Pensare e volere connessi con necessità e libertà

O.O. 194 – La Missione di Michele – 14.12.1919


 

Abbiamo smarrito una reale scienza dell’anima, non l’abbiamo più.

 

Io ho accennato anche in conferenze pubbliche, ultimamente a Basilea e anche altrove,

alle cause che ci hanno fatto perdere la scienza dell’anima.

La scienza dello spirito è per esempio divenuta incomoda per la chiesa cattolica già nel secolo nono; ne ho spesso parlato.

 

Perciò ho più volte spiegato che lo spirito è stato abolito dall’ottavo concilio ecumenico a Costantinopoli nell’869. Fu allora elevato a dogma che l’uomo, se era un buon cristiano, non doveva pensare di consistere di corpo, anima e spirito, bensì solo di corpo e anima, e che l’anima aveva proprietà spirituali. Così insegna oggi ancora la psicologia, e crede di insegnare secondo una scienza imparziale, ma ripete solo il dogma dell’869.

Ma anche tutto quanto riguarda l’anima venne monopolizzato dalle chiese confessionali in forma di fede, di confessione e di dogma. Tutto quel che per l’uomo dovrebbe essere conoscenza dell’anima, venne monopolizzato dalle comunità confessionali, e la conoscenza propriamente detta, la conoscenza libera venne indirizzata alla natura esterna.

 

Non c’è da meravigliarsi che oggi non abbiamo più una scienza dell’anima.

• L’erudizione laica si è dedicata solo alla scienza naturale

poiché la scienza dell’anima era stata monopolizzata e la scienza dello spirito era stata eliminata.

• Non abbiamo alcuna scienza dell’anima e, nei termini in cui sta oggi la scienza dominante,

non possiamo fare passi avanti; nei termini in cui sta oggi la psicologia parolaia (che molto di più non è)

non possiamo infatti giungere a una reale comprensione di quel che agisce nell’anima.

 

È già noto da quanto ho scritto nel mio libro L’iniziazione

che varcando la soglia verso il mondo spirituale si separano uno dall’altro pensiero, sentimento e volontà.

Nella usuale coscienza corrente pensiero, sentimento e volontà

formano oggi una specie di caos, sono stratificati uno sull’altro.

 

Nell’attimo in cui la soglia verso il mondo spirituale viene varcata,

nell’attimo in cui ci si vuole accingere ad acquisire per esperienza la scienza dell’iniziazione,

pensiero, sentimento e volontà diventano nella coscienza potenze indipendenti;

allora si impara a conoscerle, a distinguere realmente il pensiero dal sentimento e dalla volontà.

 

Si impara soprattutto a distinguere il pensiero dalla volontà:

il pensiero che opera in noi in quanto uomini, se non lo consideriamo per il suo contenuto,

ma lo consideriamo con riguardo alla sua natura di forza, se insomma accogliamo in noi la forza di pensiero,

allora questa è come un irraggiare di quanto abbiamo vissuto nei mondi spirituali prima della nascita o della concezione.

L’entità volitiva nell’uomo è invece qualcosa di embrionale, ha natura di germe,

e verrà a completo sviluppo solo post mortem, dopo la morte.

 

Possiamo quindi affermare:

se traccio il corso della vita (vedi lo schema seguente) tra nascita e morte,

entro il corso della vita umana, per come vive nell’uomo,

• il pensiero è solo un’apparenza, poiché la sua vera natura giace prima della nascita o della concezione;

• la volontà è invece solo un germe, perché ciò che da quel germe si svilupperà, germoglia solo dopo la morte.

 

Nella natura umana pensiero e volontà sono fondamentalmente diversi.

 

C:\Users\FERRUC~1\AppData\Local\Temp\msohtmlclip1\02\clip_image001.jpg

Se ora viene qualcuno provvisto della logica attuale, quella che usa inscatolare tutto per benino e fare sistemi, dirà: si racconta che il pensiero è la forza che agisce partendo dalla vita prenatale, che il volere è la forza che rimanda alla vita dopo la morte. Sia dunque definito e ben separato l’uno dall’altro pensare e volere mediante una definizione.

