Mondo animico e mondo spirituale

O.O. 9 – Teosofia (II – L’anima nel mondo animico dopo la morte)


 

L‘anima è l’anello di congiunzione tra lo spirito dell’uomo e il suo corpo.

Le sue forze di simpatia e di antipatia, che mediante la loro relazione reciproca

producono le manifestazioni animiche di bramosia, sensibilità, desiderio, piacere e dispiacere,

non agiscono soltanto tra una forma animica e l’altra,

ma si manifestano anche di fronte alle entità degli altri mondi, del mondo fisico e di quello spirituale.

 

Mentre l’anima dimora nel corpo, è in certo qual modo partecipe di tutto quel che vi avviene.

• Quando le funzioni fisiche del corpo si svolgono regolarmente, nell’anima sorge piacere e benessere;

quando sono disturbate, sopravviene malessere e dolore.

 

L’anima partecipa anche alle attività dello spirito:

• un pensiero la riempie di gioia, un altro di dolore;

• un giudizio giusto ha il suo plauso, uno falso il suo biasimo.

 

Si può anzi dire che il grado di evoluzione di un uomo

dipende dal fatto che le inclinazioni della sua anima vanno piuttosto verso l’una o l’altra direzione.

• Un uomo è tanto più perfetto quanto più la sua anima simpatizza con le manifestazioni dello spirito;

• è tanto più imperfetto quanto più le sue inclinazioni vengono soddisfatte dalle funzioni corporee.

 

• Lo spirito è il centro dell’uomo:

• il corpo è il tramite attraverso cui lo spirito osserva e conosce il mondo fisico e opera in esso.

• L’anima poi è mediatrice tra corpo e spirito.

 

Ricava dall’impressione fisica che le vibrazioni dell’aria producono sull’orecchio la sensazione del suono

e gode del suono.

Tutto ciò essa comunica allo spirito che in tal modo perviene alla comprensione del mondo fisico.

 

Un pensiero che sorge nello spirito viene dall’anima trasformato in desiderio di attuazione

e soltanto così, con l’aiuto dello strumento fisico, può divenire azione.

L’uomo può dunque assolvere la sua destinazione

soltanto se lascia che la direzione di tutta la sua attività gli venga segnata dallo spirito.

 

L’anima di per sé può volgere le sue inclinazioni sia verso il fisico, sia verso lo spirituale.

Protende per così dire i suoi tentacoli tanto in giù, verso il fisico, quanto anche in su, verso lo spirito.

Immergendosi nel mondo fisico, la sua essenza viene penetrata e colorata della natura di quest’ultimo.

Ma poiché lo spirito può agire nel mondo fisico soltanto attraverso l’anima,

riceve così egli stesso una tendenza verso il mondo fisico.

Dalle forze dell’anima è attratto verso il mondo fisico.

 

Si consideri l’uomo non evoluto.

Le inclinazioni della sua anima dipendono dalle sue funzioni corporee.

Prova piacere solo per le impressioni che il mondo fisico produce sui suoi sensi.

Anche la sua vita spirituale viene perciò interamente trascinata in questa sfera.

I suoi pensieri servono solo al soddisfacimento dei bisogni della sua vita fisica.

 

• In quanto lo spirito passa di incarnazione in incarnazione,

deve sempre più ricevere la propria direzione dal mondo spirituale.

• La sua conoscenza dev’essere determinata dallo spirito dell’eterna verità, le sue azioni dall’eterno bene.

 

LA MORTE 

considerata come fatto del mondo fisico, rappresenta un mutamento delle attività corporee.

Con la morte il corpo cessa di fare con la sua struttura da strumento all’anima e allo spirito.

Si palesa ormai nelle sue manifestazioni interamente soggetto al mondo fisico e alle sue leggi:

si abbandona a quel mondo per dissolvervisi.

 

Dopo la morte solo i processi fisici del corpo possono essere osservati con i sensi fisici.

Ciò che accade dell’anima e dello spirito si sottrae invece ai sensi

poiché, anche durante la vita, l’anima e lo spirito possono essere osservati attraverso i sensi

solo in quanto si manifestano esteriormente nei processi fisici.

Dopo la morte una tale manifestazione non è più possibile.

 

Perciò l’osservazione dei sensi fisici e della scienza che poggia su di essi

non vale per il destino dell’anima e dello spirito dopo la morte.

Qui entra in campo una conoscenza superiore

fondata sull’osservazione dei processi del mondo animico e di quello spirituale.

 

Quando lo spirito si è sciolto dal corpo, resta ancora unito con l’anima.

Come durante la vita fisica il corpo lo ha incatenato al mondo fisico,

così ora l’anima lo incatena a quello animico.

