Nel mondo spirituale si ha come religione l’uomo ideale

O.O. 153 – Natura interiore dell’uomo e vita fra morte e nuova nascita – 10.04.1914


 

Qui nel corpo fisico noi viviamo la nostra vita fisica; ci serviamo dei nostri sensi, percepiamo il mondo, ce lo rappresentiamo, sentiamo in esso, cerchiamo per mezzo delle nostre azioni di darci un valore in questo mondo; agiamo coscientemente attraverso il nostro corpo.

 

Così si svolge la vita giornaliera, così la vita si esplica in quanto noi apparteniamo al piano fisico. Ma per ogni persona che voglia avere veramente il senso della propria dignità umana, deve esserci una vita superiore, e in realtà vi è sempre stata. Le religioni, che colmano l’uomo di vita superiore, sono sempre esistite. La scienza dello spirito ci colmerà in avvenire di una simile vita superiore.

 

Che cosa vuole tale vita superiore che in pensieri, in sentimenti, in sensazioni, trascende quanto il piano fisico può offrirci? Che cosa vuole tale vita superiore che in taluni si esplica sotto forma di oscuri presentimenti in campo religioso e in altri sotto forma di chiare e ben delineate linee direttive della scienza dello spirito, che trascende quanto i nostri sensi possono vedere, quanto si può pensare con l’intelligenza collegata al cervello, quanto col proprio corpo si può compiere nel mondo?

 

L’anima umana aspira a una vita spirituale.

• Conferisce effettivamente all’uomo la sua dignità soltanto il sentire in sé una vita spirituale,

il sapere qualcosa di una vita spirituale che trascenda la vita fisica.

• Si potrebbe dire: finché dimora nel corpo fisico,

l’uomo cerca di elevare la sua dignità, di presagire la sua vera destinazione

grazie a una vita che egli si rappresenta come trascendente il mondo fisico,

grazie al presentimento, al sentimento, alla conoscenza di un mondo spirituale.

«Alza lo sguardo allo spirito, senti che forze spirituali vibrano attraverso il mondo fisico».

• Questo è l’incitamento che la religione, e la vita ad essa affine, deve dare all’uomo.

 

Un educatore che si preoccupi seriamente dell’educazione di un ragazzo dovrà aver cura che egli non cresca vivendo soltanto nelle rappresentazioni esteriori materiali, ma dovrà fornirgli rappresentazioni di un mondo soprasensibile.

Si dia pure il nome di religione, senza però intendere con esso un sistema religioso limitato o dogmatico, si dia pure questo nome a ciò che fa uscire l’uomo dal mondo fisico.

 

Di fronte a quel che abbiamo descritto appunto come un uscire dal fisico dell’anima umana e un penetrare, al di là della nascita e della concezione, in un mondo spirituale precedente in cui l’anima si trova anche al di fuori dello spazio, noi ci chiediamo:

fra la morte e una nuova nascita, nel mondo in cui penetriamo come si è descritto,

esiste qualcosa che si possa chiamare una religione del mondo spirituale?

Vi è là qualcosa che si possa paragonare alla vita religiosa sulla Terra?

 

Abbiamo già descritto vari particolari, e ancora ne descriveremo, sui processi che l’uomo sperimenta fra la morte e una nuova nascita. Ma ora noi ci chiediamo se esista nella vita spirituale qualcosa che somigli a una religione, qualcosa di cui si possa dire che sta alle esperienze da noi descritte per la regione dello spirito così come le descrizioni del mondo soprasensibile stanno alla vita quotidiana sul piano fisico.

 

Chi esce dal proprio corpo fisico nel modo descritto, arriva alla conoscenza

che anche nel mondo dello spirito vi è una specie di vita religiosa.

 

È strano a dirsi: mentre tutto quanto ci circonda nel mondo spirituale, le entità spirituali e i processi spirituali si sperimentano come si sperimentano qui gli esseri fisici e i processi fisici, durante la vita fra la morte e una nuova nascita, o per lo meno durante gran parte di essa, si ha invece continuamente davanti a sé, come una figura maestosa e spirituale, l’immagine dell’ideale umano.

 

Noi abbiamo qui sulla Terra come religione tutto quanto trascende l’uomo; nel mondo spirituale si ha come religione l’uomo ideale. Si impara a conoscere che le diverse entità, le diverse gerarchie spirituali hanno cooperato con le loro intenzioni, con le loro forze, affinché, come è scritto nella mia Scienza occulta, entro la corrente dell’universo potesse a poco a poco essere creato l’uomo. Davanti agli dèi, come mèta della loro creazione, aleggiava l’ideale umano, quell’ideale umano però che non si esplica realmente nell’uomo fisico attuale, ma che potrebbe esplicarsi come sublime vita umana animico-spirituale, se le disposizioni dell’uomo fisico si sviluppassero compiutamente.

