L’iniziazione di Lazzaro – passaggio dall’iniziazione antica a quella nuova

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 30.06.1909


 

Anticamente, fra gli uomini, alcuni singoli diventavano discepoli dei grandi maestri e venivano guidati nei misteri; ad essi veniva tratto fuori il corpo eterico, affinché potessero diventare testimoni dello spirito e presentarsi agli altri, dicendo:

«Esiste un mondo spirituale, noi stessi l’abbiamo visto! Come voi vedete le pietre e le piante, così noi abbiamo visto il mondo spirituale».

 

Erano i «testimoni oculari», quelli che provenivano dalla profondità dei misteri,

che annunziavano il vangelo dello spirito, ma in ordine alla saggezza antica.

• Mentre essi riconducevano la gente verso una saggezza dalla quale l’uomo era provenuto,

grazie al Cristo fu possibile che degli iniziati potessero arrivare alla percezione del mondo spirituale,

pur rimanendo nel loro corpo fisico e nello stato di coscienza normale.

 

Per mezzo dell’impulso del Cristo essi conobbero ciò che era noto agli antichi iniziati: l’esistenza del mondo spirituale. A loro volta essi poterono annunziare il vangelo del mondo spirituale. Per diventare dunque un iniziato e poter annunziare il vangelo del mondo spirituale nel senso nuovo, nel senso del Cristo, occorreva che la forza esistente nel Cristo fluisse come impulso in chi doveva diventare il discepolo, l’annunziatore di quella forza.

 

Quando si verificò per la prima volta una simile iniziazione cristiana?

Nel progresso dell’evoluzione, l’antico deve sempre ricollegarsi al nuovo.

Così anche il Cristo dovette condurre gradatamente l’iniziazione antica a quella nuova. Dovette per così dire creare un passaggio. Egli doveva tener conto di determinati processi dell’antica iniziazione, ma in modo che tutto ciò che proveniva dagli antichi Dei venisse pervaso dall’essenza del Cristo.

Il Cristo procedette all’iniziazione di quello fra i suoi discepoli che doveva poi comunicare al mondo il Vangelo del Cristo nel modo più profondo. Tale iniziazione si cela in una narrazione del Vangelo di Giovanni, nella storia di Lazzaro.

 

Molto è stato scritto sulla storia di Lazzaro, incredibilmente molto. Ma la hanno compresa solo quelli che sapevano, o dalle scuole esoteriche, o per osservazione propria, ciò che si nasconde dietro di essa. Citerò soltanto alcune parole caratteristiche dalla storia di Lazzaro. Quando venne comunicato al Cristo Gesù che Lazzaro giaceva infermo, egli rispose: «La malattia non porterà alla morte, ma manifesterà Dio in lui!» (Giov. XI, 4).

La malattia serve a manifestare Dio in lui.

 

Soltanto a causa di una interpretazione errata nella traduzione la parola del testo greco δοξα è stata tradotta con: «in gloria di Dio».

Non è in gloria di Dio ciò che succede, ma perché il Dio in lui diventi manifesto ed esca dall’arcano. Questo è il significato giusto delle parole. Vale a dire, il divino che è nel Cristo, deve fluire nell’individualità di Lazzaro; il divino, la divinità-Cristo, deve diventare visibile in Lazzaro, per mezzo di Lazzaro.

 

Se comprendiamo in tal modo la resurrezione di Lazzaro, solo così essa riesce per noi completamente chiara. D’altra parte non si deve credere che quando vengono comunicate delle verità occulte se ne possa parlare così chiaramente che a tutti riesca facile capire. Quello che si cela dietro a questi fatti della scienza dello spirito viene comunicato in un modo ornato e velato.

Così deve essere, perché chi vuol giungere alla comprensione di un tale mistero, deve farsi strada col proprio lavoro attraverso queste apparenti difficoltà, affinché il suo spirito ne esca rinvigorito e rafforzato. Proprio per il fatto che prova fatica ad orientarsi fra le parole, egli arriva fino allo spirito nascosto dietro alle cose di questo genere.

 

Ricordiamoci, quando si parla della «vita» che sembra aver abbandonato Lazzaro e che le sorelle Marta e Maria desiderano richiamare, come il Cristo Gesù risponda: «Io sono la resurrezione e la vita». La vita deve risorgere in Lazzaro.

