Percezione del mondo esteriore

O.O. 104 – L’Apocalisse – 23.06.1908


 

I primi tempi dell’Atlantide erano quindi del tutto diversi da oggi. L’epoca atlantica trascorre in modo che l’uomo, da condizioni del tutto opposte, si traspone a poco a poco in quelle successive. Questo avviene nella misura in cui il suo corpo eterico viene sempre più immerso nel corpo fisico.

Il corpo eterico viene immerso in quello fisico nell’ultimo terzo del periodo atlantico.

 

Prima di questo evento l’uomo si sentiva sveglio, su nel mondo spirituale. Pur essendo così sveglio, egli però non diceva io a se stesso, non aveva l’autocoscienza. Quando usciva dai suoi corpi fisico ed eterico per inoltrarsi nella luminosità della notte, egli si sentiva veramente parte della spiritualità esistente in quel mondo superiore, si sentiva per così dire inserito nella sua vecchia anima di gruppo. Ogni volta si faceva chiarezza per lui nella notte, ma egli non si sentiva indipendente. Come le nostre dita nei confronti del nostro io, così gli uomini si sentivano appartenenti alle anime di gruppo che sono viste chiaroveggentemente e che vengono descritte nell’Apocalisse di Giovanni come le quattro teste di leone, toro, aquila e uomo. L’uomo si sentiva inserito in una di quelle anime di gruppo. Soltanto quando era nella sua conchiglia corporea, egli sentiva di avere qualcosa di proprio.

 

Il fatto che l’uomo sia diventato un essere indipendente, deriva dall’essersi potuto chiudere nel proprio corpo.

Egli dovette peraltro pagare questo chiudersi nel suo corpo

con il fatto che a poco a poco il mondo spirituale si oscurò per lui, si ritirò del tutto da lui.

In compenso però divenne sempre più chiaro e distinto il mondo che egli vedeva quaggiù quando era nel corpo fisico.

In lui baluginò così sempre più chiaro di essere un io, di portare in sé un’autocoscienza.

Apprese a dire io a se stesso.

 

Se vogliamo caratterizzare quel che allora avveniva, pensiamo a come l’uomo, uscendo per così dire dalla sua conchiglia corporea, penetrava nel mondo spirituale. Egli era fra entità divine spirituali, e gli risuonava incontro dal di fuori il suo nome, quello che egli era. A un gruppo risuonava incontro la parola che, nel linguaggio originario, corrispondeva a quel gruppo, a un altro, la parola dell’altro gruppo.

L’uomo non poteva darsi un nome dal di dentro, doveva ricevere il suo nome riecheggiato dal di fuori. Quando sgusciava fuori dalla sua conchiglia corporea, egli sapeva che cosa era perché gli era risuonato nell’anima.

 

Ora, quando apprende a percepire nel suo corpo il mondo fisico circostante, apprende pure a sentirsi come un io, apprende pure a sentire in se stesso la forza divina che prima gli risonava dal di fuori.

Apprende a sentire Dio in se stesso. Egli chiamò Jahve il Dio che gli era più vicino, quello che in pari tempo gli indicava il suo io, che era la guida dell’io.

La forza di quel Dio sentì l’uomo sorgere da principio nel suo io.

 

A tutto ciò erano collegati avvenimenti esteriori. Quando l’antico abitatore dell’Atlantide discendeva così nel suo corpo fisico, vedeva anche fuori nello spazio celeste e, come ho detto, non scorgeva un vero arcobaleno, ma press’a poco un cerchio colorato dove più tardi sarebbe apparso il sole. Con la sua forza il sole non perforava ancora la nebbia, ma agiva attraverso di essa.

 

Impedito, trattenuto dalla nebbia, esso agiva sulla terra con la sua forza.

Esso affiorava sempre di più, di modo che

• tutto quanto è stato descritto, questo inizio di una coscienza esteriore,

è legato all’apparire del sole attraverso la nebbia.

Quanto vi era in alto, dove avevano la loro sede gli altri sei spiriti che, con Jahve, guidavano l’evoluzione terrestre,

urgeva fuori a poco a poco, irraggiava sulla terra con le sue azioni.

