Mitologia germanica

O.O. 92 – Leggende e misteri antichi – 15.06.1904


 

Se percorriamo a ritroso l’evoluzione del genere umano, giungiamo, come sapete, all’umanità atlantica, il cui dominio corrispondeva a quello che [oggi] è il fondo dell’Oceano Atlantico. Risalendo ancora più indietro, arriviamo all’umanità lemurica, che dovete immaginare completamente diversa, nella sua organizzazione, dall’umanità attuale, e diversa anche da quella atlantica. Gli uomini abitavano un continente che si estendeva a sud dell’India Anteriore e dell’Indocina, e che oggi è anch’esso sprofondato nel mare. In Australia vi sono ancora dei discendenti di quella stirpe. Ma dove possiamo rintracciare l’umanità della seconda epoca della Terra?

 

Cominciamo con il tener presente che, come abbiamo detto, l’umanità della terza epoca, i Lemuri, appariva del tutto diversa da noi, nonché del tutto diversa dagli Atlantidi, l’umanità della quarta epoca. I Lemuri non avevano ciò che noi chiamiamo memoria, rappresentazione, intelletto; li avevano sviluppati solo in forma germinale. L’umanità della seconda epoca, al contrario, era dotata di un’elevata spiritualità, che tuttavia non aveva sede nella testa degli uomini, ma è immaginabile piuttosto come un’ininterrotta rivelazione dall’esterno.

 

Gli Iperborei, questo il nome dell’umanità della seconda epoca della Terra, abitavano nei dintorni del Polo Nord, nella Siberia e nell’Europa settentrionale, ivi compresi i territori poi coperti dal mare. Potete farvi un’idea approssimativa di come fosse allora questa terra se la pensate immersa in una specie di temperatura tropicale. Era popolata in origine da uomini che, in quanto singoli individui, andavano vagando come esseri sognanti. Se fossero stati abbandonati a se stessi, non sarebbero mai riusciti a far nulla. C’era per così dire una saggezza diffusa nell’aria, nell’atmosfera.

 

Solo nell’epoca lemurica si realizzò il connubio fra saggezza ed elemento animico, così che, prima di quel periodo, di tutta la spiritualità degli uomini non possiamo farci che un’immagine nebulosa. Si trattava dei germi dello spirito di nebbia e di quelli dello spirito di luce. La spiritualità che si sviluppò in forma germinale nei figli della nebbia di fuoco, quella spiritualità che ci appare ancora familiare, dobbiamo cercarla nelle regioni del sud, nella Lemuria. Nelle regioni che, rispetto a noi, sono poste a nord, vivevano degli uomini, dei popoli, dotati di una coscienza di sogno, che era più chiara della coscienza dei pitri.

 

Nel complesso, non dobbiamo credere che gli uomini stanziati nel nord vi siano sempre rimasti. Intrapresero infatti delle migrazioni dirette a sud, migrazioni che perdurarono a lungo anche quando nel sud aveva ormai fatto la sua comparsa l’umanità lemurica. Esistevano quindi, per così dire, due stirpi lemuriche: una settentrionale e una meridionale. Vi furono dodici grandi migrazioni, che portarono gradualmente a contatto fra loro gli abitanti delle diverse aree geografiche. Li portarono anche in regioni che non sono distanti dalle nostre, e nelle quali possiamo riconoscere la Germania centrale, la Francia, la Russia centrale e così via.

 

Ora, bisogna pensare che stiamo parlando di un’epoca in cui esistevano già quelli che chiamiamo animali superiori. I Lemuri si presentavano come una specie di giganti, e questi entrarono in contatto con gli uomini provenienti dal nord.

 

Ne derivarono due stirpi. Nacque una stirpe che nella preistoria dell’umanità diede poi origine agli Atlantidi; tutti questi uomini si mescolarono allora in quella che oggi è l’Europa. Non dobbiamo dimenticare che le cose naturalmente si sono svolte in modo ben più complesso di come le stiamo descrivendo. Ebbene, da questa mescolanza di stirpi, da questa mescolanza di Iperborei, di Lemuri, e successivamente anche di Atlantidi, uscirono degli iniziati che erano diversi da quelli nei quali possiamo vedere oggi i nostri maestri; questi ultimi provengono essenzialmente dal sud, dal continente lemurico.

