Manu – Melchisedech

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 04.09.1910


 

Dalle considerazioni fatte sinora risulta chiara la profonda differenza

• fra la conoscenza del mondo spirituale coltivata in ogni tempo

• e il modo di conoscere il mondo divino-spirituale al quale aspirava il popolo ebraico,

proprio per effetto della sua particolare costituzione e organizzazione fisica.

 

È stato accennato al fatto che quel popolo ricevette già nel suo capostipite Abramo

un’organizzazione corporea speciale,

consistente nell’inserimento entro la compagine fisica di un organo,

di uno strumento atto a innalzare l’uomo, per quanto possibile,

attraverso la conoscenza sensibile fino a una conoscenza,

e non solo fino a un vago sentimento, del divino-spirituale.

 

Una conoscenza del divino-spirituale è esistita in ogni tempo e ovunque,

ma essa veniva conseguita per la via dell’iniziazione nei misteri.

Da questa conoscenza raggiungibile mediante uno sviluppo umano particolare, per così dire in modo artificiale,

dobbiamo distinguere un altro tipo di conoscenza del mondo spirituale che è normale per una data epoca

e si manifesta come missione particolare di un certo tempo.

 

Così per l’antica epoca atlantica possiamo considerare normale

una percezione chiaroveggente astrale della sfera divino-spirituale.

Per l’epoca in cui fiorì il popolo ebraico, invece, la conoscenza normale,

vale a dire esteriore, exoterica, del mondo spirituale,

è quella che scaturisce dall’uso di un organo fisico particolare

e mediante la forza di conoscenza legata a tale organo.

 

Si è già detto come il popolo di Abramo giungesse a quella conoscenza,

sentendo intimamente fusa la propria interiorità con l’esistenza divina.

• Grazie a quel particolare organo fisico era dunque divenuta possibile una conoscenza interiore,

una comprensione del divino afferrata nell’intimo del proprio essere umano.

 

Sennonché una tale comprensione interiore della sfera divino-spirituale non potè realizzarsi da un momento all’altro; il singolo individuo non potè subito dire a se stesso: io m’immergo nel mio intimo, cercando di afferrarlo nel modo più profondo che mi sia possibile, ed ecco vi trovo la goccia dell’esistenza divina che mi può conferire la conoscenza della natura dell’elemento divino che compenetra anche il mondo esterno.

 

Non subito si potè giungere a tanto.

A tanto si potè pervenire solo mediante l’apparizione,

la manifestazione del Cristo entro l’evoluzione umana.

 

Per il popolo ebraico antico esisteva solo la possibilità di sperimentare il divino entro lo spirito del popolo,

in quanto il singolo si sentiva un membro del popolo tutto, più che un’individualità singola.

• In quanto si sentiva nel suo sangue come un anello della serie delle generazioni,

egli sentiva vivere la coscienza del Dio, la coscienza di Jahvé entro la coscienza di appartenere a quel popolo.

 

Volendo dunque esprimersi adeguatamente, secondo la scienza dello spirito,

non si dovrebbe definire Jahvé come il Dio di Abramo.

Sarebbe una definizione imprecisa.

 

Bisogna dire invece: egli è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe;

è l’entità che trapassa dall’una all’altra generazione e si manifesta attraverso gli individui singoli

come coscienza di appartenere a quel dato popolo.

 

In questo consiste la differenza e il grande progresso

• fra la conoscenza esplicata da Abramo, da Isacco e da Giacobbe

• e la conoscenza cristiana: questa afferra entro la singola individualità umana

quello a cui la conoscenza ebraica antica poteva giungere soltanto

immergendosi nello spirito del popolo,

in quello spirito che si perpetuava attraverso il sangue delle generazioni.

 

Abramo poteva dire: mi è stato promesso di essere il fondatore di un popolo

che si propagherà attraverso le generazioni successive,

e nel suo sangue vivrà il Dio che noi riconosciamo come l’ente supremo:

egli si manifesterà a voi nella coscienza del nostro popolo.

Questa condizione divenne normale per i suoi discendenti.

 

In tutti i tempi però esiste una conoscenza superiore della sfera divino-spirituale: quella che si consegue nei misteri, e che non è dipendente dalle altre particolari forme di conoscenza.

Al tempo dell’antica civiltà atlantica si poteva percepire il fondo divino-spirituale dell’esistenza mediante una certa chiaroveggenza eterico-astrale; si poteva sviluppare la propria interiorità e giungere alla conoscenza conferita dai misteri o dagli oracoli.

 

E anche nel tempo in cui era normale il modo di conoscere degli Ebrei, in certe sedi era possibile conseguire la conoscenza del divino stando fuori del corpo, e non entro il corpo, come avveniva per gli abramiti. Era cioè possibile ascendere al divino-spirituale dal punto di vista di ciò che è eterno, sollevando la parte eterna dell’uomo fino alla visione del divino-spirituale.

Ad Abramo invece occorreva qualcosa d’altro.

 

Egli apprese a conoscere il divino-spirituale nel suo modo del tutto speciale, valendosi di un organo fisico, mediante una conoscenza fisica.

