Meditare nel pensare, nel sentire e nel volere

O.O. 152 – Verso il mistero del Golgota – 01.05.1913


 

Sforziamoci ora di sviluppare la meditazione, dedicandoci, ad esempio, alla seguente considerazione:

la saggezza vive nella luce.

 

Quest’idea non può derivare da impressioni sensorie, poiché, secondo i sensi esteriori, non è possibile ammettere che la saggezza viva nella luce.

Scelta una considerazione come questa, procediamo nella meditazione trattenendo il pensiero quel tanto che ne impedisca il congiungimento con il cervello.

Sviluppando in questo modo un’attività pensante interiore, non connessa al cervello, sentiremo di essere sulla retta via grazie agli effetti esplicati da questa meditazione sulla nostra anima.

 

Dato che il pensare meditativo non dà luogo ad alcun processo distruttivo nel nostro sistema nervoso, la meditazione, per quanto lunga sia, non è mai causa di sonnolenza, uno stato questo che, invece, il nostro consueto pensare induce facilmente.

 

È vero che durante la meditazione avviene spesso il contrario.

Accade di frequente che le persone lamentino di sprofondare nel sonno non appena iniziano a meditare.

Ciò avviene, però, perché la meditazione non è ancora perfetta.

 

È del tutto naturale che all’inizio ci accada di applicare alla meditazione il nostro consueto modo di pensare,

al quale siamo sempre stati abituati.

• Solo a poco a poco ci abitueremo a non usare più il pensare esteriore.

• Quando avremo raggiunto questo traguardo, il pensare meditativo

non ci renderà più sonnolenti e, così, sapremo di essere sulla retta via.

 

Quando la forza interiore del pensare si svilupperà senza che la forza pensante utilizzi il corpo esteriore,

conseguiremo una conoscenza della vita interiore, conosceremo il nostro vero sé, il nostro io superiore.

 

La via alla vera conoscenza del sé umano si trova con il tipo di meditazione or ora descritto,

che conduce alla liberazione della forza pensante interiore.

• Solo grazie a questa conoscenza

si giunge a vedere che il sé umano non è vincolato ai confini del corpo fisico.

 

Si apprende, per contro, che questo sé è unito ai fenomeni del mondo ambiente.

Mentre nella nostra vita consueta vediamo il Sole qui e la Luna lì,

e là i monti, le colline, le piante e gli animali,

ora ci sentiamo uniti a tutto ciò che vediamo e udiamo, sentiamo di farne parte

e per noi allora esiste un solo mondo esteriore: il nostro corpo fisico.

 

Mentre nella vita ordinaria noi siamo qui e il mondo esteriore è intorno a noi,

dopo l’evoluzione della forza pensante indipendente siamo fuori del nostro corpo

e tutt’uno con quanto solitamente i nostri occhi vedono,

e il nostro corpo nel quale normalmente siamo, è fuori di noi, gli rivolgiamo il nostro sguardo,

esso è ora divenuto l’unico mondo che dall’esterno possiamo vedere.

 

Così, con la liberazione della forza pensante

si può realmente uscire dal proprio corpo fisico

e contemplarlo come qualcosa di esterno.

 

Si può persino fare di più.

E possibile dare, ad esempio, una risposta positiva a questa domanda: perché ci svegliamo ogni mattina?

 

Quando dormiamo, il nostro corpo fìsico riposa nel letto, e noi ne siamo effettivamente fuori come durante il pensare meditativo. Al risveglio torniamo nel nostro corpo fìsico perché sono centinaia, migliaia le forze che ci riconducono ad esso attirandoci come un magnete.

L’uomo, di solito, ignora questi nessi, ma se si è liberato grazie alla meditazione, allora quella stessa forza che, nell’esempio descritto, al risveglio aveva ricondotto la sua anima al suo corpo fìsico senza che egli ne avesse coscienza, lo riattrarrà ad esso in modo cosciente.

