Perdita dell’Io o rafforzamento dell’io egoistico – due pericoli.

O.O. 119 – Macrocosmo e microcosmo – 26.03.1910


 

Ieri alla fine della conferenza, in cui abbiamo descritto la vera via mistica più profonda, abbiamo dovuto richiamare l’attenzione sul principale pericolo ad essa collegato per chi, nei tempi antichi in cui non esistevano ancora quei metodi odierni di iniziazione dei quali parleremo più tardi, l’avesse percorsa senza guida. Per darvi un’indicazione più esatta di come fossero grandi queste difficoltà vorrei menzionare questo.

 

Abbiamo visto che i problemi derivano principalmente dal fatto che

l’uomo, quando discende nel proprio interno,

viene quasi del tutto riempito dalla sua natura egoistica, dal suo io egoistico,

in modo che quest’io si risveglia con una forza che metterebbe al servizio dell’io

tutto ciò che l’uomo di solito percepisce e può in genere riconoscere,

e vedrebbe tutto solo nella colorazione ottenuta da questa luce intensificata dell’anima egoistica.

 

Proprio per tale motivo nell’antica iniziazione

la forza del sentimento e della coscienza dell’io doveva venire completamente attenuata;

e l’io doveva essere affidato alla guida spirituale, come abbiamo descritto ieri.

 

Questa diminuzione dell’io era ottenuta innanzitutto in modo che per mezzo della forza che emanava dalla guida spirituale, la coscienza dell’io della persona in questione, che allora doveva essere iniziata, veniva attenuata a un terzo della sua forza abituale. Questo è già molto, moltissimo, poiché possiamo dire che la nostra coscienza nello stato di sonno, quando non è presente un sonno molto profondo, è attenuata all’incirca a un terzo.

 

Negli antichi misteri egizi questa attenuazione veniva sospinta ancor di più. Quel terzo della coscienza veniva ancora ridotto a un quarto, quindi la coscienza era attenuata a un dodicesimo della coscienza abituale, così che l’iniziando alla fine si trovava veramente in uno stato simile alla morte. Per l’osservazione esteriore egli era completamente simile a un morto.

 

Vorrei però far notare che quegli undici dodicesimi della coscienza non scomparivano nel nulla. Questo non succedeva proprio. Al contrario, attraverso la percezione spirituale si poteva vedere, innanzitutto, quanto fosse intenso l’egoismo umano, poiché con ogni dodicesimo della coscienza umana attenuata dell’io usciva spiritualmente dall’uomo qualcosa che era una parte forte del suo egoismo.

 

E per quanto possa sembrare strano, tuttavia le cose stavano così: per tenere a freno quegli egoismi che sgorgavano dall’uomo, per controllare, in certo qual modo, spiritualmente l’uomo quando egli aveva attenuato il proprio io, alla guida occorrevano dodici assistenti.

Questo è uno dei cosiddetti segreti dell’iniziazione superiore dell’antichità. Va qui menzionato soltanto per mostrare quanto l’essere umano trova quando discende nel proprio interno.

 

L’uomo in effetti, se fosse stato condotto senza problemi, abbandonato a se stesso, entro la propria interiorità, si sarebbe comportato così da acquisire qualità dodici volte peggiori di quelle che avrebbe avuto nella vita ordinaria. Queste qualità umane che nella vita abituale vengono represse o nascoste per convenzione, costumi, abitudini o leggi, con l’iniziazione negli antichi misteri egizi venivano tenute a freno dagli aiutanti del sacerdote di Ermete. Questa, come ho detto, doveva essere solo un’osservazione a margine per consolidare quanto ieri è stato accennato alla fine.

 

Oggi ci spetta di indicare l’altra via che l’uomo può percorrere, non quando discende nella sua interiorità, quindi, non quando attraversa il momento del risveglio guardandosi all’interno, bensì quando in modo cosciente attraversa il momento dell’addormentarsi e si sofferma in quello stato in cui si trova quando è abbandonato al sonno.

Abbiamo visto nelle conferenze precedenti che l’uomo è, in certo qual modo, fluito nel macrocosmo, mentre durante lo stato di veglia diurna è immerso nella sua propria essenza, nel microcosmo.

 

È stato anche menzionato che quanto l’uomo sperimenterebbe se il suo Io si riversasse nel macrocosmo, nell’universo, sarebbe per lui così abbagliante, così sconvolgente che va definita, appunto, una saggia disposizione quella per cui l’uomo addormentandosi, nel momento in cui, qualora la sua coscienza rimanesse desta, sarebbe accecato dal macrocosmo, dimentica tutto, dimentica se stesso, cioè cessa davvero la sua coscienza.

