Mondo animico lunare e mondo spirituale del Sole.

O.O. 227 – Conoscenza iniziatica – 29.08.1923


 

Sommario: Karma futuri con le entità lunari. L’intervallo fra le incarnazioni e la precessione degli equinozi. Mondo animico lunare e mondo spirituale del Sole. Germe spirituale della futura incarnazione. L’esperienza del passato terrestre e cosmico. I bodhisatva. Il mistero del Golgota. Gnosi (Pistis sophia). Dalla saggezza lunare a quella solare. Divisione dell’umanità fra oriente e occidente. Automobili, macchine, grammofoni come sintomi della civiltà.

 

Se consideriamo ciò che ieri è stato descritto, possiamo renderci conto di come l’uomo, mentre vive successivamente attraverso il tempo (occorre servirsi del termine «tempo», per accordarci con le condizioni fisiche) nel periodo che segue la morte terrena, arrivi anzitutto nella sfera delle entità lunari, e da quella debba poi passare nella sfera delle entità solari.

 

In un certo senso le entità lunari sono ancora parte dell’esistenza terrestre,

e le esperienze che l’uomo attraversa sotto gli influssi delle entità lunari nel mondo delle anime

sono anche ricordi cosmici dell’esistenza terrestre.

 

Si percorre a ritroso l’esistenza terrena in vere esperienze, ma compenetrate di giudizi cosmici, come ieri ho caratterizzato. Questi giudizi cosmici giungono agli uomini dopo la morte per mezzo delle entità lunari già descritte. In sostanza sono queste entità, sotto il cui influsso l’uomo allora si trova, che in certo modo fanno scorrere nel suo essere quei giudizi, così come fanno i minerali, le piante e gli animali che abbiamo qui sulla Terra.

Possiamo dunque dire: mentre l’uomo penetra dopo la morte nell’esistenza spirituale cosmica, egli arriva anzitutto a delle percezioni cosmiche che ancora emanano da entità, che un tempo erano legate con la Terra.

 

Abbiamo già ricordato come le entità che poi fissarono la loro dimora sulla Luna, come in una fortezza cosmica, fossero maestre degli uomini negli antichissimi misteri della Terra, e si ritirassero soltanto più tardi nella loro dimora sulla Luna; quanto l’uomo sperimentò in remotissime epoche direttamente sulla Terra, viene così da lui sperimentato oggi, durante il suo passaggio attraverso il mondo delle anime, sotto la influenza della popolazione lunare, se così la si può chiamare, che si è elevata alla Luna.

 

Questo termine si può adoperare veramente nel suo completo senso, tenendo conto delle premesse da me esposte nell’ultima conferenza; la popolazione lunare, sotto le guide che furono un tempo guide degli uomini, giudica in modo del tutto diverso dalla popolazione terrestre. Quest’ultima sperimenta soltanto oggi, nell’esistenza terrena fra la nascita e la morte, ciò che quella popolazione lunare già sperimentò in un remotissimo passato.

 

Se per contare gli anni adoperiamo i numeri terrestri dobbiamo dire che quella popolazione lunare attraversò nell’esistenza terrena, 15.000 anni fa e anche più, ciò che l’umanità ancora deve attraversare. E da assai più di 15.000 anni quella popolazione lunare è arrivata a formarsi un giudizio in cui concorrono natura e morale.

 

Noi sulla Terra separiamo ancora i giudizi naturalistici che ci facciamo su pietre e animali dai giudizi morali; quando giudichiamo di essi ci asteniamo da un giudizio morale. Noi diciamo: la natura segue soltanto una necessità amorale. Ma l’intero mondo non segue una necessità amorale. Se anche i singoli animali, le singole piante, i singoli minerali, soprattutto se vengono considerati nella loro esistenza separata, non devono essere considerati in modo da applicare ad essi giudizi morali, tuttavia la loro creazione, il fatto che essi siano nel mondo, derivano senz’altro da giudizi cosmici morali.

 

Quella popolazione lunare ha già questi giudizi morali. Perciò quando abbiamo varcato la soglia della morte dobbiamo udire, insieme a questa popolazione lunare, ciò che il cosmo dice di quanto abbiamo pensato, desiderato, sentito, voluto e operato sulla Terra. La nostra intera vita terrena viene, in certo modo, esposta alla luce del giudizio cosmico. Impariamo così quale sia il valore per l’intero universo di ciò che abbiamo fatto qui sulla Terra.

