L’iniziazione egizia con la morte apparente di tre giorni e mezzo e il risveglio veggente

O.O. 106 – Miti e misteri dell’Egitto – 13.09.1908


 

In diversi punti del nostro ciclo di conferenze

abbiamo cercato di mostrare i fatti dell’evoluzione postatlantica

e come all’epoca nostra avvenga una specie di ripetizione, di risurrezione

delle esperienze passate dall’umanità durante la civiltà egizio-caldaica.

 

Ora vogliamo solo riassumere per questi due periodi quel che abbiamo già indicato per gli altri. Abbiamo detto che la civiltà indiana si ripeterà nel settimo periodo postatlantico, la civiltà persiana nel sesto e l’egizia nel nostro, mentre la quarta, la civiltà greco-latina, sta per così dire a sé. Ora, collegando con una linea la civiltà egizia con la nostra, vogliamo schematicamente accennare a come in questa si possa riscontrare una specie di risurrezione di esperienze esteriori e interiori fatte dagli uomini del periodo egizio.

 

Come abbiamo veduto, esistono forze misteriose nei mondi spirituali, a cui corrispondono altre forze nel mondo fisico, che producono tali ripetizioni, tali risurrezioni di esperienze esterne ed interne.

In mezzo, tra i periodi passati e quelli futuri, sta il periodo greco-latino in cui il Cristo apparve sulla terra e in cui si compì il mistero del Golgota.

Abbiamo anche rilevato che non solo le condizioni esterne dell’evoluzione sul piano fisico subirono un mutamento, ma che sono diventate diverse anche quelle del mondo spirituale.

Ho fatto notare come fosse diversa nel periodo egizio l’anima umana che guardava le gigantesche piramidi, come fosse in modo diverso reincarnata nel periodo greco-latino, e come l’anima senta in maniera ancora diversa nel nostro tempo.

 

Abbiamo visto che non avviene solo questo, ma che pure nel periodo tra la morte e una nuova nascita, che si trascorre nel kamaloka e nel devachan, avviene una trasformazione, una specie di progresso, sì che l’anima non ha le stesse esperienze se, passando nel kamaloka e nel devachan, esce da un corpo egizio, oppure greco, oppure da un corpo attuale. Trasformandosi il mondo del piano fisico, anche nel mondo spirituale avviene un progresso, anche lì l’anima sperimenta qualcosa di sempre diverso.

 

Ora vogliamo studiare anzitutto, anche dal punto di vista dell’aldilà (se così vogliamo chiamarlo) l’avvento poderoso del Cristo sulla terra. Oggi ci domanderemo: quale importanza ebbe l’apparizione del Cristo sulla terra per le anime dei defunti, per la vita che si svolge dall’altro lato, dal lato spirituale dell’esistenza? A questo scopo dobbiamo però premettere diverse cose svoltesi per le anime durante il periodo egizio, al di qua e al di là del piano fisico.

 

Da tutto quanto abbiamo già veduto riguardo alle precedenti grandi epoche dell’evoluzione terrestre, possiamo dedurre che il periodo egizio-caldaico offrì come un riflesso, nella conoscenza e nell’esperienza interiore, di ciò che si era svolto sulla terra nell’epoca lemurica, durante e dopo l’uscita della luna. Le esperienze avute allora erano come un ricordo degli insegnamenti impartiti dagli iniziati egizi. L’iniziato egizio stesso, durante la propria iniziazione, aveva esperienze che l’uomo di solito può avere soltanto quando varca la porta della morte. Però l’iniziato le sperimentava diversamente da come le sperimenta un uomo qualunque quando muore. Le sue esperienze erano diverse e assai più ricche.

Sarà bene, come base del nostro studio, che descriviamo in breve la natura dell’iniziazione egizia che si distingue molto da quella successiva alla venuta del Cristo. Con l’avvento del Cristo si modificò nella sostanza il processo dell’iniziazione.

