L’uomo porta in sé conoscenza pensante, sentire e volere.

O.O. 293 – Arte dell’educazione I° – Antropologia – 28.08.1919


 

L’uomo porta in sé conoscenza pensante, sentire e volere.

 

Nel bambino, nell’immagine animica che ci mostra,

abbiamo un’unione strettissima tra volere e sentire: essi sono intimamente connessi.

Quando il bimbo sgambetta, in quel momento i movimenti che fa con le gambe corrispondono esattamente al suo sentire;

egli non è in grado di tenere separati i suoi movimenti dal suo sentire.

 

• Diverso è il caso dell’anziano.

In lui sono strettamente uniti il conoscere pensante e il sentire;

mentre il volere si manifesta in certo modo autonomo.

 

Dunque la vita umana si svolge così che

• il sentire, che da prima è legato al volere, se ne svincola a poco a poco nel corso della vita.

• Appunto tale dissociazione tra sentire e volere occupa grandemente l’educatore.

• Più tardi il sentire, staccato dal volere, si congiunge col conoscere pensante;

ma questo lo si incontra più avanti nella vita.

 

Noi avremo preparato giustamente il bambino per la sua vita successiva,

solo se avremo favorito nel modo giusto il distacco del sentire dal volere;

in tal caso, in un’età più avanzata, divenuto adulto, l’essere umano, uomo o donna che sia,

potrà congiungere il proprio sentire liberato col conoscere pensante e affrontare la vita con energia.

 

Perché ascoltiamo volentieri il vecchio anche quando ci racconta le esperienze della sua vita? Perché nel corso della sua vita egli ha congiunto il sentire personale con le sue idee e i suoi concetti. Egli non ci narra teorie, bensì i sentimenti che ha potuto allacciare personalmente ai concetti e alle idee.

 

Perciò nel vecchio che abbia davvero congiunto il suo sentire con la conoscenza pensante,

le idee e i concetti risuonano pieni di calore e di realtà, in modo concreto e personale,

mentre nell’adulto (uomo o donna che sia) che sia rimasto fermo all’età di mezzo,

risuonano teorici, astratti, scientifici.

 

È appunto insito nella vita umana questo svolgimento delle facoltà dell’anima, per cui il volere senziente del bambino si tramuta nel pensare senziente del vegliardo. Tra l’uno e l’altro si svolge la vita umana, e potremo dare un’adeguata preparazione a questa vita solo se sappiamo tener presenti questi fatti psicologici.

 

Dobbiamo tener conto però che in ogni nostra osservazione del mondo vi è qualcosa che si presenta per primo, e tutte le psicologie lo descrivono come primo: la sensazione.

Ogni qualvolta uno dei nostri sensi entra in contatto col mondo circostante, si ha una sensazione. Sperimentiamo colori, suoni, calore, freddo. Così nasce la sensazione nel nostro rapporto di reciproco scambio con l’ambiente.

 

Il modo in cui la sensazione viene generalmente descritta dai testi di psicologia non ce ne trasmette una giusta rappresentazione. Vi è detto: fuori di noi, nel mondo, si svolge un certo processo fisico, avvengono vibrazioni nell’etere luminoso o nell’aria, le quali, venendo in contatto col nostro organo di senso, lo eccitano.

Allora si parla di «stimolo», e ci si slancia a formulare un termine, senza però volerlo portare a una vera comprensione, perché, attraverso l’organo di senso, lo stimolo suscita nella nostra anima la sensazione, del tutto qualitativa, che si produce attraverso il processo fisico, per esempio attraverso le onde dell’aria nel fenomeno auditivo. La psicologia e in genere la scienza attuale non sono in grado di dirci come ciò si produca. Presso gli psicologi questa è del resto cosa abituale.

 

Meglio che attraverso le considerazioni psicologiche, ci avvicineremo alla comprensione di questi fatti, studiando la natura delle sensazioni stesse e rispondendo alla domanda su quale delle forze animiche sia maggiormente affine alla sensazione. Gli psicologi attribuiscono la sensazione direttamente al conoscere, e dicono: anzitutto noi sentiamo, poi percepiamo, poi ci facciamo delle rappresentazioni, dei concetti, ecc. Così infatti il processo appare a tutta prima. Solo che non ci si rende conto di quale sia veramente l’essenza della sensazione.