Ma nel mondo animico non sta il vero essere originario dello spirito.

Il mondo animico deve soltanto congiungerlo col campo della sua attività, col mondo fisico.

 

Per comparire in figura più perfetta in una nuova incarnazione,

lo spirito deve trarre vigore e forza dal mondo spirituale.

L’anima l’ha però impigliato nel mondo fisico.

Lo spirito è vincolato a un’anima impregnata e tinta della natura del mondo fisico,

e ha quindi ricevuto anch’esso questa direzione.

 

Dopo la morte l’anima non è più congiunta col corpo, ma lo è solo con lo spirito:

vive ormai in un ambiente animico.

Le sole forze di quel mondo possono quindi ancora agire su di lei.

Alla vita dell’anima nel mondo animico è anzitutto vincolato anche lo spirito.

È vincolato ad essa come lo è al corpo durante l’incarnazione fisica.

Il momento della morte del corpo è determinato dalle leggi di questo.

 

In generale si può dire: non l’anima e lo spirito abbandonano il corpo,

il corpo viene piuttosto dimesso da anima e spirito

quando le sue forze non possono più operare nel senso dell’organizzazione umana.

Tale è anche il nesso tra anima e spirito.

 

L’anima lascerà andare lo spirito nel superiore mondo spirituale,

quando le sue forze non potranno più agire nel senso dell’organizzazione animica umana.

Lo spirito sarà liberato nell’istante in cui l’anima avrà abbandonato al dissolvimento

quel che essa può sperimentare soltanto entro il corpo,

conservando soltanto quel che può continuare a vivere con lo spirito.

 

La parte così conservata, che è sì stata sperimentata nel corpo,

ma che può venir impressa come frutto nell’elemento spirituale,

unisce l’anima allo spirito nel mondo puramente spirituale.

 

IL DESTINO DELL’ANIMA DOPO LA MORTE

 

Per conoscere il destino dell’anima dopo la morte, bisogna dunque osservare il processo del suo dissolvimento.

Essa aveva il compito di dare allo spirito la direzione verso il mondo fisico.

Dal momento in cui ha assolto tale ufficio, prende la direzione verso il mondo spirituale.

Data questa natura del suo compito, l’anima dovrebbe in realtà essere attiva soltanto spiritualmente,

non appena il corpo si separa da lei, non appena essa non può più servire da anello di congiunzione.

 

Ciò accadrebbe infatti se, durante la vita nel corpo, essa non ne fosse stata influenzata,

e nelle sue inclinazioni non fosse stata attratta dal corpo.

Senza questa colorazione che aveva ricevuto dall’unione con la corporeità,

subito dopo il distacco dal corpo l’anima seguirebbe le sole leggi del mondo animico-spirituale,

e non svilupperebbe alcuna ulteriore tendenza verso il mondo sensibile.

 

Questo accadrebbe se, con la morte, l’uomo avesse perduto ogni interesse terreno,

se fossero soddisfatte tutte le sue brame, tutti i desideri connessi con l’esistenza che ha abbandonato.

Poiché così non è, i desideri che ancora sopravvivono, restano legati all’anima.

 

Ad evitare confusioni, occorre qui distinguere con cura

• tra le cose che incatenano l’uomo al mondo

in modo da poter esser compensate anche in una successiva incarnazione,

• e quelle che lo incatenano a una determinata vita e precisamente ogni volta all’ultima.

 

• Le prime vengono pareggiate dalla legge del destino, dal karma.

• Le altre possono invece venir rimosse dall’anima soltanto dopo la morte.

 

Alla morte segue per lo spirito umano un periodo

in cui l’anima si libera delle sue inclinazioni verso l’esistenza fisica,

per tornare a seguire le sole leggi del mondo animico-spirituale e liberare così lo spirito.

È naturale che questo periodo sia tanto più lungo quanto più l’anima sarà stata legata al mondo fisico.

Sarà breve per chi fu poco legato alla vita fisica: lungo invece per chi vi legò tutti i suoi interessi:

in tal modo, al momento della morte, nella sua anima vivono ancora molte brame e molti desideri.

 

Una riflessione gioverà a farsi un’idea della condizione in cui l’anima viene a trovarsi

nel primo periodo dopo la morte.

Allo scopo si prenda un esempio alquanto grossolano: i piaceri di un buongustaio,

il quale gode delle solleticazioni che i cibi producono al suo palato.

Il piacere non è naturalmente qualcosa di corporeo, ma di animico.

Nell’anima vivono il godimento e anche la brama di esso.

Al soddisfacimento della brama sono però necessari gli organi corporei corrispondenti, cioè il palato, e così via.

