L’uomo come microcosmo

O.O. 230 – L’Uomo sintesi armonica – 19.10.23


 

Sommario: L’uomo come microcosmo. Gli uccelli. L’uomo quale sintesi di aquila, leone e toro

L’uomo, in tutta la sua struttura, nelle sue condizioni di vita, in fondo in tutto ciò che egli è,

rappresenta un piccolo mondo, un microcosmo di fronte al macrocosmo;

abbiamo anche visto che l’uomo ha in sé realmente tutte le leggi del mondotutti i segreti del mondo.

 

Soltanto non ci si deve immaginare

che la comprensione completa di questa proposizione del tutto astratta sia una cosa semplice.

Per così dire si deve penetrare proprio nella molteplicità dei segreti del mondo, per ritrovarli poi nell’uomo.

 

Cercheremo oggi di considerare l’argomento in modo che, partendo da certi punti, osserveremo prima il mondo e poi l’uomo al fine di trovare come questi sia inserito quale piccolo mondo nel grande mondo. Naturalmente si può sempre parlare soltanto di un piccolo settore del grande mondo, e non sarà mai un’esposizione compiuta, altrimenti nello studio si dovrebbe esplorare almeno tutto il mondo.

 

Cominciamo con l’osservare quel che ci si presenta, se posso dire così, appena sopra di noi. Osserviamo l’ambiente che circonda l’uomo e che ha la sua vita nell’aria, ovvero che riguarda quegli animali che nel modo più evidente vivono nell’aria, vale a dire gli uccelli.

 

Non ci può sfuggire che l’uccello, la cui dimora è l’aria e che attinge dall’aria la possibilità della sua esistenza,

è costruito in modo essenzialmente diverso dagli animali che dimorano direttamente sopra o persino sotto il suolo.

 

Se guardiamo alla classe degli uccelli, siamo posti nella condizione di parlare naturalmente, anche nel loro caso,di testa, di membra e di altre simili cose, date le opinioni generali usate comunemente. In realtà si tratta in fondo di un modo di osservare del tutto privo della componente artistica.

 

Ho già fatto spesso rilevare che, se si vuole imparare a conoscere veramente il mondo,

non si può restare fermi alla comprensione intellettuale,

l’elemento intellettuale deve gradualmente trasformarsi in una comprensione artistica del mondo.

 

In questo caso dunque non sarà possibile considerare la cosiddetta testa di un uccello, davvero deforme in confronto alla testa degli altri animali, come una vera testa. Certo si può dire, seguendo un’esteriore considerazione intellettualistica, che l’uccello ha una testa, un tronco e delle membra. Ma riflettiamo su quale deformazione ci si presenta confrontando le zampe di un uccello con quelle di un cammello o di un elefante, oppure la testa di un uccello con quella di un leone o di un cane.

 

Una testa di uccello non contiene quasi nulla di importante; in fondo non contiene poi molto di più di ciò che nel cane, o nell’elefante o nel gatto, è rappresentato dalla parte anteriore del muso. Vorrei quasi dire che se la zona della bocca di un mammifero fosse un po’ più complicata si avrebbe la testa di un uccello. Nell’uccello poi ciò che nel mammifero sono le membra è completamente atrofizzato.

 

Certo, un modo di osservazione non artistico parla semplicemente di una trasformazione degli arti anteriori in ali, ma ciò rappresenta proprio una visione non artistica, non immaginativa. Se si vuole realmente comprendere la natura, se si vuole davvero penetrare nel cosmo, si devono osservare le cose in modo più profondo, specialmente in relazione alle forze plasmatrici e formative. Considerare ad esempio semplicemente che anche l’uccello ha testa, tronco e membra non porta mai a poter comprendere e osservare in realtà il corpo eterico di un uccello.

 

Infatti se si passa, mediante la visione immaginativa,

dall’osservazione di ciò che nell’uccello è fisico, a ciò che è eterico, nell’uccello eterico si ha soltanto una testa.

Considerando l’uccello eterico, l’uccello è soltanto testa,

e si arriva subito a capire che l’uccello non si può paragonare con la testa, il tronco e le membra di altri animali;

lo si deve invece considerare soltanto come testa trasformata, come testa che è stata trasformata.

