Nella quinta epoca postatlantica gli uomini svilupperanno sempre di più la coscienza di vedere la morte stare accanto a sé come compagna

O.O. 346 – Apocalisse ed agire sacerdotale – 09.09.24


 

Dobbiamo riuscire soprattutto a leggere l’Apocalisse nel modo in cui deve venire letta nel presente, poiché, nel presente, Io sviluppo spirituale dell’uomo si deve dispiegare nel segno dell’anima cosciente, e tutto ciò che è guida della vita spirituale deve pervenire completamente alla coscienza. Per questo motivo, per noi, si tratterà di accogliere in noi stessi, in piena coscienza, l’orientamento riguardo ciò che dà lo scrittore dell’Apocalisse.

 

Nelle epoche precedenti, le comunicazioni dello scrittore dell’Apocalisse forse avevano un significato maggiore o minore per gli iniziati più elevati che furono sempre meno presenti nei tempi successivi, ma non avevano alcun significato per il normale sacerdozio. Oggi, ciò che è contenuto nell’Apocalisse, deve penetrare davvero nella coscienza del sacerdozio.

 

Ora, ieri, abbiamo fatto accenno alle sette comunità e, a partire da un certo punto di vista, abbiamo fatto accenno alla comunità di Efeso. Il mondo è veramente ricco di punti di vista e una cosa può avere molti punti di vista. Possiamo caratterizzare la comunità di Efeso come l’abbiamo fatto ieri e poi trovare come il Cristianesimo, da premesse pagane, si sia sviluppato all’interno di una comunità. Possiamo però accennare anche al fatto su come, in questi impulsi, sia contenuto molto di ciò che fu la struttura portante del primo periodo postatlantico, più di quanto fu il caso nell’India del periodo successivo.

 

Così si può scorgere, in un certo senso, in ciò che ad Efeso si sviluppò come Cristianesimo,

la continuazione cristiana della concezione del mondo e della concezione di vita del primo periodo postatlantico,

mentre nella comunità di Smirne, che nell’Apocalisse viene nominata al secondo posto,

si può osservare, in primo luogo, l’antica cultura persiana che poi è trapassata nel Cristianesimo.

• D’altro canto, Pergamo viene citata come quella comunità in cui ha vissuto la terza cultura postatlantica.

 

Troviamo, facendo agire su di noi proprio la missiva alla comunità di Pergamo,

come si faccia accenno, in maniera più o meno chiara,

alle parole di Ermete che ha vissuto all’interno di questa cultura.

• Poi, nella lettera alla comunità di Tiatira veniamo indirizzati a quella cultura

che chiamiamo la quarta cultura postatlantica, quella in cui ha luogo lo stesso Mistero del Golgota.

Facendo agire su di noi questa importante missiva, ovunque ci viene fatto ricordare

come realmente il messaggio del Mistero del Golgota agisca direttamente.

Giungiamo poi alla comunità di Sardi già ieri citata.

 

Vi ho mostrato come questa comunità di Sardi fosse in un certo qual modo orientata astrologicamente, come fosse orientata sul servizio stellare. Però con ciò, come storicamente non può essere certamente diverso, questa comunità porta in sé molto del passato, ma soprattutto questa comunità porta proprio del futuro in sé. E, oggi, vogliamo tentare di portare tutto ciò nella nostra concezione spirituale del presente.

 

Viviamo nel quinto periodo postatlantico.

Se si getta lo sguardo a ciò che era il passato a Sardi, era presente anche qualcosa in germe,

che non era ancora stato portato a completamento al tempo in cui Giovanni scrisse l’Apocalisse.

Tutto il tono di questa quinta missiva è diversa delle quattro precedenti.

Nello scrivere alla comunità di Sardi, Giovanni accenna al futuro.

Il futuro a cui allora egli accennava, che in un certo qual senso era incorporato a Sardi in germe,

era proprio il nostro tempo; è il tempo in cui noi viviamo.