 

Dopo la morte l’anima non è subito liberata dalla brama, ma non ha più l’organo corporeo che è il mezzo per soddisfarla. Per ragioni diverse, ma con effetti analoghi benché molto più forti, è come chi soffre di una sete ardente in una zona senz’acqua. L’anima soffre ardentemente per la mancanza del piacere, per aver deposto l’organo corporeo che le permetteva di goderlo. Così è di tutto ciò verso cui l’anima aspira e che può venir soddisfatto soltanto dagli organi corporei.

 

Questa condizione (privazione ardente) dura finchè l’anima non abbia imparato

a non bramare più nulla di quanto può essere appagato soltanto dal corpo.

Il tempo che viene trascorso in questa condizione può chiamarsi regione delle brame,

benché naturalmente non si tratti di una “regione”.

Quando l’anima entra dopo la morte nel mondo animico, soggiace alle sue leggi.

 

Esse agiscono su di lei, e dalla loro azione dipende il modo in cui sarà cancellata la tendenza verso il mondo fisico. Gli effetti dovranno essere diversi secondo le specie delle sostanze e delle forze animiche nel cui dominio l’anima ormai si trova. Ognuna delle specie esplicherà la sua azione purificatrice.

Il processo che ora avviene consiste nel graduale trionfo delle forze di simpatia sopra tutte le antipatie dell’anima, e nell’intensificarsi della simpatia fino al più alto grado. Infatti l’anima si unificherà, per effetto del massimo grado di simpatia, con la sostanza di tutto il restante mondo animico, si effonderà per così dire in esso; allora il suo egoismo sarà tutto esaurito.

L’anima cessa di esistere come entità rivolta all’esistenza fisico-sensibile: lo spirito è da essa liberato.

 

L’anima si purifica dunque attraverso le regioni animiche descritte, finché nella zona della perfetta simpatia si unifica con l’insieme del mondo animico. Che fino all’ultimo momento della liberazione dell’anima lo spirito le sia legato, è perché attraverso la vita le si è strettamente imparentato.

Questa sua parentela con l’anima è assai maggiore di quella col corpo, poiché a quest’ultimo lo spirito è congiunto solo indirettamente, attraverso l’anima, mentre con l’anima è unito direttamente. Essa è la sua vita. Perciò lo spirito non è legato al corpo in via di decomposizione, ma all’anima che va a poco a poco liberandosi.

• A causa dell’unione diretta con l’anima, lo spirito può sentirsene libero

solo quando essa si è fusa con l’insieme del mondo animico.

 

REGIONI E PROCESSI DEL MONDO ANIMICO

 

In quanto dimora dell’uomo subito dopo la morte, il mondo animico può essere chiamato “regione delle brame”. I vari sistemi religiosi che hanno accolto nelle loro dottrine la coscienza di queste condizioni, designano la “regione delle brame” col nome di “purgatorio”, “fuoco purificatore”, e così via.

 

1 – La regione più bassa del mondo animico è quella della brama ardente.

Là, dopo la morte, vengono cancellate dall’anima tutte le brame egoistiche più grossolane connesse con la vita inferiore del corpo. Attraverso tali brame l’anima può infatti sperimentare l’azione delle forze di questa regione animica. Le brame insoddisfatte rimaste dalla vita fisica forniscono il punto di presa. La simpatia di tali anime tende solo verso ciò che può alimentare il proprio essere egoistico e viene di gran lunga superata dall’antipatia che si riversa su tutto il resto. Ora le brame vanno però verso i godimenti fisici che non possono essere soddisfatti nel mondo animico. Per questa impossibilità di appagamento la brama si acuisce all’estremo. Nello stesso tempo, data l’impossibilità, la brama deve anche in pari tempo spegnersi a poco a poco.

 

Le brame ardenti si consumano a poco a poco,

e così l’anima impara che nella loro estinzione sta l’unico mezzo per impedire il dolore che ne deve venire.

Durante la vita fisica si ha sempre di continuo il loro appagamento.

Così il dolore della brama ardente viene ricoperto da una specie di illusione.

Dopo la morte, nel fuoco purificatore questo dolore si palesa interamente.

L’anima sperimenta le privazioni corrispondenti.

Le anime si trovano in uno stato di tenebra.

In una tale condizione cadono naturalmente solo coloro

i cui appetiti durante la vita fisica tendevano alle cose più grossolane.

Nature gravate di pochi appetiti attraversano questo stadio senza accorgersene, poiché non vi sono affini.

 

Bisogna dire che le anime subiscono tanto più a lungo l’azione della brama ardente, quanto più, attraverso la loro vita fisica, si sono imparentate con essa, quanto più è loro quindi necessaria la purificazione corrispondente.

