antichi ebrei, per non pronunziarne il nome, usavano l’espressione: “il volto di Jahve”. Il volto è la parte del corpo che si rivolge verso l’esterno e per cui l’uomo può manifestarsi. Non è tutto l’uomo: nei tratti del volto si rivela l’interiorità dell’uomo, tuttavia non si tralascia di parlare di tutto l’uomo, quando ci si riferisce al suo volto.

 

Fra gli Ebrei Michele era denominato il volto di Jahve. Perché lo si considerava come il suo sostituto, come il tramite per cui Jahve si annunziava a tutta l’umanità. Gli Ebrei in genere parlavano più del sostituto, più del rappresentante di Jahve, che non di Jahve stesso. Michele veniva considerato come il reggente spirituale dell’epoca, come il messaggero di Jahve; veniva considerato come lo spirito da cui allora si irraggiava l’impulso che preparava gli uomini all’evento del Golgota.

 

Da quel lontano tempo fino al momento attuale, la missione di dirigere e di guidare l’evoluzione dell’umanità è stata affidata ad altre entità della gerarchia degli Arcangeli. Ma è Michele, ovvero la stessa entità spirituale che in passato preparò il mistero del Golgota, quello che oggi dirige nel mondo sensibile il flusso della vita soprasensibile.

• L’epoca in cui il mistero del Golgota fu preparato, era una epoca micheliana: e quella che da poco si è inaugurata è anch’essa un’epoca micheliana. Ma vi è una grande differenza fra l’e-poca di Michele di allora e l’epoca che inizia ora.

 

Quale comprensione del mistero del Golgota poterono avere gli uomini nel tempo che intercorre fra la precedente epoca micheliana e la nostra? Dal tempo del mistero del Golgota fino ad oggi vissero molte anime le quali, per un’esigenza più o meno profonda, conseguirono un rapporto col mistero del Golgota o col suo portatore. Vissero molte nature religiose da allora. Il mistero del Golgota è però tale che si svolse sì come un fatto reale all’inizio del tempo nuovo, ma non può essere compreso pienamente dall’anima umana.

Nuove epoche verranno in futuro nelle quali gli uomini progrediranno sempre più e riusciranno sempre più ad avvicinarsi a quella comprensione. Il Golgota rappresenta nell’evoluzione dell’umanità un punto di svolta, e la comprensione per quella svolta aumenterà e si maturerà sempre più nell’evoluzione spirituale della Terra.

 

Noi non siamo in grado di imprimere tali cose abbastanza a fondo nell’anima. Cerchiamo perciò ancora una volta di considerare, sebbene con una certa metafisica astrazione, che cosa in effetti avvenne allora. Lo abbiamo già caratterizzato sotto i più diversi aspetti. Esaminiamolo ora da un punto di vista piuttosto astratto, da un punto di vista che però, se lo facciamo agire sull’anima, susciti in noi una sensazione profonda.

Applichiamoci a investigare gli oggetti del mondo che ci circonda col metodo della scienza ordinaria. Cerchiamo di impadronirci col nostro pensiero delle leggi che governano i regni della natura: il regno minerale, il regno vegetale, il regno animale, il regno umano. A una tale indagine noi veniamo spinti da un ideale: comprendere la vita. Ma qui sulla Terra la vita non viene compresa; solo la scienza dello spirito è in grado di trasmetterne una conoscenza. La scienza esteriore non riesce mai a cogliere l’essenza della vita. Sarebbe un’assoluta fantasticheria il credere di potere afferrare le leggi della vita così come si afferrano le leggi della fisica e della chimica. Conoscere l’essenza della vita rimane sempre per l’uomo un ideale, un ideale che egli non può raggiungere; sul piano fisico è una impossibilità. Solo alla conoscenza soprasensibile ciò è possibile.

 

Ma come non è possibile la conoscenza sensibile della vita,

così non è possibile la conoscenza soprasensibile della morte.

Nel mondo spirituale esistono per la coscienza stati di terribile isolamento della coscienza,

esiste la temporanea sommersione in uno stato quasi di sonno:

tuttavia, nei mondi superiori la morte non esiste, non è possibile.

Le gerarchie superiori non conoscono la morte, non sperimentano la morte.

 

Come nell’Antico Testamento si trova giustamente detto che davanti al mistero della nascita gli Angeli devono coprirsi il volto (e con loro tutti gli altri esseri delle gerarchie superiori), così essi devono coprirsi il volto anche davanti al mistero della morte, perché la morte è un evento che può attuarsi soltanto nel mondo dei sensi e non in quello soprasensibile.