 

Ora, però, d’altro canto, con i sette sigilli viene fatto ancora accenno alla successione delle susseguenti epoche del periodo postatlantico e allo sviluppo del Cristianesimo; in questa missiva è occultato lo sviluppo del periodo postatlantico del Cristianesimo.

 

Abbiamo accennato anche, nei sette sigilli, ai segreti delle sette comunità. Percepiamo qui – e descriveremo poi gli altri significati dei sette sigilli, come all’apertura del quarto sigillo, a cui corrisponde un segreto della quarta epoca postatlantica, appare un cavallo verdastro e come ora il discorso cada sulla morte giunta nel mondo (Apocalisse 6,8).

 

In effetti, con ciò, si tocca uno dei più importanti segreti dell’Apocalisse perché questo segreto è particolarmente importante per il nostro tempo. In un certo qual senso realmente nella quarta epoca postatlantica entra la morte nell’umanità. Chiariamocelo.

 

Trattando delle cose come la morte si impara a conoscere bene la natura umana.

Retrocediamo sino alla prima, alla seconda, e alla terza epoca postatlantica. La disposizione animica umana, e soprattutto l’intera disposizione dell’uomo, la percezione di sé stessi, nelle prime epoche era diversa da quella che divenne più tardi. Prima accadeva che l’uomo possedesse un chiaro sentimento interiore della sua crescita sulla Terra.

 

Nella sua coscienza l’uomo possedeva una chiara memoria del fatto che prima della vita terrena aveva vissuto, su, nel mondo spirituale. Anche se nell’ultimo periodo del mistero del Golgota questa coscienza si era fortemente indebolita, tuttavia nel primo, secondo e terzo periodo postatlantico era presente in modo talmente determinante, in ogni personalità umana, che l’uomo sapeva di essere stato un essere spirituale, prima di essere bambino.

 

Questa disposizione animica non è contenuta in documenti esteriori, ma era proprio così. Non si teneva conto solo della nostra permanenza sulla Terra, si teneva conto anche della continuazione della permanenza sulla Terra guardando all’indietro fino ad arrivare fin dentro il mondo spirituale.

 

Ciò che fece la sua comparsa nel quarto periodo postatlantico,

proprio in quel periodo in cui avvenne il mistero del Golgota,

fu il fatto che l’uomo vide chiaramente sé stesso, per così dire, racchiuso fra due porte:

la porta della nascita o del concepimento, e la porta della morte.

 

Questa coscienza, questa disposizione animica, fece realmente la sua comparsa nel quarto periodo postatlantico, cosicché abbiamo a che fare, circa fra l’ultimo secolo prima di Cristo e il quindicesimo secolo dopo il mistero del Golgota, con lo sviluppo della coscienza del fatto che l’uomo è strettamente racchiuso fra i limiti della vita terrena. Da questo periodo in poi, si sta preparando una nuova coscienza; però, siamo solo agli inizi. Dobbiamo pensare che, dall’inizio di questo periodo, sono passati quattro, cinque secoli; questo è il modo in cui si sviluppò la coscienza nel quarto periodo postatlantico nel terzo secolo prima di Cristo; allora vi era una coscienza del tutto diversa di quella che fu nel tempo di sviluppo del quarto periodo postatlantico.

 

L’umanità del presente

non indossa ancora l’abito della nuova coscienza, bensì porta l’abito della quarta epoca postatlantica.

E di questo si preoccupa l’intera civilizzazione.

 

Riflettiamo soltanto a quante cose ci sono state trasmesse dalla quarta epoca postatlantica, come fortemente gli uomini vivano ancora nella quarta epoca postatlantica, in modo cosciente o civettuolo. L’intera nostra formazione ginnasiale è tale che in essa agisca ancora la quarta epoca postatlantica. Fintanto che il latino sarà la lingua degli eruditi agirà la quarta epoca postatlantica. E pensiamo come sia ancora così nella vita pubblica, come si ragioni come nella quarta epoca postatlantica.

