Nulla va perduto delle capacità che l’anima acquisisce nel suo passaggio attraverso ogni grado evolutivo.

O.O. 11 – Dalla cronaca dell’akasha – (Risposte a domande)


 

È stata posta la seguente domanda: se attraverso sempre nuove incarnazioni nelle razze che si susseguono dobbiamo acquisire nuove capacità, se inoltre nulla deve andar perduto del proprio tesoro di riserva di quanto l’anima ha acquisito mediante l’esperienza, come si spiega che nell’umanità di oggi nulla è rimasto delle facoltà, tanto sviluppate nei tempi passati, di volontà, di immagini, di dominio delle forze naturali?

 

In effetti nulla va perduto delle capacità che l’anima acquisisce nel suo passaggio attraverso ogni grado evolutivo. Quando però viene acquisita una nuova capacità, quella precedente assume un’altra forma. Essa allora non si manifesta più in se stessa, ma come base per la nuova capacità. Negli Atlanti la capacità della memoria era stata per esempio acquisita. L’uomo di oggi può in realtà farsi solo una pallida idea di quel che poteva fare la memoria di un Atlante. Ma la innata capacità di pensiero che compare nella nostra quinta razza radicale venne acquisita nell’Atlantide attraverso la memoria. Le rappresentazioni di spazio, di tempo, dei numeri costituirebbero ben altre difficoltà, se l’uomo attuale le dovesse conquistare da solo. La facoltà che l’uomo di oggi deve acquisire è infatti l’intelletto che combina. Presso gli Atlanti non esisteva una logica. Ogni forza dell’anima prima conquistata deve però ritrarsi nella propria forma, affondare al di sotto della soglia della coscienza, se una nuova deve essere conquistata.

 

Il castoro dovrebbe trasformare in qualcosa d’altro la sua capacità di eseguire intuitivamente le sue costruzioni artificiali, se per esempio diventasse d’improvviso un essere pensante. Gli Atlanti avevano per esempio anche la capacità di dominare in un certo modo la forza vitale. Essi costruivano le loro macchine meravigliose mediante quella forza. Di contro non avevano per nulla il dono di raccontare come lo hanno i popoli della quinta razza radicale. Non avevano né miti né favole.

 

Nell’aspetto della mitologia comparve per gli appartenenti alla nostra razza radicale la dominante forza vitale degli Atlanti, e in questa forma la mitologia potè diventare la base per la nostra facoltà intellettiva.

 

• I nostri grandi inventori sono incarnazioni di «veggenti» della razza atlantica.

 

Nelle loro geniali intuizioni si manifesta qualcosa che ha per base la forza creativa di vita che essi avevano durante le loro incarnazioni atlantiche. La nostra logica, la conoscenza della natura, la tecnica e così via crescono dal terreno che era stato preparato nell’Atlantide. Se per esempio un tecnico potesse ritrasformare la sua capacità di combinare, ne risulterebbe quello che gli Atlanti potevano fare. Tutta la giurisprudenza romana era forza di volontà trasformata di un tempo anteriore. La volontà stessa rimase sullo sfondo, e invece di assumere forme proprie si trasformò nelle forme di pensiero che si manifestano nei concetti giuridici.

 

Il senso della bellezza dei Greci è costruito direttamente sulla base delle forze che negli Atlanti si manifestava nella grandiosa produzione di piante e di forme animali. Nella fantasia di Fidia viveva qualcosa che l’Atlante impiegava direttamente per la trasformazione di veri esseri viventi.