Ordinamento naturale e morale del mondo: sua trasformazione in nascita e morte mediante amore e libertà

O.O. 202 – Il Ponte tra la spiritualità cosmica – 11.12.1920


 

Oggi faremo presente qualcosa che considera l’uomo morale come tale, per mostrare poi domani come l’elemento animico-morale al quale ci si può rivolgere nell’uomo conduca nel macrocosmo. Si tratta alla fine di valutare nel giusto modo due caratteristiche umane, volendo arrivare a un giudizio complessivo dell’uomo quale essere morale-animico.

 

L’uomo è per così dire inserito fra due estremi, fra due contrapposizioni polari.

• Tali contrapposizioni gli giungono a coscienza come ordine della natura e come ordine del mondo morale.

 

Abbiamo già rilevato che dalla concezione del mondo che si è formata negli ultimi secoli, diventando sempre più popolare, non potè venir costruito un ponte fra l’ordine naturale e l’ordine morale dell’universo.

Si dovranno innanzi tutto considerare due caratteristiche dell’uomo, volendosi avvicinare in genere agli enigmi della vita e del mondo che sono collegati fra le due contrapposizioni polari della natura e, diciamo, dello spirito o appunto anche dell’ordine morale del mondo.

 

L’uomo è senz’altro soggetto alla natura;

in un certo senso egli dipende dall’ordine naturale per quanto riguarda la sua anima, e quindi anche il suo essere morale.

Se però vuole-sentirsi veramente come uomo, egli è spinto a sollevarsi dal semplice ordine naturale

e a sentirsi inserito in un ordine universale che non si estrinseca nella natura;

solo attraverso la scienza dello spirito si giungerà in realtà a una chiara idea di quale sia qui il problema.

 

Ricordiamo innanzi tutto una concezione errata, e diciamo diffusa,

la quale non permette di giungere a una soluzione degli enigmi che qui sono nascosti.

Per antica tradizione la gente crede di poter giungere semplicemente alla comprensione della propria entità umana,

cercando, se così posso dire, la relazione tra l’elemento spirituale-animico e quello corporeo-fisico, in qualche modo presenti.

 

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Ci si immagina che esista l’essere umano fisico e che in esso vi sia in qualche modo l’elemento spirituale-animico

(vedi disegno).

Si cerca quindi tale relazione.

 

La si è molto cercata, e in realtà una gran parte dell’impegno filosofico dell’umanità è teso a risolvere il problema:

quale relazione vi è fra l’elemento spirituale-animico e quello fisico-corporeo?

 

Sappiamo che nella scienza dello spirito si presenta molto diversamente la maggior parte dei problemi

che altrimenti si impostano in modo tanto semplice.

Nella scienza dello spirito già il porre le domande va fatto in modo diverso di quanto oggi non avvenga di solito.

 

Specialmente nel secolo diciannovesimo sorsero delle concezioni, anche teoriche, e si stabilì l’idea che non si potesse proprio trovare una parte animico-spirituale da mettere accanto a quella corporeo-fisica, che la parte spirituale-animica potesse al massimo apparire come una specie di risultato di quella corporeo-fisica.

Questa concezione aveva qualcosa di straordinariamente seducente per le persone cui erano noti i grandi risultati dell’indagine scientifica. Basta solo ricordare come l’uomo sia in realtà dipendente, nella sua vita fra nascita e morte, dai suoi processi fisici, da tutta la sua organizzazione fisica.

 

Da parte dei pensatori materialisti fu sempre di nuovo fatto presente come, nella stessa misura in cui il corpo fisico si sviluppa dai primi giorni dell’infanzia, così col crescere del corpo si sviluppano anche le capacità spirituali; come l’essere umano rimanga anche indietro con lo spirito e con l’anima quando non venga adeguatamente curato sul piano corporeo-fisico.

Fu anche rilevato come nella vecchiaia, quando decade il corpo fisico, tramontino anche le facoltà spirituali-animiche, e come l’uomo, quando soggiace a qualche infermità, mostri anche delle deficienze nella sua parte spirituale-animica; l’uomo è dunque dipendente da come è appunto fatto il suo corpo fisico.