 

Così la vera testa di uccello rappresenta soltanto il palato e le parti anteriori, cioè le parti della bocca, mentre le parti dello scheletro situate più indietro, simili alle costole e alla spina dorsale, sono da considerarsi anch’esse come testa, sebbene metamorfosata e trasformata. Tutto l’uccello è propriamente testa.

Per capire realmente un uccello, dobbiamo retrocedere assai nell’evoluzione planetaria e terrestre della Terra.

 

L’uccello è passato per una lunga storia planetaria; ha per esempio dietro di sé una storia planetaria molto più lunga del cammello, animale sorto molto più tardi di qualsiasi uccello. Uccelli come lo struzzo, costretti a terra, sono fra gli ultimi formati.

Gli uccelli che vivono liberi nell’aria, come l’aquila e l’avvoltoio, risalgono ad antichi periodi della Terra.

 

In periodi precedenti sia della Terra, sia dell’antica Luna e dell’antico Sole,

possedevano proprio tutto ciò che poi è passato in loro dall’interno all’esterno fino alla pelle;

invece penne e becco corneo che oggi osserviamo

si formarono essenzialmente nella classe degli uccelli in un periodo successivo.

 

Gli elementi esterni dell’uccello sono di origine più recente, e vi si è arrivati perché l’uccello formò in periodi relativamente antichi la sua natura legata in particolare alla testa; nelle condizioni in cui si venne a trovare in periodi successivi dell’evoluzione terrestre, gli fu ancora possibile aggiungere esternamente il piumaggio.

 

Il piumaggio per esempio gli fu dato dalla Luna e dalla Terra,

mentre il resto della sua natura deriva da tempi molto più antichi.

 

C’è però un aspetto ancora più profondo. Guardiamo un po’ l’uccello che si libra nell’aria, guardiamo per esempio il maestoso volo dell’aquila alla quali i raggi solari hanno dato con la loro azione il piumaggio e il becco corneo, quasi come un dono esterno fatto per grazia (le altre loro azioni verranno trattate in seguito).

 

Guardando l’aquila e il suo volo nell’aria vediamo che su di lei agiscono certe forze.

Il Sole non possiede soltanto le forze fisiche di luce e di calore, delle quali si parla di solito.

Quando parlai dei misteri druidici feci notare che dal Sole provengono anche forze spirituali.

Dobbiamo tenerne conto, in quanto danno ai diversi generi di uccelli

la loro policromia e la particolare configurazione del piumaggio.

 

Se penetriamo spiritualmente l’essenza dell’azione solare,

comprendiamo perché l’aquila ha proprio quel certo piumaggio.

 

Se ci immergiamo veramente nella natura aquilina, se impariamo a sviluppare un’interiore ed artistica comprensione della natura, contenente anche l’aspetto spirituale, se impariamo ad osservare l’artistico lavoro formativo degli impulsi solari, rafforzati da altri impulsi di cui parlerò più avanti, se guardiamo gli impulsi solari che fluttuano sopra l’aquila già prima che sia sgusciata dall’uovo, e che per magia fanno spuntare, o meglio inseriscono il piumaggio sul suo corpo, allora possiamo domandarci quale significato ne sorga per l’uomo. Ne scaturisce un’indicazione di che cosa fa del cervello umano il portatore dei pensieri.

 

•  Si osserva giustamente il macrocosmo, la grande natura, se si osserva l’aquila in modo da dirsi:

nel piumaggio di cui l’aquila è dotata, nella sua policromia,

vive la stessa forza che vive in noi, e che rende il nostro cervello portatore di pensieri.

• La forza che piega il nostro cervello,

che lo rende capace di accogliere l’interiore forza salina che costituisce il fondamento del pensare,

è la medesima forza che nell’aria dà all’aquila il suo piumaggio.

•  In quanto pensiamo, ci sentiamo apparentati con lei;

sentendo in un certo senso in noi il surrogato umano del piumaggio dell’aquila,

i nostri pensieri fluiscono dal cervello come fluiscono le penne dell’aquila.

 

Salendo dal livello fisico a quello astrale, dobbiamo formulare la seguente frase paradossale:

• le stesse forze che sul piano fisico determinano la formazione del piumaggio,

• sul piano astrale determinano la formazione di pensieri.

Esse danno all’aquila la formazione del piumaggio

che rappresenta l’aspetto fisico della formazione dei pensieri.

All’uomo danno i pensieri, l’aspetto astrale della formazione del piumaggio.