 

⦁ Che cosa avveniva dell’uomo? L’uomo prima, seguendo la sua vera anima, il suo spirito, quando era uscito dal suo corpo, quando, per così dire, era notte, entrava in una intima e astrale chiarezza per la quale non era necessario il sole esteriore. Quella chiarezza lo circondava. Era la luce stessa di potenti entità spirituali, quella che più tardi discese fisicamente dal sole.

Più l’uomo si chiudeva nella sua coscienza fisica, più si chiudeva anche la porta della veggenza interiore. Tenebre lo circondavano quando di notte egli lasciava i suoi corpi fisico ed eterico ed entrava nel mondo Spirituale.

Nella stessa misura in cui egli si chiudeva, sorgeva la luce esteriore che rappresenta le azioni delle solari entità spirituali. La luce delle entità spirituali discese esteriormente giù sulla terra. L’uomo si preparava a considerare la luce esteriore come qualcosa di materiale.

 

Nel suo intimo, ora oscurato, apparve la luce, ma in un primo tempo la luce non venne capita dalle sue tenebre.

⦁ Si tratta di un avvenimento storico, cosmico.

In quei tempi, mediante l’oscuramento spirituale, l’uomo acquistò la sua autocoscienza,

e così, crescendo, uscì dalla chiarezza dell’anima di gruppo.

Era però soltanto il primissimo albeggiare dell’individualità.

 

Occorse poi molto, molto tempo prima che l’uomo fosse davvero individualizzato.

• Trascorse l’ultimo periodo atlantico, si verificò il diluvio, iniziò l’epoca postatlantica,

passò l’antica civiltà indiana; e l’autocoscienza non era ancora sviluppata.

• Poi vennero le epoche persiana e egizio-babilonese, e sempre più l’uomo arrivava a sviluppare in sé l’autocoscienza.

• Finalmente si giunse al quarto periodo di civiltà, e si verificò allora qualcosa di un’enorme importanza,

qualcosa per cui quel che prima era avvenuto era soltanto una preparazione.

 

Immaginiamo di essere innalzati dalla terra ad una stella lontana e di guardar giù alla terra da quella lontana stella, dotati di un occhio chiaroveggente.

Si vedrebbe che la terra, fisicamente, è appunto soltanto corpo fisico e che ad essa appartengono un corpo eterico e un corpo astrale, come è per l’uomo. Anche la terra ha questi corpi.

Si vedrebbe la terra circondata dalla sua aura, e da quella stella, nel corso dei millenni, si sarebbe potuto seguire l’evoluzione dell’aura terrestre. Si sarebbe vista la terra circondata da diversi colori: nel centro il nocciolo fisico, e fluttuante attorno l’aura con diverse forme e diversi colori, con le più svariate formazioni contenute nell’atmosfera spirituale della terra.

Nel corso dei millenni si sarebbero viste le modificazioni di quei colori e quelle forme nei modi più diversi, ma un momento sarebbe stato di speciale importanza: in quel momento tutta l’aura avrebbe assunto un’altra forma e un altro colore.

Vista dal di fuori, la terra appare in una nuova luce.

 

E questo avviene con straordinaria velocità, tanto da doversi dire: da questo istante è avvenuta una trasformazione fondamentale per la terra, l’aura terrestre si è trasformata completamente. — Qual è questo momento? È il momento in cui, sul Golgota, il sangue scorre dalle ferite del Redentore. Quell’istante è importantissimo, è l’istante più importante di tutta l’evoluzione terrestre.

 

L’istante in cui il sangue scorre dalle ferite del Redentore è il medesimo in cui l’aura della terra si trasforma a nuovo.

Interviene una forza del tutto nuova, quella forza che è il più importante impulso per l’evoluzione terrestre

e per la quale tutto quello che abbiamo veduto sino ad ora fu soltanto una preparazione.

 

Per il chimico il sangue del Golgota è uguale ad ogni altro sangue. Quel sangue è invece del tutto diverso.

• Esso indica che la sostanza del sangue è scorsa giù sulla superfìcie terrestre,

e che lo spirito corrispondente a quel sangue ha riempito l’aura terrestre con nuovi impulsi e nuove forze

che hanno il loro significato per la futura evoluzione dell’umanità.