 

Fu anche rilevato come l’uomo assuma certi veleni che possono suscitare in lui solo un determinato effetto chimico e come quindi, in date condizioni, possano venir suscitati stati spirituali anormali, come cioè si possano determinare paralisi spirituali-animiche mediante sostanze fisiche assunte dal corpo, e così via.

Fu cioè mostrato che quanto si può avere con tutta evidenza nell’indagine fisica esterna prova che in sostanza l’elemento spirituale-animico è solo una funzione di quello corporeo-fisico.

 

Gli scienziati che dedicarono la loro attenzione in modo speciale a tali fenomeni poterono mostrare, direi, anche fatti più minuziosi in questa direzione. Così per esempio il fatto che modificazioni della tiroide esercitassero un’influenza sulle capacità spirituali-animiche, portò uno scienziato come il Gley a dire che le massime facoltà umane, quelle spirituali-animiche, sono in definitiva dipendenti dai processi chimici che si svolgono nella tiroide.

Tutto questo aveva qualcosa di seducente per tutto il modo con cui il pensiero scientifico si sviluppò nei tempi moderni.

In realtà non si può dire altro se non che, mentre sempre più gente si adeguava al modo di pensare scientifico, sempre più venivano respinti i concetti relativi all’elemento spirituale-animico; esso veniva sempre più considerato come qualcosa che non ha un significato antonomo.

 

Si formò per così dire con grande intensità una contrapposizione nelle popolazioni del mondo civile.

• Da un lato vi sono coloro che più o meno sono contagiati da quel che offre il modo di pensare scientifico dell’epoca moderna, che considerano come un grande progresso per il loro sviluppo spirituale (se poi vogliamo parlare in generale di sviluppo spirituale) il rifiutare ogni accenno a un elemento autonomo spirituale-animico.

• Dall’altro lato vi è la parte della popolazione che vuol continuare a vivere nelle antiche fedi religiose, nelle antiche Immagini della sfera spirituale-animica, di un ordine universale morale-divino; un ordine che in realtà può rimanere fedele alle sue concezioni, tramandate dal passato, solo tenendosi lontano dalle concezioni che sono state portate dal modo di pensare scientifico.

 

Abbiamo così da un lato una parte numerosa della popolazione che viene considerata come arretrata dagli altri, come persone che nulla sanno delle leggi relative all’ordine naturale e che quindi possono rimanere alle antiche immagini religiose.

Però negli ultimi tempi è accaduto sempre più qualcosa d’altro, è a poco a poco diminuita l’affascinante forza di convinzione, chiamiamola così, che per una gran parte dell’umanità i concetti scientifici avevano verso la metà o ancora all’inizio dell’ultimo terzo del secolo scorso; è diminuita persino presso alcuni scienziati, e si è diventati più tolleranti nei confronti della concezione che prima si considerava come un residuo presso la gente arretrata e ignorante, qualcosa che doveva scomparire.

 

Quest’ultimo fenomeno è in effetti solo da addebitare alla generale pigrizia delle anime moderne, perché in sostanza è impossibile avere da un lato l’onnipotente ordine naturale e dall’altro un reale ordine universale qualsiasi dal carattere morale-spirituale.

Come l’ordine naturale viene visto nell’epoca moderna, esso non è compatibile con un ordine universale morale, e solo con un pensiero inefficace si può mettere in qualche modo l’odierna concezione della natura accanto a quella derivata da antiche tradizioni ed esistente nelle diverse fedi religiose.

 

In sostanza furono solo coerenti coloro che intorno alla metà del secolo diciannovesimo, e ancora negli anni cinquanta e sessanta, sostennero con grande decisione che l’uomo è un essere fisico-corporeo, che i fenomeni della vita spirituale-animica derivano dai processi della sua organizzazione fisico-corporea, e che a poco a poco si doveva eliminare quanto si opponeva a tale concezione.

 

In una conferenza pubblica a Basilea, e anche in altre occasioni, io feci già rilevare che vi furono pensatori che sostennero con ogni energia che si doveva rifiutare la giustificazione di un ordine morale universale e che in realtà un delinquente aveva il diritto di manifestarsi secondo la propria natura, come chi vive entro le cosiddette idee morali.

Questi furono i pensatori coerenti, ma non si rimase con coraggio a trarne le conseguenze. Si divenne indolenti, addormentati e ne risultò quello che appunto ora ho caratterizzato.

