L’uomo che pensa, agisce e sente. Nesso tra pensiero e volontà

O.O. 202 – Il Ponte tra la spiritualità cosmica – 19.12.1920


 

L‘uomo vive nel mondo da un lato come osservatore, dall’altro come attore;

la sua vita di sentimento s’inserisce poi fra queste due polarità.

• Da un lato egli si apre con i suoi sentimenti ai contenuti dell’osservazione,

• dall’altro permea le azioni della sua vita di sentimento.

 

Basta solo pensare come possa essere soddisfatto o insoddisfatto dei risultati positivi o negativi delle sue azioni; basta pensare come in fondo tutte le azioni siano accompagnate da impulsi di sentimento e si vedrà che in effetti il nostro essere senziente collega le due polarità contrapposte: l’elemento contemplativo in noi e l’elemento attivo in noi.

 

Solo per il fatto che siamo esseri osservatori diventiamo uomini nel pieno senso della parola.

Si pensi solo: tutto ciò che ci dà la coscienza di essere uomini è in relazione con la nostra capacità

• di riprodurre in certo modo interiormente,

• di contemplare il mondo in cui viviamo.

Pensare di non poter contemplare il mondo significherebbe doverci privare di tutta la nostra qualità umana.

 

In quanto uomini attivi ci troviamo nella vita sociale,

e in fondo tutto quel che compiamo tra nascita e morte ha una certa importanza sociale.

In quanto siamo esseri osservatori, in noi vive il pensiero,

e in quanto esseri attori, quindi anche in quanto esseri sociali, in noi vive la volontà.

 

Però nella natura umana, come anche in ogni realtà, le cose non si possono sistematizzare con l’intelletto; si può invece caratterizzare da un lato o dall’altro ciò che è attivo nell’essere. Le cose sfumano l’una nell’altra, le forze del mondo sfumano l’una nell’altra. Possiamo pensarci come esseri di pensiero, possiamo pensarci anche come esseri di volontà.

 

Però, anche vivendo nel pensiero in modo contemplativo, con una completa tranquillità esteriore,

la volontà è continuamente attiva in noi.

D’altra parte, anche quando viviamo nell’azione, il pensiero è attivo in noi.

 

Non è pensabile che possiamo compiere qualche azione, da cui risulti anche qualcosa nella vita sociale,

senza identificarci nel pensiero con quanto accade.

• In ogni atto volitivo vive un elemento di pensiero,

• in ogni pensiero vive un elemento di volontà.

 

È assolutamente necessario avere le idee ben chiare sulle cose che stiamo trattando, se si vuole seriamente costruire il ponte di cui ho spesso parlato, il ponte fra l’ordinamento morale-spirituale del mondo e quello fisico-naturale.

 

Pensiamo di vivere per un certo tempo nel senso della scienza comune, del tutto immersi nella vita di pensiero,

di non muoverci affatto, di prescindere da ogni attività, di vivere appunto una vita di rappresentazione.

Si deve avere però ben chiaro che nella vita di rappresentazione è attiva una volontà,

una volontà che si esercita nella nostra interiorità, che diffonde le proprie forze nell’ambito della rappresentazione.

 

Proprio considerando in tal modo l’uomo che pensa, il modo in cui irradia la volontà nei suoi pensieri,

ci dobbiamo rendere conto di una cosa nei confronti della vita reale.

• I pensieri che concepiamo, se li esaminiamo tutti, troveremo sempre

che si ricollegano a qualcosa che troviamo attorno a noi, nell’àmbito delle nostre esperienze.

 

Fra nascita e morte non abbiamo in certo modo nessun altro tipo di pensieri, se non quelli che ci offre la vita. Se la nostra esperienza è ricca, abbiamo anche un ricco contenuto di pensieri; se la nostra esperienza è scarsa, abbiamo uno scarso contenuto di pensieri. Esso è in certo modo il nostro destino interiore.

 

Nell’ambito della vita di pensiero una cosa è del tutto caratteristica:

• il modo in cui colleghiamo e sciogliamo tra di loro i pensieri,

• il modo in cui elaboriamo interiormente i pensieri,

• il modo in cui giudichiamo, in cui traiamo le conseguenze,

• il modo in cui genericamente ci orientiamo nella vita del pensiero, è nostra caratteristica peculiare.