Ma con le definizioni non si fa nulla; di solito non ci si accorge della loro insufficienza. Molte definizioni, specialmente quelle che hanno valore scientifico e spiccano per la loro ragionevolezza, hanno tutte un punto nero che fa pensare alla definizione data nella Grecia antica a chi chiedeva: che cosa è l’uomo? L’uomo è un bipede implume. Ma il giorno dopo si presentò uno scolaro portando un gallo spennato e disse: ecco un uomo, perché ha due gambe e non ha penne. Infatti lo aveva prima accuratamente spennato.

In realtà i fatti non sono così semplici da poterli manipolare con gli strumenti abituali dell’intelletto. Abbiamo infatti un bel dire che ciò che sperimentiamo come pensiero ha la sua vera essenza prima della nostra nascita e che di là si esplica in noi come un’immagine riflessa di pensiero. Ci troviamo qui di fronte a una certa difficoltà che è possibile superare con un piccolo sforzo di pensiero.

 

C:\Users\FERRUC~1\AppData\Local\Temp\msohtmlclip1\02\clip_image002.gif

 

Se abbiamo uno specchio (vedi disegno) e un oggetto, per esempio una candela accesa, ne avremo nello specchio un’immagine riflessa che riusciamo a distinguere bene dall’oggetto, senza pericolo di errore. Se poi copriamo con uno schermo la candela, rimarrà solo l’immagine rispecchiata che ripeterà tutto quello che fa la candela, e dall’immagine riflessa potremo dedurre tutto quel che fa la candela. Siamo abituati a pensare spazialmente, e perciò possiamo rappresentarci con facilità come si comporti l’immagine rispetto alla realtà della candela.

 

Ma ciò che in noi è forza di pensiero, è come tale un’immagine riflessa, e la realtà sta prima della nascita.

La forza reale, di cui usiamo l’immagine in questa vita, si trova prima della nascita.

Ecco perché la massima fondamentale della coscienza umana,

quale risulta guardando alla propria coscienza, è: io penso, dunque non sono.

• Cogito ergo non sum!

 

Il fatto fondamentale che si deve comprendere è

• che nel pensiero domina la natura di immagine,

• e che la forza del pensiero si trova prima della nascita.

 

L’evoluzione moderna ha introdotto al contrario, quale assioma fondamentale della filosofìa:

cogito ergo sum, il che è un’assurdità.

Ecco perché l’umanità moderna deve passare attraverso una revisione.

 

Siamo a un punto di separazione

e dobbiamo imparare a cambiare il nostro metodo di pensare sui fondamenti della vita dell’anima.

In un certo senso abbiamo così riportato il pensiero alla sua essenza, e potremmo tentare qualcosa di simile per il volere.

 

Il volere non è da concepire come immagine e immagine riflessa, ma come germe e compimento della forza volitiva,

• come germe tra nascita e morte   • e come compimento per quello che diviene dopo la morte.

 

Questo ordinamento per cui noi abbiamo del pensiero l’immagine e del volere l’embrione,

è quello che ci rende possibile la libertà tra nascita e morte.

 

Si possono leggere in proposito tanto i miei libri: Enigmi dell’essere umano e Enigmi dell’anima,

quanto la seconda edizione della mia Filosofia della libertà dove tali argomenti sono trattati anche filosoficamente.

 

Ma ora viene il fatto particolare dal quale ci si deve convincere

di quanto il comodo pensiero quotidiano sia insufficiente a penetrare la verità.

 

Si crede di aver compreso l’essenza del pensiero.

Ma quando vogliamo veramente accoglierlo in noi dobbiamo pur convenire

che in esso non vi è solo pensiero, ma che contiene anche una forza volitiva.