 

Abbiamo veduto che gli uomini dovettero discendere sempre più nel mondo materiale e prendervi sempre maggiore interesse. Nella stessa misura, le esperienze tra morte e nuova nascita diventavano sempre più pallide e scialbe. Quanto più la coscienza umana si vivificava nel mondo fisico, quanto più gli uomini prendevano amore a questo mondo e ne scoprivano le leggi, tanto più si oscurava la loro coscienza nel mondo spirituale; tale oscuramento ebbe il suo culmine nel periodo greco-latino. Prima che l’uomo fosse del tutto disceso nelle profondità della materia, non gli era possibile sperimentare appieno nel suo corpo fisico ciò che occorre sperimentare volendo acquistare la visione del mondo spirituale nel periodo tra nascita e morte.

 

Si può in breve caratterizzare il processo dell’iniziazione che si riferisce sia all’iniziazione pre-cristiana, sia a quella post-cristiana; la conclusione è però cambiata.

L’iniziazione altro non è se non che l’uomo acquista la facoltà di sviluppare organi di percezione nelle sue parti costitutive superiori.

 

Oggi, durante la notte, nulla percepiamo; tutto è oscuro intorno a noi; è così perché nel corpo astrale non abbiamo organi di percezione.

Come si sono formati occhi e orecchie quali organi di percezione fisica, così devono svilupparsi organi di percezione soprasensibile ed essere inseriti nelle parti costitutive superiori.

Ciò avviene grazie a esercizi di meditazione e concentrazione che si danno al discepolo, dopo avergli trasmessa una visione d’insieme su quello che gli iniziati possono comunicare intorno ai mondi spirituali.

 

Si fece sempre così, e i discepoli dovettero sempre apprendere quella che oggi chiamiamo scienza dello spirito elementare.

Si vegliava con molto più rigore a che i discepoli apprendessero queste verità in una progressione graduale ben regolata.

Quando i discepoli avevano raggiunta una sufficiente preparazione teorica ed erano maturi abbastanza, si davano loro esercizi adeguati a un fine tutto speciale.

 

Nella vita diurna l’uomo lascia agire su di sé le impressioni dei sensi, e queste sono certo tali da portar frutti per la vita abituale sul piano fisico. Le impressioni si estendono al corpo astrale che, a sua volta, le estende all’io. Le impressioni non sono tali da poterle conservare anche quando di notte corpo astrale e io escono dal corpo fìsico e da quello eterico.

Quel che così riceviamo dal mondo fisico non penetra in noi tanto fortemente da poter esser conservato come impressione durevole.

 

Invece quando si fanno gli esercizi di meditazione e concentrazione in base a esperienze millenarie, il corpo astrale non perde le esperienze e le conserva anche quando di notte esce dal corpo fìsico.

Esso ne riceve impressioni plastiche che lo formano e lo organizzano come sono stati formati gli organi fisici.

Per un certo tempo il corpo astrale viene dunque elaborato da questi esercizi, e gli vengono così impressi gli organi della percezione soprasensibile.

Tuttavia, per molto tempo ancora, non saremmo in grado di usarne, se essi venissero impressi soltanto sul corpo astrale.

 

Bisogna inoltre, quando il corpo astrale ritorna nel corpo eterico, che esso imprima anche in questo ciò che si è formato in lui.

Solo quando ciò avviene si ha l’illuminazione che rende possibile vedere il mondo spirituale come oggi si guarda quello fisico.

Qui si comincia a comprendere l’impulso ricevuto con l’apparire del Cristo sulla terra.

 

Nelle antiche iniziazioni il corpo astrale aveva la forza di agire sul corpo eterico soltanto quando questo era estratto dal corpo fisico; era così perché il legame tra questi due corpi era tanto stretto da opporre troppo forte resistenza alle impressioni che dal corpo astrale volevano trasmettersi al corpo eterico.

Per questo nelle iniziazioni antiche l’iniziando veniva immerso per tre giorni e mezzo in uno stato simile alla morte: il corpo eterico abbandonava il corpo fisico, e così liberato si collegava col corpo astrale.

Allora il corpo astrale poteva imprimere nel corpo eterico quanto si era prima formato in esso per mezzo degli esercizi.

 

Quando poi lo ierofante destava dal sonno l’iniziando, questi era un illuminato e sapeva quel che avviene nei mondi spirituali, grazie alla singolare via meravigliosa percorsa in quei tre giorni e mezzo.