 

È per questo motivo che non siamo, per così dire, ancora giunti affatto alla piena umanità per la quinta epoca postatlantica, per lo sviluppo dell’anima cosciente. Ed è perciò che gli uomini del presente vedono la questione in modo tale che la loro vita terrena sia racchiusa fra le due porte, la porta della nascita e la porta della morte.

 

Questa coscienza, nell’evoluzione, si capisce, ma non emerge ancora nella maggior parte degli uomini; essa emerge solo nei singoli individui, particolarmente a ciò chiamati. Ho conosciuto nella mia vita una quantità di uomini42 chiamati a ciò, e di consuetudine non li si nota.

 

La coscienza che l’uomo sviluppa nel quinto periodo postatlantico è tale da non bastare affatto completamente per la vita fra nascita e morte, bensì è tale che la morte reciti sempre un ruolo all’interno della vita terrena.

Diviene cosciente all’uomo che si muore un po’ ogni giorno, che il deperire nell’uomo inizia proprio progressivamente e che la morte è sempre presente. Ci sono singoli uomini che fortemente temono la morte, mentre la sentono rodere la loro umanità terrena; ma ho conosciuto anche uomini che amavano la morte, perché sempre li ha accompagnati e che proprio l’hanno sempre voluta.

 

Questo, è un qualcosa che emergerà sempre di più nella quinta epoca postatlantica:

la coscienza di vedere passare accanto a sé la morte.

L’uomo percepirà quel intimo processo di fuoco che è correlato con lo sviluppo dell’anima cosciente.

L’uomo esperirà in sé, in maniera particolare

nei momenti in cui esce dalla coscienza di sonno ed entra nella coscienza di veglia,

questa stessa coscienza di veglia come una specie di processo igneo che lo consuma.

 

Perché l’anima cosciente è qualcosa di altamente spirituale;

però lo spirituale consuma sempre il materiale.

Ed il modo e la maniera in cui l’anima cosciente consuma nell’uomo la parte materiale ed eterica

è una specie di processo igneo, un processo di metamorfosi.

L’uomo, nel corso della quinta epoca postatlantica, lo percepirà progressivamente sempre di più in sé.

Non dovete rappresentarvi questo fuoco come una bruciante fiamma di candela;

non bisogna rappresentarselo in maniera tanto fisica.

L’uomo, però, sentirà il costruirsi morale della propria anima, questo stargli accanto della morte.

 

Per la maggior parte degli uomini accade così: Osservando come si dileguano un momento dopo, un’ora dopo, il giorno dopo, il mese dopo, le buone intenzioni o i forti propositi che essi hanno. Si prende tutto ciò come qualcosa che, nella visione materialistica dominante, accade facilmente. Lo si imparerà, però, a sentire in maniera diversa. Si imparerà a sentire come un’intenzione, per il cui adempimento si è stati troppo deboli, consumi la vita, diminuisca l’uomo nel suo peso morale, si imparerà a sentire come questi diventi più inconsistente dal punto di vista morale, più insignificante nell’Universo.

 

Oggi lo si percepisce come una debolezza dell’anima e non come qualcosa che continua nell’Universo. Però lo si percepirà nel futuro. Allo stesso modo l’uomo percepirà come certe attività intellettuali lo consumino, come lo consumino attraverso un fuoco animico. Già oggi sono presenti questi fenomeni ed anche in grande misura, ma non sono stati finora percepiti a questo modo.

 

Vi è un modo di penetrare graduale nel mondo spirituale prendendo, per esempio, in considerazione, ciò che viene dato nel libro “l’iniziazione” tramite il quale si giunge ad una armonia fra spirito, anima e corpo. Nel modo, però, in cui la maggior parte degli uomini oggi pratica la vita spirituale, specialmente anche senza questi esercizi, anche in particolare nel modo in cui nelle singole confessioni viene praticata la vita religiosa questa stessa vita religiosa agisce nell’uomo in modo tale da sminuirlo, renderlo più inconsistente nel peso morale.

 

Queste sono cose che, nella coscienza, vengono sempre più percepite.