Una tale purificazione non va semplicemente chiamata dolore nel senso in cui si dovrebbe chiamare dolore qualcosa di simile nel mondo fisico poiché, dopo la morte, l’anima aspira alla propria purificazione, in quanto questa soltanto può cancellare le imperfezioni che esistono in essa.

 

2 – Una seconda specie di processi del mondo animico è caratterizzata

dall’equilibrio fra simpatia e antipatia.

Nella misura in cui dopo la morte è in una tale condizione, l’anima umana viene influenzata per un certo tempo da questi processi. L’abbandono alle futilità esteriori della vita, la gioia per le impressioni passeggere dei sensi, determinano questa condizione. Gli uomini vivono in essa, in quanto le inclinazioni animiche sopra accennate la determinano. Essi si lasciano influenzare da ogni inezia quotidiana.

Poiché però la loro simpatia non si volge in particolare ad alcuna cosa, queste influenze scompaiono rapidamente. Tutto quanto non appartiene a questo regno inconsistente è antipatico a siffatte persone. Se dopo la morte l’anima attraversa questa condizione senza che ci siano più gli oggetti fisico-sensibili necessari a soddisfarla, tale stato dovrà finire con lo spegnersi. La privazione che precede l’estinguersi di questo stato dell’anima è naturalmente dolorosa. In questa scuola di dolore s’impara a distruggere l’illusione in cui l’uomo è stato avvolto durante la vita fisica.

 

3 – In terzo luogo si presentano nel mondo animico

i processi in cui predomina la simpatia, la natura del desiderio.

La loro azione si esplica sulle anime attraverso tutto ciò che conserva un’atmosfera di desideri dopo la morte. Anche questi desideri si estinguono gradualmente attraverso l’impossibilità dell’appagamento.

 

4 – La regione del piacere e dispiacere, menzionata più sopra come quarta, impone all’anima prove particolari.

Finché vive nel corpo, l’anima partecipa a tutto quanto lo concerne. L’alterno gioco di piacere e dispiacere è collegato al corpo. Quest’ultimo cagiona all’anima benessere e malessere, piacere e dispiacere. Durante la vita fisica, l’uomo sente il suo corpo come suo sé. Quel che si chiama sentimento di se stesso si fonda su questo fatto. E quanto più in un uomo predominano i sensi, tanto più prende questo carattere il sentimento che egli ha di se stesso.

 

Dopo la morte viene a mancare il corpo, come oggetto del sentimento di sé.

L’anima, alla quale tale sentimento è rimasto, si sente perciò come svuotata.

L’assale un sentimento come di essersi perduta.

Ciò dura finché l’anima non abbia riconosciuto che il vero uomo non è nella corporeità.

Gli influssi di questa quarta regione distruggono quindi l’illusione del sé corporeo.

L’anima impara a non sentire più la corporeità come qualcosa di essenziale.

 

Guarisce e si purifica dall’attaccamento alla corporeità. Così essa ha superato quel che prima la incatenava al mondo fisico, e può dispiegare appieno le forze di simpatia che vanno verso l’esterno. Si è per così dire liberata da se stessa ed è pronta a riversarsi, piena di partecipazione, nel complesso del mondo animico.

Non va taciuto che le esperienze di queste regioni vengono attraversate con particolare intensità dai suicidi. Essi abbandonano in modo innaturale il loro corpo fisico, mentre tutti i sentimenti connessi con questo rimangono immutati.

Nella morte naturale il decadimento del corpo è accompagnato da un parziale spegnersi dei sentimenti con esso collegati. Nei suicidi, al tormento causato dall’improvviso senso di svuotamento, si aggiungono le brame e i desideri inappagati per cui essi si sono tolti la vita.

 

5 – Il quinto gradino del mondo animico è quello della luce animica.

Qui la simpatia per ogni cosa si afferma già altamente.

Le anime hanno affinità con questa regione se durante la vita fisica non si sono consumate nel soddisfacimento dei bisogni inferiori, ma hanno provato gioia e piacere per il mondo circostante. L’entusiasmo per la natura, in quanto abbia avuto carattere sensuale, ad esempio è sottoposto qui a purificazione.

Bisogna però distinguere bene un tale entusiasmo per la natura da quel più elevato vivere nella natura che ha carattere spirituale e ricerca lo spirito che si rivela negli oggetti e nei processi naturali. Quest’ultima specie di senso della natura è parte delle cose che promuovono lo sviluppo dello spirito stesso e fondano in esso qualcosa di durevole.

