“Nascita dell’uomo interiore”

O.O. 131 – Da Gesù a Cristo – 04.10.1911


 

Che cosa erano i misteri nell’antichità?

Se si prende quello che ne è detto nella mia Scienza occulta se ne ha un chiarimento dal punto di vista della scienza dello spirito. Esistono però anche numerosi scrittori profani che dicevano apertamente ciò che era un segreto per gli uomini dell’antichità.

 

Ci viene raccontato che soltanto un piccolo numero di persone veniva ammesso nelle sedi che si indicavano col nome di misteri e che erano luoghi di culto. Era sempre un piccolo numero di persone che veniva ammesso ai misteri da parte dei saggi sacerdoti; erano pochi uomini che si isolavano dal mondo esterno in quanto riconoscevano che, per arrivare a ciò che doveva venir raggiunto nei misteri, essi dovevano iniziare un altro modo di vita, diverso da quello tenuto nel mondo esterno, e che soprattutto dovevano abituarsi a pensare in un altro modo. Vi era in realtà per i discepoli dei misteri un certo isolamento dal mondo esterno.

 

Dappertutto vi erano sedi di misteri. Se ne trovavano presso greci e romani, e anche presso altri popoli. Oggi vi è già una copiosa letteratura in proposito, ed è quindi possibile documentare attraverso l’indagine esteriore quello che viene detto qui.

Quando i discepoli dei misteri erano ammessi a quello che vi veniva insegnato, si può dire che quanto essi ricevevano può venir paragonato con quella che oggi è chiamata scienza, conoscenza; non veniva però accolto nello stesso modo in cui oggi vengono accolte le conoscenze.

 

Il discepolo dei misteri sperimentava qualcosa,

e attraverso quello che sperimentava egli diveniva un uomo del tutto diverso.

Sperimentava fortemente qualcosa che si può esprimere con queste parole:

• « In ogni uomo vive un uomo superiore, ma esso è profondamente nascosto e assopito,

così che la coscienza ordinaria non ne sa nulla.

 

E come l’uomo comune vede il mondo con i suoi occhi e può riflettere col suo pensare su quel che ha sperimentato,

così questo altro uomo, che in un primo tempo è ignoto alla conoscenza esteriore

ma che può venir risvegliato dalle profondità della natura umana,

può conoscere un altro mondo non raggiungibile per gli occhi esteriori e per il pensare esteriore ».

 

Questa esperienza Veniva chiamata « nascita dell’uomo interiore », espressione usata ancora oggi. Il modo in cui oggi viene usata ha per altro un carattere freddo, astratto; la si prende alla leggera.

Quando però il discepolo dei misteri la riferiva a se stesso, essa indicava qualcosa di grande che poteva venir paragonato soltanto con la nascita dell’uomo in senso fisico.

 

• Come l’uomo nel mondo fisico deriva da un sostrato oscuro

(sia esso un sostrato naturale secondo una concezione materialistica del mondo,

oppure un sostrato spirituale secondo una concezione del mondo derivata dalla scienza dello spirito),

e quindi in senso esteriore diviene solo allora uomo fisico,

• così ciò che prima non esisteva (come non esiste l’uomo fisico prima della nascita o della concezione)

nasce ora veramente quale uomo superiore grazie ai processi dei misteri.

Il discepolo dei misteri nasceva a nuovo, era come rinato.

 

Il modo di vedere oggi esistente circa la conoscenza, che viene data come risposta a un profondo problema filosofico, è esattamente il contrario di quello che era il filo conduttore di tutto l’atteggiamento e di tutto il modo di vedere propri ai misteri.

Nel senso di Kant o di Schopenhauer oggi l’uomo si chiede dove siano i limiti della conoscenza e che cosa l’uomo possa conoscere. Basta prendere in mano anche solo un giornale per trovare subito la risposta: « In questo o in quell’altro punto vi sono i limiti della conoscenza, e l’uomo non può superarli ». Il che è esattamente in contrasto con quanto si voleva nei misteri.