La volontà nella vita di pensiero è caratteristica per noi.

 

Osservando la vita di pensiero, dopo un accurato esame di noi stessi, dobbiamo dirci,

e vedremo che è proprio il risultato di un accurato esame di noi stessi:

• i pensieri, per quanto riguarda il loro contenuto, ci arrivano da fuori,

• la loro elaborazione invece proviene da noi stessi.

 

Con riferimento al nostro mondo di pensieri, quindi, in fondo dipendiamo del tutto dalle esperienze che possiamo fare grazie alla nascita provocataci dal nostro destino, dalle esperienze che ne possono derivare. Ma permeiamo i contenuti che ci arrivano dal mondo esterno di una nostra qualità, proprio grazie alla volontà che irradia dalle profondità della nostra anima.

 

• Per il compimento delle richieste che ci vengono poste da una via di autocoscienza

è estremamente importante distinguere le due cose:

• da un lato, dal mondo che ci circonda, arriva il contenuto dei pensieri,

• dall’altro irradia la forza della volontà dalla nostra interiorità nel mondo dei pensieri.

Quale è il modo per diventare interiormente sempre più spirituali?

 

Non si diventa più spirituali accogliendo la maggior quantità possibile di pensieri del mondo circostante, perché questi pensieri si limitano, vorrei dire, a riprodurre in immagini il mondo esterno fisico-sensibile. Non si diventa più spirituali rincorrendo le sensazioni della vita.

 

Si diventa più spirituali con un interiore lavoro di volontà nell’ambito dei pensieri.

Perciò meditare non significa abbandonarsi a un qualsiasi giuoco di pensieri,

ma porre al centro della propria coscienza pochi pensieri ben dominabili, facilmente controllabili,

ponendoli al centro della propria coscienza con un forte atto di volontà.

• Noi diventiamo tanto più spirituali quanto più forte, quanto più intenso

è questo interiore irradiare di volontà nell’elemento in cui vivono appunto i pensieri.

 

• Accogliendo i pensieri dal mondo esterno fisico-sensibile

(e possiamo accogliere solo pensieri di tal genere nel periodo fra nascita e morte)

non diventiamo liberi, perché veniamo coinvolti nelle correlazioni del mondo esterno,

e allora dobbiamo pensare a come ci comanda il mondo esterno, in quanto consideriamo solo il contenuto dei pensieri.

Diventiamo liberi solo nell’elaborazione interiore.

 

C’è però una possibilità di diventare del tutto liberi nella propria vita interiore:

escludendo, per quanto è possibile, il contenuto di pensiero che proviene dall’esterno,

escludendolo sempre di più, e attivando in modo particolare

l’elemento di volontà che irradia i nostri pensieri nell’attività di giudizio, di deduzione.

• Allora il nostro pensiero viene posto nello stato

che nella mia Filosofia della libertà ho chiamato pensiero puro.

• Noi pensiamo, ma nell’attività di pensiero vive soltanto della volontà.

 

L’ho sottolineato in modo particolare nella nuova edizione del 1918 della Filosofia della libertà.

• Ciò che vive in noi vive nella sfera del pensiero.

Ma quando è diventato pensiero puro, lo si può altrettanto bene chiamare volontà pura.

• Diventando interiormente liberi riusciamo a innalzarci dal pensiero alla volontà,

riusciamo in certo modo a far maturare il nostro pensiero

in modo che venga completamente compenetrato dalla volontà,

in modo che non accolga più i propri contenuti dall’esterno, ma viva nella volontà.

 

Proprio rafforzando sempre più la volontà nel pensiero

ci prepariamo per quel che nella Filosofia della libertà ho chiamato fantasia morale,

quel che s’innalza alle intuizioni morali che allora compenetrano, permeano

• la nostra volontà diventata pensiero

• e il nostro pensiero diventato volontà.

 

In questo modo ci liberiamo dalla causalità fisico-sensibile,

• ci compenetriamo di quanto ci è proprio   • e ci prepariamo per l’intuizione morale.

Sulle intuizioni morali si basa tutto quel che può riempire di contenuti l’uomo da parte del mondo spirituale.

