L’incontro con il grande Guardiano della soglia.

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 27.03.1910


 

Ieri abbiamo descritto che l’essere umano ha intorno a sé, nel macrocosmo, entità e fatti spirituali. Certamente questo è giusto, ma tra tutto ciò che lì ha di fronte, vi è anche uno aspetto obiettivo di se stesso.

Ora egli può confrontare quanto sia imperfetto rispetto a quanto in tal modo è contenuto nel mondo macrocosmico, e come abbia delle qualità che non lo fanno essere all’altezza di quel mondo. Tale circostanza in quel momento presenta una grande possibilità per l’uomo di perdere la fiducia in se stesso, la sicurezza di sé.

Ciò che può proteggerlo da questa eventuale perdita è un’autoeducazione, precedente all’entrata nel mondo spirituale, a un giudizio ponderato sul fatto che egli, così com’è ora, è sì imperfetto, ma ha sempre la possibilità di acquisire facoltà per abituarsi a quel mondo spirituale.

 

L’uomo deve avere la possibilità di reggere le proprie imperfezioni e deve anche imparare a sostenere la vista di ciò che un giorno potrà essere quando le avrà superate e avrà acquisito quelle qualità che oggi ancora gli mancano. Questo è un sentimento che deve giungere nell’anima umana varcando coscientemente la soglia del macrocosmo.

L’uomo deve imparare a vedere se stesso come qualcosa di imperfetto dal proprio punto di vista attuale.

Deve imparare a tollerare questa vista e dirsi: «Quando riguardo nella mia vita attuale e in quella delle incarnazioni precedenti, vedo che esse hanno fatto di me ciò che io sono».

Ma deve avere anche la possibilità vicino a questa sua propria figura, di avvertire, di sentirne un’altra che gli dice: ▸ «Se tu lavori a te stesso, se tu fai di tutto per sviluppare quanto vi è di predisposizioni, di talenti nella tua entità più profonda, un giorno potrai diventare un essere come questo che ti sta accanto come un vero ideale. Guarda senza timore né scoraggiamento».

 

Però si può guardare senza paura né scoraggiamento a quanto la propria imperfezione pone vicino, solo quando ci si è educati a una forza di superamento delle difficoltà della vita.

Se per questo, prima di fare la propria entrata nel mondo spirituale, ci si è preso cura di acquisire già delle forze animiche nel mondo fisico per superare dolore, sofferenza e opposizioni della vita, se ci si è fortificati nel tener testa a controforze, allora, nel momento in cui si ha quel sentimento, si può sentire in sé l’impulso:

• «Ciò che anche ti può succedere, qualunque cosa ti può accadere in quel mondo spirituale del macrocosmo, te la caverai, poiché svilupperai ancor più, con sempre maggior forza, le qualità che hai già acquisito quali forze di superamento di ostacoli e impedimenti».

Se ci si è preparati in tal modo, si sperimenta, proprio entrando nel mondo elementare, qualcosa di molto particolare. Comprenderemo quanto vi si sperimenta, se ancora una volta guardiamo indietro a ciò che è stato detto poco fa, che il nostro temperamento collerico è affine all’elemento del fuoco, il sanguigno a quello dell’aria, il flemmatico a quello dell’acqua, il malinconico all’elemento della terra. Quando penetriamo nel mondo elementare col nostro temperamento, ci vengono incontro le entità di quel mondo simili a quello che noi stessi siamo.

 

Le qualità colleriche ci si fanno incontro come nell’elemento ardente del fuoco, quelle sanguigne come nell’elemento volatilizzante dell’aria, le flemmatiche come nell’elemento dell’acqua, le malinconiche come nell’elemento della terra. Allora si mostrerà come ciò che si acquisisce in quanto forze animiche attraverso l’autoeducazione conduca al fatto che ci si possa dire: «Tu avrai la forza per superare ogni ostacolo!».

Ciò che l’uomo ha in sé è affine a quello che gli viene incontro nel mondo spirituale, è simile a quanto, confluendo per così dire da tutti gli elementi, si fa incontro a lui, così che egli scorge se stesso come un’entità che sta all’esterno.

• Se ci si è decisi a superare, a togliersi con l’autoeducazione tutte le proprie imperfezioni, questo impulso dell’anima opera in modo che tale uomo imperfetto si presenti davanti senza che si sia costernati alla sua vista. L’uomo senza un grado di maturità sufficiente avrebbe sempre un sentimento sconvolgente vedendo il suo doppio.

 

Nella vita normale ne è preservato dallo spegnersi della coscienza; ogni notte, addormentandosi, egli avrebbe davanti a sé il suo essere imperfetto e ne sarebbe sconvolto se si addormentasse coscientemente. Allo stesso modo gli si presenterebbe davanti quell’altra entità che gli farebbe notare come egli possa diventare.

