L’uom0 antico

O.O. 202 – Il Ponte tra la spiritualità cosmica – 28.11.1920


 

La relazione che ci può apparire fra uomo e cosmo, l’inserimento dell’uomo nel cosmo, dovette esser visto in tempi antichi diversamente da come deve esser visto ora e da come sempre più dovrà esser visto man mano che l’umanità si avvia verso l’avvenire. Abbiamo già spesso ricordato come nei tempi antichi era diffusa nell’umanità un’istintiva saggezza primordiale, una saggezza che l’uomo non elaborava interiormente, ma che per così dire sentiva sorgere in sé, metà in sogno. Gli era data, ed egli non aveva in sostanza da fare altro che aprire i suoi organi psichici di accoglimento e accettare il dono divino che gli veniva dal cosmo.

Poiché l’uomo è un essere triarticolato, anche a quell’istintiva saggezza primordiale l’inserimento complessivo dell’uomo doveva in certo senso apparire triarticolato.

 

L’uomo diceva che gli si mostrava la bellezza quando egli indirizzava la sua attenzione a ciò di cui faceva parte prima della sua nascita e che gli si illuminava come un elemento spirituale nel tempo fra nascita e morte, in sostanza quanto appare nello squadernarsi del cosmo; il cosmo gli appariva come bellezza, e l’uomo stesso risultava nato dal mondo della bellezza per quanto riguarda la sua organizzazione del capo, la sua organizzazione della rappresentazione e il suo essere sveglio. L’uomo antico sentiva che erano entità spirituali buone quelle che si manifestavano attorno a lui, perché egli non vedeva i fenomeni naturali nel modo arido e opaco in cui li vediamo noi oggi, quando ci basiamo soltanto sulla coscienza abituale. L’uomo antico vedeva dappertutto una spiritualità che si manifestava, un mondo animico che si manifestava. Tutto questo gli si svelava.

 

L’uomo dei tempi passati chiamava cosmo della bellezza

il cosmo che era la manifestazione del mondo spirituale e animico

e che si svelava alla sua coscienza istintiva come in poderose immagini di sogno.

 

In un certo senso l’uomo si sentiva inoltre poggiare sul suo pianeta; si sentiva legato col suo pianeta. Da esso gli venivano gli alimenti, su di esso aveva la sua dimora. Egli sentiva la forza del pianeta che lo compenetrava corporalmente, che gli si manifestava come volontà, che lo rafforzava durante lo stato di sonno. Egli sentiva di nuovo quella forza come un dono di entità divino-spirituali buone, e la chiamava vigore. Il pianeta mi compenetra nel vigore: così sentiva l’uomo antico ciò che per altro non poteva formulare con parole ben definite.

 

Egli si sentiva così in un certo senso inserito in ciò che si formava nella sua testa, che forniva immagini alle sue rappresentazioni e che si illuminava nella sua chiara coscienza. Egli si sentiva così poggiare sul pianeta, tenendo conto della forza che viveva nelle sue membra, una forza della quale sentiva che gli veniva trasmessa dal pianeta.

 

Si diceva: • « La forza attiva nella pietra, che scava un buco cadendo sulla terra, vive nelle mie gambe quando cammino, è il mio vigore che mi collega col pianeta Terra attraverso le mie gambe. Esso vive anche nelle mie braccia quando lavoro, compenetra la mia forza muscolare ».

 

L’uomo si sentiva così inserito fra bellezza e vigore, e sentiva il compito di ottenere nel ritmo il pareggio mediante la saggezza fra l’alto, la bellezza, e il basso, il vigore. Nell’ottenere il pareggio fra la bellezza e il vigore si sentiva inoltre portato dalle entità spirituali che erano le portatrici della saggezza, che lo illuminavano con la saggezza.

L’uomo sentiva così come bellezza, saggezza e vigore erano ciò che il cosmo gli dava.

 

In base agli insegnamenti dei misteri che irradiavano lontano, per l’uomo antico bellezza saggezza e vigore erano ciò mediante i quali egli si sentiva legato con tutto l’universo, mediante cui egli stesso si sentiva rafforzato. In un certo senso egli sentiva come bellezza, saggezza e vigore quel che lo circondava, l’interiorità che avvertiva in sé, e il pareggio fra i due poli.

 

Nelle diverse confraternite occulte saggezza, bellezza e vigore sono poi rimaste come parole, anche se talvolta si avverte molto bene che in realtà sono rimaste solo le parole, che manca la comprensione profonda, è infatti intervenuto per l’umanità un tempo che ha spinto nell’oscurità quel sentire e quel sapere della nostra connessione con il cosmo, anche se era un sapere istintivo. L’uomo viveva in rappresentazioni per così dire subordinate, in sensazioni subordinate. Egli prendeva gli impulsi del suo volere da elementi subordinati di tutto il suo essere.