 

Ora, fra tutte le entità dei mondi superiori, ve ne è una sola che dovette attraversare la morte,

potremmo anzi dire che volle attraversarla: è il Cristo.

E appunto per assolvere questa missione egli dovette discendere sulla Terra.

• Per poter attuare ciò che necessitava all’evoluzione della Terra, un essere dei mondi superiori, il Cristo,

dovette discendere, da un mondo nel quale la morte non esiste, in un mondo nel quale la morte esiste.

 

Tali idee, anche se in un primo tempo possono apparirci astratte, noi dobbiamo trasmutarle in una viva sensazione, in un vivo sentimento. Comprendere ciò che ora ho caratterizzato in modo astratto, diventerà per gli uomini una profonda esigenza dell’evoluzione. Ci si dovrà accostare al mistero del Golgota con estrema sensibilità, con umiltà, con venerazione.

 

Che cosa si verificò allora, in realtà? Lo abbiamo già descritto più volte: dai mondi soprasensibili il Cristo discese nel nostro mondo, e qui da allora egli vive; vi vive come una forza segreta, come una forza che però, a partire dal nostro secolo, comincerà a manifestarsi.

Cristo discese, da un mondo in cui la morte non esiste, in un mondo in cui la morte esiste. La sua forza si è congiunta con la Terra. Da forza cosmica è divenuta forza terrestre. Cristo attraversò la porta della morte per poter vivere entro l’esistenza della Terra, per poter esistere nel mondo terrestre.

 

Questo l’umanità ha cercato, nei secoli, di comprenderlo; molte anime hanno cercato di comprenderlo. Ma con l’avvicinarsi della fine dell’epoca di Gabriele, da poco trascorsa, tale possibilità è sempre più diminuita. E oggi proprio coloro cui spetterebbe il compito di comprendere il Cristo, lo comprendono invece ben poco: il materialismo va affermandosi oggi non solo nella scienza, ma anche nella teologia. La vera comprensione per l’impulso del Cristo è venuta meno.

Il materialismo ha afferrato le anime degli uomini, vi si è insinuato profondamente; sotto molti aspetti è diventato l’impulso fondamentale dell’epoca appena trascorsa. Numerose anime umane hanno attraversato la porta della morte apportando nella sfera spirituale un atteggiamento materialistico. Ciò non poteva accadere in un lontano passato; non poteva affatto accadere che anime umane attraversassero la soglia della morte con un atteggiamento materialistico così preponderante come nell’epoca di Gabriele.

 

In quell’epoca molte anime trascorsero nel mondo spirituale il tempo fra la morte e una nuova nascita senza saper nulla del mondo in cui si trovavano. In quel mondo veniva loro incontro un essere. Esse lo vedevano; non potevano non vederlo, perché quell’essere si era congiunto con l’esistenza della Terra, pur operandovi invisibilmente. E avvenne che quelle anime che avevano attraversato la soglia della morte riuscirono a scacciare dal mondo spirituale il Cristo – non possiamo dirlo in modo diverso.

 

Così il Cristo dovette in certo modo sperimentare il rinnovarsi del mistero del Golgota,

anche se non nella stessa misura del primo.

Duemila anni fa egli sperimentò la morte:

ora invece sperimentò di essere allontanato dalla sua esistenza nel mondo spirituale.

In tal modo si compì in lui l’eterna legge del mondo dello spirito:

ciò che nel mondo superiore scompare, risorge a nuovo poi nel mondo inferiore.

• Da un tale evento dipende il fatto che nel ventesimo secolo

alle anime sia possibile maturarsi fino a comprendere il mistero del Golgota.

 

Per una sorta di congiura ordita dalle anime atteggiate materialisticamente, il Cristo è stato esiliato dai mondi spirituali ed è stato trasferito nel mondo sensibile, nel mondo degli esseri umani. Perciò è proprio nel mondo sensibile, qui nel mondo degli esseri umani, che può avere inizio una nuova comprensione del Cristo, perché il Cristo si è congiunto più profondamente con tutto quanto concerne i destini degli uomini sulla Terra. Come in passato ci si poteva innalzare a Jahve o Jehova e sapere che costui aveva affidato a Michele la missione di preparare il trapasso dall’epoca di Jahve all’epoca di Cristo, così oggi è Cristo a inviarci Michele come suo messaggero.

