L’uomo può risvegliare in sé la forza del Cristo necessaria a conquistare la coscienza del mondo spirituale attraverso ciò che dice la nuova scienza dello spirito

O.O. 136 – Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – 02.09.1912


 

In quel che facciamo ogni giorno siamo sotto l’influsso delle forze verso cui, solo come a un loro simbolo, leviamo lo sguardo pieni di meraviglia quando guardiamo le stelle. Solo chi è in grado di guardare le stelle nel giusto modo sa che in realtà gli astri che dal cosmo irraggiano verso di noi sono da considerare solo come segni di una scrittura dell’universo, dell’universale accadere dello spirito che vive in noi e di cui noi siamo immagine.

In un’antica capacità chiaroveggente atavico-istintiva, l’umanità di un tempo ebbe una visione di tutto questo, che però gradualmente si spense.

 

L’uomo non avrebbe potuto divenire libero

se avesse conservato questa antica visione, ed essa si oscurò in lui.

Per questo nella vita della terra entrò il mistero del Golgota.

 

Un alto essere della popolazione solare non ha potuto portare direttamente agli uomini

la coscienza di quel che accade nel mondo delle stelle, ma le forze per conquistare a poco a poco tale coscienza.

Avvenne dunque che all’inizio, ancora al tempo in cui accadeva il mistero del Golgota,

questo venisse compreso attraverso un’antica saggezza gnostica tramandata

che però andò perduta, scomparve già nel IV secolo dopo Cristo.

 

Rimase la FORZA che grazie al Cristo era giunta sulla terra,

e l’uomo la può RISVEGLIARE IN SÉ se solamente apre il proprio sguardo al mondo spirituale

ATTRAVERSO ciò che dice la nuova SCIENZA DELLO SPIRITO.

Con questo sguardo verso il mondo spirituale, l’umanità nuova troverà molti impulsi.

 

È davvero singolare come uomini che oggi hanno conservato ancora qualcosa di quell’antica saggezza istintiva – che non è più adatta al nostro tempo, non lo è nel senso migliore della parola, proprio perché una saggezza cosciente ne deve prendere il posto – uomini del lontano Oriente che nelle più diverse regioni dell’Asia ne hanno conservato delle tracce, che là sono i sapienti, i maestri, in realtà guardano all’Europa e all’America con un certo disprezzo. Essi sono convinti che, pur nell’attuale fase di decadenza, la loro antica, originaria sapienza asiatica, oppure in realtà i brandelli, i resti di essa siano comunque meglio di tutto ciò che rende tanto orgogliosa la civiltà occidentale. Ed è perlomeno interessante che sia stato pubblicato un libro come quello di un indiano di Ceylon The culture of thè soul among western nations.

 

In questo libro un Indiano osa dire agli Europei:

• «Fin dal medioevo è morto il vostro sapere intorno al Cristo. Non avete più nessuna reale conoscenza di Lui; infatti solo chi è in grado di guardare nel mondo spirituale può avere tale conoscenza. Dovete quindi chiamare presso di voi maestri dall’India e dall’Asia perché vi insegnino il cristianesimo».

In questo libro si può leggere come un indiano di Ceylon dica agli Europei: «Lasciate che dall’Asia vengano a voi maestri che possano dirvi che cos’è realmente il Cristo. I vostri maestri in Europa non lo sanno più. Dalla fine del medioevo, avete perduto la conoscenza di Cristo».

 

L’importante è che davvero Europei e Americani

trovino in sé il coraggio di guardare di nuovo nel mondo spirituale

in cui ritroveranno anche la conoscenza di Cristo, la sapienza di Cristo,

perché Egli è l’essere che dai mondi spirituali è disceso nell’esistenza terrena

e che può venir compreso nella sua vera intima essenza solo a partire dallo spirito.

 

Per questo è indispensabile che si impari realmente a concepire se stessi

come un’immagine, qui sulla terra, di entità spirituali e di spirituali attività.

 

Vi si riuscirà nel modo migliore compenetrandosi giustamente di idee

quali ho portato all’inizio delle mie considerazioni di oggi,

che cioè l’uomo in fondo quando guarda alle sue esperienze trascorse vede un punto vuoto

e diviene cosciente che il suo io non è mai disceso dal mondo spirituale,

che egli nel mondo fisico è solo immagine perché il suo io non è nel mondo fisico.

In un certo senso, nel tempo egli vede un buco che gli appare oscuro: è ciò a cui dice io.

 

Ed è proprio necessario divenire coscienti di questo sommo, importantissimo fatto,

che quando ci si ricorda riandando alla propria vita trascorsa, ci si deve dire:

“Sì, nel ricordo vedo le mie esperienze diurne, ma in un punto vi è la tenebra, come in uno squarcio:

è quel che nella mia coscienza abituale chiamo io”.

 

Però vi è ancora dell’altro che deve giungere a coscienza. Ho tentato di riassumerlo in parole che nel nostro tempo ognuno può inscrivere nell’anima come cammino meditativo verso il raggiungimento dell’io, risvegliandole in sé sempre e di nuovo: Guardo nella tenebra: vi appare una luce, luce che vive.

 

Chi è quella luce nella tenebra?

Sono io stesso nella mia realtà.

Questa realtà dell’io non entra nella mia esistenza terrena e ne sono solo l’immagine.

Ma la ritroverò di nuovo quando passerò la porta della morte con volontà dedita allo spirito.

 

Ponendoci ogni volta di nuovo nelle parole di questa meditazione, noi possiamo stare davanti alla tenebra ed aver chiaro come sulla terra siamo in realtà solo l’immagine di ciò che del nostro vero essere non è mai sceso nell’esistenza terrena, come però, grazie a una volontà dedita allo spirito, da quella tenebra possa sorgere una luce di cui dovremmo dirci: questa luce siamo noi stessi nella nostra realtà.