 

Se invece, con un’adeguata auto-osservazione, si riconosce davvero che cosa sia la sensazione, ci si accorge ch’essa è di natura volitiva con inserzioni di sentimento. Essa dapprima non è affine alla conoscenza pensante, bensì al volere senziente, o al sentire volitivo. Non so quali delle psicologie correnti abbiano riconosciuto tale parentela della sensazione col sentire volitivo o volere senziente (e naturalmente è impossibile conoscere tutte le innumerevoli psicologie oggi esistenti).

Non è esatto affermare che la sensazione è affine alla volontà, poiché la sensazione è affine al sentire volitivo e al volere senziente. Dunque la sensazione, quale appare nell’uomo, è sentire volente, o volere senziente.

Possiamo quindi dire: dove esteriormente è estesa la sfera dei sensi (perché i sensi sono più verso l’esterno del nostro corpo), là vi è nell’uomo volere senziente, sentire volente.

 

In uno schema dell’uomo, possiamo dire (tenendo conto però che tutto è inteso schematicamente):

• alla superficie esterna dell’uomo abbiamo la sfera dei sensi dove si manifesta il sentire volente, il volere senziente (vedi disegno seguente).

Che cosa facciamo in quella sfera? Esercitiamo un’attività che è per metà di sogno e per metà di sonno;

potremmo anche chiamarla un dormire sognante, un sognare dormiente,

poiché noi non dormiamo soltanto di notte,

ma dormiamo continuamente, alla periferia, alla superficie esterna del nostro corpo;

infatti non penetriamo del tutto le sensazioni con la nostra conoscenza,

perché nelle regioni dove vivono le sensazioni, noi dormiamo sognando e sogniamo dormendo.

 

È la stessa ragione (ma gli psicologi non se ne accorgono) per cui, svegliandoci la mattina,

non siamo in grado di portare a chiara coscienza i nostri sogni.

 

Come vedete, i concetti del sonno e del sogno hanno ancora un ben altro significato da quello che attribuiamo loro nella vita ordinaria.

Di solito conosciamo il sonno soltanto in quanto sappiamo che la notte, quando ci corichiamo, ci addormentiamo.

 

Non sappiamo affatto che il sonno è molto più esteso di così

e che dormiamo continuamente anche alla superficie del nostro corpo;

solo che qui si mescolano continuamente al sonno dei sogni.

Questi «sogni» sono le impressioni sensorie, prima che l’intelletto e la conoscenza pensante le afferrino.

 

Nel bambino dobbiamo ricercare la sfera volitiva e senziente anche nei suoi sensi.

Perciò si richiede qui con tanta insistenza che, mentre educhiamo il bambino intellettualmente, si agisca continuamente anche sulla sua volontà perché, in tutto quello che il bambino deve percepire e guardare, vanno coltivati anche il volere e il sentire; altrimenti ci mettiamo in contraddizione col sentimento infantile.

 

Solo al vecchio, giunto al tramonto della vita, possiamo parlare in un modo che implichi una già avvenuta metamorfosi delle sensazioni. Nel vecchio anche la sensazione è già passata dal volere senziente al pensare senziente o sentire pensante. In lui la sensazione è divenuta qualcosa di diverso; le sensazioni hanno carattere di pensiero, e portano in sé maggiore pacatezza. Nel vecchio viene meno il carattere irrequieto del volere: le sensazioni si sono avvicinate al carattere dei concetti, delle idee.

 

Gli psicologi di solito non fanno questa distinzione sottile tra le sensazioni. Per loro sensazione è sensazione, si tratti di un bambino o di un vecchio. È una logica simile a quella che dicesse: la lama del rasoio è una lama; dunque serviamocene per tagliare la carne… poiché una lama è una lama!

 

Qui il concetto è preso dalla parola; ma non lo si dovrebbe fare mai:

il concetto dovrebbe sempre esser preso dai fatti.

 

Studiando la sensazione, scopriremmo

• che anch’essa è vivente,

• che percorre uno sviluppo durante la vita,

• che nel bambino ha piuttosto carattere volitivo,

• nel vecchio invece ha piuttosto carattere razionale e intellettuale.

