L’uomo può dire io soltanto a se stesso; nessuno può dire io ad un altro.

O.O. 104 – L’Apocalisse – 17.06.1908


 

Quando gli antichi iniziati volevano parlare del sommo essere che nel mondo dello spirito era loro accessibile, che appariva loro come l’origine primordiale di tutte le cose, allora, con diversi nomi, parlavano del Cristo Gesù. Ricordiamoci, ad esempio, dell’Antico Testamento, il quale pure è un preannunzio.

 

Ricordiamoci dell’incarico che Mosè ricevette quando egli dovette guidare il suo popolo:

« Dì al tuo popolo che il Signore Iddio ti disse quello che tu devi fare ».

E Mosè rispose: « Come mi crederà la gente? come li potrò convincere?

che cosa devo dire quando mi chiederanno: Chi ti ha mandato? ».

E gli vien dato l’incarico: « Dì che l’« io-sono » ti ha mandato ».

 

Si cerchi pure nel testo e si confronti: si vedrà di che cosa si tratta. Che cosa significa l’« io sono »?

• « Io sono » è il nome dell’entità divina, del principio cristico nell’uomo,

di quell’entità che l’uomo sente in sé come una goccia, come una scintilla,

allorché può dire a se stesso: « io sono ».

 

La pietra non può dire « io sono », né la pianta, né l’animale. L’uomo è la corona della creazione perché appunto può dire « io sono » a se stesso, perché può pronunciare un nome che per nessun altro può aver valore se non per colui che lo pronuncia. L’uomo può dire io soltanto a se stesso; nessuno può dire io ad un altro. In questa parola l’anima parla con se stessa, e là dentro può aver accesso soltanto un essere che non giunge all’anima per nessun senso esteriore, per nessuna via esteriore. Là parla Iddio. Per questo venne dato il nome « io sono » alla divinità che riempie tutto il mondo. « Dì che l’« io sono » ti ha mandato ». Così dovette dire Mosè al suo popolo.

 

Solo a poco a poco gli uomini imparano a comprendere il senso profondo dell’« io sono ». Gli uomini non cominciarono subito a sentirsi individui singoli. Ciò si ritrova anche nell’Antico Testamento. Gli uomini di allora non si sentivano ancora esseri singoli. Lo stesso si può dire dei membri delle tribù germaniche, ancora ai tempi della Chiesa cristiana. Pensiamo ai Cheruschi, ai Teutoni e alle varie tribù germaniche nel territorio dei quali si trova l’odierna Germania. Il singolo Cherusco sentiva piuttosto l’io della stirpe a cui apparteneva. L’individuo non avrebbe potuto dire « io sono » a se stesso, nettamente come oggi; egli si sentiva parte intrinseca dell’organismo che comprendeva tutti i suoi consanguinei.

 

Questa consanguineità abbraccia un campo vastissimo presso i seguaci dell’Antico Testamento. Il singolo individuo si trova al sicuro in grembo al popolo; il popolo è per lui dominato da un solo io. Egli sa che cosa significa: «Io e il padre Abramo siamo una cosa sola », perché può seguire le generazioni su su fino ad Abramo; quando vuole trascendere il suo io individuale, egli si sente in salvo in seno al padre Abramo, dal quale scorre giù per le generazioni il sangue ch’è veicolo esteriore del comune io del popolo.

 

Ora, se con quella sentenza che ha un altissimo significato per ogni seguace dell’Antico Testamento, confrontiamo ciò che dice in proposito Gesù Cristo, ne risulterà un lampo di luce che ci illuminerà tutto il progresso portato dall’evoluzione cristiana. « Prima che Abramo fosse era l’« io-sono », dice il Cristo. Che cosa significa: « Prima che Abramo fosse era l’« io-sono »? (questa è veramente la traduzione e l’interpretazione corretta di quel passo biblico).

 

Significa: percorrete a ritroso le generazioni, troverete in voi, nella vostra singola individualità qualche cosa di ancora più antico di ciò che scorre giù per le generazioni consanguinee. Prima degli avi, era l’« io sono »; quella entità che penetra in ogni essere umano, di cui ogni anima umana può avere in sé l’immediata coscienza. Non io e il padre Abramo, non io e il padre temporale, bensì io e il Padre spirituale che a nulla di caduco è legato; « io e il Padre siamo uno ».