Era stato condotto attraverso le regioni del mondo spirituale, aveva veduto quel che vi si svolge, e appreso per propria esperienza ciò che altri apprendevano solo attraverso le rivelazioni altrui.

Il discepolo così iniziato poteva parlare per esperienza propria degli esseri spirituali che vivevano nel mondo superiore al di là del piano fisico.

Così l’uomo ebbe conoscenza di quello che si sperimentava nel mondo spirituale, quando egli non era ancora disceso tanto profondamente nel piano fisico, e l’iniziando imparava a conoscere le vere figure di Osiride, di Iside e di Oro.

 

L’iniziato vedeva il mito mentre percorreva il mondo spirituale, e poi lo narrava agli altri uomini rivestendolo delle forme mitiche e leggendarie. Vedeva gli effetti particolari che aveva avuto l’azione di Osiride quando la luna si era separata dalla terra; vedeva Oro generato da Iside ed Osiride; vedeva i quattro tipi umani: del toro, del leone, dell’aquila, e il vero e proprio tipo umano. Vedeva pure i destini umani tra la morte e una nuova nascita.

La Sfinge gli veniva incontro come una figura reale, e la sperimentava; poteva dire: ho veduto la Sfinge, cioè l’uomo avente ancora una figura di animale dalla quale solo il corpo eterico emerge in forma simile a quella umana. La Sfinge era una esperienza vera per l’iniziato, e ne udiva pure la domanda, dal contenuto enigmatico. Vedeva come il corpo umano venisse preparandosi, evolvendo dall’animalità, in un’epoca in cui la testa era solo etericamente predisposta nel capo eterico della Sfinge.

Questa era per l’iniziato una verità, come lo erano pure le figure più antiche degli dèi che presero per così dire un’altra via d’evoluzione.

 

Abbiamo infatti parlato nella precedente conferenza di certi esseri che percorrono altre vie d’evoluzione, come ad esempio l’individualità di Wotan. Essa per un certo tratto percorre la via insieme con l’uomo, ma non discende altrettanto in basso. L’uomo continua invece la sua discesa nella materialità, e solo più tardi si riunirà di nuovo con gli esseri che completano la loro evoluzione nel periodo terrestre.

Abbiamo veduto che Wotan più tardi non peregrinò più nel nostro mondo sopra la terra. Ma quegli esseri erano diversi da Iside e Osiride. Questi ultimi si erano separati già molto tempo prima, ed ebbero le loro esperienze e compirono la loro evoluzione in sfere più alte, del tutto invisibili. Esse ebbero le loro speciali esperienze.

 

Se guardiamo indietro all’epoca lemurica, vediamo che l’eterico non aveva preso figura umana; nel suo corpo eterico l’uomo è ancora simile agli animali, e gli dèi che discendono sulla terra devono contentarsi di apparire nella stessa figura animale che era allora dell’uomo. Se un essere vuol vivere in una data sfera, deve sottomettersi alle condizioni che vi regnano. Così fu anche in questo caso.

 

Le entità divine che erano collegate con la terra durante l’uscita del sole e della luna, e che erano sulla terra, dovettero assumere la figura animale che era allora possibile, e poiché la concezione religiosa egizia rappresentava in certo modo una ripetizione dell’epoca lemurica, l’iniziato egizio vedeva le sue divinità, ad esempio Osiride e Iside, in una forma simile a quella animale. Le divinità superiori apparivano con la testa somigliante ad animali. Perciò era del tutto giusto, secondo la visione occulta, che tali figure si rappresentassero, secondo quel che sapevano gli iniziati, con teste d’ariete o di sparviero. Gli dèi si rappresentavano allora quali si muovevano sulla terra nella figura che avevano allora.

 

Le raffigurazioni esteriori potevano essere soltanto simili a quelle che l’iniziato vedeva, ed erano rese molto fedelmente. Quelle diverse entità spirituali si andarono trasformando; durante l’Atlantide erano molto diverse dalla Lemuria. A quei tempi gli esseri si trasformavano molto più rapidamente che non ora; erano ancora figure spirituali che si vedevano nei loro tre corpi, ma tutte pervase e illuminate dalla luce astrale ed eterica. Ciò veniva rappresentato molto esattamente nelle immagini delle quali oggi si ride con troppa facilità, perché si ignora quanto fossero realistiche.

