L’uomo, in quanto microcosmo, è uno specchio fedele dei rapporti macrocosmici

O.O. 107 – Antropologia Scientifico-Spirituale Vol. II – 12.01.1909


 

L’uomo, in quanto microcosmo,

è uno specchio fedele dei rapporti macrocosmici, è modellato egli stesso in base a questi rapporti.

 

Vogliamo puntare oggi lo sguardo su quello che, nell’ambito dell’evoluzione,

è il momento centrale dell’epoca atlantica.

Si è trattato di un momento di enorme importanza per l’evoluzione terrestre.

 

Nell’evoluzione dell’umanità noi distinguiamo inizialmente tre epoche:

• la prima è l’epoca polare, • la seconda l’epoca iperborea, •  e la terza quella lemurica.

Viene poi l’epoca atlantica.

Oggi ci troviamo nella quinta epoca, alla quale ne seguiranno altre due,

cosicché l’epoca atlantica cade giusto nel mezzo.

Nell’arco dell’evoluzione terrestre, il punto centrale dell’epoca atlantica è in assoluto il più importante.

 

Se risalissimo a prima di quest’epoca, troveremmo comunque nei rapporti della vita esteriore degli uomini una precisa immagine speculare dei rapporti cosmici. L’uomo sarebbe finito molto male, allora, se avesse fatto ciò che fa oggi. Oggi infatti, in moltissimi casi, non si uniforma più ai rapporti cosmici. Per come spesso è necessario organizzare la vita nelle nostre città, l’uomo sta sveglio quando invece dovrebbe dormire, e dorme quando dovrebbe stare sveglio.

 

Ora, se mai fosse successo qualcosa del genere nell’epoca lemurica, come appunto lo stare svegli di notte e il dormire di giorno, se mai l’uomo si fosse così poco curato, in quei tempi, della corrispondenza tra i fenomeni esteriori e certi processi interiori, non avrebbe potuto assolutamente rimanere in vita.

 

Certo, allora non esisteva la minima possibilità che succedessero cose simili, perché era del tutto naturale che l’uomo regolasse il proprio ritmo interiore sul ritmo esteriore. Egli viveva allora, per così dire, del corso del Sole e del corso della Luna, regolava perfettamente il ritmo dei suoi corpi, astrale ed eterico, sul corso del Sole e sul corso della Luna.

 

Torniamo al nostro orologio. Anch’esso è regolato in certa maniera sul grande corso dell’universo. Il fatto che alle dodici la lancetta dei minuti e quella delle ore si sovrappongano è connesso proprio al presentarsi di una determinata configurazione del Sole e degli astri. Proprio su di essa regoliamo l’orologio, e un orologio va male quando le sue lancette, il giorno dopo, non tornano a sovrapporsi nel momento in cui si ripresenta la medesima configurazione degli astri. Gli orologi pubblici di Berlino vengono regolati elettricamente ogni giorno dall’osservatorio astronomico sulla Enckeplatz. Possiamo dire di conseguenza che i movimenti delle lancette dell’orologio, i loro ritmi, corrispondono, e vengono addirittura fatti corrispondere giorno per giorno, al ritmo del cosmo. Il nostro orologio va bene quando coincide con quello dell’ora esatta, che a sua volta è in sincronia con il cosmo.

 

Nelle epoche antiche l’uomo non disponeva certo dell’orologio, ma era egli stesso un orologio. Il corso della sua vita, del quale poteva rendersi chiaramente conto, era regolato in tutto e per tutto sui rapporti cosmici.

 

L’uomo era realmente un orologio. E, ove non si fosse regolato in armonia con i rapporti cosmici, la sua situazione sarebbe stata perfettamente analoga a quella di un moderno orologio il cui movimento non corrispondesse ai rapporti esteriori: vorrebbe dire, in questo caso, che l’orologio va male, proprio come allora avrebbe voluto dire che l’uomo stava male. Il ritmo interiore doveva corrispondere al ritmo esteriore.

 

Ora, l’aspetto essenziale dell’evoluzione dell’uomo sulla Terra

consiste precisamente in ciò, che, a partire dalla metà dell’epoca atlantica,

quest’assoluta coincidenza fra i rapporti esteriori e i rapporti interiori viene a mancare.

Subentra qualcosa d’altro.