 

Ecco la grande novità che noi dobbiamo accogliere con profondo sentimento:

in passato si parlava di Michele-Jahve come della guida del tempo;

oggi, come guida del tempo, dobbiamo parlare di Michele-Cristo.

 

Michele si è elevato a un grado superiore;

da Spirito di popolo è diventato Spirito del tempo; da messaggero di Jahve è diventato messaggero del Cristo.

Perciò nel nostro tempo comprendere l’impulso di Michele significa comprendere l’impulso del Cristo.

 

Una conoscenza astratta si fonda sui nomi, sempre di nuovo sui nomi, e crede di poter domandare: che entità è Michele? Crede pure di ottenere una risposta apprendendo che Michele fa parte di questa o quella gerarchia, apprendendo che Michele è un Arcangelo e che gli Arcangeli hanno questo o quell’attributo. Allora se ne dà una definizione, credendo in tal modo di sapere di quale essere si tratti. Spesso mi vengono richieste delle definizioni, e questo fatto mi ricorda sempre quella disputa sorta in una scuola filosofica greca circa il valore di una definizione. Si disputava su come dovesse definirsi l’uomo, e alla fine si convenne che l’uomo è un essere che cammina su due gambe e non ha piume. Certo, non si può negare che queste caratteristiche si adattassero al concetto che si voleva in tal modo affastellare. Però avrebbe avuto ragione qualcuno che, avendo fra le mani un pollo spennato, avesse chiesto se per caso quello fosse un uomo, dal momento che aveva due gambe ed era senza piume.

Si crede così di conoscere l’entità di Michele. Ma con questo non si perviene a nulla! Se si vuol comprendere Michele, bisogna conoscerne l’evoluzione, bisogna sapere che si tratta della stessa entità che in passato diede il tono alla preparazione del mistero del Golgota, mentre ora, nel nostro tempo, dà il tono non alla preparazione, ma alla comprensione del mistero del Golgota.

 

In passato Michele fu lo Spirito del popolo, oggi è lo Spirito del tempo.

In passato fu il messaggero di Jahve, oggi è il messaggero del Cristo.

Noi parleremo nel modo giusto del Cristo, solo se parleremo anche di Michele e della sua missione,

e se riconosceremo che in passato egli fu il portatore della missione di Jahve,

mentre oggi è il portatore della missione del Cristo.

 

Abbiamo potuto seguire l’evoluzione di Michele, l’evoluzione di uno spirito che è asceso di un gradino, di uno spirito che, per trasmettere un nuovo impulso all’umanità, è salito, o sta salendo, dal rango degli Arcangeli al rango delle Archai.

 

Ora, il posto lasciato da Michele viene colmato da un’altra entità. Ho già parlato diverse volte del Buddha, dell’evoluzione da lui compiuta. Talora vengono fatte in proposito delle obiezioni infantili; esse tendono anche a contestare la nostra concezione dell’impulso del Cristo, a considerarla unilaterale. In realtà però noi abbiamo sempre cercato di indirizzare lo sguardo all’evoluzione nel suo insieme, caratterizzandone i sostrati e i diversi impulsi, riconoscendo ad ogni individualità il suo particolare valore. Abbiamo spesso ripetuto quanto ci risulta: il bodhisattva che nacque come Gautama, da bodhisattva è diventato appunto Buddha. Abbiamo cercato di seguire la sua evoluzione fino al momento in cui ricevette una nuova missione, da svolgersi sul pianeta Marte.

 

Finché l’uomo dimora sulla Terra, per quanto alto sia il livello da lui raggiunto, si può sempre indicare quale sia lo spirito che lo guida di incarnazione in incarnazione. La guida individuale dell’uomo spetta appunto a un Angelo, a un’entità appartenente al rango angelico. Ora, quando un bodhisattva diventa Buddha, il suo Angelo resta per così dire libero, e allora, avendo compiuto la sua missione, ascende alla sfera degli Arcangeli.

Se noi riusciamo a considerare sempre più profondamente l’evoluzione soprasensibile, che è il retroscena della nostra evoluzione sensibile, se a questo veramente giungiamo, ci è anche possibile seguire l’ascendere di uno spirito angelico dal grado di Angelo a quello di Arcangelo, come pure l’ascendere di un Arcangelo al grado di Arché.

 

Quanto ora ho detto sul retroscena spirituale del mondo, sulla realtà spirituale nella quale siamo inseriti e nella quale cerchiamo di trasporci come antroposofi, non l’ho detto affinché le anime che ascoltano si limitino a fare delle teorie su questo genere di cose, ma affinché tramutino in sensazioni e in sentimenti ciò che viene espresso in parole e in concetti.