Per questo con l’addormentarsi viene spenta la coscienza. Se però l’uomo genera sempre più in sé la maturità che gli dice: «Tu supererai gli ostacoli!», allora a poco a poco si solleva ciò che nella vita normale si pone come un velo davanti all’anima umana quando egli si addormenta.

 

Questo velo diventa sempre più sottile e alla fine sta lì in modo che l’uomo possa sopportare la visione di quella figura che è un’immagine di lui stesso così com’è attualmente; e accanto ad essa si accorge dell’altra figura che gli mostra come egli possa diventare quando continua a lavorare su di sé. Essa gli si presenta in tutto il suo splendore, in tutta la sua magnificenza e gloria.

L’uomo in quel momento sa che tale figura opera in modo così sconvolgente solo perché egli non è così, ma potrebbe esserlo, e sa che egli può acquistare la giusta disposizione dell’anima solo se può sopportare quella visione; vale a dire avere questa esperienza: passare davanti al grande Guardiano della soglia.

• Questo grande Guardiano, nell’addormentarsi abituale, spegne la coscienza umana così che scende l’oblio su quella coscienza. Egli ci mostra quello che ci manca quando vogliamo entrare nel macrocosmo e quanto dobbiamo fare solo da noi stessi per familiarizzarci via via con quel grande mondo.

 

La nostra epoca attuale ha bisogno così di formarsi un concetto di tali cose, ma detesta molto farlo. Sì, essa è presa in uno strano passaggio.

Qualcuno ammetterà sì teoricamente di non essere un uomo perfetto, ma solitamente non va oltre la teoria. Questo ci si mostra meglio quando diamo uno sguardo nella nostra vita culturale.

Facciamo noi stessi la prova! Prendiamo in mano la letteratura che tratta del mondo spirituale con lo stile odierno. Troveremo dappertutto un tono del tutto contrario, appunto, a quello ora caratterizzato. Dovunque potremo sentire e leggere quando questo o quello dice la propria opinione sul mondo spirituale: «Questo si può sapere e questo non si può».

 

Proviamo come spesso scoviamo questa piccola parola “si” in scritti odierni: «Questo si può sapere, questo non si può sapere». Con questa parolina “si” l’uomo stabilisce un limite alla conoscenza che egli crede di non poter superare. Ogni volta che una persona pronuncia la parolina “si” in questo modo, è di opinione contraria a quella scientifico-spirituale. Poiché in nessun momento della vita è lecito dire: «Questo si può conoscere» o «Questo non si può conoscere», ma dobbiamo dire:

• «Noi possiamo conoscere tanto quanto corrisponde al nostro livello attuale di maturità e alle nostre capacità, e quando ci saremo sviluppati a un punto di vista superiore, potremo conoscere di più».

 

Questo “non si può” non esiste proprio. Chi parla così si mostra già in partenza come un uomo che non è in grado di afferrare soprattutto il concetto di conoscenza di sé. Poiché sappiamo che l’uomo è un essere capace di evoluzione e che noi possiamo parlare solo di quanto ognuno può conoscere a seconda dell’attuale sviluppo delle proprie capacità.

Questo “non si può sapere” è già così brutto, ma non sarebbe nemmeno la cosa peggiore, poiché in fondo è solo una forma di espressione di cui si può fare a meno di occuparsi. Lo scienziato dello spirito non se ne occupa; egli si abituerà a leggere la letteratura odierna in modo da dirsi che quando l’autore in questione dice “si”, significa “egli”. Allora ci si raccapezza se lo si legge da questo punto di vista.

 

Colui che scrive rivela con questo proprio quel che conosce. Se fosse solo una questione di formulazione, non sarebbe così tremendo. La cosa però diventa più seria quando la suddetta persona la continua e la mette in pratica di fatto. Le teorie in genere non sono pericolose, ma lo divengono soltanto quando si trasformano in prassi di vita.

Diventa pericoloso se la persona in questione inizia a dire: «Io so tutto ciò che l’uomo può sapere e conoscere, dunque non ho proprio bisogno di fare nulla»; allora frappone ostacoli a se stesso, nega a se stesso l’evoluzione. In fondo, vi sono oggi molte persone che si impediscono il loro sviluppo, così che si può soltanto augurare loro, dal punto di vista scientifico-spirituale, di dormire sempre molto bene e molto profondamente, per non arrivare mai, in qualche modo, con un piccolo sollevamento del velo, alla coscienza di come siano imperfette rispetto a ciò che potrebbero divenire.

 

Così, nelle abitudini di pensiero, nell’intero modo di sentire del nostro tempo si trova che gli uomini, addirittura, rendono ben volentieri il velo sempre più fitto davanti al mondo in cui noi non possiamo entrare se non passiamo davanti al grande Guardiano della soglia, quella possente figura che ci impedisce sempre l’accesso se non facciamo davanti a lei un voto solenne.