 

Nel singolo uomo si trova il Padre, vive il principio divino che fu, che è, che sarà.

 

Trascorsi due millenni, gli uomini hanno appena cominciato a sentire la forza di questo impulso universale; ma in avvenire riconosceranno pienamente che cosa abbia significato per l’uomo questo salto nel corso della missione della terra e della sua evoluzione. Ciò che si poteva vedere soltanto sollevandosi al di sopra dell’esistenza individuale, al di sopra del singolo uomo, abbracciando lo spirito di tutta una stirpe, era quanto volevano raggiungere gli antichi iniziati.

 

Quando nel mondo comune un uomo sentiva questo, diceva: l’io che ha il suo inizio con la nascita e finisce con la morte è transitorio. Ma se veniva iniziato nei misteri, allora egli poteva percepire ciò che scorre attraverso il sangue delle generazioni, ciò ch’è una vera entità e che gli altri soltanto presentivano; vedeva lo spirito della stirpe. Egli poteva contemplare ciò ch’è visibile soltanto nel regno spirituale, ma non nella realtà esteriore: un dio che scorre attraverso il sangue delle generazioni. Ma soltanto nei misteri ci si poteva trovare spiritualmente a tu per tu con questa divinità.

 

Gli intimi discepoli che circondavano con piena comprensione il Cristo Gesù, ebbero coscienza che davanti a loro, chiusa in una personalità umana corporea, visibile ai sensi esterni, stava un’entità di natura divino-spirituale. Essi sentirono che il Cristo Gesù era il primo che in un singolo individuo umano racchiudesse uno spirito quale di solito lo sentivano in loro soltanto masse d’individui uniti, e che ordinariamente era visibile soltanto agli iniziati nel mondo spirituale. Egli era la primizia tra gli uomini.

 

•  Quanto più l’uomo s’individualizza, tanto più diventa portatore di amore.

•  Dove il sangue vincola insieme gli uomini,

essi amano soltanto perché vengono portati attraverso il sangue verso ciò che devono amare.

•  Quando viene assegnata all’uomo l’individualità, quando egli coltiva in sé la scintilla divina,

allora gli impulsi dell’amore, le onde dell’amore

devono liberamente, spontaneamente andare da un cuore all’altro, da un uomo all’altro.

•  Così l’uomo ha arricchito con questo nuovo impulso l’antico vincolo d’amore congiunto al sangue.

 

L’amore si trasforma a poco a poco nell’amore spirituale che scorre da un’anima all’altra,

e che alla fine abbraccerà l’umanità intera con un vincolo comune di amore fraterno universale.

•  E il Cristo Gesù è la forza — la forza vivente che si è manifestata nella storia, agli occhi fisici —

per la quale l’umanità è stata per la prima volta avviata alla fratellanza.

Gli uomini impareranno a considerare questo vincolo di amore fraterno come il cristianesimo perfetto, spiritualizzato.

 

Oggi si ripete facilmente che la teosofia deve ricercare il nucleo di verità unico di tutte le religioni, poiché tutte le religioni contengono le identiche cose. Gli uomini che dicono questo, e semplicemente paragonano tra loro le varie religioni per cercarvi ciò che in esse vi è di astrattamente identico, nulla comprendono del principio evolutivo. Non per nulla il mondo si evolve.

È verissimo: in ogni religione è contenuta la verità;

ma evolvendosi essa di forma in forma, si arriva a forme di sviluppo superiori.

 

Per la verità, si possono certamente — pur di investigare abbastanza a fondo — trovare anche in altre religioni le dottrine contenute nel cristianesimo. Il cristianesimo non ha portato nuove dottrine. Ma l’essenziale del cristianesimo non sta nelle dottrine. Prendiamo i fondatori di religioni precristiane: in essi l’importante è ciò che hanno insegnato. Fossero pure rimasti sconosciuti, le loro dottrine sarebbero sopravvissute. Ciò basterebbe all’umanità.