Da questo senso della natura bisogna però distinguere il godimento delle cose naturali che si fonda sui sensi. Nei riguardi di quest’ultimo, l’anima deve purificarsi come nei riguardi di altre inclinazioni fondate sulla sola vita fisica.

Molti vedono una specie d’ideale in istituzioni che servono alla prosperità materiale, ad esempio in un sistema educativo che mira al benessere fisico. Di loro non si può dire che servono unicamente i loro istinti egoistici. La loro anima è però rivolta al mondo sensibile, e deve essere guarita mediante la forza di simpatia che domina nella quinta regione del mondo animico, ove mancano i corrispondenti mezzi di soddisfacimento esteriore. L’anima impara qui gradatamente che quella simpatia deve prendere altre vie, le quali vengono trovate nell’effusione dell’anima entro lo spazio animico per simpatia con l’ambiente animico.

Anche le anime che, in compenso delle loro pratiche religiose, domandano anzitutto un accrescimento di prosperità materiale vengono qui purificate, sia che la loro aspirazione miri a un paradiso terrestre oppure a un paradiso celeste. Nella regione animica trovano sì questo paradiso, ma soltanto per comprenderne la vanità. Tutti questi sono naturalmente singoli esempi di purificazioni che avvengono in questa quinta regione. Si potrebbero moltiplicare.

 

6 – Nella sesta regione, in quella della forza animica attiva,

avviene la purificazione della parte dell’anima che è assetata di un’attività non egoistica,

ma che pure ha i suoi motivi nella soddisfazione fisica prodotta dall’attività stessa.

Le nature che hanno sviluppato questo piacere per l’azione, appaiono da fuori senz’altro come idealiste, capaci di sacrificio. In senso più profondo esse mirano però all’intensificazione di un piacere fisico. Molte nature artistiche, e quelle che si dedicano a un’attività scientifica per il piacere che ne traggono, fanno parte di questa regione. Ciò che le lega al mondo fisico è la credenza che l’arte e la scienza esistano ai fini di un tale piacere.

 

7 – La settima regione, quella della vita animica vera e propria,

libera l’uomo dalle ultime inclinazioni verso il mondo fisico-sensibile.

Ognuna delle regioni precedenti assorbe dall’anima gli elementi che le sono affini. Quel che ancora avvolge lo spirito è l’opinione che la sua attività debba essere tutta dedita al mondo sensibile. Vi sono personalità di alto ingegno che tuttavia riflettono quasi esclusivamente sui processi del mondo fisico. Una tale fede può essere chiamata materialistica; dev’essere distrutta, e lo è nella settima regione.

Qui le anime vedono che nella vera realtà non esistono oggetti per un atteggiamento d’anima materialistico. Come neve al sole qui si scioglie questa loro fede. L’anima è ormai tutta assorbita dal mondo animico; lo spirito è libero da ogni vincolo. Si solleva alle regioni in cui vive soltanto nella sfera a lui propria.

L’anima ha assolto il suo precedente compito terrestre, e ciò che di tale compito era rimasto quale vincolo per lo spirito, si è sciolto dopo la morte. Col superare i residui della vita terrena, l’anima stessa è restituita al suo elemento.

 

 

 

Da questa descrizione risulta che le esperienze del mondo animico, e con esse le condizioni della vita dell’anima dopo la morte, assumono un aspetto sempre meno ripugnante all’anima quanto più l’uomo si è spogliato di ciò che gli era rimasto per la sua unione terrena con la corporeità fisica.

 

Secondo le condizioni create nella vita fisica, l’anima farà parte più o meno lungamente dell’una o dell’altra regione.

Dove sente un’affinità, si ferma finché questa sia cancellata.

Dove non vi sia affinità, l’anima passa senza sentire gli effetti che altrimenti si sarebbero avuti.

 

Qui si sono volute descrivere soltanto le qualità fondamentali del mondo animico e il carattere generale della vita dell’anima in quel mondo. Lo stesso sia detto per le descrizioni seguenti del mondo spirituale. Si oltrepasserebbero i confini in cui questo libro deve rimanere, se ci si volesse addentrare in altri caratteri dei mondi superiori. Di tutto quanto può essere paragonato a relazioni di spazio e di tempo, che nei mondi superiori sono totalmente diversi da quelli del mondo fisico, si può infatti parlare in modo da essere compresi solo trattandone diffusamente. Notizie importanti al riguardo si trovano nella mia Scienza occulta.

