«Male» e «cattivo» secondo la dottrina di Zaratustra

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 02.09.1910


 

Nelle regioni nelle quali in tempi antichissimi operò Zaratustra, o Zoroastro,

fiorì una concezione del mondo ricca di elementi molto significativi.

 

Basta formulare alcune sentenze tratte dalla dottrina dello Zaratustra più antico, per mettere in luce le basi profonde dell’intera concezione del mondo postatlantico.

Anche la storiografia ordinaria ci dice che la dottrina di cui Zaratustra fu un esponente, prende le mosse da due princìpi: il principio di Ormazd, l’essere buono e luminoso, e quello di Arimane, l’essere cattivo e tenebroso.

D’altra parte anche nella esposizione usuale di questo sistema religioso si sottolinea al tempo stesso che quei due princìpi, Ormazd o Ahura Mazdao e Arimane, fanno capo a un principio comune, detto Zeruane Akarene.

 

Che cos’è questo principio originario e unitario, dal quale discendono poi i due opposti princìpi che si combattono reciprocamente nel mondo?

Di solito il nome di Zeruane Akarene viene tradotto come «il tempo increato».

Si può dunque affermare che la dottrina di Zaratustra riconduce, in ultima istanza, a un principio originario nel quale possiamo identificare il quieto fluire del tempo nel divenire universale.

 

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Ora, per lo zaratustrismo dal tempo scaturiscono a loro volta due princìpi:

• un principio buono, luminoso che abbiamo già caratterizzato come quello di Ormazd,

• e un principio cattivo, o tenebroso, il principio di Arimane.

Tale concezione paleo-persiana si fonda sopra una realtà estremamente importante:

cioè che tutto quanto può essere definito (secondo la sua immagine fisica)

come oscuro, tenebroso, in origine non è qualcosa di tenebroso.

 

Ho già ricordato che per il pensiero paleo-persiano ad esempio il lupo (che in certo senso rappresenta qualcosa di cattivo, in cui opera il principio arimanico) va considerato come un essere decaduto, in quanto abbandonato a se stesso e lasciato preda al principio arimanico, un essere cioè derivato per degenerazione da qualcosa che dobbiamo considerare originariamente partecipe del bene.

 

Secondo la concezione paleo-persiana o proto-ariana, alla base di ogni divenire si trova quanto segue:

il male, il cattivo deriva dal fatto

che qualcosa che in passato era esistito in una forma buona per quell’epoca,

invece di trasformarsi, di progredire, abbia conservato in un’epoca successiva

la forma ch’era stata adeguata al tempo precedente.

 

La concezione paleopersiana riconduce tutto il male semplicemente al fatto che

la figura di un essere ch’era stata buona in un’epoca passata sia rimasta la stessa,

invece di trasformarsi adeguatamente, in un’epoca successiva.

 

La lotta fra il bene e il male scaturisce appunto dal conflitto

tra una tale forma sostanziale sopravvissuta dal passato e quello che invece è progredito: vale a dire

fra qualcosa che possiede la propria giusta configurazione nel presente

e ciò che conserva nel presente la sua configurazione antica.

 

Il male non è quindi un male assoluto, ma piuttosto un bene spostato,

qualcosa ch’era stato un bene in passato.

• Visto in questo modo, il male del tempo di oggi appare

come un evento che ha conservato nel presente una condizione del passato.

Dove invece il prima e il dopo non sono ancora in reciproca lotta,

fluisce ancora il tempo indiviso, non ancora distinto realmente nei suoi momenti singoli.

 

Questa concezione, che si trova nello zaratustrismo a fondamento d’una delle prime civiltà postatlantiche, è piena di un profondo significato: la possiamo considerare come il principio fondamentale dello zaratustrismo che racchiude in sé quello che nella conferenza precedente abbiamo messo in rilievo e che emerge così spiccatamente proprio presso i popoli che accolsero le dottrine di Zaratustra.

 

In tali popoli vediamo affermarsi il riconoscimento della necessità che quei due momenti emergenti dall’originario fluire indifferenziato del tempo, si affrontino entro il tempo stesso, per poi venir superati, appunto nel corso del tempo.

Vediamo la necessità che sorga il nuovo e che il vecchio rimanga conservato, e che nel compenso fra il vecchio e il nuovo venga a poco a poco raggiunta la meta finale del mondo, in particolare quella della Terra.

 

Tale concezione sta però alla base di qualsiasi ulteriore sviluppo derivato dallo zaratustrismo; questo operò, dopo essersi affermato dapprima nelle regioni menzionate, ovunque si affermassero i suoi princìpi, e vedremo fra poco con quale immensa energia esso abbia agito in tutti i tempi successivi. Il suo impulso consistette appunto nell’instillare in ogni campo il contrasto fra il vecchio e il nuovo. E la sua azione è stata profonda.