 

Nel Cristo Gesù l’importante non è questo: l’importante in lui è che egli sia esistito, ch’egli abbia vissuto in un corpo fisico su questa terra. L’essenziale non è la fede nella sua dottrina, bensì la fede nella sua personalità, l’aver constatato il fatto ch’egli è stato il primogenito tra i mortali di fronte al quale ci si può domandare: «Sentiresti tu pure come io sento, se tu ti trovassi nella mia posizione? penseresti tu pure come io penso? vorresti tu pure come io voglio?». Questo è l’importante, che come personalità egli è l’esempio supremo, che non basta ascoltarne le dottrine, ma occorre guardare a lui stesso e a come egli ha agito. Perciò gli intimi discepoli del Cristo Gesù parlano in modo del tutto diverso dai discepoli di altri fondatori di religione.

 

Questi dicono: il Signore ha insegnato questo o quello. Invece i discepoli del Cristo dicono : « Noi non vi predichiamo dottrine o miti escogitati; noi vi diciamo ciò che i nostri occhi hanno visto, che i nostri orecchi hanno udito. Noi abbiamo ascoltato la sua voce, le nostre mani hanno toccato la fonte della vita affinché noi avessimo comunione con voi ».

 

E Gesù Cristo stesso disse: « Voi mi sarete testimoni in Gerusalemme, in Giudea, sino alla fine del mondo ». Con queste parole: « Dovete essermi testimoni sino alla fine del mondo » è detta una cosa molto importante.

Ciò significa: sempre, in ogni tempo, vi saranno uomini che, come quelli di Giudea e di Galilea, potranno dire, per loro scienza immediata, chi fu il Cristo, nel senso del Vangelo.

 

Che cosa significa: nel senso del Vangelo? Nient’altro che questo: che dal primo inizio il Cristo fu il principio vivente in tutta la creazione. Egli stesso lo disse: « Se non credete in me, credete almeno in Mosè, poiché se credete in Mosè allora crederete anche in me, perché Mosè ha parlato di me ». Abbiamo già veduto oggi che Mosè parlò appunto di lui quando disse: l’« io-sono » mi ha mandato, l’« io-sono » che però fino allora era stato soltanto spiritualmente percepibile.

 

Che il Cristo sia apparso nel mondo visibilmente, come uomo in mezzo agli altri uomini, ecco ciò che differenzia il Vangelo del Cristo dalle rivelazioni divine delle altre religioni. Perché in queste tutta la saggezza spirituale era diretta a cose collocate fuori del mondo; ora invece col Cristo Gesù venne nel mondo qualcosa che doveva esser compreso come fenomeno sensibile. Che cosa sentirono i primi discepoli come l’ideale della loro saggezza? Non più soltanto il comprendere come vivano gli esseri spirituali nella sfera spirituale, bensì come il sommo principio sia potuto esistere sulla terra nella personalità storica del Cristo Gesù.

 

È molto più facile negare la divinità di quella personalità che sentire così. In ciò consiste la differenza fra un certo insegnamento dei primi tempi del cristianesimo e quel che si chiama cristianesimo intimo, fra la gnosi e il cristianesimo esoterico. La gnosi riconosce bensì il Cristo nella sua divinità, ma non potè mai spiccare il volo fino alla concezione che il « Verbo si è fatto carne e ha dimorato tra noi », come afferma l’autore del Vangelo di Giovanni. Egli dice: voi non dovete soltanto considerare il Cristo Gesù come un essere comprensibile puramente nell’invisibile, bensì come la Parola ch’è diventata carne e ha dimorato tra noi.

 

Dovete sapere che con questa personalità umana è apparsa una forza che agirà fin nel più lontano avvenire, intessendo intorno alla terra l’amore vero, l’amore spirituale come una forza che vive ed agisce in tutto ciò che tende all’avvenire. E se l’uomo si dà a questa forza, allora egli cresce e penetra entro il mondo spirituale dal quale è disceso. Risalirà ,fino a quelle regioni celesti che già oggi l’iniziato può contemplare. L’uomo deporrà il corporeo allorché penetrerà nel mondo spirituale.