 

Nel nord si sviluppò una sorta, direi quasi, di mondo delle nebbie, e i tre principali iniziati che incontriamo in quest’isola antropologica furono noti, fino ancora al tempo in cui cominciò ad affermarsi il nostro cristianesimo, con i nomi di Wotan, Wili e We. Essi sono i tre grandi iniziati del nord. In termini popolari, potremmo dire che trassero la loro origine, com’era perfettamente normale, dal regno terrestre, nel quale era contenuto, senza ancora mescolarsi, tutto ciò che ora è ripartito fra gli uomini. Sempre in linguaggio popolare, potremmo dire che da questo regno terrestre uscì una stirpe che era molto differente dall’umanità attuale. Questa stirpe era governata da una saggezza universale, che i sacerdoti preposti all’insegnamento chiamavano “Padre dell’universo”.

 

Si parlava inoltre dell’esistenza dei due regni di Nebelheim e di Muspelheim.

Il Nebelheim è il Nifelheim del nord, il crepuscolare stato persistente di nebbia in cui viveva l’umanità iperborea, contrapposto al Muspelheim. Vengono descritte dodici correnti che, arrestatesi, si mutarono in ghiaccio. Di qui si originarono una progenie umana, rappresentata dal gigante Ymir, e poi quella degli animali, con la vacca Audhumbla. Da Ymir discese la stirpe dei giganti del gelo.

 

Solo più tardi, stando anche alla Dottrina segreta, nacquero gli uomini che erano ormai dotati dell’intelletto. Similmente, anche la saga tedesca narra che [i discendenti di Ymir e Audhumbla] Wotan, Wili e We si recarono sulla riva del mare e plasmarono gli uomini. Si tratta di quegli uomini che secondo la Dottrina segreta sono nati solo in un secondo momento e sono stati dotati dell’intelletto.

 

In questa primitiva saga germanica è racchiusa un’antica verità. Vi si parla anche delle due grandi migrazioni che vi furono in seguito dal lontano Oriente all’Occidente [e dall’Occidente all’Oriente].

 

Dobbiamo pensare che fin dagli inizi esistesse la popolazione celtica che ha poi costituito una colonia. La popolazione celtica delle origini era totalmente soggetta all’influenza dei suoi iniziati. Questi ultimi hanno perpetuato l’antica dottrina di Wotan, Wili e We nonché dei loro sacerdoti.

 

I Celti avevano dei sacerdoti, quelli che noi chiamiamo druidi, che facevano capo a una grande loggia, la Loggia del nord. Se ne è conservata memoria nella leggenda di re Artù e della Tavola rotonda. Questa loggia degli iniziati del nord è effettivamente esistita, è la sacra loggia di Ceridwen, la Loggia bianca del nord. In seguito fu chiamata Ordine dei bardi. La loggia continuò a esistere ancora a lungo nelle epoche successive. Venne sciolta solo al tempo della regina Elisabetta. Quindi l’ordine si ritirò completamente dal piano fisico.

 

Tutto quello che ritroviamo nelle antiche saghe germaniche trae di qui la sua origine. Tutta la poesia germanica risale alla primitiva loggia di Ceridwen, che era conosciuta anche come il “calderone magico” di Ceridwen. Chi più di tutti vi ha esercitato la propria influenza, fino ancora ai primi secoli dell’era cristiana, è stato Meredin, il grande iniziato che noi conosciamo come mago Merlino e che fu detto “il mago della Loggia del nord”.

 

Tutto questo è espressamente contenuto in antiche dottrine occulte celtiche. Vi si trova indicato quello che dev’essere stato l’apporto degli iniziati dell’Oriente. E ciò che questi ultimi hanno ricevuto a loro volta dai Celti è stato la saga di Baldur, la saga del dio della luce e del dio delle tenebre. Gli iniziati dell’Occidente hanno fatto a poco a poco conoscere questa saga agli iniziati dell’Oriente, mossi dal saggio intento di comunicare loro qualcosa di essenziale.

 

E, nella convinzione che vi sarebbe stato un seguito, hanno aggiunto anche un altro elemento a questa saga, un elemento che apparteneva ancora all’avvenire, quello cioè del futuro declino degli dèi. Baldur non avrebbe potuto sottrarsi a questo declino. Perciò si fece un passo ulteriore nell’elaborazione della saga, andando oltre il crepuscolo degli dèi. Si disse che sarebbe sorto un nuovo Baldur, e questo “nuovo Baldur” che si annunciò al popolo altri non è che il Cristo.