 

Talvolta si trovano espresse simili cose in modo meraviglioso nel genio del linguaggio popolare. Tagliando una penna all’estremità se ne può estrarre una parte che il popolo chiama “anima”. Certamente ci sarà chi vede in questa denominazione qualcosa di esteriore, ma la cosa non sta così; infatti per chi penetra il problema,

•  una penna contiene qualcosa di straordinario: contiene il segreto della formazione dei pensieri.

 

Lasciamo ora da parte l’aquila che vive nell’aria, e osserviamo un mammifero, il leone ad esempio, per prendere un animale rappresentativo. In fondo lo si può comprendere soltanto sviluppando un senso per la gioia, per l’intima soddisfazione che il leone manifesta quando vive nell’ambiente che lo circonda. Non c’è proprio alcun altro animale, fuorché quelli imparentati con il leone, che possieda un respiro tanto meraviglioso e misterioso.

 

Nel caso degli animali dunque i ritmi del respiro devono coincidere dappertutto con i ritmi della circolazione, soltanto che questi ultimi diventano più difficoltosi per l’apparato digerente che vi è legato, mentre i ritmi del respiro diventano più facili perché tendono verso la leggerezza delle formazioni cerebrali.

 

Nell’uccello quello che vive nel suo respiro vive in realtà contemporaneamente nella sua testa.

L’uccello è tutto testa; ma per il mondo esso porta esteriormente una specie di testa.

I suoi pensieri sono le forme del suo piumaggio.

 

Per un senso della natura giusto, che sappia vivere nella bellezza, non c’è nulla di più commovente che sentire l’intima parentela fra il pensiero umano, quando diventa proprio concreto ed interiormente vivente, e un piumaggio di uccello. Chi possiede una pratica interiore di simili cose sa esattamente quando pensa a mo’ di aquila, di pavone o di passero. Le cose stanno proprio in modo che c’è una magnifica corrispondenza, a parte che una cosa è astrale e l’altra è fisica.

 

Si può dire così: l’uccello ha nel respiro una vita tanto esuberante,

che il resto, circolazione sanguigna e così via, quasi scompare.

Nell’uccello tutta la pesantezza della digestione scompare, anzi persino la pesantezza della circolazione sanguigna,

spazzata via dal “sentirsi in sé”.

Nel caso del leone si ha una specie di equilibrio fra il respiro e la circolazione del sangue.

 

Certamente anche per il leone la circolazione viene appesantita, ma non tanto come nel caso del cammello o del bue, per esempio. Qui la digestione è qualcosa che affatica moltissimo la circolazione sanguigna. Nel caso del leone, che ha un apparato digerente piuttosto corto, costruito cioè in modo del tutto adeguato a una digestione possibilmente rapida, questa non rappresenta per la circolazione un peso gravoso. Di contro vi è nel leone uno sviluppo della testa tale da mantenere l’equilibrio fra respiro e ritmo della circolazione.

 

Il leone è fra gli animali quello che in massimo grado possiede un ritmo del respiro

interiormente bilanciato e armonizzato con il ritmo del battito cardiaco.

 

Per questo il leone, se entriamo per così dire nella sua vita soggettiva, ha quel suo caratteristico modo di divorare il cibo con una avidità quasi senza limiti, poiché in fondo esso è contento quando lo inghiotte. Brama il cibo poiché naturalmente la fame dà a lui molto maggior pena che non ad altri animali; è avido di cibo ma non è un ghiottone appassionato. Non si dedica molto a gustare, poiché è un animale che trova la sua soddisfazione nell’equilibrio fra respiro e circolazione del sangue.

 

Soltanto quando il cibo è passato nel sangue, che regola il battito cardiaco, quando questo battito entra in vicendevole scambio col respiro, cosa che produce al leone la sua gioia in quanto prende in sé la corrente del respiro con una profonda soddisfazione interiore, soltanto quando sente la conseguenza del proprio pasto, quando sente l’interiore equilibrio fra respiro e circolazione del sangue, soltanto allora il leone vive nel proprio elemento.

 

Vive in fondo veramente da leone quando ha la profonda soddisfazione interiore della pulsazione del sangue verso l’alto e del respiro verso il basso. Il leone vive in questo reciproco toccarsi di due ondate.

