Organi fisici che rimandano al passato e quelli che indicano il futuro – cuore e laringe.

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 31.03.1910


 

Abbiamo visto come, nel più lontano passato, ciò che è fuoriuscito dal macrocosmo sia penetrato nel microcosmo. Abbiamo visto come l’uomo stesso si sia preparato per lunghe, lunghe epoche, da Saturno, al Sole e alla Luna, a ciò che ha trovato la sua temporanea conclusione nell’esistenza terrena. Alla fine dobbiamo ancora far notare alcune cose che si riferiscono al futuro. C’è qualcosa nell’uomo che indica nel futuro? L’uomo ha qualcosa in sé che più avanti verrà ulteriormente sviluppato?

 

Abbiamo visto nella conferenza di ieri che il cuore è un organo vecchiotto, poiché era già presente nello stadio lunare, anche se in forma diversa; venne poi trasformato, nello stadio terrestre, in ciò che è ora. Quando consideriamo in modo chiaroveggente un essere umano del passato stadio lunare, possiamo percepire che egli ha qualcosa che era la predisposizione per il cuore attuale.

 

Come il fiore della pianta nella predisposizione del germe porta in sé il frutto, così il cuore lunare porta in sé, per così dire, il cuore terrestre.

Allo stesso modo, chi ne è capace vede nell’uomo attuale certi organi che non sono ancora perfettamente formati – sebbene non appaiano tali all’uomo d’oggi –, che sono destinati a raggiungere una perfezione superiore e in avvenire avranno un ruolo ben più importante, per far diventare l’uomo attuale il futuro uomo di Giove.

A questi organi appartiene la laringe umana che, nel tempo presente, non è niente di più che un organo germinale. Essa, dal punto di vista della scienza dello spirito, è molto più lontana dalla sua perfezione rispetto ad altri organi.

 

Se consideriamo la laringe nel suo rapporto col polmone, possiamo dire che essa presuppone in certo modo il polmone, si sviluppa nell’uomo sulla base dell’esistenza dei polmoni. Ma allo stesso tempo vediamo che l’essere umano, per quanto concerne ciò che egli genera nella sua laringe, sta su un gradino di imperfezione.

 

Ma in che consiste la perfezione dell’uomo?

Dove sta oggi, nello stadio attuale dell’evoluzione dell’umanità, la più grande perfezione umana?

Si trova nel fatto che l’uomo è in grado di definirsi un Io.

 

Tutto ciò che dà all’uomo la possibilità di definirsi un Io, gli dà la sua dignità, lo pone sopra le altre entità. Egli è un’individualità e i suoi singoli organi sono tanto più perfetti quanto più essi rendono ciò che rimane collegato all’Io, che passa da un’incarnazione all’altra e si porta dietro i frutti di ogni singola vita. Ma per quel che riguarda la laringe, succede solo in misura minima.

 

Se potessimo guardare indietro nelle nostre precedenti incarnazioni e ci trovassimo incarnati, ad esempio, nell’ambito del periodo greco-romano, di quello egizio-caldaico, di quello paleo-persiano e di quello indiano antico, ci troveremmo sempre a parlare lingue diverse; dunque, il linguaggio quale prodotto della nostra laringe non è ancora individualizzato. Non è qualcosa che l’Io si può inglobare in modo che l’uomo lo possa portare con sé di incarnazione in incarnazione.

 

Quando l’essere umano passa attraverso un popolo in un’incarnazione, attraverso un altro in un’incarnazione successiva, si deve esprimere ogni volta in un idioma diverso. Il linguaggio è legato con l’Io in modo molto meno intimo del pensare. Abbiamo la lingua in comune con altri uomini. Con la nascita, siamo nati in una forma di linguaggio. Per quel che concerne la lingua, l’uomo è ancora del tutto anima di gruppo.