 

Davanti agli dèi,

come ideale superiore, come religione divina,

aleggia un’immagine dell’umanità.

 

Sulla lontana sponda della vita degli dèi aleggia davanti ad essi il tempio che, come somma opera artistica divina, pone la copia dell’esistenza divina nell’immagine dell’uomo. Peculiare è il fatto che l’uomo, mentre si va formando nel mondo degli spiriti fra la morte e una nuova nascita, si rende sempre più maturo per vedere questo tempio dell’umanità, questo alto ideale dell’umanità. Mentre qui sulla Terra noi sentiamo la vita religiosa come una nostra libera azione da estrarre da noi stessi, tale che alla mente materialistica sia anche possibile negare la religiosità, avviene il contrario nel mondo dello spirito fra la morte e una nuova nascita.

 

Quanto più ci si inoltra nella seconda parte del periodo fra morte e rinascita, tanto più chiaro ci sta davanti, sì che non può passare inosservato, l’ideale Umano sublime, la méta divina dell’universo. Qui sulla Terra l’uomo può non essere religioso, perché posta di fronte al fisico la sua anima può non vedere lo spirito.

 

Dall’altra parte invece è impossibile che l’uomo non scorga la méta divina, perché essa gli sta con certezza davanti agli occhi. Soprattutto nella seconda metà della vita fra morte e rinascita, per così dire alla sorgente dell’esistenza, ossia alla sorgente del fluire del tempo (accontentiamoci di questi termini, ricordandoci che abbiamo a che fare col tempo fuori dello spazio) ci sta dunque davanti l’ideale dell’umanità. Ivi non si può parlare di una religione in senso conoscitivo: non si tratta di conoscere il contenuto della religione, perché nella sfera spirituale il contenuto della religione è proprio quello che ho descritto ora. In questo senso dunque nessun uomo può essere irreligioso, perché ha davanti a sé l’ideale religioso del mondo dello spirito; questo ideale esiste di per sé; è la mèta divina, e ci viene posta davanti come una possente e gloriosa immaginazione, quando entriamo nella seconda metà della vita fra morte e rinascita. Sebbene non si possa parlare di un contenuto religioso conoscitivo, tuttavia anche lì viene esplicata una specie di religione sotto la direzione di alte entità spirituali che esercitano lassù un’azione sull’uomo.

 

Mentre la conoscenza e la veggenza non possono esserci insegnate perché sono naturali, invece la nostra volontà, il nostro sentire che vuole, il nostro volere che sente, devono essere stimolati, nella seconda metà della vita fra morte e rinascita, affinché possiamo veramente anelare all’ideale che vediamo. Nel nostro sentire che vuole, nel nostro volere che sente, fluiscono volontà divina, sentimento divino. Nella seconda metà della vita fra morte e rinascita noi veniamo istruiti, affinché ci sia possibile scegliere questa direzione.

 

Anche se i termini sono poco adeguati a quella vita tanto diversa, tuttavia essi possono servire. Un maestro può esercitare qui un’influenza sul nostro sentimento solo attraverso la rappresentazione; nell’al di là, superata la metà del periodo fra la morte e una nuova nascita, superato il momento che nel mio ultimo mistero drammatico Il risveglio delle anime ho chiamato l’ora della mezzanotte, varcato dunque quel punto, si verifica a tutta prima una certa ottusità del volere e del sentire nei confronti del mirabile tempio che ci si presenta nella lontananza dei tempi futuri.

Allora forze divine infiammano e riscaldano le nostre capacità animiche interiori. È un insegnamento che parla direttamente alla nostra interiorità; esso si esplica in modo che sempre più noi acquistiamo la facoltà di percorrere realmente la via che conduce a quello che consideriamo come un ideale. Nella vita fisica noi possiamo stare di fronte a un maestro o a un insegnante, egli può starci di fronte, e non di meno possiamo sentire che egli parla al nostro cuore da fuori. Ora invece noi sentiamo che i nostri educatori spirituali, appartenenti alle gerarchie superiori, educandoci nel modo appunto descritto fanno fluire le loro forze direttamente dentro la nostra interiorità.

 

Gli educatori terreni ci parlano;

quelli spirituali invece, nella vita fra la morte e una nuova nascita,

donano alle nostre anime la loro stessa vita,

educandoci spiritualmente e religiosamente.

 

Così noi sentiamo questi educatori, appartenenti alle gerarchie superiori, sempre più immersi in noi; sempre più ci sentiamo intimamente congiunti con loro, e così la nostra vita interiore si rafforza e si rinvigorisce. Più veniamo accolti dagli dèi, più essi vivono in noi e ci aiutano perché possiamo diventare interiormente sempre più forti. Questo è il sentimento fondamentale che pervade la vita fra morte e rinascita, soprattutto nella sua seconda metà.

 

Vediamo così come in quella vita tutto sia disposto in modo che le nostre esperienze si svolgano direttamente nelle profondità della nostra anima stessa.