Coerenti sono però anche gli altri, per esempio chi ha un atteggiamento gesuitico nella chiesa cattolica, i quali dicono: « Via tutte le scienze che in qualche modo vogliono studiare solo i fatti esteriori, che vogliono oscurare per la gente la fede in un ordine universale spirituale-animico », e tendono a conservare quest’ultimo mediante ogni forma di coercizione.

Entrambe le posizioni certo non sono sostenibili di fronte all’ulteriore evoluzione dell’umanità.

 

D’altra parte non è neppure sostenibile ciò che perviene da tempi antichi mediante concetti oscuri e confusi. Soprattutto non è sostenibile che si rappresenti l’uomo come un’entità corporea-fisica con all’interno un elemento animico, e che quindi si cerchi il nesso fra le due parti guardando però solo al presente. Senza per altro estendere le proprie osservazioni nel tempo, senza chiedere aiuto al tempo per comprendere l’uomo, non si va avanti.

Uno schema del genere è del tutto impossibile. Soltanto mediante le idee che esporrò possono risultare concetti chiari che, come vedremo, conducono a costruire il ponte fra la concezione morale del mondo e quella fisica.

 

Già sappiamo che, prima di giungere all’esistenza fisica terrena,

l’essere umano vive in un mondo spirituale fra morte e rinascita.

 

Se nel disegno prendiamo la freccia per caratterizzare il tempo, abbiamo una vita spirituale-animica che scorre fra una morte e una nuova nascita, una vita che appunto scorre nella corrente del tempo. In relazione con i fatti che ieri ho cercato di esporre, nell’essere spirituale-animico dell’uomo e nel corso del tempo in cui l’uomo si sviluppa senza la corporeità fisica, attraverso i processi del mondo spirituale si forma innanzi tutto nell’uomo stesso quello che si potrebbe chiamare impulso generico verso la corporeità fisica (rosso nel disegno).

 

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Comprendendo giustamente il pensiero della metamorfosi,

si arriva ad afferrare il processo nel senso che quell’impulso fluisce in effetti nella corporeità fisica;

se quindi ci troviamo di fronte a un bambino dobbiamo dire:

quel che ci appare nel bambino è l’esaudimento dell’impulso verso la corporeità fisica

che aveva l’elemento animico-spirituale prima di giungere all’esistenza fisica.

 

Non dobbiamo però vedere una dualità fra fisico-corporeo e spirituale-animico.

Nell’elemento fisico-corporeo non dobbiamo vedere soltanto qualcosa in cui per così dire si insinui quello spirituale-animico,

ma dobbiamo vedere nell’elemento fisico-corporeo qualcosa in cui realmente si trasforma lo spirituale-animico.

 

Qui naturalmente si presentano delle significative difficoltà per il pensiero scientifico moderno. Poiché esso rimane legato al fenomeno più vicino, poiché vede che il germe umano si sviluppa nel corpo materno, si abbandona alla credenza che l’essere umano cresca semplicemente nel corpo materno dopo la fecondazione, perché il corpo materno contiene le forze che fanno crescere il germe umano. Non è però così. Questo modo di spiegare si ferma alla prima impressione.

 

L’uomo è un essere

• che esiste nel mondo ed è collegato con tutto il cosmo,

• che è in un continuo scambio con tutto il cosmo.

 

Che cosa diremmo se qualcuno volesse sostenere

che un determinato quantitativo d’aria, presente in noi in un certo momento,

si è formato nel nostro corpo?

Non si è formato nel nostro corpo, lo abbiamo inspirato,

lo abbiamo in noi perché formiamo un tutto col mondo nel suo complesso.

 

Solo perché non si vede esteriormente come tutto il macrocosmo collabori

quando il germe umano si sviluppa nel corpo materno,

solo perché non si vede che ivi le influenze provengono da fuori

e che proprio ora l’essere umano è collegato con tutto il macrocosmo,

si crede che il germe umano cresca semplicemente nel corpo materno solo sulla base delle forze di quest’ultimo.

 

Il germe umano proviene in realtà dal mondo spirituale.

Esso utilizza soltanto il posto in cui per così dire trova la porta per penetrare nel mondo fisico.

