Partecipazione dell’uomo al mondo fisico, astrale e mentale.

O.O. 93a – Elementi fondamentali dell’esoterismo – 06.10.1905


 

Sommario: Partecipazione dell’uomo al mondo fisico, astrale e mentale. L’evoluzione dell’autocoscienza durante la discesa sul piano fisico. La risalita ai piani superiori attraverso l’educazione all’altruismo nei desideri e nei pensieri. La possibilità della libertà sul piano fisico. Effetto e controeffetto come tecnica del karma.

 

Oggi vogliamo illustrare come opera il karma e fare chiarezza su come si comporta nei tre mondi dei quali abbiamo parlato. Tutti gli altri mondi ad eccezione di questi tre entrano meno in questione, per l’evoluzione umana; dunque bisogna tener conto del mondo fisico, del mondo astrale e del mondo mentale.

 

Nello stato di veglia diurna siamo nel mondo fisico; per certi versi, ci troviamo soltanto di fronte al mondo fisico: ci basta volgere i nostri sensi all’esterno per avere di fronte a noi il mero mondo fisico. Ma nel momento in cui osserviamo il mondo fisico con interesse, andandogli incontro col nostro sentimento, siamo già, in parte, nel mondo astrale e solo in parte siamo veramente nel mondo fisico. Nella vita umana sono presenti solo gli inizi di una vita che sia puramente nel mondo fisico: per esempio, quando si osserva in modo puramente contemplativo un’opera d’arte senza sentire il desiderio di possederla.

 

Osservare un’opera d’arte in questo modo è un atto animico importante se, dimenticando se stessi, vi si lavora puramente come ad un compito mentale. Questo puro vivere nel mondo fisico dimentichi di se stessi è molto raro. Solo di rado l’uomo osserva la natura in pura contemplazione, poiché di norma sente molte altre cose. Tuttavia, la vita disinteressata nella natura fisica è la cosa più importante, perché solo così l’uomo può avere una coscienza di sé; in tutti gli altri mondi, adesso, l’uomo ordinario è ancora immerso in uno stato di inconsapevolezza.

 

Nel mondo fisico, l’uomo non solo è autocosciente, ma vi può anche diventare altruista. La sua coscienza diurna, però, non è ancora disinteressata, se non si dimentica di sé. Non è il mondo fisico ad impedirglielo, bensì il ruolo che vi giocano il mondo astrale e quello mentale. Ma se dimentica se stesso, la separazione sparisce ed egli trova il suo sé diffuso là fuori. Attualmente, però, l’uomo può formare questa autocoscienza senza separazione soltanto nel mondo fisico.

L’autocoscienza noi la chiamiamo “Io”.

 

L’uomo può diventare autocosciente solo a contatto con l’ambiente esterno. Solo quando acquisisce i sensi per un mondo, diventa cosciente nel mondo corrispondente. Adesso ha sensi solo per il mondo fisico, ma gli altri mondi intervengono continuamente nell’autocoscienza e la offuscano. Quando intervengono i sentimenti, si tratta del mondo astrale; quando l’uomo pensa, è il mondo mentale ad intervenire nella coscienza.

 

I pensieri della gran parte delle persone non sono nient’altro che immagini riflesse del mondo circostante. In pochissimi casi l’uomo ha pensieri che non dipendono dal mondo intorno a lui. Egli ha questi pensieri più elevati solo quando in lui si risvegliano i sensi per il mondo mentale, in modo che egli non solo pensa i pensieri, ma li vede intorno a sé come esseri. Allora ha l’autocoscienza nel mondo mentale, come ce l’ha il chela, l’iniziato.

 

Se l’uomo cerca di far sparire intorno a sé prima il mondo fisico, poi tutti gli istinti, le brame, i moti d’animo, e così via, nella maggior parte dei casi non resta più alcun pensiero. Proviamo a rappresentarci tutto ciò che influenza l’uomo in quanto essere che vive nello spazio e nel tempo; proviamo a riportare davanti all’anima tutto ciò che è in relazione con il luogo in cui viviamo e con l’epoca nella quale viviamo: tutto quel che l’anima ha continuamente in sé in termini di pensieri dipende dallo spazio e dal tempo. Tutto questo ha un valore transitorio.

 

Perciò, per sviluppare a poco a poco i sensi devachanici,

l’uomo deve passare dal semplice riflettere il sensibile a far vivere in sé un contenuto di pensiero eterno.

