L’uomo è animicamente e corporalmente un essere ternario: pensante, senziente e volente.

O.O. 227 – Conoscenza iniziatica – 19.08.1923


 

In quanto essere terrestre, l’uomo è animicamente e corporalmente

(dico di pieno proposito: animicamente e corporalmente)

un essere ternario: pensante, senziente e volente.

 

Se quindi consideriamo tutto quanto è compreso

nel campo del pensare, in quello del sentire e in quello del volere,

avremo abbracciato la parte che l’essere umano prende all’esistenza terrena.

 

• Consideriamo prima di tutto la parte più importante di ciò che colloca l’uomo nell’esistenza terrena:

senza dubbio la sua natura pensante,

perché essa gli conferisce quella piena chiarezza sul mondo di cui egli ha bisogno in quanto uomo terrestre.

• Il sentimento rimane oscuro, indefinito, rispetto al chiaro pensiero;

• altrettanto il volere, con le profondità da cui sgorga, è del tutto inaccessibile per l’osservazione ordinaria.

Si rifletta alle azioni del volere nel mondo ordinario, nello sperimentare ordinario.

 

Si decide per esempio di prendere una sedia e porla in un altro posto. Abbiamo il pensiero di portare la sedia in quel posto, e pensiamo a questo fatto. Poi il contenuto della rappresentazione scorre in un modo per noi del tutto sconosciuto nel sangue e nei muscoli. Abbiamo poi di nuovo solo la rappresentazione di che cosa succede ora nel sangue, nei muscoli e nei nervi, mentre alziamo la sedia e la spostiamo.

 

Ne abbiamo la rappresentazione.

Ma l’effettiva attività interiore, ciò che si svolge entro la pelle

rimane per noi completamente nell’incosciente;

soltanto il risultato diventa per noi visibile nei pensieri.

 

Così la volontà è quanto di più incosciente vi sia durante l’attività di veglia.

Dell’attività del sonno dell’uomo parleremo più tardi.

 

Durante l’attività della veglia il volere rimane del tutto nell’oscurità, nelle tenebre.

In sostanza si sa altrettanto poco di ciò che, emanato dal pensiero, succede poi nel volere,

quanto nella vita terrestre ordinaria si sa di ciò che succede di noi

dal momento in cui ci si addormenta fino a quello del risveglio.

 

• Non si avverte la natura interiore del volere neppure durante la veglia.

• Soltanto la rappresentazione, soltanto il pensare reca chiarezza nella vita terrestre dell’uomo.

• Il sentire sta fra il volere e il pensare.

 

• Come fra il sonno e la veglia

il sognare è una rappresentazione indefinita e caotica, un dormire a metà e un vegliare a metà,

• così il sentire sta fra il volere e il rappresentare, è veramente un sognare desto dell’anima.

 

• Come elemento più vicino all’uomo dobbiamo dunque prendere le mosse dal rappresentare, dal pensare.

• Ma come si svolge il pensare nella vita terrena ordinaria?

• Esso ha una parte del tutto passiva nell’intero nostro essere umano terrestre;

si deve essere al riguardo completamente sinceri nell’osservazione di se stessi.

 

• Dal risvegliarsi fino all’addormentarsi l’uomo si abbandona al mondo esterno.

• Egli permette alle impressioni dei sensi di invaderlo e a quelle si uniscono le rappresentazioni.

• Noi lasciamo scorrere le impressioni dei sensi,

ovvero esse ci scorrono dinanzi e ci rimangono nell’anima le rappresentazioni.

• Esse si trasformano a poco a poco in ricordi.

 

Ma come ho detto, se si è sinceri nell’osservazione di se stessi, si dovrà dire:

il contenuto delle rappresentazioni che si acquistano nella vita ordinaria

è unicamente ciò che è entrato nell’anima dal mondo esterno, dall’osservazione dei sensi.

Si cerchi con lealtà e senza pregiudizi che cosa si porta nell’anima:

in ogni caso si troverà che è stato provocato da un’impressione esterna.

 

A questo riguardo si abbandonano in special modo alle illusioni i mistici che non penetrano fino al fondo della loro anima, e lo dico esplicitamente. Essi credono di arrivare, per mezzo di un allenamento interiore più o meno oscuro, a conoscenze interiori su quanto vi è alla base del mondo come elemento divino superiore. Questi mistici a metà, o mistici per un quarto, parlano spesso di una luce interiore animica che in essi si è dischiusa e dicono di aver veduto qualcosa di spirituale.

 

Chi esercita un’auto-osservazione veramente precisa e sincera potrà vedere quante mai visioni mistiche derivano soltanto da esperienze dei sensi, trasformatesi con l’andar del tempo. Per quanto possa sembrare paradossale, può però esservi un mistico quarantenne che crede di avere una diretta visione immaginativa (voglio indicare qualcosa di concreto) del mistero del Golgota, perché lo vede interiormente in ispirito, e se ne sente interiormente molto elevato.

 

Un buon psicologo potrebbe seguire il corso della vita del mistico quarantenne e troverebbe che da ragazzo, a dieci anni, aveva visto di sfuggita un quadretto, in occasione di una visita fatta accompagnando suo padre. Quel quadretto, che rappresentava il mistero del Golgota, aveva fatto a quell’epoca poca impressione sull’anima del ragazzo, ma l’impressione rimase, si trasformò, discese nei profondi sostrati dell’anima e a quarant’anni emerse come grande visione mistica.

 

A questo si deve por mente prima di tutto, quando ci si azzarda di parlare oggi delle vie verso la conoscenza soprasensibile, perché chi le rende facili non potrà di regola parlarne che da dilettante. Proprio chi avrà diritto di parlare di vie mistiche o soprasensibili, dovrà in certo qual modo essere a conoscenza di tutto quanto può condurre ad errori in questo campo.

 

Egli deve sapere con precisione come l’ordinaria autoconoscenza non contenga di solito veramente che impressioni esteriori trasformate, e come la vera autoconoscenza debba oggi essere cercata per mezzo di un’evoluzione interiore, attingendo dall’anima forze che a tutta prima non vi sono.

 

Qui si deve considerare appunto la passività del pensare abituale.

Esso crea le impressioni secondo come vogliono i sensi.

Ciò che precede, precede anche nel pensiero,

ciò che segue, segue anche nel pensiero.

Il sopra è sopra anche nel pensiero, il sotto è sotto.

 

Così l’uomo, per il pensare ordinario, non soltanto nella vita ordinaria ma anche nella scienza,

segue gli eventi che si svolgono nel mondo esterno soltanto passivamente.

 

La nostra scienza è progredita al punto da considerare ideale l’accorgersi di come le cose si svolgano nel mondo esterno senza che il pensiero vi abbia la minima influenza. La nostra scienza, nei suoi metodi d’indagine, si propone come ideale di foggiare il pensiero in modo che rimanga per quanto possibile passivo. E nel proprio campo ha perfettamente ragione.

 

Essa arriva nel proprio campo a progressi maggiori, quando tien conto appunto di questo metodo;

si allontana però sempre più dal vero essere dell’uomo, perché il primo passo

che si esige nei metodi per la conoscenza soprasensibile,

che si possono chiamare meditazione, concentrazione nei riguardi delle forze animiche interiori,

o si possono anche chiamare con altri nomi,

è appunto quello di trovare il passaggio  dal semplice pensiero passivo al pensiero attivo interiore.