Bisogna prender tutto alla lettera, proprio nei Vangeli. Vedremo che cosa risulta da una tale interpretazione letterale dei Vangeli. Senza sofisticherie, prendiamo alla lettera la frase: «Io sono la risurrezione e la vita».

 

Che cosa porta seco il Cristo, quando gli è dato di apparire per risvegliare Lazzaro? Che cosa fluisce in Lazzaro? L’impulso-Cristo, la forza che è fluita dal Cristo! È la vita che il Cristo ha dato a Lazzaro, come il Cristo anche dice: «La malattia non porterà alla morte, ma manifesterà Dio in lui!».

Come tutti gli iniziati antichi giacevano per tre giorni e mezzo come morti, e poi il Dio in loro diventava manifesto, così anche Lazzaro giacque per tre giorni e mezzo in uno stato simile alla morte.

 

Il Cristo Gesù sapeva benissimo che questo segnava la fine delle antiche iniziazioni. Egli sapeva che questa morte apparente conduceva a qualcosa di più alto, ad una vita superiore, e che Lazzaro durante quel periodo di tempo aveva veduto il mondo spirituale. E siccome la guida nel mondo spirituale è il Cristo, così Lazzaro ha accolto in sé la forza del Cristo, la visione del Cristo. (Particolari più precisi si trovano nel mio libro II cristianesimo come fatto mistico; in un capitolo apposito ho tentato di spiegare il miracolo di Lazzaro, dal punto di vista della scienza dello spirito).

Il Cristo ha versato la sua forza in Lazzaro; Lazzaro risorge rinnovato.

 

È degna di nota una parola del Vangelo di Giovanni. A proposito del miracolo di Lazzaro, è detto che il Signore «amava» Lazzaro. La stessa parola viene adoperata dopo, anche per il discepolo «che il Signore amava». Che cosa significa questo? Ci viene svelato soltanto dalla cronaca dell’akasha.

Chi è Lazzaro, dopo la sua resurrezione?

È lo scrittore stesso del Vangelo di Giovanni, è Lazzaro iniziato dal Cristo.

 

Il Cristo ha versato il messaggio del suo proprio essere nell’essere di Lazzaro, affinché il messaggio del quarto Vangelo, del Vangelo di Giovanni, potesse risuonare nel mondo quale descrizione dell’essenza del Cristo. Anche per questo, nel Vangelo di Giovanni, non viene nominato il discepolo Giovanni, prima della storia di Lazzaro.

 

Si legga con attenzione, e senza farsi fuorviare da quegli strani teologi i quali hanno scoperto che, in un determinato punto del Vangelo di Giovanni, e precisamente nel verso 35 del I capitolo, si trova il nome di «Giovanni» quale indicazione del discepolo Giovanni. A quel punto sta scritto: «Il giorno seguente Giovanni era di nuovo là con due dei suoi discepoli…». Niente, ma proprio niente, indica che queste parole si riferiscano a colui che in seguito viene chiamato il «discepolo che il Signore amava».

 

Di questo discepolo non è parola nel Vangelo di Giovanni, fino al momento del risveglio di Lazzaro. Perché? Perché colui che si cela dietro al discepolo «che il Signore amava» è il medesimo che il Signore aveva amato già prima. Egli lo amava perché già lo aveva riconosciuto invisibilmente nella propria anima, come il discepolo che doveva venir risvegliato per portare nel mondo il messaggio del Cristo. Questa è la ragione per cui il discepolo, l’apostolo «che il Signore amava», appare soltanto dopo la descrizione del risveglio di Lazzaro. Appena allora, egli lo era divenuto. L’individualità di Lazzaro si era allora trasformata in modo da divenire, nel senso del cristianesimo, l’individualità di Giovanni.

 

Abbiamo quindi nel senso più alto un battesimo eseguito su Lazzaro per mezzo dell’impulso stesso del Cristo: Lazzaro è diventato un iniziato nel nuovo senso della parola, malgrado fossero state rispettate in certo modo le forme antiche, lo stato letargico; così venne creato un passaggio dall’iniziazione antica a quella nuova.