Metamorfosi delle anime, in seguito al possente impulso proveniente dal mistero del Golgota

O.O. 139 – Il Vangelo di Marco – 17.09.1912


 

Ho ricordato in diverse occasioni i modi nei quali lo spirito di Elia-Giovanni continuò più tardi ad operare,

nel corso della storia.

• Poiché i nostri studi antroposofici ci consentono di prendere in considerazione anche realtà occulte,

posso qui richiamare alla memoria il fatto spesso da me menzionato

che l’anima di Elia-Giovanni ricompare più tardi in Raffaello Sanzio.

• Si tratta di uno dei fatti che ci possono mostrare come si sia compiuta la metamorfosi delle anime,

in seguito al possente impulso proveniente dal mistero del Golgota.

 

Nell’èra cristiana anche un’anima come quella di Elia-Giovanni

dovette agire per tramite di una singola personalità;

perciò anche un’entità che nei tempi antichi

aveva operato su un piano talmente vasto, quasi universale,

deve ora manifestarsi in una personalità così differenziata com’è quella di Raffaello.

 

Non è forse possibile sentire anche intorno a Raffaello quella specie di aura che aveva aleggiato intorno a Elia-Giovanni? che anche per Raffaello, come per gli altri due, si può affermare che c’è qualcosa di troppo grande perché possa realizzarsi compiutamente entro la personalità singola, qualcosa che le aleggia intorno, sì che le rivelazioni ricevute da questa singola personalità agiscono come illuminazione? Questo si è proprio avverato in Raffaello.

 

Di questo fatto esiste una singolare testimonianza, sia pure molto personale, alla quale pure ho già accennato in altra occasione. Vorrei però ricordarla anche qui oggi, per approfondire non solo la personalità del Battista, ma l’intera entità di Elia-Giovanni, di cui mi propongo poi di seguire i destini nell’anima di Raffaello. Del resto chi voglia approfondire seriamente e oggettivamente la natura di Raffaello deve essere dotato di un senso tutto particolare.

 

Ho ricordato spesso come a Herman Grimm, il grande storico dell’arte, sia riuscito con una certa facilità di scrivere una biografia di Michelangelo, mentre per ben tre volte tentò inutilmente di realizzare una specie di biografia di Raffaello. Siccome però Herman Grimm non era uno dei soliti eruditi ai quali riesce senz’altro ogni impresa, ma un uomo universale e del tutto sincero nei riguardi quanto intendeva studiare e pubblicare, egli dovette riconoscere che i suoi abbozzi di una «vita di Raffaello» non corrispondevano in realtà alla vita di questo artista.

 

Sempre di nuovo il Grimm si mise all’opera, senza mai riuscire ad essere soddisfatto dei risultati. Poco prima di morire (come risulta dai suoi scritti postumi) egli tentò ancora una volta di avvicinarsi a Raffaello, cercando di comprenderlo secondo il suo cuore; è caratteristico perfino il titolo previsto per il nuovo lavoro: Raffaello come potenza mondiale. Il Grimm infatti pensava che se ci si accosta oggettivamente a Raffaello non si può parlare di lui se non come di una forza universale: si può descriverlo solo tenendo lo sguardo rivolto a ciò che si esplica in tutta la storia del mondo.

 

È del tutto naturale che uno scrittore moderno si senta per così dire a disagio se vuole esprimersi con la franchezza e libertà usata dagli evangelisti. Il migliore degli scrittori si sentirebbe imbarazzato ad esprimersi a quel modo; ma può darsi che le personalità che egli si accinge a descrivere lo costringano ad usare certe espressioni.

 

Ed è proprio singolare il modo in cui, poco prima della morte, Herman Grimm ebbe a parlare di Raffaello, nei primi capitoli del suo saggio. Sembra veramente di sentire nel cuore dell’autore un presagio del rapporto esistente tra la figura di Elia-Giovanni e Raffaello.

 

Egli scrive: «Se per miracolo Michelangelo fosse richiamato sulla Terra per rivivere fra noi, e io l’incontrassi, mi trarrei da parte con riverenza per lasciarlo passare; ma se incontrassi Raffaello, lo seguirei per cercar l’occasione di udire qualche parola dalle sue labbra.

 

Per Leonardo e per Michelangelo ci si può limitare a raccontare quello che essi furono ai loro tempi; nel caso di Raffaello bisogna prendere le mosse da ciò che egli significa per noi oggi. Sugli altri due si è steso un leggero velo; su Raffaello no. Egli appartiene alla schiera di coloro la cui crescita è lungi dall’essere compiuta. Si possono immaginare sempre nuove generazioni di uomini a cui Raffaello porrà enigmi sempre nuovi».

 

Herman Grimm descrive Raffaello come una forza universale, come uno spirito che passa attraverso i secoli e i millenni, come uno spirito che non trova posto entro un singolo uomo.

Ma troviamo in Grimm anche altre parole che, come si è detto, nascono dalla lealtà e dalla sincerità della sua anima. Sembra quasi che egli voglia dire che intorno a Raffaello si trova come una grande aura aleggiante, come lo spirito di Elia aleggiava intorno a Nabot.

Herman Grimm scrive: «Raffaello è un cittadino della storia universale. È come uno dei quattro fiumi che, secondo la fede del mondo antico, scaturivano dal paradiso».

 

Si potrebbe dirlo altrimenti? Sono parole che quasi avrebbero potuto essere scritte da una evangelista, o che si potrebbero dire di Elia. Dunque anche uno storico moderno dell’arte, purché abbia un senso leale e sincero per la realtà, può intuire qualcosa dei grandi impulsi universali che agiscono nel corso dei tempi. Per comprendere la moderna scienza dello spirito non occorre veramente che dare ascolto alle esigenze dell’anima e dello spirito di coloro che con ogni forza anelano a cogliere la verità che sta a base dell’evoluzione umana.