Ciò che ora l’uomo può sperimentare, se mantiene fino a un certo grado una specie di coscienza, l’abbiamo descritto in quell’aprirsi nel macrocosmo che abbiamo chiamato “estasi”.

 

Allo stesso tempo abbiamo però mostrato che quest’estasi è qualcosa per cui l’io sarebbe come assorbito, quasi come una gocciolina di un liquido che viene mescolata a una grande quantità d’acqua. Attraverso l’estasi l’uomo giungerebbe in uno stato che si potrebbe designare come “esser fuori di sé”, essendo fuori della propria natura ordinaria.

Così questa estasi non può assolutamente venir definita come ciò che grossomodo per l’uomo è desiderabile per penetrare il mondo del macrocosmo, poiché egli perderebbe se stesso; il suo Io smetterebbe di governarlo.

 

Tuttavia nelle antiche epoche, particolarmente nelle regioni europee, vi era proprio uno stato, che si può paragonare all’estasi, in cui veniva posto colui che doveva esser iniziato ai misteri del macrocosmo, uno stato che era simile all’estasi.

Oggi questo non è più possibile, ma nei tempi antichi, specialmente nelle aree nordiche e occidentali dell’Europa, anche nelle nostre regioni, era proprio adeguato all’evoluzione degli uomini che vi risiedevano essere condotti mediante una specie di estasi nei segreti del grande cosmo. Ma in tal modo essi erano anche esposti a ciò che si potrebbe chiamare “perdita dell’io”.

 

Tuttavia quella condizione non era così pericolosa per gli uomini di allora, poiché essi erano carichi di una certa sana forza primigenia elementare e, riguardo alla loro originaria forza animica, non erano così deboli come l’umanità attuale per la sua estrema intellettualità.

Così come quegli uomini si presentavano, avevano tutti quei sentimenti intensificati, potevano sopportare le speranze della primavera, il giubilare dell’estate, la malinconia dell’autunno e i brividi della morte dell’inverno e tuttavia conservavano fino ad un certo grado il loro Io.

 

Si dovevano però prendere delle precauzioni per quelli che dovevano diventare maestri per l’umanità odierna, affinché l’iniziazione, il portar dentro nel macrocosmo potesse effettuarsi anche in un modo diverso. Potremo comprendere quanto ciò fosse importante, se ci immaginiamo che la cosa principale in quella vita fuori nel macrocosmo era la perdita dell’io. L’io diventava sempre più debole; l’uomo alla fine arrivava a una condizione in cui si smarriva come entità umana.

 

Che cosa doveva accadere perché l’uomo non si perdesse? Gli doveva esser conferita proprio quella forza che si definisce come forza dell’Io. La forza che diventava più debole nella propria anima, la forza dell’Io, questa doveva essere fornita da fuori. E ciò avveniva per il fatto che quei misteri nordici si svolgevano sempre in modo tale che l’iniziando riceveva il sostegno degli assistenti che aiutavano la guida spirituale iniziatrice.

 

Una guida spirituale doveva esserci, ma dovevano esserci anche degli aiutanti che la coadiuvavano. E questi si formavano nel modo seguente. Degli uomini venivano particolarmente educati e preparati in modo che uno di essi, ad esempio, vivesse molto intensamente quelle sensazioni ed esperienze interiori che si attraversano quando ci si abbandona completamente a ciò che si può chiamare la natura germogliante della primavera.

 

Prima è stato detto che l’iniziando non poteva sperimentare da sé questo sentimento in grado abbastanza forte. Perciò vi venivano educati appositamente degli uomini che dovevano mettere tutte le loro forze animiche al servizio di quei misteri nordici in modo da rinunciare a tutto il resto, quindi a quanto autunno, estate e inverno fanno vivere.

 

Essi dovevano dedicare tutte le loro forze dell’anima per sperimentare nel sentimento il carattere peculiare della natura primaverile germogliante. Altri uomini venivano predisposti a sperimentare la piena vita dell’estate, altri la tristezza dell’autunno e altri ancora i brividi della morte dell’inverno.

 

Veniva dunque ripartito su varie persone ciò che un uomo può sperimentare nel corso dell’anno. Da questa educazione risultavano degli uomini che avevano temprato e rafforzato il loro Io nel modo più diverso. Grazie al fatto di aver rinunciato a tutto il resto, di aver quindi rinforzato questo Io in modo unilaterale, essi avevano forza-Io in abbondanza. E per mezzo di certe norme venivano messi in relazione con l’iniziando in modo da donargli la loro forza-Io esuberante, così che questa affluisse su di lui.

 

Pertanto, l’iniziando, che doveva attraversare il corso dell’anno, lo sperimentava in modo tale da venir condotto a certe conoscenze superiori del macrocosmo, mentre affluiva al suo Io la forza-Io del sacerdote iniziatore e dei suoi assistenti. Si riversava nell’anima dell’iniziando ciò che gli altri potevano cedergli.