L’uomo cambierà molto se stesso in questa quinta epoca postatlantica,

perché è un grande cambiamento quando ci si sente rafforzati, o sminuiti,

nella propria intera umanità attraverso ciò che è animico,

se si sente il destino non solamente come una questione di rapporti,

che esteriormente si trovano nei dintorni di qualcuno e che su di esso agiscono,

ma se si sente il destino come qualcosa che rende qualcuno moralmente più leggero o più pesante

 

Vedete, questa è la coscienza che si prepara nell’uomo che si può vedere prepararsi anche esteriormente, empiricamente. Comincia oggi il tempo in cui il sacerdozio deve scorgere queste cose alla presenza dei fedeli. Perché qui si tratta di trattare ciò che si solleva qui fino alla coscienza umana – cosa che oggi non è ancora pienamente cosciente, ma che si mostra in ogni sorta di inquietudine, nervosità, contenuti di sensibilità disarmonici – in maniera tale che l’uomo ne abbia conforto e forza.

 

Sarà sempre meno possibile, da parte del sacerdozio, il formarsi soltanto idee generali secondo cui trattare il singolo uomo. In certo senso – non prendetela male – un ampio contesto, il modello era, ed è ancor oggi, la cosa più influente. Quando si interroga un uomo che soffre in qualche modo di fissazioni e ha cercato rifugio da un parroco, si può qui realmente sentire cosa il parroco abbia fatto con lui. Ora qui è possibile sentire che il parroco ha tentato di risvegliare in lui la coscienza del peccato. Ed anche in un secondo caso si potrebbe sentire che il parroco ha, di nuovo, tentato di risvegliare la coscienza del peccato. Così il modello penetra dappertutto.

 

Quando un giorno ho sentito tre funerali, mi è balzato agli occhi che ogni funerale dello stesso parroco, veniva iniziato con le stesse parole: “Come alto il cielo è sopra la terra, così i miei pensieri sono più elevati dei vostri pensieri.” – Era sempre presente questo modello che, in un certo senso, era giustificato nella quarta epoca postatlantica. Questa è qualcosa che, fra le altre cose citate, si è protratta anche nella quinta epoca e domina ancora fra di noi mentre, proprio nella nostra epoca di cultura, deve entrare in tutto un’osservazione più fine ed una trasformazione.

 

Il sacerdozio, oggi, deve iniziare da ciò. Il sacerdozio deve iniziare dal fatto di potere dirigere di nuovo, all’interno del cuore dell’altro uomo lo sguardo animico. Questa è una cosa che può fare solo una minoranza fra gli uomini.

L’uomo rimane oggi, per l’altro uomo, fertilmente sconosciuto.

 

Vedete, se con un certo timore reverenziale – e senza timore referenziale la lettura dell’Apocalisse non va avanti -, se si legge con timore reverenziale il punto delle vesti bianche (Apocalisse 3, 4-5) con cui devono venire rivestiti coloro che hanno compiuto il loro compito della quinta epoca postatlantica, se ne riceve quasi l’impressione: Qui si tratta di penetrare profondamente in questa particolare coscienza dell’uomo, attraverso lo sguardo sacerdotale, di conoscere l’uomo nel modo in cui esso si avvicina, di fronte a questi nel quinto periodo postatlantico.

 

Questo è l’ammonimento:

Di non conoscere gli uomini dai loro vestiti che portano,

non attraverso quello che rappresenta il mondo esteriore,

ma di conoscerli per le loro vesti animiche.

 

Attraverso questa lettera alla comunità di Sardi lo scrittore dell’Apocalisse esprime questo ammonimento proprio al nostro presente.

Nel tempo presente, il sacerdote deve penetrare nell’anima dell’uomo, a prescindere da tutte le esteriorità. Il sacerdote deve iniziare in un certo qual senso a considerare l’uomo in modo tale, nel modo caratterizzato ieri, da doverlo considerare volendo giungere al suo karma.