Una di queste figure ebbe una parte molto attiva al tempo in cui le forze cosmico-telluriche inserirono nell’uomo l’intelletto logico. Allora il cervello fisico venne preparato in modo che l’uomo potesse più tardi sviluppare l’intelligenza. Ciò avvenne per opera di un dio. Da ciò dipese che all’uomo venne data l’intelligenza.

 

Se oggi osserviamo con la chiaroveggenza un uomo nel quale sia in particolare sviluppata l’intelligenza logica, il giudizio, ne troviamo una forte espressione e un vivo riflesso in un rilucere e scintillare verde del corpo astrale, dell’aura astrale. Il pensiero calcolatore si rivela attraverso sfumature verdi dell’aura, soprattutto in coloro che hanno una capacità matematica molto pronunciata.

Gli antichi iniziati egizi vedevano la divinità che conferiva all’uomo l’intelligenza, e la raffiguravano verde, perché appunto ne vedevano scintillare in verde la luminosa figura astrale ed eterica. Oggi ancora, quando si è attivi con la propria intelligenza, tale sfavillio verde si mostra nell’aura.

 

Si potrebbero studiare molti altri di tali rapporti, se si volesse davvero penetrare il meraviglioso realismo delle figure degli dèi egizi; poiché erano così realisticamente rappresentate, senza nessun arbitrio, esse agivano come mezzi magici. Chi fosse in grado di penetrare nelle cose, potrebbe scoprire quanti altissimi segreti si celavano nei colori di quelle antiche figure divine, e così guardare molto a fondo nell’evoluzione dell’umanità.

Abbiamo veduto come anche nella Sfinge venisse rappresentata una visione degli antichi iniziati. Non come in una fotografia, ma tuttavia realisticamente. Le figure però si trasformavano di continuo. Nella Sfinge è resa in immagine la forma in cui l’uomo era in passato. Venne poi costituendosi da sé la sua forma attuale. Le forme animali si sono separate mentre la terra andava evolvendosi.

 

Che cosa è in realtà una forma animale? È una forma arrestatasi a un dato punto, mentre l’uomo progrediva nell’evoluzione; vediamo in loro gradini arretrati dell’evoluzione umana nella misura in cui tali gradini sono diventati fisici.

Nella sfera spirituale l’evoluzione si svolse in modo del tutto diverso. Quel che l’uomo è spiritualmente nulla ha a che fare con gli antenati fisici; solo il corpo fisico è a loro legato. L’uomo non deriva dagli animali; sono le forme animali a rimanere stazionarie, mentre la forma umana si trasformò fino a un certo grado.

Gli animali sono antiche forme umane fisiche decadute.

 

La cosa è diversa per altre evoluzioni. Non solo le figure fisiche degli animali si sono arrestate, ma anche l’impostazione delle forme eteriche e astrali. Come il leone, quando a un certo momento si separò dall’evoluzione, aveva un aspetto diverso da quello d’oggi, così anche certe forme animico-spirituali, che si erano arrestate a un dato gradino, si mutano nel corso del tempo e degenerano. È una legge del mondo spirituale che ciò che si arresta a un gradino animico o spirituale degeneri e decada sempre più.

La Sfinge ad esempio, quando si arresta e decade, assume una forma che è come una caricatura della sua forma originaria. Essa è rimasta conservata così sul piano astrale fino al tempo nostro. Tali figure decadenti, tali rifiuti del mondo spirituale, interessano poco l’iniziato, o comunque chi ascende in modo regolare nei mondi spirituali. Chi invece arriva al mondo astrale dotato di una insufficiente chiaroveggenza incontra tali decadenti figure.