 

Naturalmente è assai più facile far saltar fuori tutto dalle parole; perciò abbiamo tante definizioni che a volte fanno un effetto veramente terribile.

Una volta mi è capitato di ritrovarmi, dopo una lunga separazione, con un compagno di scuola. Avevamo fatto insieme la scuola elementare, dopo di che io ero andato alle tecniche e lui alle magistrali (e per di più a una scuola magistrale ungherese, ciò che negli anni ‘70 voleva dire qualcosa!), c’incontrammo dopo qualche anno e parlammo della luce. Io avevo già imparato ciò che insegnava allora la fisica regolare, cioè che la luce ha qualcosa a che fare con le vibrazioni dell’etere, ecc. Era qualcosa che si poteva per lo meno considerare come una causa della luce. Ma il mio antico compagno dichiarò: «Anche noi abbiamo imparato che cosa è la luce: la luce è la causa del vedere!». Un vero bisticcio di parole! Così i concetti diventano mere spiegazioni verbali. E possiamo figurarci che cosa venga dato agli allievi quando sappiamo che quella persona è poi chiamata a insegnare per lunghi anni in parecchie scuole, fino al giorno in cui va in pensione.

 

Dobbiamo staccarci dalle mere parole, per arrivare allo spirito delle cose,

cioè cercare i veri rapporti tra le cose che vogliamo comprendere.

 

Così perveniamo a un reale concetto di sensazione soltanto quando sappiamo che essa nasce nel bambino come sentire volente o volere senziente, ancora alla periferia del corpo, per il fatto che, rispetto all’interiorità dell’adulto, questa periferia dorme e insieme sogna.

Dunque

non solamente noi siamo pienamente svegli solo nella conoscenza pensante,

ma siamo pienamente svegli solo nell’interno del nostro corpo.

Alla periferia del corpo, alla sua superficie, dormiamo pure continuamente.

 

 

Inoltre, ciò che avviene intorno al corpo, o meglio, alla sua superficie, avviene in modo analogo anche nella testa, e tanto più fortemente quanto più penetriamo nell’interno, nei muscoli, nel sangue.

Là dentro di nuovo l’uomo dorme, e dormendo sogna. Alla superficie l’uomo dorme e sogna, e dorme e sogna anche a misura che ci inoltriamo verso l’interno. Dunque anche nel nostro interno, l’elemento dell’anima che è sentire volente e volere senziente, la nostra vita di desiderio, ecc., restano immersi in un sonno sognante.

E dove siamo dunque pienamente svegli? Nella zona intermedia, quando ci troviamo nella coscienza diurna.

 

Come vedete, partendo dal punto di vista spirituale, applichiamo i fatti della veglia e del sonno anche spazialmente al corpo dell’uomo, e diciamo: l’uomo, considerato dal punto di vista spirituale, è così: alla sua superficie e nei suoi organi interni dorme, e può essere totalmente sveglio, durante la vita tra la nascita e la morte, soltanto nella zona intermedia.

Quali organi sono maggiormente sviluppati in questa zona?

Quelli che chiamiamo nervi, il sistema nervoso (e specialmente nella testa).

 

Il sistema nervoso estende le sue propaggini da un lato fino alla superficie esterna, dall’altro si prolunga all’interno. Negli intervalli si trovano zone intermedie, come il cervello, soprattutto il midollo spinale, e anche il gran simpatico. Qui ci è data l’occasione d’essere veramente svegli. Dove i nervi sono più sviluppati, siamo maggiormente svegli.

 

Ma il sistema nervoso ha una singolare relazione con lo spirito. È un sistema di organi che, per il funzionamento del corpo, ha continuamente la tendenza a deperire e a mineralizzarsi. Se in un uomo vivente poteste isolare il sistema nervoso dai sistemi linfatico, muscolare, sanguigno e osseo (il sistema osseo potreste persino lasciarlo unito a quello nervoso), otterreste, già nell’uomo vivo, un cadavere, o almeno qualcosa che tende continuamente a divenire cadavere.

 

Nel sistema nervoso avviene il continuo morire dell’uomo.

È l’unico sistema che non ha alcuna relazione con l’animico-spirituale.