 

Una meditazione come quella esposta ci permette inoltre di venire a conoscenza del modo in cui l’uomo discende dai mondi superiori in cui è vissuto tra morte e nuova nascita, di apprendere come avviene l’unione con le forze e le sostanze che gli vengono date dai genitori, dai nonni, dai bisnonni, e così via. In breve, impariamo a conoscere le forze che tra morte e nuova nascita traggono giù gli uomini in una nuova incarnazione.

Un risultato della meditazione esposta è quello che ci consente di contemplare retrospettivamente gran parte della vita trascorsa nel mondo spirituale prima della nascita, prima del concepimento, tra morte e nuova nascita.

La meditazione or ora descritta, però, consente nella maggior parte dei casi una visione retrospettiva che si estende solo fino ad un determinato punto prima dell’ultima incarnazione; essa non permetterebbe, perciò, di vedere incarnazioni precedenti.

 

Finché non si sarà formato nel cervello umano l’organo menzionato prima, la visione di incarnazioni precedenti esigerà nel nostro tempo una meditazione diversa da quella appena descritta che abbiamo compiuto nel pensare.

Quest’altra meditazione può realizzarsi solo infondendo nell’oggetto della meditazione il sentimento.

Il meditante può compenetrare di sentimento anche tutto il processo meditativo che abbiamo descritto sin qui.

 

Consideriamo ora il contenuto della meditazione che, nel corso della meditazione stessa,

deve essere compenetrato di sentimento e sensazione.

• Se prendiamo, ad esempio, il contenuto seguente: la saggezza si irradia nella luce

e ci sentiamo ispirati dalla saggezza radiante,

se ci sentiamo innalzati, pervasi d’interiore ardore da questo contenuto,

se viviamo in esso mossi dall’entusiasmo e siamo capaci di farne oggetto di meditazione,

allora avremo dinanzi alle nostre anime qualcosa che va oltre la meditazione in pensieri.

 

La forza che noi usiamo nell’anima come forza della sensazione

è anche quella che utilizziamo normalmente nel linguaggio.

 

Il linguaggio viene generato

quando compenetriamo profondamente i nostri pensieri di interiore sentimento, di interiore sensazione.

• È questa l’origine del linguaggio, e l’organo di Broca nel cervello si genera in questo modo:

i pensieri della vita interiore, compenetrati di interiore sensazione,

si attivano nel cervello andando così a formare l’organo che è lo strumento fìsico del linguaggio.

 

Se meditiamo così, se la nostra meditazione è realmente permeata di questi sentimenti, tratteniamo nella nostra anima la forza che nella vita quotidiana usiamo per parlare. Possiamo dire che il linguaggio è l’incarnazione della forza animica interiore che esprime questi pensieri compenetrati di sentimento.

Se noi ora, anziché consentire alla forza animica di manifestarsi nel linguaggio, sviluppiamo meditazione da questi pensieri compenetrati di sentimento, se proseguiamo sempre di più la meditazione, acquisiremo a poco a poco la facoltà – e a questo punto persino senza l’organo fisico – della visione iniziatica di vite precedenti e anche del tempo tra le vite terrene, il tempo che sempre si trascorre tra morte e nuova nascita.

 

Configurando così il trattenimento del linguaggio nell’anima o, come dice l’occultista, trattenendo la “parola” nell’interiorità dell’anima, acquisiamo la facoltà di vedere retrospettivamente l’origine della nostra Terra, quello che la Bibbia definisce l’atto creativo degli Elohim.

La facoltà visiva acquisita ci permette di giungere a contemplare l’epoca in cui ebbero inizio per l’umanità le ripetute vite terrene. L’evoluzione occulta che conseguiamo trattenendo la parola, ovvero il linguaggio, ci conferisce, infatti, la facoltà di avere la visione della successione delle epoche in quanto unite alla nostra Terra, alla vita spirituale del nostro pianeta Terra. Conseguiamo la facoltà di vedere le entità delle gerarchie superiori, nella misura in cui sono unite alla vita spirituale della Terra.