 

Edipo incontrò la vera Sfinge, ed essa nemmeno oggi è morta, solo che ora appare all’uomo in altra forma, in una forma speciale. Se ad esempio tra le popolazioni rurali capita che uomini, rimasti indietro a un certo gradino dell’evoluzione, d’estate si addormentino nei campi sotto il solleone del mezzogiorno, subendo quello che si potrebbe chiamare un colpo di sole latente, il corpo eterico e il corpo astrale si staccano parzialmente dal corpo fisico. Allora tali uomini vengono trasportati sul piano astrale e vedono l’ultimo residuo decadente della Sfinge. Tale apparizione si è denominata nei modi più vari. In alcune regioni la si chiama la donna del meriggio, e molti nelle campagne narrano di averla incontrata. Essa esiste un po’ dappertutto e sotto i nomi più vari, ed è una forma decaduta dell’antica Sfinge. Come la Sfinge, anche questa donna del meriggio pone domande a chi la incontra. Si narra di gente che l’ha veduta e a cui essa ha posto domande senza fine. Anche questa penosa insistente interrogazione è un’eredità decadente dell’antica Sfinge. La Sfinge è diventata la donna del meriggio. Tutto questo ci indica che l’evoluzione procede anche dietro al mondo fisico; stirpi intere di entità spirituali degenerano, e alla fine non sono più che ombre di quel che erano in origine. Vediamo così nell’evoluzione certi nessi, e ne abbiamo parlato appunto per mostrare come essi siano molteplici e vari.

 

Per poter capire bene tutto ciò, dobbiamo pensare che nel corso dei tempi l’uomo ha incorporato l’io, la sua quarta parte costitutiva, al corpo fisico, al corpo eterico e al corpo astrale che s’era portati seco all’inizio dell’evoluzione terrestre.

Ho mostrato come l’io compenetri il corpo astrale esercitando su di esso il dominio che prima avevano avuto elevati esseri spirituali.

Fu un’azione degli esseri superiori quella di inserire l’io nel corpo astrale.

 

Se poi l’evoluzione fosse continuata secondo le intenzioni di certe entità superiori, essa avrebbe preso una via tutta diversa da quella che poi percorse davvero.

Allora però certi esseri si arrestarono nel loro cammino e non furono più in grado di collaborare all’inserimento dell’io nel corpo astrale.

Quando l’uomo posò il piede sulla terra consisteva di corpo fisico, corpo eterico e corpo astrale, e continuò a svilupparli.

Da certi esseri elevati che dimoravano specialmente sul sole e sulla luna ora gli venne conferito l’io, che continuò poi a essere oggetto della loro azione.

 

Vi erano però altri esseri, durante l’evoluzione saturnia, solare e lunare, che non erano ascesi a così alto livello da poter collaborare all’incorporazione dell’io. Potevano fare soltanto quel che avevano appreso sulla luna; dovettero limitarsi a lavorare al corpo astrale dell’uomo; gli venne così incorporato nel corpo astrale qualcosa che non faceva parte dei suoi elementi più nobili, che non proveniva dagli esseri divini più alti, ma da quelli ritardatari e meno nobili. Se tali esseri avessero agito sulla luna, sarebbe stata un’azione altissimamente benefica. Poiché invece la compirono da ritardatari sulla terra inserirono nel corpo astrale qualcosa che lo rese inferiore a quel che sarebbe stato altrimenti. Fu dotato di istinti, di passioni e di egoismo.

 

Teniamo presente questa duplice azione sull’uomo con la conseguenza dell’abbassamento del suo corpo astrale. Ciò che così influisce sul corpo astrale, viene esteso poi anche al corpo eterico, e da questo al corpo fisico.

Attraverso il corpo astrale, la cui azione si estende dappertutto, quegli spiriti agirono anche sul corpo eterico e sul fìsico, provocando così nella vita umana effetti che altrimenti non vi sarebbero stati.

 

La coscienza di sé e il sentimento dell’io vennero accresciuti.

Questo produsse nel corpo eterico tutto quanto contribuisce a oscurare il giudizio e a far cadere nell’errore. Quel che agì dal corpo astrale sul corpo fisico è la base della malattia.

Questa è appunto la causa spirituale delle malattie umane; per gli animali l’ammalarsi è tutt’altra cosa.

 

Vediamo come viene piantata nell’uomo la malattia, e la sua connessione con le cause che sono state qui accennate; poiché il corpo fisico e il corpo eterico sono collegati con i fatti dell’ereditarietà, così il principio della malattia si trasmette per vie ereditarie.