 

In seguito a queste esperienze sviluppiamo in noi gli impulsi per completare, correggere, rettificare in qualche modo, nella prossima vita terrena, ciò che abbiamo fatto nel senso dell’evoluzione del mondo o in opposizione ad essa. Mentre siamo dunque sotto l’influenza della popolazione lunare, riceviamo gli impulsi per il nostro destino nelle future vite terrene, per quello che la scienza orientale ha sempre chiamato il karma.

Gli impulsi per il karma vengono dunque accolti mentre l’uomo si trova sotto l’influsso della popolazione lunare che gli può dire che valore le sue azioni terrestri, i suoi pensieri abbiano per l’intero cosmo.

 

Le entità spirituali del mondo superiore che vivono attorno all’uomo, mentre egli è sotto l’influsso della popolazione lunare, sono le entità che nella mia Scienza occulta ho designate come esseri della gerarchia di Angeli, Arcangeli, Archai. Questo è il primo grado di entità, nella sfera delle quali l’uomo penetra; sono entità che non attraversano una fase della loro vita in un’incarnazione fisica terrestre.

Queste entità sono per parte loro in intimo rapporto con le entità delle gerarchie superiori. Ma durante la sua esistenza lunare, dopo la morte, l’uomo è in sostanza in relazione con la gerarchia di Angeli, Arcangeli e Archai, e non avverte ancora per nulla le gerarchie superiori.

 

Soprattutto i giudizi degli Angeli sono importanti per il valore delle azioni dei singoli uomini; l’uomo apprende così dagli Angeli, dopo la morte, il valore che le sue azioni individuali hanno per il cosmo.

Dagli Arcangeli egli sa soprattutto il valore delle sue azioni, in quanto egli parla una lingua, appartiene a questo o a quel popolo. Sono cose che determinano anche gli impulsi per il karma ulteriore.

Dalle Archai l’uomo impara infine il valore che le azioni da lui compiute in una determinata epoca avranno per l’epoca in cui egli dovrà discendere di nuovo dalle altezze spirituali nell’esistenza terrena.

 

Grazie a tutto ciò di cui l’uomo può allora compenetrarsi (e prego di tener ben conto di questa condizione), se egli si è preparato in modo giusto per l’esistenza ultraterrena, grazie a tutti gli impulsi che là può accogliere, e specialmente, come vedremo più tardi, grazie a come egli si è posto rispetto alle grandi guide spirituali dell’umanità, l’uomo può poi trovare il passaggio dalla sfera lunare a quella solare. Quando parliamo dei mondi in cui l’uomo penetra fra la morte e una nuova nascita, dobbiamo parlare di una popolazione lunare e di una popolazione solare.

 

Della popolazione lunare già sappiamo che ebbe anticamente dimora sulla Terra, che era unita alla Terra.

Ma in una epoca ancora più remota la popolazione solare era stata pure unita con la Terra, e ne viveva le vicende.

• Quando l’uomo arriva nella sfera lunare,

si rende conto di trovarsi con una popolazione che aveva dimorato con lui sulla Terra.

• Quando poi penetra nella sfera solare, egli si sente come invaso da un possente ricordo cosmico di un antichissimo tempo in cui la popolazione solare era ancora unita con la Terra. Ho descritto questo ricordo nel mio libro Scienza occulta in un’altra prospettiva.

 

Viene ora come sopraffatto dal ricordo di un’antichissima epoca in cui il Sole con la sua popolazione era ancora unito con la Terra. Dopo la morte noi ci familiarizziamo col cosmo spirituale, e penetriamo per così dire in due regioni spirituali cosmiche, dove incontriamo popolazioni con le quali anticamente eravamo uniti sulla Terra, quando eravamo esseri del tutto diversi.

Mentre attraversiamo le esperienze che si svolgono fra la morte e una nuova nascita, nell’attuale epoca dell’umanità il nostro sguardo risale fino all’evoluzione della Terra nell’universo per mezzo di grandi possenti ricordi.

 

Mentre in effetti durante la sua esistenza terrena l’uomo non percorre qui sulla Terra che una parte dell’evoluzione dell’umanità, fra la morte e una nuova nascita egli attraversa una parte dell’evoluzione complessiva cosmica del mondo. La popolazione solare attraversò dunque già in epoche remotissime le esperienze che noi facciamo come esseri terrestri, e ha pure superato le esperienze che si possono fare come esseri lunari.