 

Tuttavia essa è qualcosa in cui traspare la nostra interiorità, in cui si esprime lo spirito. È quella facoltà dell’essere umano di portare i sentimenti dell’anima e i pensieri nel suono, nel tono, attraverso la configurazione delle parole; così che nella laringe abbiamo un organo tramite cui siamo inseriti con la nostra individualità in un operato dello spirito, ma non in qualcosa che abbiamo fatto noi stessi. Se il linguaggio non fosse un’opera dello spirito, non vi si potrebbe esprimere uno spirito; se la laringe non potesse cogliere il tono dato dallo spirito, l’interiorità dell’anima umana non potrebbe esprimersi col canto.

 

La laringe è un organo che esprime effetti dello spirito, ma non ancora azioni spirituali individuali. Essa si mostra al ricercatore spirituale come un organo con cui l’essere umano si colloca in un’anima di gruppo che ancora non si può elevare all’individualità, ma che è sulla via di accogliere azioni individuali dell’uomo.

 

L’uomo modificherà la sua laringe nel futuro,

in modo da poter portare ad espressione, anche attraverso di essa,

l’elemento del tutto individuale.

 

È, in certo qual modo, una lettura profetica. La laringe è un organo embrionale che si trasformerà nel futuro. Se ne teniamo conto, troveremo comprensibile che il linguaggio per l’uomo odierno sia qualcosa dato per grazia, su cui egli non ha alcun potere, a cui deve solo abituarsi con la sua individualità.

 

Come con la nostra individualità ci troviamo in noi stessi,

così con la nostra laringe siamo radicati nel macrocosmo,

da cui ci affluiscono le forze che ci rendono esseri parlanti.

 

Nel cuore abbiamo un organo dell’uomo attraverso il quale egli è già divenuto autonomamente uomo. Ad esso è collegato un sistema circolatorio concluso quale espressione dell’Io. Attraverso la nostra laringe, le entità superiori del macrocosmo ci rendono uomini.

Quando ci incarniamo di nuovo nel microcosmo, entriamo in un’organizzazione il cui centro è il cuore; ma non ci incarniamo solo nel microcosmo, bensì questa corporeità viene continuamente perfezionata dal macrocosmo.

 

Attraverso la nostra laringe penetra dal macrocosmo ciò che è l’espressione spirituale più alta.

 

Siamo collegati al macrocosmo in modo da non ricevere solo degli effetti, ma anche da restituirne, anche se non abbiamo ancora alcun potere individuale su quello in cui siamo nati. Siamo nati nello spirito di popolo su cui non abbiamo alcun potere individuale.

Perciò corrisponde a una grande verità quando nella Bibbia vien detto, subito all’inizio, che l’uomo col suo divenire terreno dovette attendere fino al momento in cui gli poté essere formato il coronamento dei suoi organi respiratori, la laringe, dal divino-spirituale stesso: «E Dio alitò nell’uomo un soffio di vita e l’uomo divenne così un essere vivente». Con queste parole viene indicato il momento in cui viene inspirato il divino-spirituale dal macrocosmo. L’umano è in connessione col cuore, il divino con la laringe.

 

Mentre l’uomo respira coi polmoni e può trasformare i suoi processi respiratori in quelle configurazioni che vengono ottenute attraverso la laringe – linguaggio e canto –, gli è dato qualcosa che è capace della formazione più elevata. Perciò è ben giustificato che quanto sarà il coronamento, se l’essere umano si evolve sempre più in alto, nella teosofia orientale venga chiamato “atma”. La parola “atma” ha la stessa radice del verbo tedesco “atmen” (respirare).

 

Atma o uomo spirituale è l’arto più elevato che l’uomo formerà un giorno, nel futuro. Ma egli deve determinare la formazione dell’atma o dell’uomo spirituale stesso che oggi è presente solo come predisposizione. Deve cooperare a ciò che quale processo respiratorio modificato vive nel linguaggio e nel canto. Tutto ciò sta solo all’inizio e si svilupperà sempre di più e abbraccerà cerchie sempre più vaste.