Nell’ambito di ciò che ci si dispiega dinanzi nello spazio circostante

non vi è altrimenti altra porta per l’uomo, che viva nel tempo fra morte e rinascita, per penetrare nel mondo fisico.

 

Tale porta è solo all’interno del corpo umano,

ma chi vi opera, chi vi agisce non sono le forze di padre e madre,

ma forze cosmiche che appunto attraverso il corpo materno

dopo la fecondazione cercano il loro passaggio verso il mondo fisico,

verso quel mondo per il quale l’essere spirituale-animico aveva sviluppato un impulso.

 

L’uomo si trasforma così in un essere fisico,

ma tale essere fisico è solo la forma esteriore per qualcosa di spirituale.

 

Noi vediamo il bambino e vediamo come, da tratti inizialmente per così dire indifferenziati,

si sviluppi sempre più in lui la figura umana.

Non è però giusto dire che nel bambino vi è qualcosa che si sviluppa;

è invece giusto volgere indietro lo sguardo dal bambino

a ciò che vi era attivo prima della nascita, prima della concezione

e che ancora adesso continua ad agire, che ancora adesso mostra i suoi effetti.

 

In quel che osserviamo nel bambino giorno per giorno, settimana per settimana, anno per anno,

noi vediamo l’azione di un passato che l’uomo ha attraversato spiritualmente e animicamente

prima della sua nascita o della sua concezione.

 

Osservando il bambino facciamo quindi bene a dire che nell’organizzazione infantile noi vediamo come il bambino sviluppi determinate caratteristiche; non le cerchiamo però nella sua interiorità, da dove per così dire esse irradiano, ma le cerchiamo nel suo passato dal quale ancora agiscono gli influssi.

La grande disgrazia della moderna concezione del mondo è che non lo si voglia fare.

Occorre invece chiedere aiuto al tempo, pensare ancora attivo nel presente quel che è passato.

 

Continuando poi la vita nel tempo (l’azzurro a destra nella figura seguente)

ritrasformiamo di nuovo quel che era corporeo-fisico,

e perveniamo a poco a poco a trasformare l’organizzazione corporeo-fisica

in elemento spirituale-animico (il rosso a destra).

 

In quanto siamo uomini fisici,

l’elemento spirituale-animico si è in effetti trasformato in fisico-corporeo,

mentre poi noi ritrasformiamo di nuovo l’elemento fisico-corporeo in quello spirituale-animico.

 

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Qui si potrà dire che vi è però una difficoltà. Si capirebbe cioè che l’elemento fisico-corporeo si ritrasformasse in quello spirituale-animico se l’uomo, diciamo magari a trentacinque anni, fosse diventato del tutto fisico e poi cominciasse a poco a poco a ridiventare spirituale, se alla fine della sua vita fosse appunto diventato tanto spirituale che la morte fosse solo un passaggio graduale nell’elemento spirituale-animico. Interiormente è infatti così, ma non esteriormente, e l’apparenza inganna.

Le persone di età non prendano in mala parte questa verità, ma in effetti avviene che nella metà discendente della vita, invecchiando, noi già trasciniamo il nostro corpo come qualcosa che più non ci appartiene del tutto.

 

Diventiamo lentamente cadavere, e la morte consiste in sostanza nel fatto che per noi quel cadavere diventa troppo pesante, che la forza di gravità diventa troppo forte perché con la nostra anima possiamo ritornare di nuovo nel corpo, quando ci risvegliamo la mattina.

Soltanto che non si riesce a vedere, indirizzando i sensi all’apparenza esterna, quali modificazioni intervengano in realtà nell’uomo e come la vita, nella sua seconda metà, sia già un lento morire.

 

Non dobbiamo considerare l’elemento spirituale-animico da una parte e quello fisico-corporeo dall’altra,

ma dobbiamo imparare a capire che, aiutandoci con il concetto del tempo,

l’elemento spirituale-animico si trasforma in quello fisico-corporeo,

e che quest’ultimo si ritrasforma di nuovo in quello spirituale-animico.

• Malgrado per così dire questo esprima solo esteriormente il corso dell’evoluzione dell’uomo,

il fatto è collegato con due significative caratteristiche umane.

