L’intero divenire dell’umanità si distingue, per la coscienza cristiana, in due età: quella precedente e quella successiva all’evento del Cristo

O.O. 103 – Il Vangelo di Giovanni – 29.05.1908


 

La civiltà greca

fu la più bella compenetrazione della coscienza, che l’umanità aveva scoperta in sé,

con il divino che veniva sentito fuori, nello spazio.

In quella civiltà l’uomo aderiva intimamente e del tutto al mondo fisico-sensibile.

 

È semplicemente assurdo che degli eruditi d’oggi

pretendano di nascondere quelli che furono i sentimenti di età passate.

Dal punto di vista della scienza dello spirito, il quarto periodo postatlantico

è quello in cui l’uomo si trova in perfetto accordo col mondo che lo circonda.

E solo quella età, in cui l’uomo aderiva così perfettamente alla realtà esteriore,

era atta a comprendere che il divino potesse apparire entro un singolo uomo.

 

Nessuna età precedente lo avrebbe potuto comprendere,

perché sentiva il divino come assai troppo alto e sublime, per potersi manifestare in una figura fisica umana.

Anzi, si voleva proprio preservare il divino dalla figura umana; per questo,

proprio al popolo che doveva concepire l’idea di Dio nella sua forma più spirituale, dovette venir comandato:

« Non ti farai delle immagini… ».

 

Sul fondamento di siffatte concezioni si sviluppò quel popolo e dal suo grembo sorse poi l’idea del Cristo,

l’idea che lo spirituale dovesse apparire nella carne.

A questo fine quel popolo fu eletto;

e l’evento cristico dovette compiersi in mezzo ad esso, nel quarto periodo postatlantico.

 

Perciò l’intero divenire dell’umanità si distingue, per la coscienza cristiana, in due età:

quella precedente e quella successiva all’evento del Cristo.

 

L’uomo-Dio potè venir compreso dall’uomo solo in un tempo determinato.