 

Dimenticò quel che un tempo egli sentiva in bellezza, saggezza e vigore, perché doveva diventare un essere libero. Dal suo caos interiore doveva come nascere una forza centrale, e non doveva svelarglisi ciò che si svelava all’uomo antico nella luce e nella forza.

Però l’umanità moderna non progredirà se non farà risorgere dalla sua interiorità la bellezza, la saggezza e il vigore che un tempo le si manifestavano dall’universo.

 

All’umanità, sin tanto che è umanità terrena, di per sé il cosmo non si manifesterà più dal di fuori come bellezza. Quei tempi erano i tempi della saggezza istintiva primordiale; sono tempi passati. Non erano tempi in cui si sviluppava l’uomo libero, ma invece tempi in cui poteva solo svilupparsi l’uomo che veniva spinto nella non-libertà, negli istinti. Quei tempi non ritorneranno, ma dalla propria interiorità l’uomo deve far risorgere la saggezza, la bellezza e il vigore che allora gli venivano da fuori.

 

In antiche, in antichissime vite terrene, l’uomo ha accolto in sé, ha per così dire assorbito dal cosmo la forza della bellezza. Nelle vite terrene intermedie che poi seguirono e che abbiamo attraversato nel periodo egizio, nel periodo greco e poi nel moderno, tutto questo era assorbito, ma non comparve alla coscienza umana.

Ora l’umanità è matura per estrarlo dalla coscienza, e sarà estratto. La forza della bellezza che era stata assorbita rinascerà dall’interiorità umana, e la scienza dello spirito è la guida per come quelle conoscenze debbano risorgere dall’interiorità umana. Risorgeranno dall’interiorità mediante l’immaginazione.

 

Tutto quanto viene ora coscientemente trasmesso nella scienza dello spirito mediante l’immaginazione non è altro che la risorta vita della bellezza, quale esisteva nell’antica saggezza.

Quel che invece l’uomo sperimentava in sé sentendo la forza del suo pianeta (e in questo era inclusa anche la forza del cosmo, che però era o è centrata nel pianeta), tutto questo dovrà risorgere in quanto l’uomo lo afferra dalla sua interiorità mediante la conoscenza intuitiva.

 

• La bellezza assorbita dall’universo diventa immaginazione per l’avvenire dell’umanità, partendo dal presente.

• Il vigore diventa intuizione, afferrato dalla libera forza umana,

• e la saggezza diventa ispirazione.

 

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Gli uomini hanno quindi abbandonato un tempo antichissimo nel quale i segreti dell’universo si manifestavano loro in bellezza, saggezza e vigore. Vanno ora incontro a un tempo in cui i segreti dell’universo si manifesteranno attraverso immaginazione, ispirazione e intuizione a quelli di loro che vogliono o possono arrivare a queste forme di conoscenza e che in qualche modo potranno raggiungerle. Già oggi ognuno che solo lo voglia può comprendere quello che viene detto movendo da immaginazione, ispirazione e intuizione.

 

Il tempo antico era però esposto a un certo pericolo. Direi che questo apparve press’a poco verso la fine del secondo millennio prima di Cristo nel mondo allora civile, in Egitto, Asia minore, India e così via. Il pericolo era che non si ricevesse nel modo giusto quel che all’uomo si manifestava di per sé dall’universo, direi per grazia, e che egli doveva ricevere solo nella sua conoscenza istintiva. Si poteva soggiacere al pericolo nel modo seguente.

 

Occorre farsi un’idea di che cosa significhi che nella natura circondante l’uomo non si manifestasse solo ciò che appare come natura all’arida coscienza odierna e che viene incontro nelle leggi naturali, ma che si manifestasse la grandiosa bellezza, vale a dire la bella apparenza in poderose immagini manifeste di esseri spirituali che guardavano da ogni fonte, da ogni nuvola, da tutto.

 

Specialmente in quel tempo, verso la fine del secondo millennio avanti Cristo, non era come in tempi più antichi, quando naturalmente tutto era già presente, ma era per così dire presente in modo ovvio. Nel tempo ora considerato l’uomo doveva rendersi partecipe di quella grazia nel senso che doveva fare qualcosa lui stesso. Non doveva farlo nel senso in cui noi oggi cerchiamo con piena coscienza uno sviluppo spirituale superiore, ma poteva sviluppare desideri verso lo spirito che si manifestava nella natura (ed era anzi un potere molto dubbio), poteva infiammare i suoi bisogni, i suoi impulsi; allora per così dire gli si svelava lo spirito movendo dalla natura. In quell’infiammarsi degli impulsi e dei bisogni vi era però un forte dono luciferico.