Per questa via egli imparò a conoscere il Dio che guida il mondo. Volendosi porre in modo vivo e reale entro il cammino percorso dall’evoluzione generale, fu per lui infinitamente importante l’apprendere che il Dio che si manifesta nella coscienza del popolo è quello stesso che veniva riconosciuto come divinità creatrice nei misteri di tutti i tempi.

 

Abramo dovette dunque poter identificare il suo Dio col Dio dei misteri.

Questo fu possibile soltanto con una determinata premessa, grazie alla quale egli dovette acquistare la certezza che nella coscienza del popolo parlano le medesime forze che in un modo più elevato parlano nei misteri. Per poter renderci conto di questa certezza che Abramo doveva acquistare, occorre tener presente un dato di fatto dell’evoluzione dell’umanità.

 

Come è menzionato nella mia Scienza occulta, nell’antica Atlantide esistettero degli iniziati, che lì venivano chiamati sacerdoti degli oracoli; ma non è la denominazione quella che conta. Ho ricordato in quella sede che uno di quei grandi iniziati era il capo di tutti gli oracoli atlantici, l’iniziato solare, in contrapposizione agli altri oracoli atlantici subordinati che riunivano gli iniziati di Mercurio, di Marte, di Giove ecc. Ho pure messo in evidenza che quel grande iniziato, capo dell’oracolo solare, fu la guida dell’importante colonia di civilizzazione che si mosse da occidente a oriente, dall’Atlantide verso il centro dell’Asia, e che da qui irraggiò più tardi le civiltà postatlantiche.

 

Quel grande iniziato si ritirò in misteriose sedi nell’interno dell’Asia e per prima cosa preparò alla loro missione i grandi saggi che sono chiamati i santi risci, guide della civiltà paleo-indiana. Fu quel medesimo massimo e misterioso iniziato a conferire l’iniziazione a Zaratustra, o Zoroastro.

 

Va tuttavia notato che differenti furono le iniziazioni conferite ai risci indiani da quella conferita a Zaratustra, in relazione con la diversità delle loro rispettive missioni. Ai risci fu data un’iniziazione che permise loro di esprimere i massimi segreti dell’esistenza quasi per forza propria, mediante l’ulteriore sviluppo della loro interiorità. In tal modo essi divennero le grandi guide, i maestri dell’antichissima civiltà indiana prevedica. Nel loro caso si trattava di qualcosa che veniva acquisito in modo per così dire artificiale, ma per certi versi era ancora simile all’antica chiaroveggenza atlantica, distribuita però separatamente fra i singoli risci.

 

Ognuno di questi dominava una determinata sfera e aveva la sua particolare missione, come ai tempi atlantici aveva la sua specifica missione ogni singolo oracolo. E quando ciascuno dei sette risci esprimeva quello che conosceva della saggezza primordiale, era come se parlassero collegialmente. Tutta la loro sapienza proveniva dal grande iniziato solare che l’aveva trasferita dall’Atlantide verso levante e l’aveva comunicata in modi particolari a coloro che dovevano divenire i portatori della civiltà postatlantica. A Zaratustra invece egli la comunicò in modo diverso, sì che egli potè parlare al modo che ho già indicato.

 

Dicevano i risci: per poter giungere alla sommità del divino-spirituale, occorre considerare come maya o illusione tutto quanto si manifesta ai sensi nel mondo esterno. Da tutto questo bisogna distogliere lo sguardo, per immergerlo nell’interiorità: allora si schiude un mondo diverso.

La dottrina dei risci si fondava dunque sulla astrazione dal mondo illusorio della maya, e sullo sviluppo dell’interiorità umana per ascendere alle sfere divino-spirituali.

 

Diverso era l’insegnamento di Zaratustra; egli non distoglieva lo sguardo da quanto si manifesta esteriormente. Non diceva che l’esteriorità è maya, è illusione dalla quale dobbiamo distoglierci, bensì che essa è la manifestazione, la veste reale dell’esistenza divino-spirituale. Non dobbiamo trascurarla, ma al contrario dobbiamo imparare a conoscerla. Nel corpo di luce del Sole dobbiamo scorgere il tessuto esterno nel quale vive ed opera Ahura Mazdao.

 

In un certo senso il punto di vista di Zaratustra era dunque l’opposto di quello dei risci antichi. La civiltà che è succeduta a quella indiana ebbe proprio il significato di voler imprimere al mondo esterno le conquiste fatte dagli uomini mediante la loro attività spirituale.

 

Abbiamo veduto pure come Zaratustra abbia trasmesso a Mosè e ad Ermete nel modo descritto quanto di meglio potesse offrire. Perché la saggezza mosaica potesse fruttificare nel giusto modo, fu necessario che essa fosse immersa come un seme entro il popolo discendente da Abramo, perché Abramo fu il primo a possedere l’organo adatto ad acquistare la coscienza di Jahve.