Entrando nella sfera solare, l’uomo penetra in una sfera di somma saggezza nella quale egli può vivere soltanto, se vi si è sufficientemente preparato qui sulla Terra.

 

Ieri ho detto che l’uomo, mentre passa dal mondo delle anime al mondo degli spiriti, o come oggi dobbiamo dire, dalla sfera della popolazione lunare a quella della popolazione solare, rallenta in sostanza il « tempo » della sua peregrinazione nel cosmo.

Mentre dunque il giro della Luna dura circa un terzo del tempo della vita terrena, i prossimi giri su Marte, Giove e Saturno (che non sono completamente compiuti, come già ho detto ieri) vengono percorsi più adagio, anzi dodici volte più adagio che non il giro della Luna.

 

Se ora calcoliamo il tempo che ne risulta, otteniamo quanto segue.

Dobbiamo veramente partire da ciò che in origine era destinato all’uomo sulla base delle decisioni cosmiche. Così possiamo ritenere che l’uomo percorra il tempo lunare in un terzo del tempo terrestre.

Se riuniamo i tempi più lunghi di sonno dell’infanzia, e quelli poi dell’uomo durante la sua dimora terrena, otteniamo a un dipresso 30 anni, come tempo medio occorrente per percorrere il primo ciclo, quello lunare. Ogni ciclo seguente viene percorso in un periodo di tempo dodici volte più lungo, e otteniamo così 360 anni per ogni ciclo. Seguendo l’uomo più oltre nella sua peregrinazione attraverso i mondi, abbiamo così tre cicli che egli percorre. Egli non arriva fino a Saturno, ma dovrebbe attraversare quei cicli secondo il disegno originario.

 

Possiamo quindi dire: l’uomo percorre il primo ciclo, il secondo e il terzo; deve poi di nuovo percorrere all’indietro i tre cicli, compiendo così tre volte il giro; durante la sua peregrinazione per ritornare nella esistenza terrestre percorre il giro a ritroso altre tre volte. Dunque sei cicli. Otteniamo così il tempo che era veramente stabilito per l’uomo; avrò ancora da spiegare che egli non li assolve sempre a quel modo, e che le cose sono per l’uomo di oggi completamente diverse, ma ciò che era stabilito per l’uomo dalle originarie decisioni del cosmo erano 2160 anni.

Che cosa significano questi 2160 anni?

 

Basta ricordare che ogni anno, all’equinozio di primavera, il Sole si trova in un punto diverso dello zodiaco, sempre un po’ più indietro. Negli ultimi secoli esso è arretrato in quella direzione in modo che in origine era in Ariete e da lì si è spinto fino ai Pesci; a un dipresso in 25920 anni, cioè quasi in 26000 anni, il Sole compie l’intero giro dello zodiaco. I 2160 anni sono un dodicesimo di quella cifra, e in 2160 anni il Sole passa da un segno zodiacale all’altro. Era dunque in origine stabilito per l’uomo che egli ritornasse sulla Terra, dopo che il Sole fosse passato da un segno zodiacale all’altro.

 

Se per ragioni interiori si calcola il numero 2160 e lo si paragona con ciò che ho esposto da un punto di vista del tutto diverso nella Scienza Occulta (chi l’ha letta ricorderà che ho indicato il tempo del passaggio del Sole da un segno all’altro, come il tempo stabilito in origine per l’uomo per il periodo d’intervallo fra morte e nuova nascita) da queste due parti, cioè come ho fatto nella Scienza occulta dalla parte del cosmo, dall’esteriore, e poi come lo abbiamo fatto oggi dalla parte della vita umana interiore, si ottiene precisamente la stessa cifra. Sono appunto le cose che l’umanità dovrebbe osservare: se dalla scienza dello spirito si stabiliscono dei giudizi giusti da un dato punto di vista, e poi da un altro se ne stabiliscono altri, entrambi interiormente si accordano.

Chi giudica la scienza dello spirito secondo le idee odierne può dire con facilità: su che cosa poggia la tua scienza dello spirito? La nostra scienza poggia sull’osservazione, sull’esperimento; procediamo da questa base solida.

