Oggi il Vangelo di Giovanni è pietra di scandalo per gli studiosi della Bibbia

O.O. 112 – Il Vangelo di Giovanni in relazione agli altri 3 – 01.07.1909


 

Possiamo dunque ritenere a priori che il Vangelo di Giovanni, tanto maltrattato dall’indagine teologica storico-critica e da essa soltanto considerato come un inno lirico, come un’opinione soggettiva di quello scrittore, possiamo ritenere che questo Vangelo ci faccia gettare uno sguardo nei più profondi arcani dell’impulso del Cristo.

 

Oggi il Vangelo di Giovanni è pietra di scandalo per i materialisti, studiosi della Bibbia, quando lo confrontano con gli altri tre Vangeli, i cosiddetti sinottici. L’immagine che essi si fanno del Cristo dai tre primi Vangeli piace molto ai dotti del nostro tempo. È già sfuggita loro la frase – l’hanno detta proprio dei teologi – che si tratta «dell’uomo semplice di Nazareth». Sempre di nuovo viene ripetuto che del Cristo ci si può fare l’immagine dell’uomo forse più nobile che mai sia stato sulla terra – però soltanto l’immagine appunto di un uomo. Anzi, vi è perfino la tendenza a semplificare quest’immagine il più possibile, e si sente dire in proposito che sono esistiti anche Platone, Socrate e altri grandi uomini; tuttavia vengono ammesse delle differenze di grado fra di loro.

 

Effettivamente l’immagine del Cristo, dataci dal Vangelo di Giovanni, è ben diversa da tutto ciò. Nel Vangelo è detto fin dal principio che quello che abitò per tre anni nel corpo di Gesù di Nazareth era il Logos, la parola eterna primordiale, o meglio, secondo un’espressione anche esistente, l’eterna saggezza creatrice primordiale.

 

Ai tempi nostri non si può comprendere che un uomo sia abbastanza maturo al suo trentesimo anno, da essere capace di sacrificare il proprio io e di accogliere un’altra entità, un’entità assolutamente di natura sovrumana: il Cristo, invocato da Zarathustra come Ahura Mazda. Questi critici studiosi di teologia credono perciò che lo scrittore del Vangelo di Giovanni abbia voluto soltanto descrivere, con una specie di inno lirico, come egli pensava il suo Cristo, e niente di più.

 

Da una parte vi sarebbe dunque il Vangelo di Giovanni, dall’altra gli altri tre Vangeli, ma volendo farsi un’idea approssimativa del Cristo, lo si potrebbe descrivere come «l’uomo semplice di Nazareth», e sia pure come una grande figura storica.

 

Agli studiosi moderni non piace ammettere la presenza di un’entità divina in Gesù di Nazareth.

 

Dalla cronaca dell’akasha risulta che al suo trentesimo anno la personalità che chiamiamo Gesù di Nazareth, per virtù di ciò che aveva attraversato nelle sue precedenti incarnazioni, era progredita fino a tal grado di maturità, da essere capace di sacrificare il proprio io.

 

Questo è infatti avvenuto:

Gesù di Nazareth, quando venne battezzato da Giovanni,

potè prender la decisione di uscire col suo io,

con la quarta parte costitutiva della sua entità umana, dai suoi corpi: il fisico, l’eterico e l’astrale.

 

• Così rimane un involucro di nobile natura, un corpo fisico, eterico e astrale,

compenetrato da un io nobile, puro ed evoluto al massimo grado.

• Era un recipiente purissimo che durante il battesimo di Giovanni

potè accogliere il Cristo, il Logos eterno, la saggezza creatrice.

• Così ci dice la cronaca dell’akasha.

• E così lo possiamo ritrovare, pur che si voglia, nella descrizione del Vangelo di Giovanni.