Nesso del mondo morale-animico con il mondo fisico-sensibile

O.O. 222 – Azioni e impulsi delle potenze spirituali – 23.03.1923


 

Vi è un percorso discendente dell’uomo

dal mondo celeste  • verso quello terreno, •  finché egli è totalmente sulla Terra.

 

Ma qual è la situazione dell’uomo?

È precisamente questa: è come se la Terra, per lui, fosse uno specchio.

 

L’uomo non è destinato semplicemente a una crescita sotterranea.

I pensieri, in quanto elemento morto, penetrano nella Terra,

comprendono ciò ch’è morto, e che appartiene come tale solo all’elemento terreno.

 

Ma, quanto all’uomo stesso,

• allorché vivifica i suoi pensieri egli li rimanda nel cosmo come immagini speculari.

Cosicchè, tutti i pensieri viventi che sorgono nell’uomo, tutti questi pensieri,

gli dèi li vedono splendere di ritorno dall’uomo che si evolve.

 

• In quanto gli si chiede di vivificare i suoi pensieri,

l’uomo è chiamato a essere co-creatore dell’universo.

• Questi pensieri, infatti, vengono riflessi dalla Terra e tornano a uscire nell’universo,

devono riprendere la strada che porta fuori nell’universo.

 

Di qui, se afferriamo intimamente il senso complessivo dell’evoluzione dell’uomo e del mondo,

già arriviamo a sentire che in una data maniera noi ci riportiamo alle epoche già vissute nel passato.

Nell’epoca egizio-caldaica si appurava con il calcolo la condizione dell’uomo sulla Terra;

mediante il calcolo, tuttavia, l’uomo era messo altresì in relazione con il circostante mondo degli astri.

 

Oggi noi facciamo la stessa cosa in termini storici, prendendo le mosse dall’uomo,

che ci si offre come punto di partenza per un’indagine simile a quella che trovate impostata nella mia Scienza occulta,

ove in effetti rimandiamo fuori i pensieri umani vivificati,

e guardiamo a ciò che diventano quando li seguiamo nell’ambiente cosmico come si allontanassero da noi,

quando impariamo a vivere con i pensieri viventi nelle vastità cosmiche.

 

Questi nessi mostrano quale profondo significato abbia il fatto che l’uomo si sia affidato a pensieri morti,

che sia incappato per così dire nel rischio di legarsi totalmente alla Terra.

 

E andiamo ancora avanti con l’immagine.

Con immaginazioni valide, andare ulteriormente avanti è possibile.

Solo con immaginazioni escogitate artificiosamente non è possibile.

 

Pensate dunque a uno specchio.

Noi diciamo che lo specchio rimanda la luce;

l’espressione non è perfettamente corretta, ma, in ogni caso, la luce non può passare dietro di esso.

 

Qual è il solo e unico modo per cui la luce possa passare dietro lo specchio?

È che lo specchio venga infranto.

E di fatto, se non vivifica i suoi pensieri,

se rimane fermo ai pensieri meramente intellettualistici, ai pensieri morti,

l’uomo non può che distruggere la Terra.

 

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La distruzione comincerebbe di sicuro dall’elemento più rarefatto, dal calore.

• E nel quinto periodo postatlantico,

sviluppando in misura crescente, sempre crescente, i meri pensieri intellettualistici,

si avrebbe modo soltanto di rovinare il manto di calore della Terra.

 

• Ma con l’avvento del sesto periodo postatlantico, se fino ad allora

l’umanità non si fosse convertita dall’intellettualismo all’immaginazione,

si inizierebbe la rovina non solamente del manto di calore della Terra, ma anche del suo manto di aria,

poiché, con i pensieri meramente intellettualistici, gli uomini avvelenerebbero l’aria.

• E gli effetti dell’aria avvelenata si ripercuoterebbero sulla Terra,

col distruggere innanzi tutto la vegetazione (si veda il disegno sotto).