 

È noto come negli antichi tempi atlantici fosse naturale per gli uomini l’apparire di entità elementari. Tale apparire continuava ancora a risonare per la chiaroveggenza dell’epoca postatlantica. Si perdeva però a poco a poco, e allora l’uomo lo sapeva, poteva in certo modo anche estrarlo per magia dai fenomeni naturali, mediante la forza dei suoi bisogni. Questo era il pericolo luciferico che si presentò.

 

L’uomo poteva in certo modo scuotersi, infiammarsi per unirsi con lo spirito, ma tale scuotersi aveva qualcosa di luciferico per lui. Di conseguenza il mondo civile di allora, verso la fine del secondo millennio precristiano, era appestato molto lucifericamente. Già in altre occasioni abbiamo indicato in un’altra prospettiva tale ammorbamento luciferico, e l’ho ricondotto alle sue altre cause; ora lo vogliamo però considerare nella prospettiva di queste tre conferenze.

 

Al passato ammorbamento luciferico del mondo ne sta di fronte un altro: l’arimanico.

Esso sta avvicinandosi ora, e con una forza poderosa.

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L’uomo civile e addormentato del presente non si fa facilmente un’idea con quale enorme velocità sia avvenuta negli ultimi decenni la creazione di questo mondo non-umano ed extraumano da parte dell’uomo.

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La gente assolutamente non rileva di ritrarsi in sostanza dal mondo, di avere incorporato il proprio intelletto nel mondo e di aver creato accanto a sé un mondo che è indipendente.

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Non si può arrestare la meccanizzazione, perché la civiltà deve andare in quella direzione.

• La civiltà richiede l’arimanizzazione,

ma di fianco ad essa si deve porre ciò che lavora movendo dall’interiorità umana,

che crea di nuovo dall’interiorità umana saggezza, bellezza e vigore

nell’immaginazione, nell’intuizione, nell’ispirazione.

 

Infatti i mondi che sorgeranno saranno mondi dell’uomo,

e saranno tali da essere di fronte a noi nello spirito, nell’anima,

mentre fuori di noi vengono usate le arimaniche forze delle macchine.

 

Le forze che sorgono dall’immaginazione, dall’ispirazione, dall’intuizione, avranno il potere di dirigere ciò che altrimenti dovrebbe travolgere l’uomo nel rapido tempo dell’arimanizzazione. Quel che proviene dal mondo spirituale, da immaginazione, ispirazione e intuizione è più forte di tutti i cavalli-vapore/anno che ancora possano scaturire dalla meccanizzazione del mondo. Le forze meccaniche sopraffarebbero però l’uomo, se contro di esse egli non trovasse il contrappeso in quel che può trovare nelle rivelazioni del mondo spirituale al quale egli deve tendere.

 

Quel che si presenta con la scienza dello spirito e che tende alla conoscenza di immaginazione, ispirazione e intuizione non è qualcosa di escogitato, un ideale astratto qualsiasi, uno slogan qualsiasi, ma è qualcosa che nella sua necessità può facilmente venir dedotto dal corso dell’evoluzione umana. Si deve far rilevare che l’uomo verrebbe sopraffatto dall’elemento extraumano che lui stesso ha creato, in calcolabili cavalli-vapore/anno, nel mondo arimanizzato.

 

Quando all’uomo giungeva da fuori ciò che gli dava saggezza, bellezza e vigore, egli non aveva ancora attorno a sé il mondo arimanizzato e poteva accogliere quei doni per grazia, attraverso la grazia; sulla Terra aveva allora elaborato quello che al massimo otteneva con la forza del fuoco o con i più semplici meccanici che non aggiungevano molto alla sua forza. Solo più o meno dalla seconda metà del secolo diciannovesimo abbiamo un nuovo mondo, vorrei dire un poderoso nuovo strato geologico che ricopre la Terra. A tutti gli altri strati geologici (alluvium, diluvium) si aggiunge lo strato arimanico delle forze meccaniche che forma quasi una nuova crosta terrestre.

 

Dalle profondità sale ciò che sopraffà l’uomo,

se questi non si inserisce nel mondo esterno con l’altro mondo che gli viene dallo spirito,

vale a dire da immaginazione, intuizione e ispirazione.

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Il fenomeno richiede che si faccia posto a un modo di pensare del tutto diverso.

E non si risolvono i problemi che derivano dagli eventi ricordati, senza rivolgersi alla scienza dello spirito.

Quando l’uomo meccanizza il mondo attorno a sé mediante la scienza ufficiale,

a maggior ragione deve far sorgere dalla sua interiorità una scienza interiore che di nuovo è saggezza.

Questa avrà la forza di dirigere quel che altrimenti lo sommergerebbe.