Il sangue, i muscoli, ecc., hanno sempre rapporti diretti con l’animico-spirituale.

Il sistema nervoso non ne ha di immediati; il solo rapporto con l’animico-spirituale consiste

nel suo continuo eliminarsi dall’organizzazione umana, nell’esserne assente, perché va continuamente morendo.

 

Gli altri sistemi «vivono», perciò formano relazioni dirette con l’animico-spirituale.

Il sistema nervoso muore in continuazione e sembra ripetere all’uomo:

«Puoi svilupparti perché non ti oppongo alcun ostacolo,

perché faccio in modo di non essere affatto presente con la mia vita».

 

Questa è la singolare situazione. La psicologia e la fisiologia insegnano che il sistema nervoso è quello che trasmette il pensare, il sentire e l’animico-spirituale in generale. Tramite che cosa può essere un organo di trasmissione? Solo perché si sottrae di continuo alla vita, non oppone ostacoli al pensare e al sentire, non stabilisce alcun rapporto con essi e lascia l’uomo vuoto rispetto all’animico-spirituale, là dove esso si trova.

 

Dal punto di vista animico-spirituale, dovunque ci siano nervi ci sono semplicemente spazi vuoti. Perciò l’animico-spirituale può penetrarvi. Dobbiamo essere grati al sistema nervoso di non occuparsi dell’animico-spirituale, di non fare tutto ciò che psicologi e fisiologi gli attribuiscono. Se lo facesse, se soltanto per cinque minuti i nervi eseguissero ciò che dovrebbero eseguire secondo fisiologi e psicologi, in quei cinque minuti noi non sapremmo più niente né del mondo né di noi stessi: dormiremmo. In tal caso i nervi farebbero appunto ciò che fanno gli organi che trasmettono il sonno, che trasmettono il volere senziente, il sentire volente.

 

È proprio così! Oggi ci troviamo davvero in difficoltà quando scopriamo che cosa sia verità in fatto di fisiologia e di psicologia, perché ci accusano di mettere il mondo sossopra. La verità è solo che il mondo è già sossopra, e che per mezzo della scienza dello spirito è necessario rimetterlo in piedi. I fisiologi dicono: gli organi del pensiero sono i nervi, e specialmente il cervello. La verità è che il cervello e i nervi hanno a che fare con la conoscenza pensante solo perché continuamente si escludono dall’organismo umano, e perché solo così si può sviluppare la conoscenza pensante.

Adesso osservate qualcosa molto esattamente  e concentrate per favore tutte le vostre forze intellettive.

 

Attorno all’uomo, dove è la sfera dei sensi, avvengono processi reali che s’inseriscono continuamente nel divenire del mondo. Supponiamo che la luce agisca sull’uomo attraverso l’occhio. Nell’occhio, vale a dire nella sfera dei sensi, avviene un processo reale, fisico-chimico. Questo continua nell’interno del corpo umano, e arriva pure fino a quella regione interna (v. tratteggio scuro nella figura) dove nuovamente hanno luogo processi fisico-chimici. Ora immaginate di stare di fronte a una superficie illuminata e che da quella raggi di luce vi colpiscano gli occhi. Anche qui si producono nuovamente fenomeni fisico-chimici che proseguono all’interno del corpo entro i sistemi muscolare e sanguigno.

In mezzo resta una zona vuota.

 

In questa zona lasciata vuota, giacché i nervi se ne ritirano,

non si sviluppano fenomeni indipendenti, come nell’occhio o nell’interno dell’uomo,

ma si continua ciò che è fuori: la natura della luce, la natura dei colori stessi, ecc.

 

Dunque, alla superficie del nostro corpo dove sono i sensi, abbiamo dei processi reali

che dipendono dall’occhio, dall’orecchio, dall’organo che accoglie il calore, ecc.

Processi simili ci sono pure nell’interno dell’uomo.

 

Ma non ce ne sono in mezzo, tra i due:

là dove veramente si estendono i nervi, si crea uno spazio libero;

e lì ci è possibile vivere in contatto con l’esterno.

 

L’occhio modifica per noi la luce e il colore;

ma là dove abbiamo i nostri nervi, si produce un vuoto rispetto alla vita,

e là colore e luce non si modificano, noi li sperimentiamo quali sono.