 

Nelle regioni del nord tutte queste concezioni non poterono svilupparsi come nelle regioni del sud, per esempio in Grecia. Nel nord prevalevano dèi virili, nel sud dominava piuttosto il culto della bellezza. L’elemento nordico era caratterizzato nel suo complesso da qualcosa che si è bensì conservato a lungo, ma che nello stesso tempo aveva in sé il germe della rovina: era la sua natura guerriera.

 

Nel nord abbiamo quindi Wotan, Wili e We, ma anche Loki. Loki è la brama, il desiderio, è tutto ciò che fa del mondo nordico la sede di quella natura guerriera alla quale hanno parte anche le Valchirie. Queste infiammano alla lotta, incarnano un qualcosa che è sempre stato proprio dell’elemento nordico. Loki era il figlio dei desideri; Hagen è la forma più tardi assunta dal Loki delle origini.

 

Diciamo ancora qualche parola sulla figura dell’iniziato, così come si presentava in quel tempo. Una volta che fosse stato iniziato e portato quindi a conoscenza delle potenze spirituali, la sua condizione veniva descritta come quella di chi aveva intrapreso il cammino verso il regno dei defunti buoni, il regno degli alfi, l’Alfgard, per procurarvisi l’oro del Nifelheim. L’oro è il simbolo della saggezza.

 

All’epoca della diffusione del cristianesimo, l’iniziato dell’antico mondo germanico era Sigfrido. Di fatto egli era invulnerabile, ma aveva anche un punto vulnerabile, poiché, in questa iniziazione nordica, Loki, il dio dei desideri, era ancora presente sotto le spoglie di Hagen. Hagen è colui che uccide l’iniziato colpendolo nel punto debole.

 

Nella saga dei Nibelunghi, Brunilde è una figura, una divinità femminile, simile alla Pallade Atena dei Greci. Brunilde è la personificazione, nel nord, dell’elemento guerriero, con la sua furia omicida. In Sigfrido abbiamo l’antico iniziato del mondo germanico. L’elemento guerriero trova la sua espressione nell’antica cavalleria germanica. Poiché si trattava prevalentemente di un elemento secolare, fino all’ottavo, al nono, al decimo e all’undecimo secolo la cavalleria secolare dovette far risalire la propria origine a Sigfrido, in quanto iniziato.

 

L’origine di questa stirpe di cavalieri era la Tavola rotonda di re Artù. Dalla Tavola rotonda venivano i grandi cavalieri, o meglio: ad essa dovevano accedere coloro che volevano diventare cavalieri secolari di più alto rango. Là si apprendeva la saggezza secolare, ma ciò includeva la volontà di combattere, l’elemento caratteristico di Loki-Hagen.

 

Soprattutto entro l’elemento germanico doveva prepararsi qualcosa che poteva manifestarsi in modo del tutto particolare nel mondo nordico. Vi si poteva preparare qualcosa che ha un rapporto con l’evoluzione dell’uomo sul piano fisico. Noi sappiamo che nell’ambito di questa evoluzione si è compiuta la discesa della realtà suprema sul piano fisico; l’elemento personale è la forma della realtà suprema sul piano fisico.

 

Qui dunque si sviluppò l’elemento personale, quel valore guerriero personale che in Hagen si è espresso forse al più alto grado.

 

Torniamo ai Lemuri. Presso di loro non esisteva ancora ciò che l’uomo d’oggi definisce amore. Non esisteva l’amore fra uomo e donna. Certo, la sessualità si era già manifestata, ma solo in seguito sarebbe stata santificata dall’amore. Neppure fra gli Atlantidi esisteva ancora l’amore nel senso odierno della parola.

 

• Solo quando l’elemento personale

ebbe acquisito l’importanza di cui abbiamo detto,

solo allora potè comparire l’amore.

