Nell’interiorità umana vi sono i germi di mondi futuri.

O.O. 207 – Cosmosofia I – 24.09.21


 

Cosa succede all’uomo

che vive così addentro nel moderno modo di pensare scientifico inculcatogli fin dall’infanzia?

 

Succede che impara:

nel mondo i fenomeni esterni hanno un inizio e una fine,

ma resta la materia indistruttibile,

e anche quando un giorno la terra finirà, la materia non sarà distrutta.

 

Certo, ci sarà un grande cimitero,

ma questo grande cimitero conterrà gli stessi atomi e molecole, o per lo meno gli stessi atomi, già presenti adesso.

È questo morire che vediamo.

E in fondo, anche in ciò che nasce, analizziamo soltanto la trasformazione di ciò che è già morto.

 

Questo non potrebbe mai essere condiviso da un orientale,

e nella pur attutita sensibilità filosofica di Soloviev si avverte

che un diverso modo di sentire è presente già nell’Europa dell’est.

 

Anche se non viene espresso chiaramente,

almeno non come lo sarà in futuro nella coscienza generale, dobbiamo tuttavia dire:

uno spirito come Soloviev possiede ancora tanto di orientale da vedere

• come ovunque il mondo sia in declino, si sgretoli, si dissolva, tenda al caos,

• ma come d’altra parte vi sia anche ciò che sboccia, il futuro.

 

È vero che, se vogliamo vedere le cose in modo aderente alla realtà,

tutto quello che conosciamo con i nostri sensi,

tutta la conoscenza che abbiamo anche degli altri, tutto ciò un giorno finirà.

• Quel che percepiamo con gli occhi, con le orecchie e così via, un giorno non ci sarà più.

 

Cielo e terra passeranno, in quanto anche le stelle che vediamo sono soggette alla caducità;

tuttavia la parola interiore che si forma nel caos interiore, nel focolaio di distruzione

continuerà a vivere dopo la fine di cielo e terra,

come il seme di quest’anno l’anno prossimo continuerà a vivere nella pianta.

 

Nell’interiorità umana vi sono i germi di mondi futuri.

Se accogliamo il Cristo in questi germi, allora cielo e terra potranno passare, ma il Logos, il Cristo non passerà.

• In un certo senso portiamo in noi quel che sopravviverà al mondo che ci circonda.

 

Dobbiamo essere consapevoli di volgere lo sguardo al Dio padre.

Il Dio padre è a fondamento del mondo che percepiamo con i sensi e tramite cui si manifesta.

• Questo è però un mondo che va in rovina, e nella sua rovina trascinerà con sé anche gli uomini,

se ci si consacrasse totalmente ad esso, se venisse sviluppata solo la conoscenza del Dio padre.

Se si aderisse solo al Dio padre non ci sarebbe alcuna possibilità di evoluzione.

 

• Vi è tuttavia un mondo nascente che deve proprio all’uomo la sua esistenza.

Quando egli nobilita i propri ideali morali con la conoscenza del Cristo, attraverso l’impulso cristico,

quando forma i propri ideali morali così che essi siano come dovrebbero essere dopo la venuta di Cristo sulla terra,

allora sperimenta nel proprio caos germi di futuro, non un mondo morente, ma uno che sta nascendo.

 

Occorre sentire con forza il mondo che muore e quello che nasce.

Già nella natura si deve avvertire un morire continuo.

Dal suo morire la natura riceve in certo senso il proprio colore.

• In compenso accanto al morire c’è anche un ininterrotto nascere, un ininterrotto sbocciare,

che conferisce alla natura un colore invisibile ai nostri sensi,

ma tuttavia percettibile se solo ci abbandoniamo ad essa con cuore sincero.

 

Possiamo dire che nella natura vediamo i colori, tutto lo spettro dei colori,

dal rosso fino al violetto, con le sfumature intermedie.

Se mescolassimo questi colori in un certo modo, essi prenderebbero vita.

Diventerebbero del cosiddetto colore dell’incarnato umano.

 

• Guardando nella natura vediamo l’arcobaleno, esteso per così dire su tutto, come un segno di Dio padre.

• Nell’uomo invece l’incarnato parla dall’interiorità

tramite il compenetrarsi di tutti i colori i quali, compenetrandosi, diventano vivi.

 

Nel cadavere invece si è allontanato ciò che ha vita.

Quel che siamo come uomini viene di nuovo respinto nell’arcobaleno, nella creazione operata dal Padre.

• L’uomo deve invece ravvisare nella propria interiorità anche la fonte del colore,

quella che trasforma l’arcobaleno nell’incarnato, in un’unità vivente.

 

Ho condotto ieri e oggi i miei ascoltatori in un modo forse complicato, al reale significato dell’interiorità;

a come, grazie ad essa, la materia venga risospinta nel nulla, nel caos affinché lo spirito possa di nuovo essere creativo.

 

Guardando in questa nuova creatività, ci si può dire:

il Dio padre, arriva fino alla completezza della materia

la quale ci viene incontro nel mondo esterno nei modi più vari, così da rendersi visibile.

• Invece nella nostra interiorità la materia viene respinta nel nulla,

viene compenetrata dall’essere puramente spirituale, dai nostri ideali morali, o anche da impulsi immorali .

• Nasce allora una nuova vita.

 

Il mondo ci deve apparire nella sua duplice forma:

• da una parte il Dio padre che crea la realtà visibile all’esterno,

• e dall’altra questa realtà che quando finisce giunge nell’interiorità dell’essere umano, dove viene respinta nel caos.

 

 

Dobbiamo sentire con forza la fine di questo mondo, che è il mondo del Dio padre;

tramite questa sensibilità perverremo alla comprensione interiore del mistero del Golgota,

a quella comprensione interiore che renderà evidente come la creazione del Dio padre, una volta giunta alla fine,

risorgerà a nuova vita per mezzo del Dio figlio, rendendo così possibile un nuovo inizio.

 

In sostanza ovunque nel mondo occidentale è possibile constatare come dal secolo quindicesimo

sia stato compreso solo ciò che riguarda il caduco, il cadavere, accessibili solo all’intelletto,

come ogni cosiddetta educazione sia avvenuta sotto l’influsso di una scientificità orientata alla morte,

contrapposta al reale cristianesimo.

 

Il vero cristianesimo deve essere sensibile alla vita,

ma essere anche in grado di separare la sensibilità per ciò che rinasce da ciò che è in declino.

• Pertanto l’immagine più importante che deve collegarsi al mistero del Golgota

è quella del Cristo risorto, del Cristo che ha sconfitto la morte.

• Il punto è rendersi conto che l’immagine più importante è quella del Cristo passato attraverso la morte e risorto.

 

Il cristianesimo non è soltanto una religione di salvezza  (le religioni orientali erano anche questo),

il cristianesimo è una religione di risurrezione,

di risveglio per ciò che altrimenti è materia che si dissolve.