Osservando bene il modo di camminare e di saltare del leone, il portamento della sua testa e persino il suo sguardo, si arriva a vedere che tutto ciò può venir ricondotto a un continuo e ritmico scambio fra una certa perdita di equilibrio e il ristabilirsi dello stesso.

 

È forse difficile trovare qualcosa che possa toccare in modo così misterioso l’anima come lo strano sguardo del leone, così espressivo nella sua manifestazione di un interiore superamento di opposte attività. Lo sguardo del leone esprime proprio il dominio quasi completo del battito cardiaco per mezzo del ritmo del respiro.

Chi abbia un senso per un artistico intendimento della forma, osservando la bocca del leone e la relativa struttura, troverà un’espressione della pulsazione ascendente del battito cardiaco, su fino alla bocca, trattenuta però dal respiro. Immaginando il reciproco contatto fra battito cardiaco e respiro, si arriva alla bocca del leone.

 

Il leone è tutto organo toracico,

è veramente l’animale che porta a completa espressione,

nella sua figura esteriore e nel suo modo di vivere, il sistema ritmico.

È organizzato in modo da manifestare questo gioco alterno fra battito cardiaco e respiro

anche nel reciproco rapporto fra il cuore e i polmoni.

 

Possiamo così veramente dire: cercando nell’uomo ciò che ha la massima somiglianza con l’uccello, solo in forma metamorfosata, arriviamo alla testa umana; cercando nell’uomo ciò che ha la massima somiglianza con il leone troviamo la zona del torace, dove si incontrano i ritmi, i ritmi della circolazione e della respirazione.

 

Togliamo ora lo sguardo da tutto il mondo degli uccelli che ci si presenta in alto, nell’aria, e dagli altri animali che vivono di aria più vicina alla terra, come ad esempio il leone, e osserviamo invece i bovini.

 

Già in altre occasioni feci spesso notare il fascino che ci procura l’osservazione di una mandria pasciuta, sdraiata sul prato e occupata con la digestione che si esprime nella posizione, nell’espressione degli occhi e in ogni movimento. Cerchiamo di osservare una mucca che pascola e avverte qualche rumore: si vede allora il magnifico spettacolo di come la mucca sollevi la testa e di come in quel movimento vi sia ancora il sentimento del tutto particolare che tutto è pesante, anche il sollevare la testa.

 

Vedendo come una mucca al pascolo sollevi la testa perché è stata disturbata, possiamo dirci che la mucca sembra meravigliata di avere la testa per qualcosa di diverso dal pascolare. Perché mai sollevo la testa? stavo pascolando, e non ha senso sollevare la testa, se sto pascolando. Osserviamo bene la situazione: il tutto è insito nel sollevare la testa da parte dell’animale, ma non solo nel sollevare la testa. Non è immaginabile che il leone sollevi la testa come la mucca; lo si vede già dalla forma della testa.

 

Procedendo nell’osservazione si arriva alla forma di tutto l’animale: si potrebbe dire cioè che il bovino è tutto apparato digerente.

La pesantezza della digestione pesa sulla circolazione del sangue, tanto da sopraffare del tutto testa e respiro. L’animale è tutto digestione. Per l’osservazione spirituale si è di fronte a una vera meraviglia se prima si solleva lo sguardo all’uccello e poi lo si abbassa alla mucca.

 

Naturalmente per quanto in alto si ponga in senso fisico la mucca, essa non diviene uccello; ma se si potesse far passare il fisico della mucca, in un primo tempo ponendola nell’aria vicina alla terra, nell’umido elemento aeriforme, e se si potesse nello stesso modo passare ad una trasformazione della sua figura eterica, che ora sarebbe adatta all’elemento umido, per continuare poi a sollevarla, così da portarla fino al piano astrale, allora la mucca diverrebbe un uccello. Astralmente diverrebbe un uccello.

 

Immaginando queste cose strabilianti e penetrandole veramente possiamo dire:

ciò che l’uccello ha nel suo corpo astrale, e che come ho detto lavora alla formazione del suo piumaggio,

la mucca lo ha nella carne, nei muscoli e nelle ossa.

Nella mucca è diventato fisico ciò che nell’uccello è astrale.

Naturalmente nell’astralità la cosa appare diversa, ma è così.