 

• E nel settimo periodo postatlantico

l’uomo arriverebbe ormai a guastare l’acqua,

le cui esalazioni, in quanto portato dei pensieri meramente intellettualistici,

passerebbero nell’universale elemento fluido della Terra.

 

• Dall’azione dell’universale elemento fluido della Terra

deriverebbe innanzi tutto la deformazione dell’elemento minerale della Terra stessa.

• Non v’è alcun dubbio perciò che l’uomo, se non vivifica i suoi pensieri

e non restituisce in tal modo al cosmo quanto dal cosmo ha ricevuto,

possa arrivare a distruggere la Terra.

 

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Dunque,

• ciò che nell’uomo è animico ha una stretta connessione con l’esistenza naturale.

E il sapere meramente intellettualistico di oggi non è altro che un prodotto arimanico,

teso a sviare ingannevolmente l’uomo da queste cose.

 

• Indurre l’uomo a credere che i suoi pensieri siano solo ed esclusivamente pensieri,

senza alcun rapporto con gli accadimenti del mondo,

significa ottenebrarlo, dandogli a intendere che non possa avere influenza alcuna sull’evoluzione della Terra,

e che, con o senza il suo intervento, la Terra un giorno avrà fine nel tale o nel tal altro modo,

proprio secondo i dettami della sola scienza fisica.

 

• Ma la Terra non finirà per effetto di mere leggi fisiche;

la fine della Terra sarà precisamente quella che l’umanità stessa avrà cagionata.

 

Ecco dunque un altro di quei punti che ci mostrano come l’antroposofia ristabilisca il nesso del mondo morale-animico con il mondo fisico-sensibile, laddove oggi questo nesso è del tutto assente, e anzi la teologia di più fresca data trova addirittura preferibile accordare alla sfera morale una completa indipendenza dalla sfera fisica.

E i filosofi, che oggi si trascinano ansanti e ripiegati su di sé, con la schiena curva, sotto il peso dei risultati delle scienze naturali, i filosofi sono ben contenti di poter dire che, sì, fin dove si tratta di natura c’è la scienza, ma la filosofia deve spaziare nel campo dell’imperativo categorico – nel campo delle cose di cui non si può sapere niente.

 

Concezioni del genere, oggi, per lo più non escono dai confini delle scuole.

Ma faranno presa sulla vita, se l’umanità non diviene consapevole del fatto

che l’elemento animico-spirituale è co-creativo nell’elemento fisico-sensibile,

e il futuro dell’elemento fisico-sensibile dipenderà

da quello che l’uomo avrà deciso di sviluppare nell’elemento animico-spirituale.

 

Su queste basi,

• da un lato è già possibile acquistare coscienza

dell’infinita importanza della vita animica dell’umanità,

• e, dall’altro, è altresì certamente possibile riacquistare coscienza del fatto

che l’uomo non è semplicemente una creatura che si aggiri a piacere sulla Terra,

ma appartiene all’intero universo.

 

Ma giuste immaginazioni, miei diletti amici, portano senza dubbio al giusto.

Se l’uomo perciò non vivifica i suoi pensieri,

ma li lascia continuamente morire l’uno dopo l’altro,

questi pensieri si insinuano strisciando nella Terra,

e, alla fine, in rapporto all’universo l’uomo si riduce allo stato di un lombrico,

perché i suoi pensieri s’inoltrano nei posti abitati dai lombrichi.

 

Abbiamo, anche qui, un’immaginazione pienamente valida.

La civiltà umana dovrebbe scongiurare

l’eventualità che l’uomo si riduca allo stato di un lombrico,

perché altrimenti la Terra verrebbe fatta a pezzi,

e il fine del mondo, manifesto con tutta chiarezza nelle potenzialità umane,

non sarebbe raggiunto.

 

Queste sono cose che noi

non possiamo limitarci a inquadrare nelle nostre teorie, nelle nostre astrazioni,

ma che dobbiamo accogliere nel fondo dei nostri cuori,

poiché l’antroposofia è questione di cuore.

 

E quanto più capiremo che è questione di cuore, tanto meglio riusciremo a comprenderla.