 

Attraverso che cosa noi possiamo metamorfosarci a poco a poco

da un elemento spirituale-animico in uno fisico-corporeo

in modo da diventare fisici-corporei, da diventare una cosa sola con l’elemento fisico-corporeo?

Lo possiamo afferrare se impariamo a capire quale sia la qualità morale dell’amore.

 

Una verità importante e principale è che l’essere umano entra nel mondo fisico mediante l’amore,

mediante il riversarsi nell’elemento fisico-corporeo.

E mediante che cosa ne riesce?

Egli ritorna di nuovo dalla metamorfosi fisico-corporea, si ritrasforma mediante la libertà;

solo la libertà e nessun’altra forza gli dà la possibilità di ritrasformarsi.

Possiamo così dire che noi continuiamo nell’evoluzione, che passiamo attraverso la morte appunto grazie alla libertà.

 

• Nasciamo grazie all’amore cosmico,

• entriamo attraverso la porta della morte nel mondo spirituale-animico grazie alla forza della libertà che abbiamo in noi.

 

• Se poi sviluppiamo amore nel mondo,

esso è in sostanza l’eco, il risonare della nostra entità spirituale-animica,

così come l’abbiamo avuta prima della nascita, o prima della concezione.

• Se poi sviluppiamo libertà nell’esistenza fra nascita e morte,

sviluppiamo come profeticamente in noi, in modo spirituale-animico,

la forza che sarà la nostra forza più importante quando avremo lasciato il corpo con la morte.

 

In una prospettiva cosmica che cosa significa in sostanza essere un’entità libera?

Essere un’entità libera,

potersi ritrasformare dal piano fisico-corporeo in quello spirituale-animico

significa in sostanza poter morire;

amore significa invece potersi trasformare dal piano spirituale-animico in quello fisico-corporeo.

• Inteso cosmicamente, poter amare significa poter vivere.

 

Vediamo qui come processi, che senza dubbio possono venir capiti anche in modo del tutto naturale, per esempio il nascere umano e il liberarsi dal corpo, la nascita e la morte, che la scienza concepisce solo quali processi naturali, possano venir capiti come fenomeni, come manifestazioni di amore e libertà.

 

• Che cosa facciamo poi in effetti sul piano spirituale-animico

quando sviluppiamo in noi l’amore dalla nostra volontà?

Formiamo un riflesso spirituale-animico in noi, entro la nostra pelle,

di quello che era tutto il nostro essere prima che venissimo concepiti.

Prima della concezione, nel cosmo, noi viviamo grazie alla forza dell’amore.

 

In un certo senso lo sviluppo dell’amore quale virtù morale durante la nostra vita fra nascita e morte è come un ricordo, colorato di sentimento e volontà, della vita cosmica.

La virtù dell’amore ci appare come un affinamento nella sfera microcosmica di quanto è dispiegato macrocosmicamente prima della nostra nascita; invece la coscienza della nostra libertà ci appare per il fatto che spiritualmente e animicamente, durante la nostra vita fra nascita e morte, portiamo in noi ciò che agirà del tutto nel cosmo come una forza di natura, quando avremo attraversato la porta della morte.

 

Noi sperimentiamo amore e libertà fra nascita e morte.

Essi non sono altro che il riflesso umano di forze cosmiche,

perché ogni nascita è legata con l’amore cosmico, e ogni morte con la libertà cosmica.

 

Da quando le diverse scienze hanno celebrato i loro trionfi noi parliamo di svariate forze naturali: luce, calore, elettricità e così via; non parliamo però delle forze naturali, o per meglio dire delle forze cosmiche, che portano noi uomini nell’esistenza fisico-sensibile e di nuovo ce ne allontanano.

Prendiamo infatti le scienze fisiche, chimiche o biologiche, e prendiamo tutte le forze che costituiscono il mondo e che ci vengono descritte. Tra le forze costituenti il mondo si potrà intendere tutto quel che non è uomo nel mondo, mai però l’uomo stesso.

 

Affinché possa esistere l’uomo, oltre all’elettricità, alla luce, al calore e al resto esistenti nel mondo,

devono anche esservi libertà e amore.