• Di là irradiano le forze che modificano la terra, di là irradiano attraverso gli uomini.

 

Fino ad oggi si è adempiuta soltanto una piccola parte di quello che è fluito in quel momento.

Gli uomini apprenderanno sempre più a comprendere

ciò che la terra è divenuta grazie a quel momento sul Golgota,

ciò che l’uomo può diventare nella coscienza che, nel modo descritto, si è conquistato dall’epoca dell’Atlantide.

 

Che cosa ha dunque conquistato l’uomo dall’epoca dell’Atlantide?

Due cose:    • la coscienza dell’io     • e la facoltà di vedere nel mondo esteriore.

Davanti a lui si è invece chiuso quello che prima era aperto per lui: il mondo spirituale.

 

Veramente gli uomini primitivi vedevano quello che in seguito raccontarono i miti:

Wotan, Mercurio, Giove, Zeus, sono tutte figure che essi vedevano di notte.

Nella notte essi erano fra di loro.

La porta verso quelle entità spirituali si è chiusa.

In compenso l’uomo ha conquistato l’attuale mondo, quello che ha attorno.

Gli spiriti si sono ritirati da lui. Si è ritirato tutto quanto egli poteva allora vedere.

 

Egli vedeva il mondo divino quando allora sgusciava fuori dalla conchiglia del suo corpo fisico;

ora, dentro nel corpo, egli doveva vedere il divino, quando fosse comparso davanti a lui.

Questo significa che gli uomini dovevano accogliere lo spirito in figura corporea visibile

perché la coscienza umana era divenuta tale da essere indirizzata all’osservazione fisica.

Perciò lo spirito stesso dovette assumere una figura corporea fisica.

 

Lo spirito apparve quindi una volta, nel corso dell’evoluzione, in un corpo di carne.

Dovette apparire così perché l’uomo era arrivato a quel gradino di percezione.

Dovette essere offerto alla sua percezione in quel modo, affinchè l’uomo lo potesse capire.

 

E tutti i fenomeni che in precedenza si erano verificati per altri gradini di evoluzione dovettero riunirsi in quel massimo evento dell’evoluzione terrestre che getterà luce su tutto l’avvenire, quell’avvenire che ora l’Apocalisse ci svelerà; dovettero riunirsi in quell’evento, che è fisicamente segnato dalla caduta delle gocce di sangue sulla terra, ma che, percepito chiaroveggentemente, emerge come qualcosa che modifica l’aura terrestre.

 

La forza da lì fluita collaborerà con la terra per tutto l’avvenire.

In tal modo veniva inoculato qualcosa di nuovo nell’anima della terra, nello spirito di tutta la terra.

Il principio del Cristo si legò allora alla terra, e la terra è divenuta il corpo del principio Cristo;

è così vera alla lettera la frase: « Chi mangia il mio pane, mi calpesta con i piedi».

 

Quando l’uomo mangia il pane della terra, egli mangia il corpo della terra, vale a dire

il corpo dello spirito della terra, lo spirito del Cristo, legato alla terra dall’evento del Golgota in poi.

L’uomo si aggira sul corpo della terra, lo calpesta con i piedi.

Tutto va compreso alla lettera se prima ci siamo procurati la possibilità di intendere il testo in modo giusto.

 

Per un uomo come lo scrittore del Vangelo di Giovanni, tutto quanto sapeva, tutto quanto poteva afferrare nella visione chiaroveggente diveniva un’esortazione per comprendere il maggiore evento dell’evoluzione terrestre.

 

Di quanto poteva chiaroveggentemente imparare, egli si diceva:

• « Devo usarlo per comprendere la figura del Cristo e la sua azione ».

L’intendimento di chi scrisse l’Apocalisse fu di usare tutta la scienza occulta per spiegare l’evento del Golgota.

In quello che potè apprendere nella scienza occulta,

null’altro volle egli vedere se non una saggezza tesa alla comprensione di quell’evento

che egli ci ha posto davanti all’anima in modo così grandioso e del quale vedremo che cosa è divenuto per lui.