 

Ho detto: Se si vuole giungere al karma dell’uomo non si può guardare alla sua professione, ai suoi rapporti sociali, a ciò che può e che non può, ma bisogna penetrare profondamente all’interno della sua anima, nelle peculiarità, alle facoltà, che in fin dei conti vengono ad espressione in ogni professione. Perché bisogna vedere ciò che l’uomo era nella vita precedente.

 

Ora, il sacerdote non ha bisogno di giungere fino a questo punto. Ma il sacerdote deve iniziare a scorgere, con ciò, tutto ciò che è esteriore e a vedere nell’interiorità, ciò che è puramente umano, ciò per cui l’uomo è ogni volta interiormente uomo, un uomo articolato individualmente.

Ed è proprio così: se leggiamo l’Apocalisse fino a questo punto, sentiamo ciò poi che vi si trova, come una richiesta diretta all’umanità. E continuando a leggere ne possiamo ricevere un’impressione ancora più profonda.

 

Riflettiamo, per una volta, a quanto segue. Passa la quinta epoca postatlantica. Durante quest’epoca l’uomo cambia la sua coscienza in modo tale da scorgere in sé stesso il lavoro, l’azione, l’opera della morte su sé stesso. Può imparare a scorgere tutto ciò, ma non lo potrà scorgere in modo tale che, in ogni momento, abbia presente l’età che può raggiungere. Egli vedrà il lavoro della morte su di lui. Avrà continuamente la morte attorno a sé come accompagnatrice.

 

L’avrà naturalmente attorno a sé ma ciò che di nuovo, in diversi contesti della vita, deve venire fatto

è, che l’uomo dovrà avere un comportamento animico

che gli farà apparire questo avere-accanto-a-sé-la-morte come un qualcosa di naturale.

Avere risvegliato in sé le forze di un risveglio animico perpetuo,

significa potere avere sempre accanto a sé la morte come una buona amica.

 

Vedete, ciò che vi sta attorno lo vedete ancora alla luce della quarta epoca postatlantica. In fin dei conti vedete la vita che porta in sé la morte in ogni pianta, in ogni pietra, ma non vedete la morte non la vedete ancora in voi stessi. Gli uomini cominceranno però a vedere sempre di più la morte. Così, se ne dovrà parlare sempre più all’uomo del presente perché, se si vede sempre di più la morte, si trasforma l’intero modo di vedere dell’uomo.

 

Si, vedere la morte, significa vedere molte cose che oggi si nascondono dietro le apparenze.

 

Oggi, vediamo in maniera molto stabile la natura, perché non scrutiamo nell’intimità sottile della natura. Andiamo in campagna e vediamo delle insegne su sui sta scritto: In questo luogo c’è una epidemia di rabbia – In realtà in tale luogo è accaduto qualcosa nell’intimo che si può paragonare con ciò che è rappresentato con un mare mosso dalla tempesta o da una eruzione vulcanica. E così sarà ciò che si avvicina all’uomo nella sesta epoca postatlantica.

 

Siccome l’uomo non osserva ancora la morte, quando per esempio il Vesuvio erutta o quando potenti terremoti vengono registrati dai sismografi, non scorge quella tensione nell’eterico che poi, per esempio, si sfoga dopo, se in un territorio vive un genio importante o se lì vi è nato; l’uomo d’oggi non lo vede. Ancor meno l’uomo vede quel potente agire e tessere di spiriti, di cui le stelle e le loro configurazioni sono solo l’espressione esteriore.

 

Per l’uomo della sesta epoca postatlantica è imminente, in un certo senso, il fatto di vedere tutto ciò.

Il Sole di adesso cadrà dal cielo, le stelle cadranno dal cielo.

• Nel posto dove ora le stelle rilucono nella loro astrattezza materiale, si vedrà l’agire ed il tessere dello spirito.

La visone dell’uomo cambierà molto nel corso della quinta epoca postatlantica

e, nel corso della sesta epoca postatlantica, l’intero mondo attorno all’uomo si trasformerà.

Ma non crediate che l’iniziato veda il mondo come il non iniziato.