 

IL MONDO SPIRITUALE

 

Prima di seguire lo spirito nel suo ulteriore cammino, dob­biamo esaminare la regione in cui esso penetra. È il “mondo del­lo spirito”. È  talmente dissimile da quello fisico che tutto quan­to ne sarà detto dovrà apparire fantastico a chi voglia confidare soltanto nei sensi fisici. Qui più che mai vale ciò che si è già det­to del “mondo dell’anima”: per descriverlo, bisogna ricorrere a similitudini, perché il nostro linguaggio, che serve per lo più al­la sola realtà fisica, non è ricco di espressioni appropriate al mondo spirituale. È dunque particolarmente necessario chiede­re di intendere alcune delle cose che saranno dette come sem­plici accenni. Tutto quanto verrà descritto è tanto diverso dal mondo fisico, che se ne può parlare solo in tale maniera. L’autore di questo libro sa bene come l’inadeguatezza dei mezzi di espressione linguistici, adatti per il mondo fisico, tolga alle sue comunicazioni la possibilità di rispecchiare veramente le espe­rienze dei mondi superiori.

 

Anzitutto va sottolineato che il mondo dello spirito è intes­suto della stessa materia

di cui consiste il pensiero umano; (an­che la parola “materia” è qui naturalmente usata in senso im­proprio).

• Quale vive nell’uomo, il pensiero non è che un’ombra, una pallida immagine del suo vero essere.

Il pensiero che si ma­nifesta nella testa umana sta all’entità corrispondente del “mon­do spirituale”

come l’ombra proiettata da un oggetto sta all’oggetto stesso.

• Quando dunque il senso spirituale dell’uomo è de­sto, percepisce l’essere-pensiero,

come l’occhio fisico percepisce una tavola o una sedia.

 

L’UOMO VIVE IN UN AMBIENTE DI ESSERI PENSIERO

 

L’occhio fisico percepisce il leone,

e il pensare diretto alle cose fisiche percepisce l’idea del leone solo come uno sche­ma, una pallida immagine.

L’occhio spirituale vede nel “mondo dello spirito” l’idea del leone

con la stessa evidenza reale con cui l’occhio fisico vede il leone fisico.

 

Anche qui può essere richia­mata la similitudine di cui ci siamo valsi parlando del mondo animico. Come al cieco nato che abbia subito l’operazione ogni cosa appare a un tratto dotata delle nuove qualità della luce e del colore, così a chi impara a valersi dell’occhio spirituale tutto ap­pare compenetrato di un mondo nuovo, del mondo dei pensie­ri viventi, o di esseri spirituali.

In questo mondo si vedono anzitutto gli archetipi spirituali

di tutte le cose e di tutti gli esseri esistenti nel mondo fisico e in quello animico.

 

Si pensi a un quadro esistente nello spirito, pri­ma che sia dipinto dal pittore: si avrà così una similitudine per ciò che è inteso con l’espressione archetipo. Non importa qui os­servare che forse il pittore non ha in testa un tale archetipo pri­ma di accingersi al lavoro, e che l’idea del quadro si concreta so­lo a poco a poco durante l’esecuzione.

 

Nel vero “mondo dello spirito” esistono archetipi per tutte le cose,

e gli oggetti e gli es­seri fisici sono calchi di tali archetipi.

 

È comprensibile che chi confida solamente nei sensi esteriori neghi questo mondo degli archetipi e sostenga che gli archetipi sono mere astrazioni che la ragione trae dal confronto con gli oggetti fisici: egli non è infat­ti in grado di aver percezioni in quel mondo superiore, e cono­sce quindi il mondo dei pensieri solo nella sua astratta forma schematica. Non sa che al veggente gli esseri spirituali sono familiari come a lui lo sono il suo cane o il suo gatto, e che il mon­do degli archetipi è una realtà assai più intensa di quella del mondo fisico-sensibile.

 

Il primo sguardo gettato nel “mondo spirituale” è certo an­cor più sconcertante di quello gettato nel mondo animico, poi­ché gli archetipi nella loro vera figura sono molto dissimili dai loro calchi fisici. Altrettanto dissimili essi sono dalle loro ombre, dai pensieri astratti.

Nel mondo spirituale tutto è in perpetua at­tività di moto, in creazione incessante.

 

Un riposo, una sosta, quali si verificano nel mondo fisico, là non esistono, poiché gli archetipi sono entità creatrici.

Sono gli artefici di tutto quanto nasce nel mondo fisico e in quello animico.

• Le loro forme mu­tano rapidamente, e ogni archetipo ha la possibilità di assumere innumerevoli figure particolari.

• Le fanno per così dire germo­gliare dal loro essere,

e non appena una è generata,l’archetipo si accinge a produrne un’altra.

 

Gli archetipi hanno poi fra loro re­lazioni di maggiore o minore affinità: non operano isolati.

L’u­no ha bisogno dell’altro per la sua attività.