Senza questa sacra promessa non funziona, e questa consiste nel dirsi: ▸ «Adesso certamente sappiamo quanto siamo imperfetti, ma non smetteremo mai di sforzarci a diventare sempre più perfetti». Solo con questo impulso è possibile entrare nel macrocosmo.

Chi non ha questa forte volontà di lavorare sempre più su di sé, dovrebbe appunto coltivarla se vuole procedere nel macrocosmo.

 

Questo è il risvolto necessario alla nostra autoconoscenza che dobbiamo conquistare se vogliamo imparare a distinguere nel mondo superiore. Deve diventare per noi conoscenza di sé; ma questa autoconoscenza rimarrebbe un prodotto morto se non fosse connessa alla volontà di perfezionamento di sé.

Attraverso la svolta dei tempi risuona l’antica massima apollinea: «Conosci te stesso!». Essa è giusta, non c’è proprio nulla da obiettare, ma è anche da considerare, a tal proposito, ciò che è stato detto ieri riguardo alle verità: le peggiori rappresentazioni per l’essere umano non sono quelle veramente sbagliate, ma quelle unilaterali, quelle che sono mezze verità, che si frappongono molto più da ostacolo entro la nostra vita.

 

E l’esortazione: «Conosci te stesso» sarebbe unilaterale, se non considerassimo anche il suo rovescio che si rivela come esortazione al continuo perfezionamento di sé. Quando facciamo questa promessa a noi stessi, al nostro uomo superiore che dobbiamo diventare, ci possiamo cimentare con fiducia e senza alcun rischio col macrocosmo, poiché sapremo via via orientarci nel labirinto in cui dobbiamo, a quel punto, entrare.

 

Abbiamo visto come la nostra propria natura risulti affine a ciò che chiamiamo mondo elementare e abbiamo trovato l’affinità di ciò che ci si fa incontro nel mondo elementare con i nostri temperamenti. Sentiremmo affine alla nostra propria entità anche dell’altro che ci muove incontro, se rivolgessimo lo sguardo su altre qualità animiche.

In noi vi è sempre anche ciò che è fuori di noi, poiché siamo tratti dal mondo. Ma non possiamo guardare dentro il mondo elementare solo a partire da ciò che possiamo percepire nel mondo fisico, ad esempio partendo dal nostro temperamento collerico giungere al fuoco elementare, bensì possiamo salire anche al mondo spirituale e in mondi ancora superiori. Vogliamo oggi parlare ancora brevemente di questo punto.

 

Quando ci troviamo come esseri umani, sappiamo di andare da un’incarnazione all’altra. Se in questa incarnazione siamo proprio uomini malinconici ci potremo dire che ora, in questa incarnazione, siamo così, in un’altra precedente o successiva possiamo essere stati o divenire sanguigni o flemmatici, cioè, compenseremo l’elemento unilaterale. Con ciò abbiamo acquisito un concetto del fatto che noi, anche se siamo malinconici in una vita, siamo esseri più che meri malinconici.

Con lo stesso essere con cui in questa vita siamo malinconici possiamo in una vita precedente essere stati, per quanto ci riguarda, collerici o possiamo in una vita successiva divenire sanguigni. Il nostro essere, dunque, non scompare in queste predisposizioni di temperamento, è ancora qualcos’altro che sta oltre.

 

Se quindi il chiaroveggente osserva qualcuno nel mondo elementare e lo vede come uomo malinconico, deve dirsi: «Per come egli ora si presenta malinconico nell’elemento della terra è un’apparizione temporanea, è solamente l’apparizione di un’incarnazione. In un’altra incarnazione si può rivelare un uomo di aria o di fuoco che appare, per così dire, di terra nella sua incarnazione attuale».

Così si presenta, in effetti, l’uomo nell’ambito del mondo elementare per la coscienza chiaroveggente. I malinconici che volentieri rimuginano in se stessi, che non la spuntano con se stessi, quando li si osserva dal punto di vista del mondo elementare, appaiono in modo che, per così dire, respingono. I collerici appaiono effettivamente nel mondo elementare come se propagassero delle fiamme. Tuttavia dobbiamo prendere in considerazione l’elemento animico del fuoco e non confonderlo con il fuoco fisico ordinario.

 

Per evitare fraintendimenti vorrei menzionare che, nei manuali di teosofia, ciò che qui abbiamo chiamato mondo elementare lo troviamo designato come mondo astrale o piano astrale. Ciò che qui abbiamo chiamato mondo spirituale lo troviamo denominato come piano mentale o mondo del devachan, ma le parti inferiori di esso. Le parti superiori del devachan, che in quei testi vengono denominate come arupa-devachan, sono il mondo che qui abbiamo caratterizzato come mondo della ragione.