 

Chi parla a questo modo, di fronte ai fatti che abbiamo esposto si comporta come uno che dicesse: se sto sulla Terra, sono sopra un terreno solido; ogni macigno è sopra un terreno solido; tutto sulla Terra è sopra un terreno solido; gli astronomi sono però fantasiosi quando ci dicono che la Terra è librata nello spazio celeste. Per parlare ragionevolmente, dovrebbero raccontarci che essa poggia, come un macigno, sopra un terreno solido. Tale è a un dipresso l’opinione di chi parla dell’antroposofia, dicendo che essa non poggia su solida base. Gli sembrerebbe naturalmente ridicolo dire che la Terra dovrebbe poggiare come un macigno sopra un terreno solido; ma non gli sembra ridicolo non sapere che ciò che deve sostenersi interiormente, come si sostengono i corpi celesti, non può poggiare su base sperimentale o su di una spiegazione. Se gli uomini volessero formare i loro giudizi con vera coerenza, essi vedrebbero come la scienza dello spirito di cui qui si tratta proceda con assoluta esattezza, e ad ogni passo si renda completo conto del giudizio che in sostanza vuol esporre sul mondo e sugli esseri del mondo.

 

Dopo la morte l’uomo penetra così in un mondo in cui vive in compagnia di anime le quali pure, come lui, trascorsero un’esistenza terrestre, e dopo perduto il corpo attraverso la porta della morte furono trasferite nei mondi spirituali che appunto sono stati descritti. Vive dunque nella sfera degli uomini disincarnati, e vi prosegue le relazioni che sulla Terra aveva avuto assieme a loro, nelle esperienze spirituali notturne.

Abbiamo anche veduto, come l’uomo si trovi in compagnia di altri esseri spirituali, cioè della popolazione lunare che anticamente popolava insieme a lui la Terra; l’uomo poi s’innalza fino alla popolazione solare, che in tempi ancora più remoti era pure assieme a lui popolazione della Terra. L’uomo si trova ivi anzitutto in compagnia delle entità che compongono la seconda gerarchia. Le ho descritte nella mia Scienza occulta: le Exusiai, Dynameis, Kyriotetes.

Sono le entità con le quali l’uomo deve lavorare per essere in condizione, nella successiva vita terrena, di manifestare di nuovo, cosmicamente elaborato, tutto il destino, il karma che egli si è preparato nelle precedenti vite terrene.

 

Quando si è attraversata la sfera della popolazione lunare, si sa, certo non con pensieri terrestri ma con pensieri cosmici, ciò che non si è fatto giustamente nel senso cosmico, si conosce quale sia il valore per l’intera evoluzione cosmica di ciò che si è fatto, pensato e sentito. Non si è però preparata una nuova esistenza terrena, quando lo si conosca solo con pensieri cosmici. Entro la sfera lunare si perviene dunque a sapere che cosa si deve divenire nella prossima esistenza terrena, ma non la si può ancora preparare. Per questo occorre ascendere alla sfera solare, dove vivono le entità che non hanno ormai più a che fare con l’esistenza terrestre, ma che provvedono alle vicende dell’intero nostro sistema planetario.

Così il cosmo, per quanto l’uomo deve vivere in esso, nasconde per così dire due regioni spirituali con le loro popolazioni spirituali. Esso cela il mondo animico della popolazione lunare e la vasta popolazione della regione spirituale, della regione solare.

 

• Mentre la popolazione lunare, poiché da relativamente poco tempo, in una prospettiva cosmica è ancora unita con la Terra, ha interessi in comune con la popolazione terrestre, e in certo qual modo è dunque soltanto una colonia cosmica che deve agire con le vicende terrestri per orientarsi, per operare,

• invece l’universo solare, dove vive la popolazione solare sotto la guida di Exusiai, Dynamis e Kyriotetes, è un tutto nel cosmo, che ha da provvedere alle vicende dell’intero sistema planetario: Marte, Saturno, Giove, Venere ecc. insieme con la Terra e la Luna.

Penetrando nella regione del Sole, entriamo in una sfera in cui i nostri interessi in sostanza si estendono, in cui grazie alla collaborazione con Exusiai, Dynamis e Kyriotetes ci troviamo in condizione di progredire col nostro lavoro in modo da far nascere il germe spirituale di un corpo fisico che poi una coppia di genitori potrà sviluppare più oltre.