 

D’altra parte egli dovette apprendere che il Dio che si poteva manifestare nella sua interiorità grazie alle forze di conoscenza fisiche, parlava con la stessa voce dell’eterno Dio dei misteri, del Dio che compenetra ogni cosa: solo che nell’interiorità si manifestava in un modo limitato, tale che Abramo fosse in grado di riconoscerlo.

 

Un’entità tanto elevata come quella del grande iniziato solare dell’Atlantide non poteva parlare in una forma direttamente e senz’altro comprensibile a chiunque avesse una data missione particolare, in un’epoca qualsiasi.

Quel massimo iniziato solare conduce un’esistenza eterna nella sua individualità, e per accennarne il carattere eterno si diceva con ragione che non era possibile citarne né il nome, né l’età, né il padre, né la madre.

 

Una tale altissima guida dell’umanità può manifestarsi solamente

assumendo certi caratteri per cui diventa affine a colui al quale vuole rivelarsi.

Per poter dare ad Abramo l’insegnamento di cui questi aveva bisogno, il maestro dei risci, il maestro di Zaratustra

assunse una figura dotata del corpo eterico ch’era stato di Sem, il figlio di Noè e antenato di Abramo.

 

• Il corpo eterico di Sem era stato conservato, come più tardi fu conservato per Mosè il corpo eterico di Zaratustra;

e di esso si valse il grande iniziato del mistero solare,

per potersi manifestare ad Abramo in modo intelligibile.

• L’incontro di Abramo col grande iniziato solare è quello che l’Antico Testamento (Genesi 14,18) ci descrive

come l’incontro di Abramo col re Melchisedech, sacerdote dell’Altissimo.

• Quell’incontro di Abramo col grande iniziato solare ebbe un’importanza universale, immensa;

e per non confondere Abramo, Melchisedech assunse il corpo eterico di Sem, del capostipite della stirpe semita.

 

La Bibbia accenna in modo significativo a un fatto che purtroppo di solito non è ben compreso,

cioè alla provenienza di quanto Melchisedech è in condizione di offrire ad Abramo.

Che cosa può offrirgli infatti?

 

Il segreto dell’esistenza solare che Abramo naturalmente può comprendere solo nel modo a lui conforme: è quel medesimo mistero solare che sta a fondamento della rivelazione di Zaratustra e che Zaratustra per primo accennò profeticamente.

 

Teniamo in mente che Zaratustra rivelò ai suoi discepoli prediletti la presenza spirituale di Ahura Mazdao dietro al corpo di luce del Sole. Egli insegnava loro che là, dietro la luce fisica del Sole, si trova qualcosa che non poteva ancora congiungersi con la Terra, a quel tempo, ma che un giorno si sarebbe invece effuso entro l’evoluzione terrestre e sarebbe disceso sulla Terra.

 

Se riconosciamo che Zaratustra non potè al suo tempo che annunciare profeticamente lo spirito del Sole, il Cristo, di cui disse che sarebbe un giorno apparso in un corpo umano, potremo comprendere che profondità ancora maggiori di quel mistero solare dovettero venir rivelate all’uomo destinato a preparare per più tardi l’incarnazione del Cristo sulla Terra.

 

Questo si realizzò mediante l’influsso che il maestro stesso di Zaratustra esercitò su Abramo, durante quell’incontro, influsso proveniente dalla medesima fonte da cui scaturì più tardi l’influsso del Cristo stesso.

 

La Bibbia vi accenna simbolicamente, là dove dice che mentre Abramo gli va incontro,

Melchisedech, il re di Salem e sacerdote del sommo fra gli dèi, gli offre pane e vino.

• Anche più tardi vennero offerti «pane e vino»: quando per mezzo del pane e del vino

il mistero del Cristo dovette essere espresso per i suoi discepoli mediante l’istituzione dell’eucarestia.

 

Sottolineando in modo tanto significativo l’identità dell’offerta, si accenna all’identità della fonte alla quale attingono da un lato Melchisedech, dall’altro il Cristo.

 

Indirettamente, per tramite di Melchisedech, doveva dunque esplicarsi un influsso da parte di ciò che più tardi era destinato a discendere sulla Terra. Quell’influsso doveva essere esercitato su Abramo, il grande preparatore del futuro evento.

 

Per effetto dell’incontro con Melchisedech, Abramo potè sentire che la spiritualità da cui si sentiva mosso e che egli invocava col nome di Jahvé, era quanto di più alto egli potesse concepire; e proveniva dalla stessa fonte da cui scaturiva anche la coscienza che l’iniziato, attraverso le sfere più alte del sapere terreno, aveva del Dio supremo che compenetra e vivifica l’universo.

Questa fu la consapevolezza che Abramo potè coltivare dopo quell’incontro.

 

Ma di un’altra cosa egli divenne cosciente: che ormai attraverso il sangue delle generazioni che da lui discenderanno, si trasmetterà qualcosa che poteva paragonarsi in realtà solo con le esperienze che si fanno nei misteri, quando lo sguardo chiaroveggente spazia sui segreti dell’esistenza e comprende il linguaggio dell’universo.