 

Se viceversa si facesse cadere l’astralità di un uccello, trasformandola nell’eterico e nel fisico l’aquila diverrebbe una mucca, poiché l’astralità dell’aquila prenderebbe carne e corpo nella mucca sdraiata al suolo mentre digerisce; la digestione della mucca richiede infatti lo sviluppo di una meravigliosa astralità.

 

La mucca diviene bella con la digestione, astralmente si ha qualcosa di bellissimo nella sua digestione. Se, in base ai comuni concetti pedanteschi e con un idealismo meschino, si dice che l’attività relativa alla digestione è la più bassa, si viene smentiti guardando l’attività digerente nella mucca da un punto di vista più alto, in una visione spirituale. Il fenomeno è bello, grandioso, è qualcosa di molto spirituale.

 

Il leone non arriva a questa spiritualità, e l’uccello neppure. Nell’uccello la digestione è qualcosa di quasi del tutto fisico. Nell’apparato digerente dell’uccello si trova naturalmente il corpo eterico, ma nei suoi processi digestivi non si trova quasi astralità. Nella mucca invece, nei processi digestivi vi è qualcosa di grandioso sotto l’aspetto astrale, un mondo intero.

 

Se poi vogliamo vedere le affinità nell’uomo, si ha una corrispondenza con ciò che la mucca forma unilateralmente, il far diventare fisicamente carne una certa astralità; intessuta in armonia con tutto il resto, nell’uomo ciò si inserisce nei suoi organi di digestione e nelle membra che ne rappresentano una prosecuzione.

 

Ciò che osservo nell’aria, nell’aquila, o là dove l’animale gioisce direttamente dell’aria come nel caso del leone,

ciò che vedo quando l’animale è collegato con le sotterranee forze terrestri

che proseguono la loro azione nei suoi organi di digestione,

quando dunque, invece di guardare in alto, guardo nelle profondità

al fine di penetrare sagacemente in questa prospettiva l’essere della mucca,

ciò che così posso osservare mi porta alle tre figure che nell’uomo sono congiunte in un’armonia, e si bilanciano:

• metamorfosi dell’uccello nel capo umano,

• metamorfosi del leone nel torace umano,

• e metamorfosi della mucca nell’apparato digerente e nelle membra umane;

naturalmente per le membra in modo molto variato e trasformato.

 

Quando dunque si osservano in questo modo le cose e si ritrova l’uomo quale essere nato dal complesso della natura e portante in sé tutta la natura nel modo da me descritto, vale a dire il regno degli uccelli, il regno del leone e l’essere della mucca, si ottengono i singoli componenti di ciò che in astratto si esprime dicendo: l’uomo è un piccolo mondo.

L’uomo è proprio un piccolo mondo, e il grande mondo è in lui.

 

Tutti gli animali che vivono nell’aria, tutti quelli che hanno il loro elemento principale nella prossimità della terra dove circola l’aria, tutti gli animali che hanno il loro elemento principale nel sottosuolo, nelle forze della pesantezza, tutti questi animali agiscono nell’uomo in modo da costituire un’armonica totalità.

L’uomo risulta un riassunto di aquila, leone, toro o mucca.

 

Se si indagano e penetrano queste cose con la nuova scienza dello spirito, si ha un grande rispetto, e ne ho parlato spesso, per le antiche e istintive visioni chiaroveggenti del cosmo, si ha un grande rispetto ad esempio nei confronti della possente immagine secondo la quale l’uomo è costituito di aquila, leone, mucca o toro che, completandosi e armonizzandosi opportunamente, formano la sua totalità.

 

Ma prima di esaminare, ed è possibile farlo anche domani, i singoli impulsi che per esempio sono contenuti nelle forze aleggianti intorno all’aquila, al leone o alla mucca, vorrei esaminare un’altra corrispondenza ancora fra ciò che vi è nell’interiorità dell’uomo e ciò che vi è fuori nel cosmo.

In base a quel che già sappiamo, possiamo farcene un’immagine.

 

Per cercare che cosa corrisponde alla natura del capo umano, si deve volgere lo sguardo agli uccelli. Per comprendere i misteri della natura relativi al torace, al battito cardiaco o al respiro umani, si deve guardare il leone. Per cercare di comprendere l’apparato del ricambio, l’uomo deve guardare la costituzione e l’organizzazione dei bovini.

 

L’uomo ha però nel suo capo i portatori dei pensieri,

e nel torace i portatori dei sentimenti, nel ricambio i portatori della volontà.