 

Un corpo fisico per noi adatto non potrebbe mai essere concepito da una coppia di genitori, se esso non fosse stato preparato durante lungo tempo nel cosmo spirituale, grazie al lavoro con entità elevatissime. Il nostro lavoro nel cosmo spirituale consiste in realtà (ed è davvero più grande, più vasto, di quello che compiamo nella piccola esistenza terrena) nel provvedere, insieme con le entità di gradi più elevati, agli eventi spirituali che hanno luogo in quegli esseri, come qui si svolgono gli eventi della natura, all’arte spirituale che là si svolge, come qui l’arte della natura; questo lavoro in ultimo ci mette in condizione di raccogliere tutto quanto in tal modo viene elaborato in una possente immagine primordiale spirituale che però è il germe spirituale, è in certo qual modo l’ombra proiettata del nostro corpo fisico che nascerà poi sulla Terra.

 

Quando l’uomo ha percorso i tre cicli e inizia il ritorno, ricomincia il suo interesse per le vicende della Terra; egli guarda allora giù, molti anni prima di nascere, le generazioni che si svolgono nell’evoluzione della Terra, alla fine delle quali si trovano suo padre e sua madre.

Già nel momento in cui l’uomo compie questa svolta nel cosmo, egli comincia a dirigere la sua attenzione alla Terra. Egli osserva i remotissimi antenati dai quali poi discendono figli e figlie, e poi di nuovo altri figli e altre figlie, e così di seguito, finché dopo secoli nasce la coppia di genitori alla quale egli può mandar giù, rimpicciolito, il possente vasto germe spirituale che è stato formato nel mondo spirituale per il corpo fisico, affinché il germe spirituale si possa unire nel seno materno con il germe fisico.

Quel germe spirituale è dapprima maestoso e grande come l’universo stesso.

 

Mentre l’uomo inizia il ritorno nel mondo fisico e osserva le generazioni dalle quali poi deriveranno i suoi genitori, egli esercita dal mondo spirituale un’azione nella serie di generazioni; durante questo tempo il germe spirituale diventa sempre più piccolo, finché ritorna nella sfera di Marte, nella vera sfera del Sole, e poi rapidamente discende di nuovo sulla Terra dalla sfera lunare, nella nuova vita.

Già qualche tempo prima che l’uomo stesso discenda come essere animico,

egli si fa precedere dal suo germe spirituale.

 

L’uomo si fa dunque anticipare per qualche tempo da ciò che ha preparato per il suo corpo fisico, prima di discendere egli stesso sulla Terra. In quanto egli ha in certo qual modo abbandonato il suo lavoro per la futura vita terrena, si trova ad essere in condizione di avere con il cosmo un rapporto diverso da quello che aveva prima; si trova in condizione di entrare in rapporto con l’intero etere cosmico.

 

• Come ultimo atto della sua discesa, egli trae dal mondo spirituale, dal complesso dell’etere universale,

le forze per formare il suo corpo eterico.

 

Quando il germe spirituale è stato già avviato e scende dai mondi spirituali, per vari anni, alla coppia dei genitori per la parte fisica del corpo, l’uomo stesso si trattiene ancora nel mondo spirituale, vi raccoglie l’etere intorno a sé; per un breve tempo egli diventa così un essere con un io, un corpo astrale e un corpo eterico; l’etere si è concentrato dall’etere cosmico complessivo.

Soltanto durante il periodo embrionale, la terza o quarta settimana dopo la concezione, l’essere umano unisce alla sua entità ciò che nelle prime tre o quattro settimane si è formato dall’unione del germe spirituale con quello fisico: ciò dunque che è arrivato prima di lui alla Terra, lo unisce con la sua entità, lo dota di quanto egli ha acquisito nel corpo eterico attingendo dall’etere cosmico.

 

L’essere umano diventa un essere costituito di ciò che è formato da quel che già prima è stato mandato giù: dal corpo fisico; dal corpo eterico, che in certo qual modo egli ha raccolto intorno a sé negli ultimi momenti della sua esistenza cosmica; dal corpo astrale e dall’io che sono passati attraverso la vita fra morte e nuova nascita.

Dopo aver avuto esperienze puramente spirituali, l’uomo discende così in una nuova esistenza nel mondo fisico.

 

Da quanto è stato detto risulterà chiaro che l’uomo, mentre attraversa il mondo fra la morte e una nuova nascita, sperimenta quel mondo come ricordo di un remotissimo passato dell’evoluzione terrestre; del passato che possiamo chiamare l’evoluzione dei mondi.

I ricordi cosmici che l’uomo allora rivive diventano però le sue azioni, perché con quei ricordi egli opera insieme con le entità superiori delle quali ho parlato e di cui dovremo ancora parlare; quel che così egli opera, e che ricordando e operando ricorda, è una visione importante del passato della Terra e del mondo.