 

Sì, essere antroposofi nel nostro tempo significa

conoscere ciò che avviene nel mondo spirituale, nel mondo che sta alla base di quello sensibile,

sentirsi immersi nel mondo spirituale, così come l’uomo fisico si sente immerso nell’atmosfera fisica.

Sentirsi immersi nel mondo spirituale!

 

Non ci si sente però immersi nel mondo spirituale limitandosi a ripetere: in noi c’è lo spirito, lo spirito, lo spirito! Ma piuttosto, così come l’atmosfera della Terra va considerata concretamente secondo la formazione delle nuvole, secondo l’umidità e altri fenomeni, in modo altrettanto concreto va considerato il mondo spirituale nel quale, addormentandoci, noi ci immergiamo ogni notte. Dobbiamo sentire, dobbiamo riconoscere ciò che nel mondo spirituale oggi vive ed opera.

 

E quel che avviene nei retroscena spirituali della nostra evoluzione fisico-sensibile è conseguenza della missione affidata dal Cristo a Michele, al medesimo spirito della gerarchia degli Arcangeli della cui opera un tempo si servì Jahve per preparare il mistero del Golgota. Sapersi e sentirsi immersi in tale processo del mondo spirituale, come ci si sente immersi fisicamente nell’aria che si inspira e si espira, significa oggi avere la giusta coscienza nei confronti del mondo spirituale.

 

Cercate dunque di trasmutare in un sentimento globale questi risultati dell’occultismo.

Cercate di farvene un concetto, di percepire col vostro sentimento che cosa significhi nella nostra epoca conoscere ciò che avviene spiritualmente intorno a noi, apprendere dove va la nostra anima ogni sera quando si addormenta e donde essa proviene ogni mattina al risveglio. Cercate anche di rivolgere la vostra anima a quella cosa concreta che siamo usi chiamare, in modo del tutto astratto, “divina provvidenza”. Dobbiamo però cercare di riconoscere, cercare di sentire che cosa opera nella divina provvidenza.

 

E’ nel carattere del nostro tempo, che ciò che in passato

gli uomini potevano solo vagamente sentire come provvidenza fluente nel mondo

ora la possano conoscere come singolo essere.

 

Ponete adesso di fronte a voi quest’altra immagine. Dobbiamo avere ben presente che l’epoca precedente alla nostra ebbe il giusto compito di inaugurare una scienza della natura, ebbe il giusto compito di giungere alla conoscenza del mondo esteriore. Il mondo esteriore però è maya. Nulla vi è in esso di assolutamente buono o di assolutamente malvagio. Perciò nel nostro tempo non sarebbe più bene che le leggi naturali continuassero a promuovere la nostra concezione in senso materialistico, perché nel nostro tempo è la vita spirituale a fluire nel mondo sensibile. Con queste parole non intendiamo affatto criticare ciò che è stato compiuto in epoche passate, ma ciò che rifiuta di porsi al servizio di una nuova tappa della scienza.

 

Nell’epoca precedente alla nostra Michele non ebbe il compito di combattere il drago, perché il drago, per così dire, non era ancora tale! Diventerà drago, se i concetti e le idee della scienza naturale dovessero contribuire a edificare la futura concezione del mondo. Questo è in immagine, se rettamente inteso, il drago che Michele deve vincere oggi, Michele la cui reggenza spirituale ha avuto ora inizio.

 

Ecco una significativa immaginazione: Michele che vince il drago.

D’ora in avanti la missione di Michele è di far fluire nel mondo sensibile sostanza spirituale.

Noi siamo al suo servizio. Noi dobbiamo vincere il drago, il drago che cerca di affermarsi diffondendo le idee che, nell’epoca di Gabriele ormai trascorsa, produssero il materialismo, le idee del tempo passato che aspirano a diventare predominanti nel futuro.

 

Il nostro compito è oggi riconoscere che cosa significa Michele che lotta contro il drago,

riconoscere in qual modo noi dobbiamo contribuire, in quanto uomini di un’epoca nuova, alla sua vittoria.

 

Cerchiamo di far nostra l’immaginazione di Michele che vince il drago; cerchiamo di sentirci realmente, concretamente inseriti nella guida spirituale della nostra epoca. Questa guida spirituale esorta ogni anima umana ad aspirare sinceramente e onestamente al proprio sviluppo, ad ascendere verso livelli spirituali sempre più alti.