Però dobbiamo distinguere bene le malattie interne da quelle che provengono da lesioni esterne. Se qualcuno si fa investire, la cosa nulla ha a che fare con l’ereditarietà. Anche certe malattie interne possono essere determinate da cause esterne; se ad esempio si mangia qualcosa che ci guasta lo stomaco, il male è dovuto a cause esterne.

 

Prima che nel corso dell’evoluzione quegli esseri acquistassero potere sull’uomo, egli era organizzato in modo da reagire in misura molto più energica che non oggi sul male che agiva su lui da fuori. Quanto più quegli esseri acquistavano influenza su di lui, tanto più egli perdeva gli istinti che aveva per ciò che era errato.

Prima, in tutto il suo organismo, l’uomo aveva ancora sottili istinti per ciò che non gli si confaceva; se stava per entrare nel suo stomaco qualcosa che oggi potrebbe entrarvi causandogli danno, allora un semplice istinto glielo impediva. Guardando indietro, arriviamo sempre più a tempi in cui si aveva una delicata connessione con le forze che ci circondavano, e in cui si reagiva con istinto sicuro alle forze dell’ambiente. A poco a poco diventammo sempre più insicuri nel respingere ciò che non ci si confaceva.

Ciò è connesso anche con dell’altro, e cioè che quanto più l’uomo si interiorizzava, tanto più nel mondo esterno andavano costituendosi gli altri tre regni della natura che conosciamo. Essi si formarono a poco a poco attorno a noi.

 

Prima esisteva soltanto l’uomo, poi sorse il regno animale, poi il regno vegetale e da ultimo quello minerale.

Se guardassimo alla terra primordiale, quando il sole era ancora ad essa congiunto, troveremmo un essere umano nel quale tutte le sostanze del mondo fisico entravano e uscivano.

L’uomo viveva ancora in seno agli dèi, e per così dire poteva sopportare ancora tutto.

Poi dovette lasciare indietro ciò che si depose come regno animale.

 

Se avesse continuato a portarlo con sé, non avrebbe potuto elevarsi.

Dovette eliminare il regno animale e più tardi quello vegetale.

Ciò che vive negli animali e nelle piante, non sono che temperamenti, passioni, e diverse tendenze

che dovemmo eliminare.

Quando poi formammo le ossa, eliminammo il mondo minerale.

 

Dopo un certo tempo, gettando lo sguardo su quanto ci attorniava, potemmo dirci: una volta potevamo sopportarvi, entravate ed uscivate da noi, come ora fa l’aria. Quando ancora vivevamo nella terra acquea potevamo sopportarvi, vi elaboravamo. Ora siete fuori di noi, non possiamo più sopportarvi, elaborarvi.

A misura che l’uomo fu racchiuso entro la pelle e divenne un essere isolato,

vide intorno a sé i tre regni.

 

Se quegli esseri non avessero agito su di noi, anche dell’altro non sarebbe accaduto.

Finché l’uomo è sano è in un rapporto normale col mondo esterno; quando nel suo interno ha forze perturbate, esse devono venir respinte dalle forze sane che sono in lui.

Se le sue forze sono troppo deboli, deve assumere da fuori qualcosa che da solo non troverebbe in uno stato normale. Gli deve essere somministrato qualcosa per suscitare in lui la resistenza che possedeva quando le forze esterne entravano e uscivano in lui.

Quando è malato, può ad esempio essere necessario somministrargli le forze di un metallo. Perciò è giustificato somministrare metalli, succhi vegetali e farmaci simili, dargli cioè come rimedi sostanze alle quali in passato era stato congiunto.

Al tempo in cui gli iniziati egizi guardavano indietro a tutto il corso dell’evoluzione umana, essi conoscevano con esattezza come i singoli organi del corpo umano corrispondessero con le materie esterne, e quali piante, quali metalli dovessero venir somministrati al malato.

 

Un giorno, nel campo della medicina, si scopriranno gli immensi tesori di sapienza occulta posseduti un tempo dall’umanità. Oggi non soltanto si abborraccia molto in questo campo, ma si cade anche in grandi errori quando in modo unilaterale si prescrivono specifici medicamenti. Il vero occultista non sarà mai unilaterale.