 

Quel che l’uomo sperimenta durante i suoi rapporti con la popolazione lunare fa risorgere nell’anima umana il tempo che l’uomo percorse in vite terrene precedenti, dato che in quelle vite terrene precedenti egli già si trovava in simili rapporti con la popolazione lunare. L’uomo abbraccia con lo sguardo una serie di vite terrestri che sono uguali a quella attuale.

Poi l’uomo spinge lo sguardo ancora più indietro a una epoca terrestre in cui sulla Terra stessa egli si trovava ancora più vicino all’attuale popolazione lunare. Egli guarda indietro in un’epoca dalla quale, nell’esistenza fisica, lo separa quella che i geologi chiamano epoca glaciale; egli vede una forma dell’evoluzione terrestre che si trova descritta nei miei libri come epoca atlantica.

 

Ma guarda ancora più indietro nel passato all’epoca lemurica. Sulla Terra egli era allora in condizioni del tutto diverse: non era ancora talmente vincolato alla Terra da aggirarsi coi piedi su di essa. Egli viveva allora piuttosto come essere eterico nell’ambiente circostante, nell’atmosfera della Terra stessa. Lo poteva fare perché l’atmosfera conteneva ancora disciolta in sé anzitutto l’acqua che oggi si è posata nei mari e nei continenti; ma anche altre sostanze, che sono diventate oggi terra solida, erano allora disciolte nell’atmosfera. L’uomo viveva maggiormente nell’ambiente circostante durante un periodo (di nuovo ripeto di non dare importanza alla terminologia) che si chiama epoca lemurica, corrispondente a quella che i naturalisti indicano come l’epoca più antica della Terra.

 

Poi si guarda indietro a un’epoca in cui l’uomo era ancora unito con gli esseri stessi del Sole, con la popolazione solare, prima che durante l’evoluzione cosmica il Sole si fosse distaccato dalla Terra. Non si guarda indietro alla condizione che ho descritto nel mio libro La scienza occulta come l’epoca solare della Terra stessa, come la seconda condizione dell’evoluzione della Terra, ma si guarda indietro anzitutto soltanto alla ripetizione nell’esistenza terrestre di quell’evoluzione cosmica. È a questa ripetizione che si volge indietro lo sguardo.

In certo qual modo, quando la conoscenza umana si allarga per mezzo di ciò che l’uomo sperimenta fra morte e nuova nascita, essa si estende fino a divenire conoscenza cosmologica.

 

L’evoluzione terrestre, in uno con i risultati dei ripetuti gradini di esistenza terrestre, risorge nelle azioni umane che l’uomo compie con le entità superiori. Il passato della Terra, nel suo rapporto con l’intero sistema planetario: Sole, Luna, e i pianeti che da essi dipendono, risorge nelle azioni umane. Da quanto così sorge l’uomo forma la parte di avvenire che egli deve anzitutto configurare: la sua futura esistenza terrestre.

Ma egli è al contempo occupato con la preparazione dell’avvenire che viene preparato per il mondo, cioè per l’esistenza di Giove, di Venere e di Vulcano, esistenza che la Terra dovrà attraversare.

 

Quando esaminiamo queste cose possiamo arrivare a comprendere quale fosse negli antichi tempi cosmici una parte dell’evoluzione universale della Terra. Guardiamo indietro allora appunto a un tempo in cui l’attuale popolazione lunare dava dei maestri agli uomini terrestri. Poi quella popolazione lunare, con gli ultimi grandi maestri dell’umanità, si è ritirata nella fortezza lunare del cosmo.

 

Ma sempre di nuovo nascevano sulla Terra uomini che nell’intera loro vita karmica avevano la possibilità di rimanere in un’interiore relazione con le esperienze della popolazione lunare. Questi esseri, che sempre di nuovo nascevano nel corso dell’evoluzione della Terra, apparivano quindi come messaggeri della grande assemblea della popolazione lunare, apparivano a coloro che nel primo, secondo e terzo periodo di civiltà postatlantico avevano popolato la Terra e sviluppato in oriente una civiltà superiore. Questi inviati della Luna venivano chiamati bodhisatva. Essi erano uomini sulla Terra, ma in loro continuava a vivere direttamente sulla Terra la spiritualità dei grandi maestri lunari.