• Innumerevoli arche­tipi cooperano spesso alla formazione di un essere nel mondo fi­sico o in quello animico.

 

Oltre a quanto si rivela alla “vista spirituale”,

vi è dell’altro che si presenta nel “mondo spirituale” come esperienza dell’“udito spirituale“.

 

Non appena il chiaroveggente ascende dal mondo animico a quello spirituale,

gli archetipi percepiti si rivelano infatti anche sonori.

• Tale “risonare” è però un processo solo spirituale.

• Non va associato al pensiero di un suono fisico.

Il veggente si sente come immerso in un mare di suoni,

e nei suoni, nel risonare spirituale si esprimono gli esseri del mondo spirituale.

 

Nei loro accordi, nelle loro armonie, nei ritmi e nel­le melodie,

si estrinsecano le leggi primordiali della loro esisten­za, i nessi reciproci e le affinità.

Quel che nel mondo fisico l’in­telletto percepisce come legge, come idea,

si presenta all’orec­chio spirituale” come musica spirituale.

(I pitagorici chiamava­no perciò questa percezione del mondo spirituale “musica delle sfere”. Per chi possieda l’udito spirituale”, tale “musica delle sfere” non è una semplice immagine, un’allegoria, ma una realtà spirituale ben nota).

 

Per farsi un concetto di questa “musica spi­rituale”, bisogna però allontanare ogni rappresentazione di mu­sica percettibile all’orecchio fisico. Qui si tratta di “percezione spirituale”, di una percezione cioè che deve restar muta per l’u­dito fisico.

 

Nella descrizione seguente del mondo dello spirito vogliamo omettere per semplificazione di accennare a questa “musica spirituale”. Basterà pensare che tutto quanto sarà de­scritto come “immagine”, come qualcosa di “fulgente”, sia nello stesso tempo risonante. Ad ogni colore, ad ogni percezione lu­minosa corrisponde un suono spirituale, e ad ogni combinazio­ne di colori, un’armonia, una melodia. Va tenuto presente che anche dove regna il suono, non cessa la percezione della “vista spirituale”. Allo splendore si aggiunge semplicemente il suono. Quando nelle pagine seguenti si parlerà di “archetipi”, bisognerà sempre pensare anche a “suoni primordiali”. A queste percezio­ni se ne aggiungono altre che per similitudine si possono indi­care come “sapori spirituali”, e così via. “Ma non ci addentrere­mo qui nella loro descrizione, poiché vogliamo suscitare sempli­cemente un’idea del mondo spirituale mediante alcuni elementi tratti dal suo complesso.

 

LE REGIONI DEL MONDO SPIRITUALE

 

Ora è necessario distinguere anzitutto le varie specie di ar­chetipi: anche per potersi orientare nel “mondo spirituale” biso­gna distinguere un certo numero di gradini o regioni. Anche qui, come nel mondo animico, non dobbiamo immaginarci le singole regioni sovrapposte a strati, ma compenetrate fra loro.

 

1 – La prima regione comprende gli archetipi del mondo fisico, fin dove esso non è dotato di vita.

Ne fanno parte gli archetipi dei minerali, e anche quelli delle piante,

ma solo per la loro parte puramente fisica, e cioè fin dove non si considera la vita che vi è in esse.

Ne fanno ugualmente parte gli archetipi delle forme fi­siche animali e umane.

Con ciò non è esaurito quel che vi è in questa regione; la si è soltanto illustrata con alcuni facili esempi.

Questa regione costituisce l’impalcatura del mondo spiri­tuale.

Può venir paragonata con la terra solida del nostro mon­do fisico, è la massa continentale del “mondo spirituale”.

Il suo nesso col mondo fisico corporeo può essere indicato soltanto co­me similitudine.

 

Se ne ha un’idea da quel che segue: si pensi un qualsiasi spazio circoscritto, pieno di corpi fisici di ogni specie;

si pensi poi che quei corpi fisici siano stati rimossi, e che al loro posto siano rimasti spazi vuoti con le loro stesse forme.

Pensia­mo ora gli spazi intermedi, prima vuoti, riempiti delle più sva­riate forme,

in molteplici relazioni con i corpi di prima.

Tale è press’a poco l’aspetto della regione inferiore del mon­do degli archetipi.

 

In essa le cose e gli esseri incarnati nel mon­do fisico esistono quali “spazi vuoti”, e negli interstizi fra questi

si svolge la mobile attività degli archetipi (e della “musica spiri­tuale”).

Al momento dell’incarnazione fisica, gli spazi vuoti si riempiono in certo modo di sostanza fisica.

