L’uomo di oggi non riesce più a stabilire una relazione col mondo morale

O.O. 210 – Antichi e moderni metodi di iniziazione – 1.1.1922


 

Se, in merito a tutta la vita della civiltà, da uomini del presente vediamo formarsi un profondo abisso

e, sviluppando una piena coscienza,

arriviamo con un certo tragico sentimento a percepirlo nel suo caotico effetto sul mondo,

quell’abisso si manifesta specialmente in una certa direzione, perché

l’uomo di oggi non riesce più a stabilire una relazione col mondo al quale deve innalzare lo sguardo,

se considera il proprio valore umano e la sua vera dignità:

il mondo morale, il mondo che anche porta alla sua anima il sentimento religioso

e l’immergersi e l’elevarsi nella religione.

 

D’altro canto l’uomo guarda pure all’esistenza naturale della quale anch’egli è parte.

 

Nel corso degli ultimi secoli la natura si presenta all’anima umana

in modo che per così dire essa ha annullato tutta la realtà, ogni vera esistenza.

La natura, con le sue leggi indifferenti alla sfera morale, scorre in necessità esteriori,

e l’uomo è intessuto con la sua vita quotidiana in tale necessità.

Anche fissando un inizio e una fine a quella necessità,

è impossibile che, sentendovisi immerso, l’uomo giunga alla sua vera umanità.

 

Dalla natura egli deve innalzare lo sguardo ai contenuti morali universali

e concepirli come qualcosa che da lui deve essere considerato quale ideale.

Nessuna conoscenza odierna gli mostra

come gli ideali morali possano approdare nelle leggi della natura

e come ciò che è necessario possa essere al servizio della moralità.

 

Per la coscienza dell’uomo di oggi il mondo è ormai diviso in due parti non unibili:

• il mondo morale • e il mondo materiale;

egli guarda alla nascita e alla morte e trova che esse delimitano l’esistenza

della quale soltanto vuole parlare la conoscenza oggi riconosciuta.

 

L’essere umano d’altra parte deve guardare a un mondo che si innalza al di sopra di nascita e morte,

a un mondo che ha un’importanza eterna

e di fronte al quale vi è il mutevole mondo propriamente materiale;

egli deve quindi pensare collegata la propria esistenza animica con l’importanza eterna del mondo morale.

 

Però all’uomo moderno, se rimane alla coscienza oggettiva,

non dà una risposta neppure la concezione platonica, che pure contiene l’ultimo resto dell’orientalismo

e per la quale il mondo esteriore dei sensi è apparenza, illusione, mentre quello delle idee è il mondo vero e reale.

 

La scienza dell’iniziazione vuole di nuovo presentarsi alla civiltà umana,

vuole di nuovo indicare agli uomini

che dietro al mondo che i sensi percepiscono vi è il mondo spirituale

e che ad esso l’uomo deve guardare come a un mondo morale, potente e reale.

 

La scienza dell’iniziazione deve per così dire

togliere all’esistenza della natura l’assoluta presunta realtà e ridarla al mondo morale.

Può farlo soltanto servendosi di mezzi espressivi

diversi dal complesso dei linguaggi odierni, dal complesso dato dall’odierno mondo delle idee e dei concetti.

 

Il linguaggio della scienza dell’iniziazione

appare all’uomo del presente ancora come qualcosa di estraneo, di illusorio,

perché egli non avverte che dietro le forme espressive vi sono forze reali,

e che, pur servendosi del linguaggio ordinario o di uno più strutturato,

ha appunto sempre bisogno nel linguaggio

di avere un’espressione non del tutto adeguata per quel che osserva e percepisce.

 

Che cosa è in definitiva la parola “uomo”, se ne prendiamo il suo suono,

di fronte al reale contenuto che ci si presenta nello spirito, nell’anima e nel corpo

quando siamo di fronte a un uomo vero?

 

Allo stesso modo nel mondo della scienza iniziatica,

dietro il mondo dei sensi, infuria, ondeggia e agisce nei modi più diversi

il mondo soprasensibile che vive in quello morale.

 

A sua volta la scienza iniziatica deve scegliere le più svariate forme espressive,

appunto per manifestare ciò che comunque appare più ricco

di quel che riescono a trasmettere i mezzi espressivi.