 

Succede così che si presentano tempi nell’universo in cui la popolazione lunare, poiché è più vicina alla popolazione solare di quanto non lo sia quella della Terra, sviluppa rapporti specialmente intimi con la popolazione solare; così per mezzo degli inviati lunari, che vengono chiamati bodhisatva in oriente, la saggezza solare può arrivare agli uomini della Terra nelle antiche civiltà orientali.

Ma per il progresso dell’evoluzione terrestre fu poi necessario che la civiltà terrestre non venisse aiutata soltanto dagli esseri della Luna. L’intera evoluzione della Terra avrebbe dovuto seguire un corso diverso da quello che gli era stato destinato dalla saggezza cosmica, se avesse continuato a procedere sempre con l’aiuto dei messi lunari che si presentavano nell’evoluzione terrestre. Per questa ragione abbiamo il grande importante evento che indichiamo come mistero del Golgota.

 

Mentre erano messi lunari, i quali in certo modo portarono alla Terra in antichissimi tempi la saggezza solare, l’Essere che è a capo degli spiriti solari discese col mistero del Golgota sulla Terra, e si incarnò nell’uomo Gesù. Di conseguenza si presentarono condizioni del tutto diverse nell’evoluzione della Terra. La saggezza della popolazione solare venne portata nell’evoluzione terrestre per impulso del Cristo Gesù stesso. Perciò l’ulteriore evoluzione della Terra deve svolgersi sotto l’impulso del Cristo Gesù.

 

Al tempo del mistero del Golgota vi era ancora ovunque sulla Terra tanta saggezza lunare che questa, come gnosi, come Pistis sophia (poiché questa è l’antica saggezza lunare) potè comprendere il significato del Cristo. Vi era ancora l’antica saggezza lunare, si presentò come gnosi. Essa fu veramente un’aspirazione, uno sforzo per comprendere il Cristo nell’intera sua spiritualità. La gnosi fu però distrutta. Fu il primo atto dell’evoluzione che tendeva a una temporanea incomprensione del mistero del Golgota; la gnosi fu distrutta, in parte perfino negli scritti dei suoi oppositori.

 

Si pensi ora se dell’odierna antroposofia dovesse rimanere soltanto ciò che gli oppositori ne hanno scritto, e si avrà un’idea di ciò che gli uomini possono sapere veramente della gnosi in base alle cognizioni esteriori. Non sanno che quel tantino che gli oppositori ne hanno detto, e un poco ancora di quel che sta scritto nella Pistis sophia, che però non capiscono. Questo solo è quanto si sa della gnosi. Essa era ancora, si potrebbe dire, un dono lunare degli antichi tempi per i primi secoli, soprattutto per i primi quattro secoli dell’evoluzione cristiana, perché dal quarto secolo in poi la gnosi non venne neanche più compresa.

 

Era dunque ciò che dalla saggezza lunare, dal Logos lunare poteva essere detto al Logos solare, al Cristo che era arrivato sulla Terra. Conoscendo questo nesso, si può veramente comprendere la gnosi, così poco compresa, sulla quale sono dette cose tanto strane.

Ma a questo non si può rimanere, perché l’evoluzione terrestre deve procedere. Dobbiamo realmente procedere dall’antica saggezza lunare a una nuova saggezza solare. Dobbiamo imparare a comprendere direttamente la nuova saggezza solare.

 

Domani dovrò ancora descrivere come l’antica saggezza lunare parlasse essenzialmente all’uomo, quando egli aveva raggiunto un determinato punto di evoluzione grazie a una respirazione del genere di quella dello yoga, di una trasformazione del processo respiratorio. Per mezzo di questa trasformazione l’uomo arrivava all’antica saggezza lunare.

 

Alla popolazione occidentale lo yoga non è più adatto; essa deve arrivare all’immaginazione. Il prossimo gradino a cui la civiltà in generale deve sforzarsi di arrivare è di conseguire l’immaginazione, ma vi sono parecchi ostacoli. L’evoluzione potrà però progredire per la civiltà umana soltanto se l’umanità accoglierà di nuovo un impulso spirituale.

Questo impulso è in relazione con l’intimo destino dell’umanità.

 

In tutti i tempi in cui comparvero i bodhisatva, in generale essi mai trovarono gli uomini contrari; se anche gli antichi tempi ci appaiono esteriormente spesso terribili, spaventosi, vi fu sempre la possibilità per gli uomini di andare incontro con buona volontà agli impulsi del mondo spirituale. Così i bodhisatva trovavano un’umanità, presso la quale sempre veniva accolto il Logos lunare, riflesso del Logos solare. Ma in quell’antico modo non si potrà mai più parlare all’umanità.