Ed è così anche a diversi gradi di coscienza.

L’uomo a diversi gradi di coscienza non vede il mondo alla stessa maniera.

 

Al fatto che noi, quali uomini, viviamo in un tale processo di trasformazione, in un processo di trasformazione umana e di trasformazione dell’immagine del mondo, viene accennato fra le altre cose nell’Apocalisse attraverso il fatto che, nelle prime quattro lettere, domini una certa uguaglianza. La prima lettera viene dissuggellata: appare un cavallo bianco, un cavallo. La seconda lettera viene dissuggellata: appare un cavallo rosso, un cavallo. La terza lettera viene dissuggellata: appare un cavallo nero, di nuovo un cavallo. La quarta lettera viene dissuggellata: appare un cavallo verdastro, ma sempre un cavallo (Apocalisse, sesto capitolo).

 

La quinta lettera viene dissuggellata: non appare più un cavallo; non si parla più di cavalli. Si accenna all’argomento in maniera del tutto diversa. Continuando nella lettura della lettera troviamo come, in tale maniera, si accenna ad una trasformazione, di importanza cruciale, che fa la sua comparsa proprio nella nostra epoca.

 

La cosa non può venire detta che alla seguente maniera:

Dobbiamo già prepararci a divenire la nuova comunità di Sardi trasformata.

 

Questa nuova comunità di Sardi trasformata, dovrà avere comprensione del fatto che, alla fine, è cosa ovvia avere comprensione per piante, animali, pietre e che la cosa viene fatta in maniera giusta solo se si trovano attive le stelle in ogni pietra ed in ogni pianta.

Anche dal punto di vista spirituale le stelle devono cadere dal cielo. Lo si può già percepire.

Potrei citare un esempio particolare. Tali cose vengono già accolte dall’uomo nella loro configurazione esteriore, ma non si vede molto di come un qualcosa si collochi all’interno dell’intero sviluppo spirituale dell’umanità.

Ogni persona può fare qualcosa solo al proprio posto, al posto dove sta.

 

Prima di partire per l’ultimo viaggio in Inghilterra è accaduto quanto segue. Forse sapete che, quando sono a Dornach, dedico ogni settimana ai lavoratori di questo edificio, durante l’orario di lavoro, una o due ore, in cui parlo loro di cose di scienza naturali o di scienza dello spirito. Siccome la cosa viene vista volentieri dai lavoratori, faccio in modo tale da farmi dare l’argomento dai lavoratori stessi. I lavoratori amano potersi dare da soli il tema e essi desiderano sapere da me di cose, nel modo in cui esse sono possibili, nell’attuale vita spirituale. Questo è qualcosa di cui anche i sacerdoti devono avere piena comprensione.

 

Prima di fare il viaggio in Inghilterra venni all’ora di lezione quando un lavoratore mi aveva preparato la domanda: Come mai accade che alcune piante emettono degli odori ed altre no? Da dove viene l’odore dei fiori?” – Sì, fintanto che questi lavoratori verranno educati attraverso le conferenze che già da anni hanno luogo e che non li accontentano dando loro una qualsiasi spiegazione chimica dicendogli circa: è questa o quella materia che prepara questo o quell’odore. – Conoscete il modo di essere della maggior parte delle nostre spiegazioni delle scienze naturali: la povertà viene dalla meschinità -, però i lavoratori pretendono spiegazioni reali.

 

Ora dovetti dire quanto segue – voglio qui ripetere brevemente ciò che allora ho spiegato per un’ora -: Dapprima ciò che odora si rende evidente attraverso i nostri organi di senso; percepiamo l’odore attraverso i nostri organi di senso. Ma per una volta domandiamoci se abbiamo elaborato il nostro olfatto in maniera tanto fine da poterlo paragonare a quello di un cane poliziotto. Dobbiamo ammettere che ciò non è possibile. Al contrario, dobbiamo ammettere che l’uomo ha un olfatto grezzo, non fine, e che, discendendo la scala evolutiva della natura, si incontrano organi olfattivi più fini.