 

Tenendo conto di questo diremo:

non appena l’uomo potrà intervenire in modo adeguato nel suo processo respiratorio,

questa sarà un’azione superiore a tutte le altre.

 

Ma poiché qui si tratta di forze spirituali elevate, per le quali l’uomo non è ancora pronto con la sua attuale costituzione, è chiaro che con ciò, come minimo, si possono anche causare dei danni. Se, dunque, fra i diversi esercizi che l’uomo può compiere per perfezionarsi vi sono anche quelli che regolano il respiro, è importante porre la massima cura in tali esercizi, e l’istruttore deve sentire nei confronti del discepolo la più grande responsabilità possibile.

 

Furono le stesse entità divino-spirituali che modificarono il processo respiratorio a partire dalla loro saggezza a far sì che l’essere umano, da un livello inferiore, divenisse un essere dotato di linguaggio e, poiché l’uomo non ne era pronto, dovettero porre tale capacità non in balìa della sua individualità, ma al di fuori della stessa. Ogni esercizio di respirazione significa dunque esercitare un’azione su una sfera superiore, e dobbiamo tener conto del fatto che questo comporta la più grande responsabilità.

 

Purtroppo oggi in tale campo, di frequente, vengono date istruzioni sconsiderate, e chi comprende queste cose guarda con terrore il fatto che numerose persone oggi si occupino di esercizi di respirazione senza aver intrapreso una sufficiente preparazione. All’investigatore spirituale sembrano come dei bambini che giocano col fuoco.

 

Nessuno deve credere che le cognizioni anatomiche e le considerazioni fisiche esteriori rendano capaci di dare delle disposizioni sul respirare. Il vero insegnante in questo campo sa che, quando si interviene coscientemente nel processo respiratorio, si fa appello al divino-spirituale nella natura umana.

E poiché le cose stanno così, le norme a riguardo possono solo essere attinte dalle più alte conoscenze spirituali oggi raggiungibili. Indicazioni riguardo a interventi nel processo respiratorio possono venir confidate a un insegnante da cui ci si può aspettare la massima scrupolosità e prudenza.

 

Nel nostro tempo in cui si è così poco coscienti del fatto che un elemento spirituale sta alla base di tutto quello materiale, si crederà anche, a cuor leggero, di poter prescrivere questo o quell’esercizio di respirazione.

Ma se si sa che un mondo spirituale è alla base di tutto quello fisico, si giungerà anche alla conoscenza che la modificazione del processo respiratorio umano appartiene alle più nobili rivelazioni dello spirituale nel fisico e che l’intervento nel processo respiratorio può essere collegato soltanto a una disposizione dell’anima come in preghiera.

 

Chi vuole intervenire nel processo respiratorio può farlo solo a partire dalla conoscenza che per il discepolo la conoscenza divenga una preghiera e che si colmi di profonda devozione.

Diversamente non dovrebbero, in genere, essere date delle istruzioni per queste cose di grandissima responsabilità. Il conoscitore diventa un devoto che si riempie della grazia di quelle entità a cui certamente ci avviciniamo, ma a cui oggi dobbiamo ancora guardare, poiché esse inviano giù la loro saggezza da altezze del macrocosmo che sono più in alto rispetto a quello che possiamo afferrare col nostro sapere ordinario.

Questo è quanto scaturisce dalla scienza dello spirito come un risultato ultimo, così da risuonare come una preghiera spontanea:

 

Raggio di Dio che proteggi e benedici

ricolma la mia anima che cresce,

così che possa afferrare

ovunque forze ricostituenti.

 

Essa vuole ripromettersi

di destare la forza dell’amore in sé

piena di vita

e di vedere così la forza di Dio

sul cammino della propria esistenza

e di operare nel senso di Dio

con tutto ciò che possiede.