 

Provate a immaginarvi uno che, per qualche sua stravaganza, non voglia che le lancette del suo orologio si sovrappongano in coincidenza con l’ora di mezzogiorno. Mettiamo che le regoli quindi in modo che, a mezzogiorno, segnino le tre. Perciò, quando per gli altri è l’una per lui saranno le quattro, invece delle due saranno le cinque, e così via. Tuttavia, non per questo il movimento interno del suo orologio si modificherà; avverrà solamente che sia sfasato rispetto ai rapporti esterni. Dopo ventiquattro ore, l’orologio segnerà nuovamente le tre, e dunque non avrà una corrispondenza con i rapporti cosmici quanto al percorso delle sue lancette, ma quanto al suo ritmo interno seguiterà a coincidere con essi, perché quella che si è prodotta è solo una sfasatura. Anche il ritmo dell’uomo ha subito un’analoga sfasatura.

 

L’uomo non sarebbe mai divenuto un essere autonomo

se tutta quanta la sua attività fosse rimasta ancorata ai rapporti cosmici.

La sua libertà egli l’ha ottenuta proprio in quanto,

pur conservando il ritmo interiore, si è svincolato dal ritmo esteriore.

 

È diventato come un orologio che, nel segnare le ore, non corrisponde più agli eventi cosmici, ma nondimeno serba con essi un’armonia interna. Così, nelle remote epoche di un passato primordiale, un essere umano poteva venire concepito solo in concomitanza con una data configurazione degli astri, per nascere poi a distanza di dieci mesi lunari. Questa simultaneità fra il concepimento e un dato rapporto cosmico è scomparsa, ma il ritmo è rimasto inalterato, proprio come rimane inalterato il ritmo di un orologio che, quando è mezzogiorno, venga messo sulle tre.

 

Una simile sfasatura, d’altra parte, non ha interessato soltanto i rapporti inerenti all’uomo, ma si è estesa anche ai tempi in quanto tali. A prescindere dalla sua sfasatura rispetto al cosmo, anche dal punto di vista interiore è avvenuto infatti per l’uomo qualcosa di estremamente particolare, in conseguenza del fatto che si è per così dire sfilato dai rapporti cosmici, che non è più un “orologio” nel senso vero e proprio della parola.

 

Gli è successo, pressappoco, quello che succederebbe a uno che mettesse avanti di tre ore il proprio orologio, ma che poi non ricordasse più di quanto lo aveva spostato in avanti, e quindi non potesse più raccapezzarsi. La stessa cosa è accaduta all’uomo nel corso dell’evoluzione terrestre, una volta che egli ha perso il rapporto che aveva, come un orologio, con il cosmo. Da allora, l’uomo ha messo per certi aspetti in disordine il suo corpo astrale. Quanto più le condizioni della vita umana erano subordinate alla sfera corporea, tanto più si conservava il ritmo antico; ma, quanto più tali condizioni si orientavano alla sfera spirituale, tanto maggiore era il disordine che vi s’introduceva.

 

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L’evoluzione consiste proprio nel fatto che l’uomo

si rende sempre più indipendente dal ritmo esteriore.

 

Non è neppure il caso, d’altra parte, di farsi mancare il terreno sotto i piedi. Il vero progresso dell’uomo, e la sua salute, non stanno nel fatto ch’egli ritorni nuovamente al ritmo antico, che si chieda come poter vivere in armonia con i quattro quarti della Luna. Nei tempi antichi, infatti, era necessario che l’uomo fosse come l’impronta di un sigillo rispetto al cosmo.

 

Ma è altrettanto indispensabile che egli non creda di poter vivere senza ritmo.

• Come si è interiorizzato dall’esterno, così deve ricostruirsi dall’interno in base al ritmo.

• È questo ciò che importa. Il ritmo deve pervadere l’interiorità.

Così come il ritmo ha edificato il cosmo, allo stesso modo l’uomo,

se vuole prender parte all’edificazione di un cosmo nuovo, deve farsi compenetrare da un nuovo ritmo.

 

Caratteristico della nostra epoca è, appunto, l’avere smarrito il ritmo antico – il ritmo esteriore –

senza avere ancora acquisito un nuovo ritmo interiore.

L’uomo è cresciuto tanto da sottrarsi alla natura – intendendo per natura l’espressione esteriore dello spirito -,

e però non è cresciuto abbastanza da immettersi nello spirito stesso.

 

Oggi, si dibatte ancora continuamente fra natura e spirito. È questo, lo ripetiamo, il tratto caratteristico della nostra epoca. Proprio questo continuo dibattersi dell’uomo fra natura e spirito ha conosciuto una fase culminante nel secondo terzo del diciannovesimo secolo. Attorno a quest’epoca, le entità che conoscono e interpretano i segni del tempo devono essersi perciò domandate: che fare, perché l’uomo non rimanga escluso da qualunque ritmo, perché possa introdursi in lui un ritmo interiore?