Quante volte capita di dover respingere metodi che tenderebbero a fare dei compromessi con la scienza dello spirito! Essa non può sostenere alcun metodo unilaterale, ma piuttosto fondare una scienza che sia davvero universale; è unilaterale ad esempio dire: via tutti i veleni! Chi dice così non conosce le vere forze curative.

 

Naturalmente, oggi si commettono molte assurdità, perché gli specialisti in genere non padroneggiano tutti i nessi. Una certa tirannide che regna nel campo della medicina esclude tutto quanto proviene dall’occultismo. Se non si facessero campagne contro le verità mediche più antiche, contro la somministrazione di sostanze metalliche, si potrebbe avviare una riforma. Con la smania moderna di “sperimentare”, nulla si trova che possa veramente tener testa agli antichissimi provati rimedi contro i quali solo la più crassa incomprensione può insorgere con durezza come spesso avviene. Appunto gli antichi iniziati egizi erano grandi in tali segreti; potevano davvero seguire i fili che connettono tra loro i nessi dell’evoluzione. Se oggi certi medici parlano con condiscendenza della medicina egizia, appunto dal loro tono si nota subito che proprio nulla ne sanno. Lo si accenna qui solo per sapere qualcosa dell’iniziazione egizia.

Conoscenze di questo genere passavano poi nella coscienza popolare.

 

Ora dobbiamo pensare che in quegli antichi tempi erano incarnate le medesime anime che oggi vivono nei nostri corpi. Pensiamo che le stesse anime avevano visto allora le immagini date dagli iniziati di ciò che essi percepivano nel mondo spirituale. Sappiamo che quel che l’anima accoglie da un’incarnazione all’altra, porta sempre, in qualche modo, i suoi frutti. Anche se non lo si ricorda più, oggi certe cose vivono nell’anima, appunto perché vi furono immesse in passato.

L’anima viene plasmata al di qua e al di là della vita fisica.

Le rappresentazioni dell’antico Egitto le diedero una certa impronta, sia durante la sua vita tra la nascita e la morte, sia durante il suo soggiorno tra la morte e la nuova nascita; e da quelle provengono le rappresentazioni che essa ha ora.

Oggi si sviluppano determinati pensieri derivati da pensieri egizi.

 

Non per ragioni esteriori nacque ai nostri tempi quel che chiamiamo darwinismo; le anime che oggi lo accolgono sono le stesse che in Egitto ricevettero le immagini delle forme animali dei predecessori degli uomini.

Tutte quelle rappresentazioni si sono ridestate; solo che gli uomini sono discesi ancora più addentro nel mondo materiale.

Ricordiamo che un tempo ci era stato detto: i nostri antenati ebbero figure animali; ma dimentichiamo che quelli erano dèi. Questa è la ragione psicologica del sorgere del darwinismo. Le figure divine risorgono in forma materialistica. Così un’intima connessione spirituale esiste tra l’antico e il nuovo, tra la civiltà egizia del terzo periodo e la nostra quinta.

 

Non è però il solo destino del nostro tempo che l’uomo veda ora in modo materiale quel che prima aveva visto spiritualmente. Sarebbe così se nel frattempo non fosse intervenuto nell’evoluzione della umanità l’impulso del Cristo. Questo ebbe un’importanza non soltanto per la vita sul piano fisico.

Oggi vogliamo porci davanti all’anima l’importanza che ebbe l’evento di Palestina anche per l’altra parte, cioè per la sfera in cui erano dopo la morte le anime degli antichi Egizi.

Qui sul piano fisico si svolse ciò di cui abbiamo già parlato; ma i tre anni d’attività del Cristo, l’evento del Golgota, e il battesimo nel Giordano ebbero altrettanta importanza sia per le anime incarnate sulla terra, sia per quelle che si trovavano fra la morte e la nuova nascita.

 

Ricordiamo che il sangue è l’espressione fisica esteriore dell’io.

Ciò che opera fisicamente nelle forze del sangue è l’espressione fìsica dell’io.

Ora, nel corso della evoluzione, l’egoismo era cresciuto in misura eccessiva,

e quindi l’io si imprimeva troppo nel sangue.