• Con la stessa essenza interiore con cui pensiamo, nel contempo vogliamo.

 

Solo in via principale è pensiero; ha anche un suono accessorio di volontà,

e del pari il nostro volere ha un suono accessorio di pensiero.

 

Abbiamo di fatto in noi una dualità;

• qualcosa che è principalmente pensiero e ha un tono minore di volontà

(nel disegno che segue, ripetuto dal precedente, si aggiunge fra parentesi « volontà » a « pensiero »)

• e qualcosa che è principalmente volere ed ha un tono minore di pensiero

(accanto a « volontà » si aggiunge tra parentesi « pensiero »).

 

Quando si considera la verità non si giunge a concetti netti da incasellare in sistemi,

bensì l’uno è sempre nel contempo un altro, in un determinato senso.

 

Solo penetrando questi fatti, si ottiene una concezione di certi nessi dell’uomo con mondi che stanno al di fuori di quello che vediamo con i nostri occhi e udiamo con i nostri orecchi, nei quali tuttavia siamo inseriti non meno che nel mondo dei sensi.

Né possiamo dire che questi altri mondi, diversi da quello dei sensi, non ci riguardano, perché vi siamo proprio inseriti.

 

Dobbiamo aver chiaro che mentre ci aggiriamo qui sul suolo terrestre o attraversiamo l’aria sensibile,

ci moviamo in pari tempo attraverso i mondi spirituali.

Le relazioni con i mondi spirituali, dico io, risultano se si guarda in queste finezze della vita animica umana.

Per mezzo di ciò che è più di tutto pensiero e ha solo un tono minore di volontà

noi ci connettiamo con un certo modo di essere spirituale nei mondi spirituali.

E con un altro modo di essere dei mondi spirituali ci connettiamo per mezzo di ciò che è più volontà e meno pensiero.

 

Tutto questo ha poi la sua più profonda importanza, poiché quello che troviamo così, s’imprime nella vita umana; le differenziazioni presenti nel mondo dipendono poi dal fatto che l’una o l’altra forza dell’umana natura si configura in una o nell’altra direzione.

• Le forze che stanno nella volontà con il tono minore di pensiero

si sono esplicate per esempio, nel senso più eminente, nella civiltà ebraica antica,

• mentre le forze dell’anima umana che si fondano principalmente nel pensiero con il tono minore di volontà

si esplicarono nell’antica civiltà pagana. (Nel disegno viene ancora aggiunto «ebraico antico» e «pagano»).

 

Attualmente abbiamo le due correnti che corrono parallele: nel mondo civile troviamo confuse la corrente, che continua quella dell’antichità pagana, nella concezione della natura, e l’altra che continua l’antico ebraismo nella concezione sociale moderna, nei nostri concetti etici e religiosi.

 

C:\Users\FERRUC~1\AppData\Local\Temp\msohtmlclip1\02\clip_image003.jpg

 

Questo dualismo vive oggi nel singolo uomo.

• Da un lato l’uomo adora paganamente la natura;

• dall’altro egli riflette sulla vita sociale, perfino sulla vita morale, senza trovare una giusta base naturale,

tranne quella di trasferire le abitudini di pensiero nella cosiddetta scienza sociale o sociologia.

 

Quando poi si dà al filosofare allora dice che

• in un campo trova la libertà,

• nell’altro campo la necessità naturale;

così egli si trova tra fantasmi in mezzo ai due campi tra i quali non dovrebbero esistere ponti, e grande è la confusione.

Ma questa confusione è sotto molti aspetti il contenuto della vita attuale, della attuale vita decadente.

 

Che cosa manca ‘infatti alla nostra vita di oggi?

• Abbiamo una concezione della natura: è solo la continuazione dell’antico paganesimo.

• Abbiamo una concezione morale e sociale: è solo la continuazione dell’Antico Testamento.