Ma queste due forze della chiaroveggenza, che si sviluppano con la meditazione mediante pensieri e con quella mediante pensieri compenetrati di sentimento, non sono atte a condurci alle esperienze precedenti il tempo della Terra attuale, alle esperienze connesse con le precedenti incarnazioni planetarie della nostra Terra. Per vivere queste esperienze è necessaria la terza forza meditativa di cui parleremo ora brevemente.

 

Possiamo compenetrare ulteriormente di impulsi volitivi

il contenuto della nostra meditazione, quando, ad esempio, meditiamo sulle parole

la saggezza del mondo si irradia nella luce

senza volerlo fare sul piano esteriore, in modo da provare ora realmente il sentimento

dell’unione tra l’impulso della nostra volontà con quell’attività.

 

Siamo in grado di sentire unito il nostro proprio essere alla forza radiante della luce,

e sappiamo far radiare e vibrare questa luce nel mondo.

• Dobbiamo sentire l’impulso della nostra volontà unito a questa meditazione.

• Meditando così, in modo da ricolmare la nostra meditazione di impulsi volitivi,

tratteniamo una forza che, altrimenti, trapasserebbe nella pulsazione del sangue.

 

Potete facilmente osservare come la vita del nostro io interiore possa trapassare nella pulsazione del sangue, ricordando che impallidiamo quando abbiamo paura e che arrossiamo quando proviamo vergogna. Questo è il trapasso della forza animica nella pulsazione del sangue. Quando questa forza che influisce sul sangue si attiva senza scendere nel fìsico, e permane solo nell’anima, inizia questa terza meditazione che possiamo influenzare con gli impulsi della volontà.

 

Chi sperimenta queste tre forme dell’evoluzione occulta, sente, se solo libera forza pensante, come se avesse un organo nei pressi della radice del naso. Quest’organo, che si descrive come fior di loto, è atto ad osservare l’io o sé che si estende ampiamente nello spazio.

Chi ha sviluppato nella meditazione pensieri compenetrati di sentimenti, diviene gradualmente cosciente del cosiddetto fior di loto a sedici petali situato nella regione della laringe grazie allo sviluppo di quella forza che, altrimenti, sarebbe divenuta linguaggio.

 

Con l’ausilio di questo cosiddetto fior di loto, egli è in grado di comprendere ciò che si connette a cose temporali dall’inizio alla fine della Terra. Per mezzo di quest’organo si apprende realmente il significato occulto del mistero del Golgota, del quale parleremo nella prossima conferenza.

Con la forza animica trattenuta, che nella normale vita quotidiana si estenderebbe fino al sangue e alla sua pulsazione, si sviluppa nella regione del cuore un organo – lo trovate descritto nel mio libro La scienza occulta — con il quale si può comprendere l’evoluzione che nell’occultismo si definisce con i nomi di Saturno, Sole e Luna, le precedenti incarnazioni della Terra.

 

Vedete, dunque, che non si afferma che l’evoluzione occulta si acquisisce in modi impossibili o inesistenti, bensì mediante elementi realmente presenti nell’anima umana.

La prima forza occulta menzionata deriva da un’evoluzione superiore della forza pensante, la quale, altrimenti, si usa solo per i pensieri connessi al mondo esteriore.

La seconda forza di cui abbiamo parlato è solo un’evoluzione superiore di quanto, nella vita quotidiana, ogni essere umano applica esteriormente, mediante il corpo, nel linguaggio, nello sviluppo dell’organo della parola.

La terza forza è una superiore configurazione di ciò che, altrimenti, è presente nell’anima umana al fine di promuovere un’accelerazione o un rallentamento della pulsazione del sangue, di far affluire una maggiore o minore quantità di sangue a questo o a quell’organo, orientandola maggiormente verso il centro quando impallidiamo, maggiormente verso la superficie quando arrossiamo, in misura maggiore o minore verso il cervello, e così via.