Solo nei riguardi della sfera dei sensi siamo separati dal mondo esterno,

ma all’interno viviamo i fenomeni esterni come in un involucro.

 

Lì diventiamo noi stessi luce, noi stessi suono;

lì i fenomeni stessi si dispiegano perché i nervi non oppongono loro alcuna resistenza,

come la oppongono invece il sangue e i muscoli.

 

Ora acquistiamo il senso di quale importanza abbia il fatto

che esista in noi, nei riguardi della vita, uno spazio vuoto nel quale siamo svegli,

mentre sogniamo dormendo e dormiamo sognando, sia alla superficie esterna, sia nell’interno.

Siamo completamente desti soltanto in un’unica zona giacente tra la periferia e l’interno.

Questo in rapporto allo spazio.

 

Però se guardiamo l’uomo dal punto di vista spirituale, dobbiamo mettere in relazione col vegliare, sognare e dormire anche l’elemento tempo.

Supponiamo di imparare qualche cosa. L’afferriamo in modo che penetra in quella parte di noi che è completamente sveglia; e finché ce ne occupiamo e ci pensiamo, resta in quella zona di completa veglia. Ma poi la vita ci prende, altre cose assorbono il nostro interesse e la nostra attenzione. Che cosa avviene allora di ciò che prima abbiamo studiato e che ha captato la nostra attenzione? Comincia ad «addormentarsi»; e se più tardi ce ne ricordiamo, si risveglia nuovamente.

 

Vi orienterete in tutte queste cose, solamente se al guazzabuglio di parole che trovate nei testi di psicologia su «memoria» e «oblio» sostituite i concetti reali.

 

Che cos’è il ricordare? È il risvegliarsi di un complesso di rappresentazioni.

E che cos’è il dimenticare? È l’addormentarsi di un complesso di rappresentazioni.

 

Qui vanno comparate realtà e reale esperienza, non abbiamo semplici spiegazioni verbali. Se ci applichiamo a osservare la veglia e il sonno, se sperimentiamo il nostro addormentarci o se guardiamo l’addormentarsi di un altro, abbiamo un processo reale. Riferiamo il dimenticare, vale a dire un’attività animica interiore, a quel processo reale (non a delle parole), li compariamo l’uno con l’altro, e ci diciamo: il «dimenticare» non è che un addormentarsi in un altro campo, e così il «ricordare» non è che un risvegliarsi in un altro campo.

 

Perverremo a una comprensione spirituale del mondo comparando tra loro delle realtà. Come dobbiamo comparare l’infanzia con la vecchiaia per capire veramente i rapporti tra il corpo e lo spirito, almeno nei primi rudimenti, così comprenderemo il ricordo e l’oblio riferendoli a qualcosa di reale, cioè all’addormentarsi e al risveglio.

 

Ecco ciò che diventerà infinitamente necessario per l’avvenire dell’umanità: penetrare nella realtà delle cose.

Oggi gli uomini pensano quasi esclusivamente a parole; non pensano in realtà.

 

Dove viene in mente a un uomo d’oggi la realtà che possiamo avere quando parliamo di ricordo, e cioè il risvegliare in sé una rappresentazione? Nell’ambito delle parole egli potrà sentire una folla di definizioni, ma non penserà ad attingere le idee dalla realtà delle cose stesse.

 

Perciò si può capire che gli uomini ritengano a tutta prima incomprensibile un’idea come quella della «tripartizione dell’organismo sociale», che è del tutto attinta dalla realtà e non da concetti astratti. Per la gente non ha alcun significato far derivare le cose dalla realtà. E meno di tutti fanno derivare le loro teorie dalla realtà per esempio i capi socialisti; essi rappresentano l’aspetto estremo, l’ultimo fenomeno decadente del significato della parola.

 

Gli uomini credono di capire moltissimo della realtà,

ma quando cominciano a parlare presentano i più vuoti involucri di sole parole.

 

Questa era soltanto un’osservazione marginale che però è legata con l’essenza delle correnti del nostro tempo. Ma chi si dedica alla pedagogia deve anche comprendere il tempo in cui vive, poiché ha da comprendere i bambini che in quest’epoca gli vengono affidati perché li educhi.