 

La caratteristica di fondo che potete osservare nella vita spirituale, oggi, è uno stato onnipresente di disordine.

Oggi giorno, di fronte a un prodotto dello spirito, la prima cosa che inevitabilmente vi colpisce è il disordine,

l’assenza di una regola interiore. È così in quasi tutti i campi.

 

Solo in quelli dove perdurano buone tradizioni antiche resta ancora qualcosa dell’ordine di un tempo. Nei campi che sono nuovi, l’uomo deve cominciare a costruire il nuovo ordine.

Ecco perché oggi, quando nel settimo giorno di decorso della polmonite la febbre scende, ci si rende conto del fatto in sé, ma le idee messe in campo per spiegarlo sono semplicemente caotiche. Nel ragionare su questo fatto, lo si avvolge – proprio perché non si ragiona secondo una regola – entro un cumulo di idee arbitrarie messe insieme a casaccio.

 

Tutte le nostre scienze isolano dal mondo un fatto esteriore e gli girano intorno con un miscuglio confuso di idee, senza alcun ordine interno, perché l’uomo si aggira nel mondo del pensiero come vagando in fondo a un abisso. Oggi, egli non ha dentro di sé delle linee di pensiero, non ha un ritmo di pensiero interiore, e l’umanità, senza acquisire un ritmo interiore, rischia di andare incontro a una completa decadenza.

 

Provate ora a considerare da questo punto di vista la scienza dello spirito.

Voi conoscete direttamente il terreno sul quale ci si incammina allorché si comincia a coltivare la scienza dello spirito.

 

Per prima cosa si apprende – e poi a poco a poco si comprende – che l’uomo, nella sua entità, consiste di quattro parti costitutive: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale e io.

Poi, si viene a conoscenza del lavoro compiuto dall’io, di come il corpo astrale venga trasformato nel manas, o sé spirituale, di come il corpo eterico venga trasformato nel buddhi, o spirito vitale, e di come l’uomo fisico, il principio dell’uomo fisico, venga trasformato nell’uomo spirituale, o atma.

 

Pensate adesso alla quantità di cose che abbiamo studiate sulla scorta di questa formula basilare, diciamo così, della nostra scienza dello spirito. Pensate alla quantità dei temi affrontati, che erano veramente temi di fondo, e pensate a come abbiamo dovuto strutturare ininterrottamente tutto quanto l’edificio dei nostri pensieri movendo da questo schema basilare: corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, io.

 

In occasione di certe conferenze pubbliche, come ben sapete, qualcuno può arrivare addirittura a stancarsi del fatto che questi dati fondamentali debbano essere ribaditi in continuazione. Ma proprio questo è e rimane un saldo filo conduttore lungo il quale disporre i nostri pensieri: queste quattro componenti della natura umana, il loro interagire, e ancora, in un più alto senso, il trasformarsi delle tre componenti inferiori, della terza componente nella quinta, della seconda nella sesta, e infine della prima in quella che è la settima componente della nostra entità.

 

Se ora prendete l’insieme delle componenti della natura umana, cosi come le conosciamo – corpo fisico, corpo eterico, corpo astrale, io, sé spirituale, spirito vitale, uomo spirituale -, ebbene, ne contate sette. E se prendete quelle che stanno alla base, ossia il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’io, ne contate quattro. Seguendo questo corso di pensiero, voi ripetete quindi nei vostri pensieri il grande ritmo di 7 : 4 e 4 : 7. Riproducete, a partire da voi stessi, il grande ritmo esteriore. Ripetete il ritmo che, su scala universale, era un tempo nel cosmo, tornate a generarlo.

 

Gettate dunque il piano, le fondamenta, su cui edificare il vostro sistema di pensiero,

così come un tempo gli dèi hanno gettato il piano sul quale si è edificata la saggezza dell’universo.

Dal caos in cui vive il pensiero si svilupperà, generandosi dall’interiorità dell’anima, un cosmo di pensiero,

se diamo vita in noi stessi a quel ritmo interiore del numero del quale abbiamo or ora parlato.

Gli uomini si sono affrancati dal ritmo esteriore.

 

Attraverso la scienza dello spirito, che è tale in senso vero e proprio, torneremo nuovamente al ritmo,

ci edificheremo dall’interno un mondo che porterà in sé questo ritmo.

