Non riconoscere lo Spirito è un’ottusità animica

O.O. 194 – La Missione di Michele – 28.11.1919


 

All’antico greco, che aveva ancora i resti dell’antica saggezza dei misteri, non sarebbe stato possibile essere ateo (seppure sia successo ad alcuni degeneri, ma non fino al grado odierno).

• In sostanza l’ateismo è una formazione nuova, per lo meno nelle sue espressioni radicali, perché il greco, che possedeva realmente la dialettica, sentiva ancora agire l’elemento divino nel pensiero, persino nel pensiero privo di contenuto.

 

Quando si sappia questo è si consideri il sorgere dell’ateismo, quale piena negazione del divino, si scopre la vera base dell’ateismo. Ci vogliono naturalmente i metodi scientifici spirituali per riconoscere che sono atei solo gli uomini che, sia pure nelle loro più sottili condizioni strutturali, hanno dei disordini organici. In realtà l’ateismo è una malattia.

 

Per prima cosa dobbiamo stabilire che l’ateismo è una malattia, perché quando il nostro organismo è completamente sano non può che sentire nelle sue singole articolazioni la nostra origine dall’elemento divino: ex Deo nascimur.

 

Il secondo caso è diverso: un essere umano può sentire il divino, ma non avere alcuna possibilità di sentire il Cristo. Al riguardo non si fanno oggi distinzioni tanto sottili: ci si accontenta di parole, anche in altri campi. Se si esamina il vero contenuto spirituale di molti uomini dell’occidente, senza far tanto caso alle parole (essi dicono infatti di credere a una libera volontà e così via), si mostra che l’intera configurazione del loro pensiero contraddice quello che affermano. Hanno l’abitudine di parlare del Cristo, della libertà ecc. solo in modo culturale; in verità …

 

• un gran numero di persone vive fra di noi come se fossero turchi,

il loro contenuto di fede è fatalistico proprio come quello dei maomettani,

anche se tale fatalismo viene spesso presentato come una necessità naturale.

 

Il maomettanesimo è assai più diffuso di quanto non si creda:

se non si guarda alle parole, ma al contenuto animico-spirituale, molti cristiani sono dei veri turchi.

La gente continua a dichiararsi cristiana, anche quando non trova il passaggio dal dio a cui crede al Cristo.

 

Mi basta indicare il classico esempio di un teologo moderno, Adolf Harnack, che ha scritto Das Wesen des Christentums (L’essenza del cristianesimo): si provi a cancellare in questo scritto il nome « Cristo » per mettere al suo posto il nome « Dio » e non cambierà niente nel contenuto.

 

Non vi è alcuna necessità che quello che l’autore riferisce si applichi al Cristo, basta che egli si riferisca in generale al Dio Padre che sta alla base dell’universo, senza esser costretto a affermare che quello che dice si connette con il Cristo. Ogni sua dimostrazione è interiormente e esteriormente non vera, anche se egli ricava le sue singole comunicazioni dai Vangeli; nella maniera in cui le elabora non vi è alcun motivo di riferirle al Cristo.

 

Si deve invece acquisire la possibilità di afferrare il Cristo non in modo da identificarlo con Dio Padre. Proprio di questo non sono più capaci molti teologi evangelici moderni: non sanno distinguere tra il concetto generale di Dio e il concetto di Cristo.

 

Altro è non trovare il Cristo nella vita, dal non trovare Dio, cioè Dio Padre. Sappiamo bene che qui non si tratta di mettere in dubbio in qualche modo la divinità del Cristo, ma piuttosto di dover distinguere nella sfera del divino tra Dio Padre e Dio Cristo.

 

Ciò si ripercuote nella vita animica dell’uomo:

• non trovare Dio Padre è una malattia;

• non trovare il Cristo è una sventura,

perché l’uomo è collegato con il Cristo nel senso che gli è destinato interiormente;

ma è destinato a un fatto che è avvenuto storicamente,

e deve perciò trovare nella vita esterna, qui sulla Terra, un rapporto con il Cristo.

Ecco perché se non lo trova è una sventura.

 

• È una malattia essere ateo, non trovare Dio Padre,

• è una sventura non trovare il Dio Figlio, il Cristo.

 

Infine che cosa significa non trovare lo Spirito?

Non avere la possibilità di afferrare la propria spiritualità,

per trovare la connessione tra essa e la spiritualità dell’universo,

è una fragilità spirituale: non riconoscere lo Spirito è un’ottusità animica.