Chi guardasse allo stesso tempo con l’occhio fisico e con quello spirituale, vedreb­be i corpi fisici

e, negli spazi intermedi, la mobile attività degli archetipi creatori.

 

2 – La seconda regione del mondo spirituale contiene gli arche­tipi della vita.

Ma la vita forma qui una perfetta unità,

circola nel mondo dello spirito come un elemento liquido, pulsando ovunque come sangue.

• Può venir paragonata al mare e alle altre acque della terra fisica.

Tuttavia la sua distribuzione somiglia piuttosto a quella del sangue animale che non a quella dei mari e dei fiumi.

 

Vita fluente formata da sostanza di pensiero:

così potrebbe chiamarsi questa seconda regione del “mondo spiritua­le”.

• Vi si trovano le forze primordiali creatrici di tutto quanto nella realtà fisica compare come essere vivente.

• Qui si rivela che tutta la vita è un’unità, che la vita dell’uomo è imparentata con la vita di tutte le altre creature.

 

3 – Come terza regione del mondo spirituale vanno riguardati gli archetipi di tutto ciò che è animico.

Ci troviamo qui in un elemento molto più sottile e più fine che non nelle due prime regioni.

Per similitudine possiamo indicarlo come atmosfera del mondo dello spirito.

Tutto quanto accade nelle anime degli altri due mondi ha qui il suo riscontro spirituale.

Tutte le sensazioni, i sentimenti, gli istinti, le passioni e così via si ritrovano qui in forma spirituale.

 

I processi atmosferici di questa zona corri­spondono ai patimenti e alle gioie delle creature negli altri mon­di.

La nostalgia di un’anima umana si palesa come un lieve sof­fio; lo sfogo passionale, come un violento turbine.

Chi sia in grado di farsi idee su ciò che si presenta qui,

penetra profonda­mente nel sospiro di ogni creatura quando vi indirizzi la sua at­tenzione.

 

Qui ad esempio si può parlare di tempeste furiose sol­cate da guizzi di lampi e rimbombi di tuoni,

e quando se ne cer­chi la causa si scopre che in tali “tempeste spirituali” si esprimono

le passioni di una battaglia combattuta sulla terra.

 

4 – Gli archetipi della quarta regione non si connettono diret­tamente con gli altri mondi.

In un certo senso sono entità che dominano sugli archetipi delle tre regioni inferiori

e ne regola­no la cooperazione.

Si dedicano a coordinare e raggruppare gli archetipi subordinati.

Da questa regione emana dunque un’atti­vità più ampia di quella delle regioni inferiori.

 

5,6,7 – La quinta, sesta e settima regione differiscono essenzialmen­te dalle precedenti,

poiché le entità che ne sono parte fornisco­no agli archetipi delle regioni inferiori gli impulsi per la loro at­tività.

Qui si trovano le forze creatrici degli archetipi stessi.

 

Chi può ascendere a queste regioni, arriva alla conoscenza delle in­tenzioni che stanno alla base del nostro mondo.

Quali germi vi­venti, gli archetipi sono qui pronti ad assumere le più svariate forme di esseri-pensiero.

• Quando siano trasportati nelle regioni inferiori, questi germi per così dire si gonfiano,

e compaiono nelle figure più diverse.

• Le idee per cui lo spirito umano diviene creatore nel mondo fisico sono il riflesso, l’ombra

degli esseri-pensiero germinali del mondo spirituale superiore.

 

Chi, dota­to di “orecchio spirituale”, ascenda dalle regioni inferiori del mondo spirituale a quelle superiori, si accorge che il risonare ed echeggiare si trasforma in “linguaggio spirituale”. Comincia a percepire la “parola spirituale” per cui le cose e gli esseri non gli manifestano più la loro natura solo musicalmente, ma gliela rivelano in “parole”. Gli dicono i loro nomi eterni, come posso­no venir chiamati nella scienza dello spirito.

Dobbiamo pensare che gli esseri-pensiero germinali sono di natura complessa. Dall’elemento del mondo del pensiero essi traggono per così dire solo l’involucro che racchiude il vero nu­cleo vitale. Così siamo giunti al limite dei “tre mondi”, poiché il nucleo proviene da zone ancora più alte.

 

Quando in un capitolo precedente l’uomo è stato descritto nelle parti costitutive del suo essere, si è parlato anche per lui di questo nucleo vitale e si so­no indicati, come sue parti costitutive, lo “spirito vitale” e [‘”uo­mo spirituale”. Anche altri esseri dell’universo possiedono nu­clei vitali analoghi. Essi provengono da mondi superiori e sono trasferiti nei tre mondi di cui abbiamo parlato per assolvervi i loro compiti.