Nel periodo lunare il sistema nervoso esisteva solo come archetipo, come immaginazione

O.O. 254 – Il movimento occulto nel secolo diciannovesimo e il mondo della cultura – 16.10-1915


 

Dopo quanto abbiamo elaborato in questi anni, soprattutto dopo le conferenze di Monaco sulla Saggezza dei rosacroce abbiamo visto come l’uomo abbia ricevuto sull’antico Saturno la disposizione per il suo corpo fisico, come poi a poco a poco sia passato attraverso l’evoluzione di Sole e Luna, e come poi nell’antico periodo lunare il sistema nervoso sia stato inserito nell’organismo, in ciò che allora esisteva del suo organismo fisico.

Ci si farebbe però un’idea del tutto falsa immaginando che durante l’antico periodo lunare il sistema nervoso fosse quale lo descrive oggi un anatomista o un fisiologo.

 

Nel periodo lunare il sistema nervoso esisteva in effetti solo come archetipo, come immaginazione.

• Soltanto nel periodo terrestre esso diventò fisico o meglio minerale, fisico-chimico.

La sua intera struttura, come si trova adesso nel corpo, è un risultato dell’organizzazione terrestre.

Durante l’organizzazione terrestre l’elemento minerale, la materia, fu inserito nell’archetipo immaginativo del sistema nervoso, come pure negli altri archetipi.

In questo modo si formò il nostro attuale sistema nervoso.

Il materialista dice dunque: con il sistema nervoso penso e percepisco.

Sappiamo che è un non-senso.

 

 

Per rappresentarci in modo reale il processo, possiamo raffigurarci un nervo qualsiasi che si trova nell’organismo.

Pensiamo a nervi differenti che si ramificano.

Un nervo ha così un tronco e dei rami; accade persino che rami giungano in prossimità di altri rami e che poi da lì continui un altro tratto. Certo è solo un’indicazione schematica e imprecisa.

Come scorre infatti la vita dell’anima all’interno del sistema nervoso?

Questa è la domanda che ci dobbiamo porre anzitutto.

 

• Non si perviene ad alcuna rappresentazione sullo scorrere della vita animica entro il sistema nervoso, osservando solo la coscienza di veglia diurna.

Ma non appena si considera il momento in cui, con l’io e il corpo astrale, si esce dal sistema nervoso (dall’intero corpo e dunque anche dal sistema nervoso) e in modo particolare il momento del risveglio, in cui si rientra, ci si accorge di un fenomeno singolare: durante il sonno in realtà si era fuori dai propri nervi con il corpo astrale e l’io.

Di nuovo si scivola nei nervi, ci si insedia in essi.

Prima ci si sente posti al di fuori e poi si fluisce nei nervi.

Al risveglio si ritorna nei propri nervi.

 

• Il processo del risveglio è molto più complesso di una prima schematica descrizione.

Durante il giorno con l’anima si è infatti dentro il corpo in maniera che lo si colma, assieme ai nervi, con il corpo astrale.

In tal modo il corpo fisico non viene riempito da una sorta di nebbia, ma colmandolo l’anima lo organizza: entrando nei diversi organi, scivola fin nelle diramazioni più estreme dei nervi come se avesse fili sensibili.

Immaginiamoci tutto ciò con molta vivacità. Lo voglio disegnare ancora una volta schematicamente, ma posso farlo soltanto come fosse capovolto, come una sorta di immagine speculare. Lo devo disegnare dall’esterno, mentre dovrei farlo dall’interno.

Supponiamo che il disegno rappresenti il corpo astrale e i fili sensibili che esso tende (rosso). Tutto quel che si vede nel disegno è il corpo astrale che tende fili sensibili fin entro i tratti nervosi (v. disegno seguente).

Così penetra nei tratti nervosi.

 

Immaginiamo che la manica della mia giacca sia cucita in fondo, che io vi infili il braccio come dentro un sacco, che abbia cento braccia e che le infili in altrettanti sacchi; con le mani andrei ad urtare dove le maniche sono cucite.