 

Una frase come quella di Luce sul sentiero. «Prima che l’occhio possa vedere, deve disabituarsi alle lacrime» vale per tutti i tempi e in tutti i luoghi. Lasciando vivere in sé una frase del genere, vive in noi qualcosa che è al di là di spazio e tempo. Questo è un mezzo, una forza per risvegliare a poco a poco nell’anima i sensi devachanici e per destare i sensi per ciò che è eterno nel mondo.

 

La partecipazione dell’uomo ai tre mondi funziona così. Però l’uomo è venuto a trovarsi in questa condizione solo gradualmente. Non è sempre stato nel mondo fisico, è diventato fisico solo a poco a poco, è stato dotato dei sensi solo a poco a poco. Prima si trovava sui piani superiori. È disceso nel mondo fisico dal piano astrale, al quale era disceso dal piano mentale.

 

Dividiamo il piano mentale in due parti:

• il piano mentale inferiore, o piano rupa, nel quale tutto è già differenziato,

• e il piano mentale superiore, o arupa, nel quale tutto è ancora indifferenziato, in germe.

L’uomo è disceso dal piano arupa, attraverso il piano rupa e il piano astrale, fino al piano fisico.

Solo sul piano fisico l’uomo è diventato autocosciente.

• Sul piano astrale, adesso, non è ancora autocosciente, e sul piano rupa e arupa lo è ancor meno.

• Soltanto sul piano fisico gli oggetti si sono accostati all’uomo dall’esterno, direttamente nel suo ambiente.

 

Generalmente, quando ad un essere si accostano degli oggetti da fuori, ha inizio l’autocoscienza. Sui piani superiori la vita era ancora tutta racchiusa all’interno. Quando l’uomo viveva sul piano astrale, aveva solo una realtà che sorgeva dalla sua stessa vita interiore. Vi aveva una vera e propria coscienza di immagini. Per quanto questa coscienza fosse vivace, tuttavia in realtà si trattava solo di immagini che sorgevano nella sua interiorità. Gli attuali sogni ne sono un debole resto. Se per esempio un uomo astrale si fosse avvicinato a del sale, il sale avrebbe agito in modo inconscio su di lui, e in lui ne sarebbe sorta un’immagine. L’immagine del sapore del sale sarebbe sorta nella sua interiorità.

 

Se egli si fosse avvicinato ad un altro uomo che gli era simpatico, non lo avrebbe visto da fuori, ma in lui sarebbe sorto un sentimento di simpatia. Questa vita nell’astrale era una vita totalmente chiusa in se stessa e separata. Solo sul piano fisico l’uomo può rinunciare alla sua separatezza, in quanto, per mezzo dei suoi organi di senso, percepisce gli oggetti, si fonde insieme al non-io. In ciò consiste l’importanza del mondo fisico. Se l’uomo non avesse calpestato il piano fisico, non sarebbe affatto pervenuto a rinunciare alla separatezza e a volgere i suoi sensi verso l’esterno. Di fatto è qui che comincia il lavoro all’altruismo. Tutto quello che non è pura contemplazione delle cose fisiche esteriori appartiene ancor più all’ego.

 

Bisogna abituarsi a vivere sui piani superiori in modo altrettanto disinteressato quanto si è cominciato a farlo sul piano fisico, anche se, fino adesso, solo di rado. Gli oggetti del mondo fisico costringono l’uomo a diventare disinteressato e a dare qualcosa all’oggetto che non è “io”. Riguardo a tutti i desideri, a quel che vive nell’anima, l’uomo si orienta ancora secondo i suoi desideri.

 

• Sul piano fisico deve imparare a rinunciare, a distaccare da sé i propri desideri.

Questo è il primo livello.

Il livello successivo è orientarsi non secondo i propri desideri, ma secondo quelli che vengono da fuori.

• Quando inoltre l’uomo, consapevolmente e per volontà propria,

non si dedica ai pensieri che sorgono in lui, ma consapevolmente a pensieri estranei, si innalza al piano devachanico.

• Perciò nei mondi superiori dobbiamo cercare qualcosa che sia al di fuori di noi,

per dedicarci ad esso come nel mondo fisico ci dedichiamo agli oggetti.

 

Così bisogna considerare i desideri degli iniziati. L’allievo dell’occultismo conosce quei desideri che sono giusti per l’umanità e si orienta verso di essi come ci si orienta verso gli oggetti sensibili per costrizione esterna. La cultura e l’educazione dei desideri ci portano al piano astrale.