 

Prendiamo per esempio il cane, che ha organi olfattivi così fini da poterlo fare diventare un cane poliziotto. Se prendete in considerazione il cane, vedrete che la sua fronte retrocede, essa segue i nervi olfattivi che proseguono, i quali portano all’interno dell’essere del cane, l’odore. Nell’uomo, tutto ciò, è sito sulla fronte. Il nostro apparato intellettivo è un organo olfattivo trasformato, particolarmente la capacità percettiva. Già da questo ne consegue che, se scendiamo agli esseri inferiori, perveniamo ad organi olfattivi più fini.

 

Ora, la Scienza dello Spirito, insegna che un grande numero di piante non sono altro,

nella loro fioritura e nel dispiegare i loro odori,

che organi olfattivi, veri organi olfattivi vegetali di enorme finezza.

E cosa annusano? Annusano l’odore cosmico che sempre è presente.

 

E l’odore cosmico che proviene da Venere è diverso da quello che proviene da Marte o da Saturno. Accade, per esempio, che i profumi della viola sono l’eco del profumo di ciò che la viola percepisce come odore cosmico. Le piante con un buon profumo percepiscono dal profumo cosmico ciò che proviene da Venere, Mercurio o Marte. L’aria fetida prende il profumo da Saturno e lo rimanda.

 

Siccome la gente lo pretende, bisogna spiegare loro in che maniera le stelle cadono.

Perché ciò infine che sono gli esseri del mondo, è diverso da ciò che mandano giù le stelle.

Parlando della realtà su questi argomenti si deve dire:

Ora cadono di già le stelle, perché esse sono dentro le piante.

Non esiste solo il profumo nelle piante bensì le piante sono veri organi olfattivi.

 

Oggi sono andato di nuovo all’ora per i lavoratori e mi ho fatto dare le domande di cui volevano avere risposta. Hanno posto la seguente domanda: Siccome ciò che è stato detto l’ultima ora sui profumi è giusto e le piante sono fini organi olfattivi, da dove vengono, però, i colori delle piante?

 

Ora dovetti fornire la spiegazione che senza dubbio gli odori delle piante provengono dai pianeti ma i colori delle piante provengono dalla forza del Sole. Spiegai con degli esempi da cui ciò poteva venire provato. Ma qualcuno era insoddisfatto e disse: Qui non le deve ancora sfuggire il fatto per cui le pietre hanno dei colori. Capisco – così disse – perché le piante hanno dei colori e che una pianta, se cresce in una cantina, dove non giunge il Sole, ha tuttavia forma ed odore, ma siccome il Sole non penetra attraverso le pareti della cantina, le piante rimangono pallide fino alla perdita totale del colore. Ma com’è con le pietre?

 

Ora dovetti spiegare quanto segue: Esiste un corso del giorno riferito al Sole, una rotazione della Terra in 24 ore, un corso dell’anno che fornisce i tempi annuali che fa giungere e discendere il Sole fino allo zenit. Ma c’è dell’altro.

A questo punto dovetti spiegare l’anno cosmico platonico, dovetti spiegare che il Sole possiede ora, a primavera, il punto ove sorge nei pesci, ma prima lo aveva nell’ariete, ancora prima nel toro, e nei gemelli e così via dicendo e che nel corso di 25.920 anni passa una volta ogni costellazione attraverso l’intero zodiaco, e che quindi esiste corso giornaliero, un corso annuale e un corso cosmico del Sole.

 

Mentre il corso annuale del Sole dà i colori alle piante,

le pietre hanno bisogno per ricevere i loro colori, dell’anno cosmico del Sole.

Nei colori delle pietre, nel verde dello smeraldo,

nel giallo del topazio, nel rosso del rubino

vive la forza che si sviluppa attraverso il corso del Sole attraverso l’anno platonico.