Allo stesso modo scivoliamo fin dove termina il tratto nervoso.

 

 

È possibile seguire nel corpo fisico dove il tratto nervoso termina, fin dove si penetra. Mentre scivolo nella manica non sento nulla. Sento solo quando giungo dove la manica è cucita.

La stessa cosa vale per i nervi: noi sentiamo il nervo soltanto dove esso termina. Siamo tutto il giorno dentro la materia nervosa e sempre tocchiamo le terminazioni dei nostri nervi. Non se ne è coscienti, ma la coscienza si manifesta senza che lo si voglia.

 

Se ora si pensa, e si pensa con l’io e il corpo astrale, possiamo dire: il pensare è un’attività che dall’io e dal corpo astrale si trasferisce al corpo eterico. Da quest’ultimo giunge ancora qualcosa, quanto meno il suo movimento.

 

 

La causa della coscienza è che grazie al pensare giungo sempre a un punto in cui urto.

Urto in una quantità infinita di punti quando scivolo dentro, soltanto che non ne sono cosciente.

Ne giunge a coscienza soltanto chi sperimenta in modo consapevole il processo del risveglio: immergendosi con coscienza nell’involucro dei nervi, sente di venir punto dappertutto.

 

Conobbi una persona interessante che nella coscienza riceveva in maniera abnorme ciò che vorrei illustrare: era un matematico eccellente che conosceva bene il livello più alto raggiunto allora dalla matematica superiore. Naturalmente si occupava anche molto di calcolo differenziale e integrale.

Differenziale è in matematica l’elemento atomistico, il più piccolo, quel che di più piccolo ancora si può pensare.

Di più oggi non posso dire al riguardo.

 

Avveniva dunque che senza emergere dalla soglia della coscienza, egli divenisse consapevole di venir punto dappertutto quando procedeva così. Se non se ne prende coscienza in modo corretto, ad esempio con gli esercizi descritti in L’iniziazione, compaiono a volte cose insolite.

Così egli credeva di percepire in sé i differenziali, era pieno di differenziali, dappertutto sentiva differenziali. Sono pieno di differenziali — diceva — non sono affatto integrale. Era anche in grado di dimostrare con sottigliezza di ingegno come fosse zeppo di differenziali.

 

Immaginiamoci quei punti in modo vivo.

Che cosa ne fa l’uomo quando non affiorano alla sua coscienza?

Li proietta nello spazio riempiendolo: sono gli atomi.

Tale è in verità l’origine dell’atomismo.

L’essere umano fa proprio la stessa cosa che faremmo se avessimo davanti a noi uno specchio e non lo sapessimo.

Crederemmo senz’altro che al di là vi sia altra gente.

 

Così ci rappresentiamo lo spazio intero ricolmo di ciò che vi proiettiamo.

L’intero processo nervoso si rispecchia nell’essere umano perché qui egli urta.

Ma di tale urtare egli non ha coscienza, e pertanto lo spazio gli appare ricolmo tutto intorno di atomi.

Gli atomi sono le punture che fanno le sue terminazioni nervose.

In nessun luogo della natura siamo costretti ad ammettere gli atomi, ma lo siamo dalla natura umana.

 

Nel momento in cui con il risveglio si torna in sé, ci si immerge in se stessi e ci si accorge di una quantità innumerevole di punti nello spazio. In quel momento si è nella medesima condizione in cui ci si trova quando si cammina verso uno specchio, vi si urta contro e poi si sa che non si può andare oltre. Così avviene nel destarsi.

Nell’istante in cui ci si desta, si urta contro i propri nervi e si sa: qui non puoi andare oltre, non lo puoi superare.

Tutta l’immagine atomistica dunque sarebbe come una parete a specchio: lo si sa nel momento in cui ci si accorge che non si riesce a superarla.