L’uomo deve ogni sua attuale qualità al fatto di aver eliminato una determinata figura animale.

O.O. 104 – L’Apocalisse – 21.06.1908


 

L’uomo deve ogni sua attuale qualità al fatto di aver eliminato una determinata figura animale.

Chi osservi con l’occhio del chiaroveggente i diversi animali, sa perfettamente che cosa noi dobbiamo al singolo animale. Guardiamo così alla figura del leone e ci diciamo: se non ci fosse il leone, l’uomo non avrebbe questa o quella qualità; poiché, per il fatto di averlo allontanato, l’uomo ha acquisito questa o quella qualità. Così è per tutte le rimanenti figure del mondo animale.

 

Tutti i nostri cinque periodi di evoluzione dell’umanità (i diversi periodi di civiltà, dall’antica indiana fino alla nostra)

esistono in realtà per far evolvere l’intelligenza, la comprensione, e tutto quanto è connesso con queste due facoltà.

Tutto ciò non esisteva nell’epoca atlantica.

Esistevano allora la memoria ed anche altre facoltà;

ma sviluppare l’intelligenza con quanto è ad essa connesso, e cioè l’indirizzare lo sguardo al mondo esteriore,

questo è il compito della quinta epoca.

 

Chi indirizza lo sguardo chiaroveggente al mondo circostante, si chiede: a quale fatto devono gli uomini di esser divenuti intelligenti? quale figura di animale abbiamo noi eliminato per diventare intelligenti? Per quanto eccezionale o grottesco possa sembrare, è altrettanto vero che mai l’uomo avrebbe potuto acquisire l’intelligenza se attorno a noi non ci fossero gli equini.

In tempi più antichi l’uomo sentiva ancora questo fatto.

 

Tutti gli intimi rapporti che si hanno fra certe razze umane e il cavallo provengono dal sentimento che può paragonarsi al misterioso sentimento d’amore fra i due sessi, da un certo sentimento di quanto l’uomo debba a questo animale. Di conseguenza, quando ebbe inizio la nuova civiltà nell’antico periodo indiano, fu il cavallo che ebbe una parte misteriosa nel culto, nel servizio divino.

 

E tutti gli usi che si ricollegano al cavallo ci riconducono a questo fatto. Quando presso popoli che erano ancora vicini all’antica chiaroveggenza, per esempio presso gli antichi Germani, si vede che essi collocavano teschi di cavallo davanti alle loro case, questo ci riporta alla coscienza che l’uomo ha superato lo stadio di non-intelligenza per aver eliminato questa forma. Esiste una profonda coscienza che il raggiungimento dell’intelligenza è a ciò legato.

Basta ricordarsi di Ulisse, del cavallo di legno di Troia.

 

Oh, in tali racconti vi è una profonda saggezza, una ben più profonda saggezza che non nella nostra scienza. Non per nulla nella leggenda viene usato tipicamente il cavallo. L’uomo è nato da una figura che, per così dire, aveva ancora in sé quello che è incarnato nel cavallo. Nella figura del centauro, l’arte ha ancora rappresentato un uomo tutt’uno con questo animale, per ricordare quel gradino evolutivo umano dal quale l’uomo è uscito, dal quale si è liberato per divenire l’uomo attuale.

 

Quanto è così avvenuto in passato per arrivare alla nostra attuale umanità si ripeterà in avvenire ad un gradino superiore. Ma non è che anche in avvenire debbano accadere le stesse cose nel mondo fisico. A quegli uomini cui si apre la chiaroveggenza al confine fra il piano astrale e quello devacianico, si mostra come l’uomo sempre più nobiliti e formi ciò che egli deve all’eliminazione della natura equina. Egli attuerà la spiritualizzazione dell’intelligenza.

 

Dopo la grande guerra di tutti contro tutti,

egli eleverà alla spiritualità quello che oggi è soltanto comprensione, soltanto intelligenza.

Questo sperimenterà chi avrà allora raggiunto la mèta.

Allora si mostrerà nei suoi frutti quanto potè evolversi nell’umanità a seguito dell’eliminazione della natura equina.