Nel devachan, nel cosiddetto mondo della ragione, si trova la cronaca dell’akasha

O.O. 99 – La saggezza dei rosacroce – 28.05.1907


 

Nel devachan, nel cosiddetto mondo della ragione, si trova una cosa importante, e cioè la cronaca dell’akasha; essa non si forma lì, ma proviene da una regione ancora superiore; chi però è arrivato sino al devachan incomincia anche a percepire la cronaca dell’akasha.

 

Possiamo farci un’idea della cronaca dell’akasha, se pensiamo che tutto quanto avviene sulla Terra o altrove nell’universo, esercita una durevole influenza su certe sottili essenze; questa è percepibile da chi è passato per l’iniziazione e ne ha acquistate le relative conoscenze. Non si tratta di una cronaca usuale, ma in certo senso di una cronaca vivente.

 

Supponiamo che qualcuno sia vissuto nel primo secolo dopo Cristo; allora i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi atti di volontà, le manifestazioni delle sue azioni non si sono dispersi, ma conservati in quella sottile essenza in modo che il chiaroveggente può «vederli». Non li vede come se fossero stati trascritti in un libro di storia, ma nel modo stesso in cui si sono svolti. Da queste immagini spirituali si rileva come un uomo si muova, che cosa abbia fatto, come per esempio si sia svolto un certo viaggio; in più si rilevano anche gli impulsi di volontà, i sentimenti e i pensieri relativi.

 

Non dobbiamo però figurarci che queste immagini siano l’impronta delle persone fisiche.

Per fare un esempio, se un uomo muove una mano,

la sua volontà è presente in ogni minima parte della mano in movimento,

ed è proprio questa forza, qui invisibile, che là si rileva.

La spiritualità, attiva in noi e fluita nella materia fisica, può essere veduta nel mondo spirituale.

 

Se per esempio facciamo delle ricerche intorno a Cesare, possiamo seguire le sue imprese nella cronaca dell’akasha, ben sapendo che vedremo specialmente i suoi pensieri; se egli si era proposto di fare una cosa, vedremo tutto il processo della sua volontà, sino al manifestarsi dell’azione nella vita.

 

Non è facile seguire un avvenimento concreto nella cronaca dell’akasha, e bisogna aiutarsi riallacciandosi a esperienze esteriori. Se il chiaroveggente vuole investigare qualche fatto riguardante Cesare, deve prendere le mosse da una data storica; il resto gli risulterà allora con più facilità. Le date storiche spesso non danno affidamento, ma talvolta possono essere di aiuto. Quando il chiaroveggente risale fino a Cesare, lo vede realmente in attività, come se gli stesse davanti in ispirito e gli parlasse; tuttavia, chi è capace di avere qualche visione, ma non sa bene orientarsi nei mondi spirituali, può incorrere in esperienze strane volgendo lo sguardo al passato.

 

La cronaca dell’akasha si trova infatti nel devachan, ma si estende fin giù nel mondo astrale di modo che in questo, come in un miraggio, si vedono spesso immagini della cronaca dell’akasha; però queste immagini astrali sono sovente sconnesse, inesatte e di poco affidamento; è importante e bisogna tenerlo presente se si intraprendono indagini sul passato.

 

Un esempio ne dimostrerà il pericolo. Studiando l’evoluzione della Terra, i dati della cronaca dell’akasha possono condurci ai tempi dell’Atlantide per osservarne gli avvenimenti prima del grande diluvio che la sommerse. Gli stessi avvenimenti si ripeterono poi in altra forma nella Germania settentrionale, nell’Europa centrale, a oriente dell’Atlantide, molto tempo prima dell’epoca cristiana, prima dell’arrivo del cristianesimo dal sud. Solo più tardi, grazie alle influenze provenienti dal sud, quelle popolazioni si individualizzarono. È un esempio di come si sia facilmente indotti in errore.

 

Seguendo le immagini astrali della cronaca dell’akasha, non quelle devachaniche, è facile confondere i fatti dell’Atlantide con la loro più tarda ripetizione. Questo si è verificato nelle indicazioni di Scott-Elliot sull’Atlantide: corrispondono perfettamente alle immagini astrali, ma non a quelle devachaniche della vera cronaca dell’akasha. Era necessario dirlo affinché riconoscendo la sorgente di un errore, si arrivi meglio a un’esatta valutazione delle indicazioni stesse.

 

Un’altra sorgente di errori sono le indicazioni dei medium. Quelli dotati di sufficienti qualità medianiche vedono la cronaca dell’akasha, ma in genere non arrivano che ai suoi riflessi astrali. La caratteristica della cronaca dell’akasha è che, se vi ricerchiamo una persona, questa si comporta come se fosse viva.

 

Goethe, per esempio, non soltanto si esprimerà con parole già dette sulla Terra, ma darà anche risposte di carattere goethiano; potrà persino dettare versi di stile e di contenuto suo, magari non mai scritti in vita.

 

L’immagine dell’akasha è così viva

che continua ad agire secondo il carattere originario dell’uomo,

tanto da poter essere confusa con la persona stessa.

I medium credono di parlare col morto che sopravvive in ispirito,

ma si tratta soltanto della sua immagine astrale dell’akasha.

 

Lo spirito di Cesare si sarà già reincarnato sulla Terra, e la sua immagine astrale continuerà ancora a rispondere nelle sedute spiritiche. Non si tratterà però dell’individualità di Cesare, ma soltanto della sua durevole impronta lasciata nella cronaca dell’akasha. Gli errori di molte sedute spiritiche derivano da questo fatto.

 

Dobbiamo distinguere fra il residuo dell’uomo nella sua immagine dell’akasha

e la sua individualità che continua nell’evoluzione. Si tratta di cose molto importanti.

 

Quando l’uomo ha passato il kamaloca non sente più il bisogno di compiere azioni per le quali sia necessario lo strumento fisico, ed entra nella regione prima descritta. Incomincia ora per lui un periodo molto notevole e dobbiamo chiarire che cosa gli avvenga.

 

Tutto quanto l’uomo ha sperimentato o soltanto pensato sulla Terra, i suoi sentimenti e le sue passioni,

nel devachan gli vengono incontro nelle figure delle cose circostanti.

• Per primo egli vede il proprio corpo fisico nel suo archetipo.

Come sulla Terra si cammina su rocce, montagne e pietre,

così là ci si muove sulle figure esistenti nel mondo fisico, e quindi anche sul proprio corpo fisico.

 

Il fatto di vedere il proprio corpo fisico come oggetto, fuori da se stessi,

è anzi per l’uomo, dopo la morte, un indice dell’avvenuto passaggio dal kamaloca al devachan.

Sulla Terra l’uomo identifica il suo io col suo corpo, tanto da poterne dire: «Questo sono io»;

nel devachan lo sperimenta invece come un oggetto esterno e dice: «Questo sei tu».

 

Anche la filosofia vedanta prescrive ai discepoli degli esercizi di meditazione, imperniati sulla frase: «Questo sei tu», tendenti a far loro capire che significhi sentire il proprio corpo come un oggetto esterno.