 

Ora, diventando altruisti anche nei pensieri e lasciando che i pensieri eterni dei Maestri della saggezza ci attraversino l’anima (con la concentrazione e la meditazione sui pensieri dei Maestri) percepiamo anche i pensieri del mondo circostante. L’allievo dell’occultismo può già essere un maestro sul piano astrale, ma sul piano mentale possono esserlo solo i maestri più elevati.

 

Dapprima ci troviamo di fronte all’uomo come natura fisica. Al tempo stesso egli vive nel mondo astrale e mentale, ma ha autocoscienza solo nel mondo fisico. Deve attraversare tutto il mondo fisico, fino ad avere imbevuto la propria autocoscienza con tutto ciò che il mondo fisico gli può insegnare. Qui l’uomo dice a se stesso: “Io”. Egli collega il suo Io alle cose che ha intorno, impara ad estenderlo con la contemplazione; esso fluisce all’esterno e diventa una cosa sola con gli oggetti che egli ha compreso fino in fondo. Se avessimo già capito tutto il mondo fisico, non ne avremmo affatto più bisogno; lo avremmo in noi.

 

Però adesso l’uomo ha dentro di sé ancora soltanto una parte del mondo fisico. L’uomo, che nella sua prima incarnazione nasce come lemuriano, e che appunto volge all’esterno il suo Io soltanto al mondo fisico, di tale mondo fisico non sa ancora molto. Ma quando l’uomo giunge alla sua ultima incarnazione, deve avere congiunto al suo Io l’intero mondo fisico.

 

Nel mondo fisico l’uomo è lasciato a se stesso, qui nessuno lo guida, qui in realtà è abbandonato da Dio. Quando discese dal mondo astrale, gli dèi lo abbandonarono. Egli doveva imparare a diventare signore di se stesso nel mondo fisico. Perciò qui può vivere solo così come, di fatto, vive: oscillando fra errore e verità. Deve brancolare e cercare da sé la propria via. Adesso in linea di massima brancola nell’oscurità. Qui il suo sguardo è volto all’esterno, egli è libero fra le cose, però è anche esposto all’errore.

Sul piano astrale l’uomo non aveva una libertà del genere; veniva spinto e trascinato da potenze che si trovavano alle sue spalle. Come una specie di marionetta era appeso ai fili degli dèi; essi dovevano ancora guidarlo. Nella misura in cui anche adesso l’uomo è un essere animico, gli dèi vivono ancora in lui. Qui la libertà e la non-libertà sono ancora fortemente mischiate. I desideri mutano continuamente. Questo oscillare su e giù dei desideri viene da dentro. Sono gli dèi che agiscono nell’uomo.

 

Ancora meno libero è l’uomo sul piano rupa del mondo mentale, e meno libero ancora sul piano arupa del mondo mentale superiore. L’uomo diventa libero sul piano fisico a poco a poco, mano a mano che, con la conoscenza, diventa incapace di errore.

 

Nella stessa misura in cui si studia a fondo e si conosce il piano fisico, si consegue la facoltà di portare al piano arupa le cose imparate nel mondo fisico. Il piano arupa è privo di forma in sé, ma riceve forme dalla vita dell’uomo.

 

L’uomo raccoglie lezioni sul piano fisico, e le porta, come forme solidificatesi nell’anima, sul piano arupa.

Perciò nei misteri greci l’anima veniva chiamata “ape”, il piano arupa “arnia” e la Terra fisica “campo di fiori”.

Questo veniva insegnato nei misteri greci.

 

E ora, cos’ha spinto l’anima giù sul piano fisico? Il desiderio, la brama; non si discende mai ad un piano inferiore se non a causa del desiderio. Prima l’anima era nel mondo astrale; il mondo astrale è il mondo del desiderio. Tutto ciò che gli dèi hanno impiantato nell’uomo nel mondo astrale era puro mondo del desiderio. Quello più spiccato, in questo essere pre-lemurico, era il desiderio del fisico. A quei tempi l’uomo era avidissimo del fisico; aveva in sé un’inconsapevole, cieca avidità del fisico. Questa avidità si può placare solo attraverso il soddisfacimento. Attraverso le rappresentazioni, attraverso le conoscenze che consegue, attraverso ciò che l’uomo conosce del mondo fisico, questa avidità del fisico svanisce.