 

Alla fine dell’epoca lemurica, vigeva in certe zone un sistema caratteristico. L’insieme degli uomini che vivevano in date regioni era sistematicamente ripartito in quattro gruppi. In base a questa organizzazione, un individuo appartenente al primo gruppo – chiamiamolo gruppo A – non poteva mai sposarsi con uno del gruppo B. Gli individui del gruppo A dovevano sposarsi solo con quelli del gruppo C, e quelli del gruppo B solo con quelli del gruppo D. Il sistema impediva scelte soggettive, il che significa che escludeva l’elemento personale. Questa ripartizione era concepita in modo da poter valere per l’umanità intera.

 

A quei tempi non v’era nulla che si possa definire amore personale. L’elemento della scelta personale, nell’amore, si sviluppò solo lentamente, e con il suo sviluppo l’amore discese pienamente sul piano fisico; prima, questo processo era stato solo preparato.

 

Quanto più risalite indietro nel tempo, tanto più scarso vi apparirà il rilievo avuto dall’erotismo. Anche nei poeti greci dell’età più antica non ha pressoché alcuna importanza. Un’importanza particolare, invece, la riveste nella poesia medievale tedesca. Qui vedete che l’amore viene presentato sotto una duplice forma, viene rappresentato come amor cortese e come desiderio passionale.

 

Le vicende ineluttabili che segnarono il destino di Sigfrido furono la conseguenza dell’instaurarsi dell’elemento personale. Riandate ai tempi di Roma antica, e vedrete che i matrimoni vi si concludevano in base a princìpi completamente diversi. Agli inizi, neppure in Grecia si sapeva che cosa fosse l’amore personale; quest’ultimo si affermò solo con l’andare del tempo.

 

Venne il momento in cui il cristianesimo si affacciò all’Europa centrale. Abbiamo visto che, da principio, vi fu introdotto senza che ciò implicasse la rinuncia alle antiche credenze religiose. La figura di Baldur si trasformò lentamente in quella del Cristo, lentamente una rappresentazione confluì nell’altra. Questa trasformazione si protrasse attraverso parecchie generazioni; Bonifacio trovò dunque un terreno già preparato.

 

La leggenda di re Artù e della Tavola rotonda si fuse a poco a poco con quella del santo Gral. La loro reciproca integrazione fu dovuta all’opera di un autentico iniziato del secolo decimoterzo, Wolfram von Eschenbach.

 

L’iniziazione di Sigfrido era ancora la vecchia iniziazione, nella quale pesavano pur sempre la cavalleria secolare nonché il pericolo di essere traditi dall’elemento del desiderio passionale e dell’amor proprio. Solo dopo aver dominato questo elemento, solo dopo averlo del tutto estirpato ed essersi innalzati dal principio della cavalleria secolare a quello della cavalleria spirituale, si poteva giungere all’iniziazione spirituale.

Questo è quanto Wolfram von Eschenbach illustra nel Parzival.

 

Parzival appartiene, in un primo tempo, alla cavalleria secolare. Il padre ha perso la vita per tradimento nella sua spedizione alla volta dell’Oriente: la sua vicenda trae origine dal fatto ch’egli era già in cerca di una iniziazione superiore, eppure è stato tradito perché aveva ancora in sé l’elemento della vecchia iniziazione.

 

Parzival deve essere estraniato dal piano fisico per opera della madre Herzeleide; questa gli impone un berretto da buffone. Egli viene tuttavia afferrato dalla corrente impetuosa della cavalleria secolare, e giunge così alla corte di re Artù. Ma che sia destinato alla corrente cristiana ci viene fatto capire dal suo arrivo alla rocca del santo Gral. Un importante insegnamento gli viene impartito: non porre troppe domande.

 

Questo non significa altro se non che deve trovare un punto fermo nella propria interiorità, deve giungere alla quiete e alla pace interiori, senza più andarsene per il mondo esteriore spinto dalla curiosità. E Parzival non domanda che di poter entrare nella rocca. Perciò, in un primo momento, è respinto, ma raggiunge poi il sofferente Amfortas. Egli viene elevato attraverso l’iniziazione cristiana.

 

Dovunque apriate la sua opera, potrete rendervi conto del fatto che Wolfram von Eschenbach era un iniziato. Egli ha collegato questi due cicli di leggende perché sapeva che quella che noi definiamo l’unione della loggia di Artù con la loggia del Gral era già un fatto compiuto. La loggia di Artù si è risolta integralmente nella loggia del Gral.