L’umanità è partita da una coscienza dell’Io radicalmente diversa da quella a noi nota.

O.O. 100 – Evoluzione dell’Umanità e conoscenza del Cristo – 25.11.1907


 

Lo scrittore del Vangelo di Giovanni dice alla fine che il Cristo ha compiuto ancora molte altre cose che non sono contenute nel libro: «Vi sono ancora molte altre cose che Gesù ha compiuto, ma se dovessero essere scritte una per una, penso che il mondo non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere» (Giovanni 21, 25).

Dobbiamo dire anche noi che persino una lunga serie di conferenze non basterebbe a spiegare tutte le cose scritte nel Vangelo.

 

Oggi sottoporremo ad una più attenta considerazione la duplicità dei concetti di “padre” e di “Io”.

Questi due concetti ci forniranno una spiegazione dell’evoluzione dell’umanità come siamo venuti esponendola nel corso delle precedenti conferenze.

 

L’umanità è partita da una coscienza dell’Io radicalmente diversa da quella a noi nota.

Il nome “Adamo” non definiva un singolo uomo, bensì una coscienza dell’Io che abbracciava parecchie generazioni.

Il “padre” è colui che è all’inizio di una generazione.

 

L’ebraismo vetero-testamentario percepisce realmente Abramo come padre,

e ogni ebreo di quell’epoca diceva a se stesso: Io non sono un Io indipendente,

un Io fluisce da Abramo e si dirama in tutti gli appartenenti alla stirpe, anche in me.

 

Come in un grande albero i succhi vitali fluiscono dalla radice fin nei singoli rami, così anche la linfa vitale di Abramo – l’Io comune del popolo ebreo – scorre in tutto quel popolo. Pronunciando il nome del padre, l’ebreo dell’Antico Testamento indicava tutta la linea degli ascendenti consanguinei, e a questa coscienza dell’Io che abbracciava tutte le generazioni dava il nome di coscienza divina. Quando invocava l’Io come Dio, lo chiamava Jahvé. Quando il nome di Jahvé risuonava, richiamava alla coscienza del popolo il fatto che un Io comune, che iniziava con il capostipite Abramo, fluiva in tutto il popolo.

⦁ A seguito della mescolanza del sangue questo rapporto è via via cambiato.

 

La coscienza dell’Io sono” si è individualizzata,

e il Cristo è quella potenza che doveva portare l’umanità alla coscienza di questo mutamento.

• Mentre l’uomo dei tempi antichi intendeva l’Io sono” come qualcosa che fluisce attraverso delle generazioni,

l’uomo dell’età più tarda lo intende come qualcosa che fluisce nell’interiorità sua propria.

Il primo vi ravvisava il Dio che, quale divina coscienza dell’Io, fluisce, compenetrandola, in tutta la comunità;

il secondo percepisce in sé una scintilla, una goccia della sostanza divina.

 

Immaginiamo una potenza che, trasferita in Terra, faccia ben comprendere all’umanità che l’”Io sono” può vivere in ogni singolo individuo, una potenza che spieghi all’uomo che il Dio ha immerso una goccia della sua sostanza in ogni essere umano; ebbene, questa potenza direbbe:

l'”Io sono” è qualcosa che vive nell’interiorità di ognuno di voi, è una parte dell’una forza divina.

⦁ Quello che sentite come vostro “Io sono” individuale, è uno con l'”Io sono” del Padre.

 

Risalendo fino ad Adamo, vedete la coscienza dell’Io fluire attraverso le generazioni per secoli e millenni.

⦁ Ma all’essere umano, nella sua antichissima qualità di uomo, è stata conferita una coscienza umana ancora più elevata,

cioè la coscienza dell’umanità,

quella coscienza che non abbraccia solo singole generazioni, ma l’umanità nella sua interezza.

 

⦁ Dopo giunge la coscienza che appartiene ad alcune generazioni,

che perdura per generazioni e che infine l’uomo individualizza nell’“Io sono”.