Quindi la libertà rivive  se lasciamo sviluppare sempre di più la volontà nel nostro pensiero.

 

Consideriamo l’uomo dall’altro polo, dal polo della volontà.

Quand’è che la volontà, grazie alle nostre azioni, appare particolarmente chiara all’occhio dell’anima?

 

Starnutendo, compiamo pure un’azione, ma non saremo in condizione di ascrivere all’atto di starnutire un particolare impulso volitivo. Parlando, compiamo già un’azione in cui vi è in un qualche modo la volontà. Si rifletta però al modo in cui nel parlare si mescolano volontà e non-volontà, elementi volitivi ed elementi non volitivi! Dobbiamo imparare a parlare, e proprio in modo da non aver più bisogno di formare volontariamente ogni singola parola, in modo che qualcosa di istintivo si inserisca nel parlare.

 

Almeno le cose stanno così per quanto riguarda la vita ordinaria, e in fondo stanno così proprio per le persone che hanno poche tendenze spirituali. I chiacchieroni, coloro che devono di continuo avere la bocca aperta per dire questo o quello, senza compenetrarlo di molti pensieri, fanno facilmente osservare agli altri (da soli non lo notano) quanto di istintivo, di involontario ci sia nel parlare.

 

Ma quanto più ci solleviamo al di sopra della nostra vita organica per accostarci ad attività in certo modo distaccate dalla vita organica, tanto più compenetriamo di pensieri le nostre azioni.

 

• Lo starnutire è ancora del tutto nell’ambito dell’organico,

• il parlare è per gran parte nell’ambito dell’organico,

• il camminare lo è già molto meno, e così anche tutto quel che facciamo con le mani.

Così si trapassa pian piano ad azioni sempre più distaccate dalla nostra vita organica.

Noi seguiamo queste azioni con i nostri pensieri,

pur non sapendo in che modo vi affluisca la volontà.

 

Se non siamo proprio sonnambuli e siamo attivi in questo stato, le nostre azioni sono sempre accompagnate dai nostri pensieri. Inseriamo i pensieri nelle nostre azioni e, quanto più le nostre azioni si sviluppano, tanto più vi inseriamo i nostri pensieri.

 

Ci approfondiamo sempre di più nella nostra interiorità

inserendo nel pensiero la forza della volontà che ci è propria,

in certo modo facendo del tutto compenetrare il pensiero dalla volontà.

• Portiamo la volontà nel pensiero e così raggiungiamo la libertà.

Sviluppando sempre più il nostro agire, arriviamo a portare i pensieri nell’azione.

 

Compenetriamo con i nostri pensieri le azioni che provengono dalla nostra volontà.

• Da un lato, viviamo una vita di pensiero nell’interiorità:

la compenetriamo con la volontà e troviamo la libertà.

• Dall’altro lato, verso l’esterno, le nostre azioni prendono impulso dalla volontà:

noi le compenetriamo con i nostri pensieri.

 

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In che modo le nostre azioni si sviluppano sempre di più? In che modo, volendo usare un’espressione di per sé opinabile, arriviamo ad azioni sempre più complete?

Arriviamo ad azioni sempre più complete sviluppando in noi quella forza che non si può chiamare altrimenti se non dedizione al mondo esterno.

Quanto più cresce la nostra devozione verso il mondo esterno, tanto più il mondo esterno ci spinge all’azione. Proprio trovando la strada per sviluppare la devozione verso il mondo esterno arriviamo a compenetrare di pensiero le nostre azioni.

 

Che cosa vuol dire devozione verso il mondo esterno?

Devozione verso il mondo esterno, devozione che ci compenetra, che compenetra di pensieri le nostre azioni

non è che amore.

• Come arriviamo alla libertà compenetrando la vita di pensiero con la volontà,

• così arriviamo all’amore compenetrando la vita di volontà col pensiero.

• Sviluppiamo amore nelle nostre azioni facendo compenetrare di pensieri l’elemento di volontà;

• sviluppiamo libertà nel nostro pensiero facendo compenetrare di volontà i pensieri.

 

• Essendo l’uomo una totalità,

se arriviamo a trovare la libertà nella vita di pensiero e l’amore nella vita di volontà,

allora la libertà agirà nelle nostre azioni e l’amore nel nostro pensiero.