Questo sovrappiù di egoismo doveva venir espulso dall’umanità se questa doveva ricuperare la spiritualità.

Sul Golgota fu dato l’impulso all’eliminazione dell’egoismo.

 

Nel momento in cui sul Golgota fluì il sangue del Redentore, si svolsero nel mondo spirituale anche altri processi. Il sangue del Redentore fluì nel mondo materiale, e intanto il soprappiù d’egoismo passò nel mondo spirituale. L’egoismo sovrabbondante dovette svanire dal mondo, e sul Golgota ne venne dato l’impulso. Al posto dell’egoismo subentra nell’umanità attuale l’amore generale tra gli uomini.

Ma che cosa fu l’evento del Golgota, quella morte che durò tre giorni e mezzo sul piano fisico?

Fu la trasposizione sul piano fisico di quel che nell’evoluzione spirituale sperimentava chi passava per l’iniziazione. Per tre giorni e mezzo era come morto. Chi era passato per quella morte simbolica poteva dire all’umanità: “La morte può essere vinta; nel mondo esiste l’eterno”. La morte veniva vinta dagli iniziati, ed essi si sentivano trionfatori sopra la morte.

 

L’evento del Golgota significa che quel che tante volte si era svolto nei misteri antichi divenne una volta accadimento storico: la vittoria spirituale sulla morte fu portata sul piano fisico. Se lasciamo agire tutto ciò sulla nostra anima, sentiamo l’evento del mistero del Golgota come l’immagine nuova dell’antica iniziazione; sentiamo l’unicità di quell’evento entrato nella storia dell’umanità.

Quale ne fu la conseguenza? che cosa poteva dire l’iniziato? Grazie alle sue esperienze poteva dire agli uomini: “So che esiste un mondo spirituale in cui è possibile vivere. Sono vissuto per tre giorni e mezzo in quel mondo e ve ne reco notizia; vi porto i doni del mondo spirituale”. Essi erano benefici e utili agli uomini.

Per contro, l’iniziando che era vissuto nel mondo fisico non poteva portare ai morti qualcosa di simile. Ai morti egli poteva dire soltanto: “Tutto quanto avviene sul piano fisico è tale che l’uomo dovrebbe essere liberato”. Era proprio così: quando gli antichi iniziati incontravano i morti nel mondo spirituale, potevano recar loro solo questo messaggio: “La vita è dolore, solo nella liberazione vi è salvezza”.

 

Così insegnò ancora il Buddha, e lo insegnava ogni iniziato, sia ai viventi, sia ai defunti. Grazie però all’evento del Golgota, la morte fu vinta nel mondo fisico, e ciò è importante per i morti che stanno nel mondo spirituale.

Coloro che accolgono il Cristo nella loro interiorità, rischiarano di nuovo la vita devachanica divenuta un’ombra. Quanto più si sperimenta qui il Cristo, tanto i più si rischiara il mondo spirituale.

 

Dopo che il sangue fu versato sul Golgota dalle ferite del Redentore (ciò fa parte dei misteri del cristianesimo) lo spirito del Cristo discese tra i morti.

Questo è uno dei misteri più profondi dell’umanità. Cristo discese tra i morti e disse loro: “Sulla terra è avvenuto qualcosa che toglie la possibilità di dire che quel che là avviene è meno importante di quanto avviene qui. Grazie a quell’evento l’uomo è in grado di recare un dono dal mondo fisico nel regno dello spirito”. Questa è la buona novella che il Cristo portò ai morti nei tre giorni e mezzo del suo soggiorno tra loro. Egli discese ad essi per redimerli.

 

Nell’iniziazione antica si poteva dire: noi raccogliamo i frutti dello spirito sul piano fisico!

Ora invece era avvenuto nel mondo fisico un evento che portava frutti e agiva nel mondo spirituale.

 

Si può dunque dire che l’uomo non compì invano la sua discesa nel piano fisico,

ma la compì affinché qui si potessero avere frutti per il mondo dello spirito.

Questa possibilità è dovuta al Cristo che discese tra i viventi e tra i morti,

dando un impulso tanto intenso e possente da scuotere il mondo intero.