Se ora ci volgiamo a considerare il cosmo,

e guardiamo al passato della Terra, a Saturno, al Sole, alla Luna e alla Terra stessa,

abbiamo anche qui una tetrade, e sappiamo che seguiranno

• un quinto stadio nel quale la Luna, in forma spiritualizzata, esisterà come Giove,

• un sesto stadio nel quale il Sole esisterà come Venere,

• e un settimo stadio nel quale l’antico Saturno esisterà come Vulcano.

Saturno, Sole, Luna, Terra, Giove, Venere, Vulcano: è quindi sette il numero delle nostre fasi evolutive.

 

Quattro è il numero delle fasi attraverso le quali

il nostro corpo fisico si è evoluto fino a raggiungere il suo stato attuale: Saturno, Sole, Luna e Terra.

Esso, a poco a poco, verrà completamente trasformato e spiritualizzato nell’avvenire.

Anche qui, pertanto, abbiamo il quattro guardando al passato che sta dietro di noi,

e il tre guardando al futuro che ci sta davanti; anche qui abbiamo 4 ; 3,

ovvero 4 ; 7 se rapportiamo il passato all’evoluzione nel suo insieme.

 

La nostra attività scientifico-spirituale non è che agli inizi, pur se ad essa ci dedichiamo ormai da anni. Oggi potevamo solo richiamare l’attenzione su ciò che hanno voluto dire quanti parlavano in passato del «numero interno» che sta alla base di tutti i fenomeni.

Vediamo dunque come l’uomo, per conquistarsi la sua libertà, abbia dovuto estraniarsi dal ritmo primordiale. Egli deve tuttavia ritrovare in se stesso le leggi per regolare l’“orologio”, il suo corpo astrale.

E il vero regolatore è la scienza dello spirito, perché la scienza dello spirito è in armonia con le grandi leggi del cosmo, che il veggente sa scrutare.

 

Il futuro, quale verrà costruito dall’uomo, mostrerà in relazione ai grandi rapporti numerici

le medesime caratteristiche del passato del cosmo, ma ad uno stadio superiore.

Perciò gli uomini, nel generare il futuro, dovranno trarlo da sé sulla base del numero,

così come, sulla base del numero, gli dèi hanno edificato il cosmo.

 

Ci rendiamo conto, quindi, di come la scienza dello spirito sia legata al grande corso dell’universo. Se arriviamo a distinguere chiaramente ciò che sta dietro l’uomo nel mondo spirituale, vale a dire il numero, il quattro e il sette, capiremo anche perché dobbiamo trovare in questo stesso mondo spirituale l’impulso che ci permetta di dare seguito a tutta quanta l’evoluzione dell’umanità, così come la conosciamo fino ad oggi. E comprenderemo perché, proprio in un’epoca nella quale tutta la vita interiore degli uomini, la vita del pensiero, del sentimento e della volontà, è sprofondata più che mai nel caos, proprio in un’epoca simile, quelle individualità cui spetta interpretare i segni del tempo dovevano additare all’uomo una saggezza che gli rende possibile edificare in rispondenza a una regola, dall’interno, la propria vita animica.

 

Noi impareremo a pensare in accordo con un ritmo interiore, com’è necessario che avvenga in vista del futuro, quando avremo accordato il nostro pensiero a questi rapporti fondamentali.

E l’uomo farà propria una parte sempre più estesa del cosmo dal quale proviene. Acquisirà, in un primo momento, quello che possiamo considerare il piano fondamentale di costruzione del cosmo. In seguito progredirà, e si sentirà compenetrato da certe forze fondamentali, e, infine, da entità fondamentali.

 

Tutto questo, oggi, è solo agli inizi. E noi avvertiremo l’importanza e il significato universale della missione antroposofica a condizione di non vedervi un atto arbitrario del tale o tal altro individuo, ma disponendoci a comprenderla sulla base di tutto l’impianto di fondo, l’impianto interiore della nostra esistenza.

Potremo allora arrivare al punto di dirci: non sta affatto in noi l’assumere o no questa missione antroposofica; invece, se vogliamo comprendere il nostro tempo, noi dobbiamo riconoscere i pensieri di quel mondo divino-spirituale che è alla base dell’antroposofia, e farcene compenetrare.

E dobbiamo poi far sì che, da noi, tutto ciò rifluisca nel mondo, affinché il nostro operare e il nostro essere non si riducano a un caos, ma divengano un cosmo, così come era un cosmo quello da cui siamo nati.