 

Vedete, quando si comincia a parlare del mondo, a partire dallo spirituale, la gente domanda anche sulle cose della Terra in modo tale da non essere più contenti spiegando loro le cose della Terra stessa con le banalità dei nostri laboratori e delle nostre sale di sezione. Voi volete già riconoscere giustamente e sentirvi poi molto contenti di riconoscere la cosa alla maniera “di Sardi” prendendo in aiuto le stelle con la loro azione. Qui, infine, si fa qualcosa di diverso di quello che fa lo scrittore dell’Apocalisse: si pone Sardi all’interno nel presente.

 

Vedete, ciò è solo un esempio.

Ma è con ciò, che si deve iniziare a portare all’interno del tempo presente

questa sensibilità stellare, questo sentire l’essere delle stelle.

Deve iniziare di nuovo il fatto che gli uomini riconoscano quanto segue: Il Cristo è un essere solare.

Questa cosa però è avversata in tutte le maniere.

 

Dicendovi queste cose, dicendovi espressamente come questa moderna epoca postatlantica deve essere, in un certo modo, la Sardi risvegliata, come la troviamo in breve, caratterizzata in un modo grande e pregno di significato nella quinta comunità e nel quinto suggello, che ora deve venire dissuggellato, dicendovi questo, percepirete che noi oggi abbiamo il compito di sviluppare questa particolare comprensione per l’Apocalisse: Il fatto di poter capire l’Apocalisse come compito che preme sui nostri cuori.

 

Oggi non serve a nulla solamente interpretare l’Apocalisse.

È necessario che facciamo l’Apocalisse in tutto, altrimenti possiamo lasciarla stare.

Il fatto di volerla solo interpretare non è di molto valore.

 

Così ho tentato di accennare alla seconda questione, che è di pertinenza nella lettura dell’Apocalisse. Ieri ho tentato di dare l’elemento formale, oggi ho tentato di indicarvi come nella lettura dell’Apocalisse è di pertinenza l’essere, con il volere.

E ciò è naturale perché le Apocalissi sono sorte sempre attraverso ispirazioni del volere.

E qui tocchiamo un reale punto apocalittico pieno di vita.

 

Esistono oggi delle persone che in un certo contesto, vengono educate apocalitticamente, ma così apocalitticamente educate da mantenere una specie di educazione della volontà che è orientata specificatamente sulla chiesa romano-cattolica: Sono i gesuiti.

Nell’educazione gesuita, negli esercizi dei gesuiti vi è qualcosa di fortemente apocalittico.

Gli esercizi dei gesuiti contengono una disciplina del volere in cui sta alla base uno sguardo dell’apocalittico.

 

L’educazione alla volontà è perciò ciò che deve venire preso in considerazione prima di tutto

da coloro che prendono seriamente un reale sacerdozio nel senso del rinnovamento cristiano.

Devono capire l’Apocalisse, affinché in essa possano vedere il giusto impulso per il volere

mentre, in effetti, da Ignazio di Loyola fu dato un impulso molto unilaterale per il volere,

certamente in un modo grandioso ma in un modo straordinariamente unilaterale.

 

Oggi ciò si è inasprito arimanicamente, ma proprio considerando Ignazio di Loyola si indica come guardiamo in un modo falso il mondo, se non lo riconosciamo dal punto di vista della Scienza dello Spirito. La gente, per l’attuale sviluppo gesuita, si rifà sempre ad Ignazio di Loyola, ma non è giusto.

 

Ignazio di Loyola, è stato qui, di nuovo, e da un bel pezzo in una nuova incarnazione e con ciò naturalmente si è tratto fuori dalla corrente precedente. Ha vissuto di nuovo come Emanuel Swedenborg, lo sviluppo gesuita è relegato da quel tempo completamente nell’arimanicità: Non si riallaccia più ad Ignazio, bensì è oggi attivo in senso arimanico.

 

Qui avete, l’ombra, la controimmagine di ciò che voi dovete educare in voi stessi mentre, come ho detto, accogliete nei vostri Io l’apocalittico, in modo tale che i vostri Io divengano somma di forze attive che sono esse stesse apocalittiche.