 

Ciò che una volta vi fu deve procedere oltre; non si tratta che l’antica saggezza lunare, l’antico Logos lunare possa terminare, ma deve continuare e deve essere compreso attraverso la parola solare; essa deve esser ritrovata, dopo la perdita dell’antico retaggio della gnosi. Ma non si può parlare all’umanità col vero linguaggio solare, se prima l’umanità non muove incontro alla parola solare con buona volontà. L’umanità aspetterà dunque invano l’arrivo di un successore dell’antico bodhisatva; che un bodhisatva vi sia o non vi sia, dipende dal fatto che l’umanità sappia muovergli incontro con comprensione.

Oggi l’umanità è profondamente scissa in umanità orientale e occidentale.

 

Chi non penetra a fondo con lo sguardo in questa realtà non giudica in modo giusto come l’umanità sia scissa fra oriente e occidente, come in modo del tutto diverso l’oriente aspetti da un nuovo bodhisatva qualcosa di cui l’occidente non ha idea. Non si è a sufficienza estesa sull’intera Terra, con l’odierna aspirazione nazionalistica, quella coscienza generale nell’umanità che appunto dovrebbe essere in sostanza un risultato dell’impulso del Cristo.

Ma l’umanità non troverà l’ascesa a questo elemento universalmente umano, a questo impulso davvero cristico, e perciò non potrà comprendere ciò che un bodhisatva avrebbe da dirle, se prima non avrà sviluppato di nuovo in sé una sufficiente aspirazione spirituale; per mezzo di questa essa potrà gettare un ponte sull’intera Terra per la comprensione tra l’occidente e l’oriente.

 

Parlo ora del tema che domani andrà ulteriormente svolto e che mostrerà in sostanza come il problema non sia oggi che gli uomini abbiano da aspettare il bodhisatva, ma che questi debba aspettare che l’umanità gli muova incontro con comprensione, prima di poterle parlare col suo linguaggio; l’umanità è infatti entrata nell’epoca della libertà.

Di quest’epoca della libertà, in relazione col tema appunto trattato, parleremo ancora domani. Ma tutto ciò che l’umanità dovrà attraversare, per trovare veramente l’intimo impulso per l’ascesa nel mondo spirituale, è in connessione con vari sistemi e sintomi della civiltà, in apparenza insignificanti.

 

Mi si scusi se collego grandi problemi a piccoli fatti; ma dai piccoli sintomi si scorgono grandi eventi. Pochi giorni fa dissi che proprio in questa regione, dove le immaginazioni si possono già fissare nello spirito, le automobili vengono a disturbare. Non parlo contro le automobili, già l’ho detto; l’antroposofia non può esprimere nulla di reazionario. Naturalmente io vado molto volentieri in automobile, quando è necessario, perché non si deve ostacolare il progresso nel mondo, ma al nuovo che sorge da una parte occorre contrapporre qualcosa dall’altra, in modo che andare in automobile sia giusto: all’andare in automobile, con tutto quanto vi è connesso, si deve contrapporre un cuore che tenda al mondo spirituale. Allora l’umanità, anche se compariranno altre cose oltre l’automobile, grazie alla propria forza e alla propria libertà (che dovevano sorgere, ma che a loro volta dovranno condurre al bodhisatva) potrà farsi strada più oltre.

 

Di fronte alle cose che si presentano nel mondo per la pratica meccanica al servizio degli uomini, l’umanità potrà aiutarsi da sé. Si può dire così: di fronte a automobili, macchine da scrivere e simili, l’umanità potrà aiutarsi da sé.

La cosa però è diversa (mi si scusi l’osservazione) quando si tratta del grammofono; con questo strumento l’umanità vuol costringere l’arte nella meccanica.

 

Se l’umanità acquisisse una preferenza entusiastica per cose del genere, in cui viene meccanicizzato ciò che come un’ombra della spiritualità discende nel mondo, se l’umanità sviluppasse un entusiasmo per cose di cui il grammofono è appunto un’espressione, essa non potrebbe più difendersene; allora gli dèi dovrebbero aiutarla.

Certo gli dèi sono benigni, e oggi ci si presenta anche la speranza che per il progresso della civiltà, dell’umanità, gli dèi benigni ci aiutino a superare aberrazioni del gusto, come quella del grammofono.