• Dedicandosi a un tale modo di studio e volendo davvero comprendere l’uomo,

si giunge a concetti relativi all’essere naturale che in pari tempo sono concetti morali e naturali,

senza che da un lato resti sospeso l’ordine morale del mondo indipendente dalla natura,

e che dall’altro resti sospeso l’ordine naturale indipendente dalla moralità.

 

Nel divenire dell’umanità è però accaduto qualcosa che ha sì una profonda e interiore necessità,

ma che in un certo senso deve venir superato dall’umanità nel corso della futura evoluzione terrestre,

se l’umanità stessa non vuole regredire.

 

L’umanità dell’evoluzione terrestre è partita da quell’atteggiamento spirituale che si sviluppò in oriente, che in oriente fiorì e che, come sappiamo, nei tempi più antichi, nell’epoca postatlantica, era ancora più elevato di quanto non sia apparso in seguito nella poesia dei Veda o nella filosofia vedanta. Era però una concezione che in sostanza mirava soltanto a un ordine cosmico morale-spirituale. Tale ordine morale-spirituale fu grande e splendido in certe epoche passate dell’evoluzione dell’umanità, ma appunto in oriente è decaduto. Non potè far scaturire dal suo seno un ordine naturale.

Nell’epoca moderna è sorta in occidente la concezione dell’ordine naturale del mondo. Quale all’inizio è sorta in occidente, essa è tale da concepire il mondo formato solo dalle forze che si possono osservare con i sensi nella natura esterna. Non può pervenire a un ordine morale del mondo.

 

Abbiamo già visto nelle più diverse prospettive l’enorme contrapposizione fra oriente e occidente:

• in oriente l’umanità aveva la disposizione per comprendere unilateralmente l’elemento spirituale-animico,

• in occidente l’umanità tende all’inizio a comprendere unilateralmente l’elemento fisico-corporeo.

Il fenomeno si riflette poi in ogni altra concezione umana.

 

Di solito non si osserva per nulla quanto radicalmente diversi siano i concetti degli uomini sulla Terra.

Ciò che intende l’occidentale tipico quando parla dell’uomo è qualcosa che è molto lontano dall’orientale.

Quando l’orientale parla dell’uomo, egli intende in realtà qualcosa che sulla Terra stessa in sostanza non esiste.

 

L’orientale indirizza lo sguardo animico su qualcosa che in sostanza non viene per nulla toccato dalla Terra.

Se esistessero le condizioni originarie della concezione orientale del mondo,

tutte le nascite e tutto quanto regola l’evoluzione dell’umanità sarebbero tali

che in realtà non verrebbe tenuto conto dell’esistenza fisico-sensibile.

Per l’orientale l’uomo è interamente un essere spirituale-animico

e non sviluppa alcun giusto senso per l’esistenza fisico-sensibile.

Il che ha un notevole influsso su tutto quanto l’orientale può pensare.

 

Oggi tutto ciò è in decadenza, ma in tempi antichi esisteva espressamente

quello che l’orientale poteva pensare dell’uomo in quanto essere sociale.

 

Che cosa pensa invece l’occidentale?

Prediamo per esempio il pensatore sociale più eminente dell’occidente: Adam Smith.

• Come la scienza dell’occidente non considera l’uomo, perché ne guarda soltanto gli aspetti esteriori,

• così anche la scienza sociale dell’occidente non considera l’uomo.

Si studi un momento Adam Smith: nella sua economia politica

egli non parla affatto dell’uomo, ma parla di un determinato pezzo di terreno e di quanto vi cresce o vi è;

parla poi di un automa e lo fa seminare, raccogliere e così via.

 

Vi è dunque un pezzo di terreno e un automa

che in base a reazioni automatiche dovrebbe poter disporre liberamente di quel pezzo di terreno.

Quell’automa dovrebbe poi fare tutto quanto è giusto in merito a quel pezzo di terreno.

 

In realtà Adam Smith parla di queste due astrazioni

e analizza le principali caratteristiche dell’automa, la libertà economica,

e del pezzo di terreno, la proprietà privata.

 

La vera e propria cellula originaria del suo sistema sociale è la proprietà privata gestita da un automa economico

che sia indipendente dagli altri automi attivi su altri pezzi di proprietà privata.

I concetti esposti da Adam Smith trattano solo del terreno lavorato,

della proprietà privata e di un automa economico con libertà economica.