 

Come il discepolo che veniva iniziato nei tempi antichi poteva gettare uno sguardo retrospettivo al passato della vita spirituale, così coloro che vengono iniziati nel senso cristiano ricevono, per la partecipazione agli impulsi del Cristo Gesù, la facoltà di vedere che cosa diverrà il nostro mondo terreno in avvenire, se gli uomini agiranno nel senso dell’impulso del Cristo. Come si può guardare agli stati antecedenti, così, partendo dall’avvento del Cristo, si può gettare lo sguardo al più lontano avvenire. Si può dire: così la coscienza tornerà a modificarsi, così verrà a trovarsi l’uomo nei rapporti del mondo spirituale col mondo dei sensi.

 

• Mentre l’iniziazione precedente era un’iniziazione nel passato, nella saggezza primordiale,

l’iniziazione cristiana mira a rivelare l’avvenire.

•  È necessario che l’uomo non venga iniziato soltanto per la sua saggezza e per il suo sentimento,

ma ch’egli venga iniziato per la sua volontà.

•  Perché, con l’indicarsi gli scopi per l’avvenire, egli saprà che cosa deve fare.

 

L’uomo ordinario che vive la vita dei sensi si pone degli scopi per il pomeriggio, per la sera, per la mattina;

l’uomo spirituale può, partendo dai principi spirituali,

segnarsi mete lontane che infiammano la sua volontà e vivificano le sue forze.

•  Segnare in tal modo gli scopi all’umanità

significa, nel vero ed alto senso, nel senso del principio cristiano originario, afferrare il cristianesimo esotericamente.

 

Così l’intese colui che scrisse il grande principio dell’iniziazione della volontà, colui che scrisse l’Apocalisse.

Mal s’intende l’Apocalisse se non la si comprende come impulso dinamico per l’avvenire, per l’azione.

 

Tutto ciò che oggi abbiamo detto è da comprendersi per mezzo dell’antroposofia. Ho potuto darne oggi solo uno schizzo. Quando, per mezzo della scienza dello spirito, si comprende ciò che si nasconde dietro al mondo dei sensi, si può intendere pure ciò ch’è stato annunziato nei Vangeli e nell’Apocalisse. E quanto più si penetra e ci si approfondisce nei mondi soprasensibili, tanto maggiori profondità si troveranno nei documenti cristiani. Tanto maggior splendore di luce, tanto più profondo contenuto e sostanza troviamo nelle sacre scritture cristiane, allorché ci accostiamo ad esse resi più acuti dalla visione spirituale acquistata per mezzo dell’antroposofia.

 

È vero: l’animo più semplice può presentire quali verità contenga il cristianesimo. Ma non sempre la coscienza potrà contentarsi di presentire; essa si svilupperà maggiormente, e vorrà sapere, vorrà conoscere. Ma anche quando essa si eleverà alle più alte verità, vi saranno sempre ancora nel cristianesimo profondi segreti. Esso è fatto per l’anima più semplice, ma anche per l’intellettualità sviluppata al massimo grado. L’iniziato lo rivive in immagini.

 

Perciò la coscienza ingenua può presentire quali verità vi si nascondano; ma l’uomo chiederà un giorno la conoscenza e non il credere; e anche allora troverà soddisfazione nel cristianesimo. Egli potrà scoprire nel cristianesimo tutto il suo contenuto appagatore allorché la scienza dello spirito gli darà la spiegazione dei Vangeli. Perciò la scienza dello spirito prenderà il posto anche delle somme filosofie antiche. Essa testimonierà della bella sentenza di Hegel da noi citata in principio: il pensiero più profondo è legato con la figura storica ed esteriore del Cristo.

 

La grandezza della religione cristiana consiste nel fatto che ogni grado di coscienza può comprenderla nella sua esteriorità, ma che in pari tempo essa invita all’intimo lavoro dello spirito, alla penetrazione più profonda. La religione cristiana è comprensibile a qualsiasi livello di cultura, e in pari tempo soddisfa le più profonde esigenze.