 

Certo, ci si diceva che l’uomo non può sciogliere tutti i problemi, non può penetrare dappertutto.

Ma non si sarebbe mai detto, nel senso di una gnoseologia di Kant o di Schopenhauer,

che qualcosa non può essere conosciuto; si sarebbe detto invece che

• si deve fare appello al fatto che l’uomo è suscettibile di sviluppo,

che vi sono in lui delle forze latenti che devono essere suscitate,

che quando esse vengono risvegliate l’uomo sale ad una superiore facoltà di conoscenza.

 

Il problema kantiano, teso a sapere dove siano i limiti della conoscenza,

non avrebbe avuto senso alcuno per l’antica concezione dei misteri;

aveva invece senso soltanto il problema di come fare per superare i limiti del conoscere, esistenti nella vita ordinaria,

di come cercare di suscitare dalla natura umana delle forze più profonde

al fine di vedere quello che non si può vedere con le forze abituali.

 

È necessario ancora dell’altro per sentire tutto l’alito magico dei misteri che si avverte anche attraverso le notizie di scrittori quali Platone, Aristide, Plutarco e Cicerone.

Ci deve essere chiaro che nei seguaci dei misteri esisteva un atteggiamento animico del tutto diverso da quello dell’uomo di oggi di fronte alle verità scientifiche.

Quelle che oggi chiamiamo verità scientifiche possono essere apprese da ognuno e con ogni atteggiamento animico.

 

Oggi si vede il segno della verità proprio nel fatto che essa sia indipendente dal nostro atteggiamento animico.

Per il discepolo dei misteri la cosa più importante invece era sperimentare qualcosa

grazie a cui l’anima venisse trasformata, relativamente al sentire, prima che gli venissero esposte le grandi verità.

 

Anche quelle che oggi ci appaiono come le più semplici verità scientifiche non sarebbero state insegnate al discepolo dei misteri in modo che le potesse apprendere esteriormente con la ragione; la sua anima doveva invece venir preparata in modo che egli si avvicinasse con riverente rispetto a ciò che gli poteva venir detto.

 

La preparazione per accogliere quanto i misteri potevano trasmettere

non era quindi un apprendere, ma una radicale rieducazione dell’anima.

Era importante il modo con cui l’anima si presentava di fronte alle grandi verità e ai tesori di saggezza,

quel che essa sentiva di fronte alle grandi verità e ai tesori di saggezza.

 

Da qui derivava per l’anima la convinzione di essere legata, mediante quello che le veniva dato nei misteri,

con le profondità cosmiche stesse, con ciò che scorre alle fonti di ogni origine dei mondi.

 

Così il discepolo dei misteri era preparato a sperimentare qualcosa che ci viene raccontato anche da Aristide. E chi, come è esposto nel mio libro L’iniziazione, sperimenta di nuovo quello che sperimentavano i discepoli degli antichi misteri e che egli può quindi confermare, sa che corrisponde a verità questo passo di Aristide:

• «Credevo di toccare il Dio, di sentire il suo avvicinarsi, mentre ero fra veglia e sonno;

il mio spirito era leggerissimo, in un modo che nessuno, che non sia iniziato, può dire e comprendere ».

 

• Vi era cioè una via verso le profondità cosmiche divine; non era scienza e neppure religione unilaterale:

era una via basata sul fatto che l’anima si preparava a sperimentare i pensieri dell’evoluzione cosmica

come pensieri degli dèi che compenetrano il mondo, e ad essere vicino al Dio nelle profondità spirituali cosmiche.

 

• Come noi nel respirare accogliamo l’aria esterna e la rendiamo parte integrante del nostro corpo,

• così il discepolo dei misteri sentiva di accogliere nella sua anima quello che pulsa spiritualmente nel mondo,

sentiva di legarlo alla sua anima e di diventare un uomo nuovo, intessuto con la divinità.