 

• Dopo la morte, l’anima va sul piano astrale e da questo passa al piano rupa e a quello arupa.

Quanto essa ha conseguito, lo deposita lì.

 

Quel che non ha ancora portato con sé dal mondo fisico, quanto non è ancora stato conosciuto, lo spinge nuovamente giù, suscitando avidità per nuove incarnazioni. Il tempo in cui essa permane sul piano astrale si regola secondo la misura di quanto l’uomo ha ottenuto sul piano fisico. Nel selvaggio è molto poco, perciò in lui avviene solo un debole lampo sul piano arupa. Poi ridiscende subito sul piano fisico. Chi qui, nel mondo fisico, ha imparato tutto non ha più bisogno di ritornare al piano fisico, perché nel mondo fisico ha svolto il suo dovere.

 

Per quando riguarda il suo essere astrale, attualmente l’uomo fa ancora per metà parte del mondo astrale. Per metà la pelle dell’astrale è lacera ed egli percepisce il mondo del fisico con i sensi. Riuscendo a vivere sul piano astrale come adesso vive sul piano fisico, egli impara a fare osservazioni in modo simile anche là; in tal caso porta sul piano arupa anche le percezioni del piano astrale. Quel che allora vi porta dal piano astrale, però, fluisce dal piano arupa ancora più in alto, al piano successivo, il piano buddhi. Anche quel che oggi raggiunge sul piano rupa per mezzo della meditazione e della concentrazione, egli lo porta con sé sul piano arupa e da là lo passa a piani ancora superiori.

 

Quel che nell’uomo è astrale, è aperto per metà al mondo fisico e per metà ai mondi superiori. Dove è aperto al mondo fisico, si lascia determinare dalle percezioni del mondo sensibile. Dall’altra parte viene determinato dall’alto. Lo stesso accade col suo corpo mentale. Anche questo viene in parte determinato da fuori, in parte dal mondo interiore dagli dèi, i deva. Ed è per questo motivo che l’uomo deve sognare e dormire.

 

Ora riusciamo anche a capire la natura del sonno e del sogno. Sognare significa rivolgersi alle forze interiori dei devas. L’uomo sogna quasi tutta la notte, solo che non se ne ricorda. Durante il sonno, il corpo mentale viene continuamente determinato dai devas. L’uomo non ha ancora autoconsapevolezza sui piani superiori, perciò nel sogno non è ancora autoconsapevole. Sul piano astrale comincia a diventarlo. Nel sonno profondo egli si trova sul piano mentale. Solo sul piano fisico l’uomo è desto. Qui c’è l’io, esso si estrinseca sul piano fisico.

 

L’io astrale non può ancora estrinsecarsi sul piano fisico, perciò l’io astrale deve temporaneamente uscire dall’uomo. Egli deve dormire affinché esso possa uscire. Gli stati del sogno e del sonno sono solo una ripetizione dell’evoluzione precedente.

 

Sul piano astrale l’uomo ha sognato; su quello mentale ha dormito.

Questi stati attualmente egli li ripete ogni notte.

 

Solo quando sviluppa i sensi per gli altri piani, non sogna più e non dorme più, bensì vi percepisce delle realtà. L’allievo dell’occultismo impara a percepire queste realtà sul piano astrale. Allora egli ha intorno a sé una realtà. Chi si evolve ancora di più ha intorno a sé una realtà anche nel sonno profondo. Allora subentra la continuità della coscienza.

 

Comprendendo questa sequenza di concetti precisi, si può capire il motivo per cui l’uomo, dopo essere stato sui piani superiori, ritorna di nuovo giù. Quel che ancora non sa, quanto non ha ancora riconosciuto, ciò che i buddisti chiamano avidya, “ignoranza”, lo spinge indietro nell’esistenza fisica.

L’avidya è la prima forza del karma.

 

Secondo la dottrina buddista ci sono dodici forze karmiche che spingono giù l’uomo. L’insieme di queste si chiama nidana. Quando l’uomo a poco a poco discende, si mostra come intervengono gli effetti karmici. L’avidya è il primo effetto. È il polo opposto del fatto che l’uomo viene nel mondo fisico. Poiché calpesta il piano fisico, e vi si lega a qualcosa, questo provoca una reazione.

 

• Tutte le cose che l’uomo fa nel mondo fisico provocano una reazione e si ripercuotono come karma.

Azione e ripercussione è la tecnica, il meccanismo del karma.