 

Se si vuole comprendere tale processo, ci si deve poter formare un concetto dello spirito di dedizione e di abnegazione con cui si lavorava in quegli antichi tempi nei misteri. Di quella dedizione, di quello spirito di sacrificio non se ne trova molto nel mondo essoterico odierno.

 

Un tempo vi erano uomini volontariamente dediti a sviluppare e rafforzare unilateralmente il loro Io per cederne la forza a uno che doveva essere iniziato e poter apprendere da lui quanto egli aveva sperimentato, mentre saliva a un’estasi; ma ora non si trattava più di estasi, poiché gli erano affluite forze dell’Io altrui, bensì di un’ascensione cosciente nel macrocosmo.

 

Erano necessari dodici individui, tre della primavera, tre dell’estate, tre dell’autunno e tre dell’inverno, che trasmettevano forze dell’Io diversamente sviluppate all’iniziando, il quale si innalzava in tal modo a vivere nei mondi superiori e poi, a partire dalle esperienze che lì faceva, poteva comunicare come ciò appare nei mondi superiori.

 

Nei misteri vi era un tale collegio di dodici uomini che cooperavano con la loro forza per creare un iniziato che si familiarizzasse col macrocosmo, e il ricordo di questo fatto è ancora presente in varie società, che si trovano oggi naturalmente in decadenza, le quali di regola mostrano anche una comunità di dodici membri con certe funzioni.

Ma tutto ciò non è che un ultimo e per di più equivoco ricordo di quanto esisteva negli antichi tempi nell’iniziazione dei misteri nordici.

 

Quando l’uomo così si familiarizzava col macrocosmo con una forza dell’Io mantenuta artificiosamente, saliva veramente nei mondi superiori. Il primo mondo che egli doveva attraversare era quello che si mostrerebbe all’uomo se, addormentandosi, non perdesse la coscienza. Per capirci perfettamente a questo riguardo, vogliamo un po’ prendere in considerazione questo momento dell’addormentarsi, come prima quello del risveglio.

 

In effetti l’addormentarsi è proprio un innalzarsi a vivere nel macrocosmo. Nell’abituale vita normale possono entrare particolari condizioni abnormi con cui l’uomo arriva ad avere una certa coscienza del processo dell’addormentarsi. Quando ce l’ha, gli si mostra pressappoco quanto segue.

 

Egli sente una specie di beatitudine. Può distinguerla molto bene dalla sua coscienza diurna. È un divenire più leggero, un librarsi, come un crescere fuori di sé. Ma tale momento è collegato a una certa tormentosa sensazione del ricordo di difetti e debolezze nella vita inerenti al carattere.

 

Ciò che qui riemerge come un tormentoso ricordo di difetti personali è un riflesso molto attenuato del sentimento che l’uomo ha, come abbiamo già descritto, quando passa davanti al piccolo Guardiano della soglia e percepisce come egli sia imperfetto con la sua piccola anima di fronte alle grandi realtà ed entità del macrocosmo.

Segue poi una specie di sussulto. È l’uscita del vero uomo interiore nel macrocosmo.

 

Sono esperienze rare, ma pur sempre tali che alcune persone hanno quando sono state più o meno coscienti al momento dell’addormentarsi. Ma chi ha solo la coscienza normale comune la perde proprio in quel momento.

Tutte le impressioni del giorno – colore, forma, luce, suono e così via – svaniscono dalla coscienza e l’uomo è solo attorniato da tetra oscurità invece che da tutte quelle impressioni.

 

Se l’uomo conservasse la coscienza così come la conserva l’iniziato preparato, nel momento in cui le impressioni diurne scompaiono egli non vedrebbe nulla, cioè egli non avrebbe intorno a sé della nera oscurità, ma percepirebbe ciò che si chiama nella scienza dello spirito il mondo elementare, il mondo degli elementi.

 

Questo mondo degli elementi è quindi ciò che si nasconde per primo all’uomo che si addormenta. Tanto come l’interno dell’uomo si nasconde al risveglio per il fatto che egli viene subito distolto dalle impressioni del mondo esterno, così all’addormentarsi si nasconde il mondo più vicino che appartiene all’uomo, il primo gradino del macrocosmo, il mondo elementare.

 

L’uomo impara a guardar dentro questo mondo elementare quando sale realmente al macrocosmo nel modo accennato.

Questo mondo elementare gli dà innanzitutto una coscienza di come tutto ciò che sta nel nostro ambiente, che vi si dispiega quanto a impressioni percettive sensibili, sia un’emissione, una manifestazione dello spirituale, di come dietro al sensibile risieda lo spirituale.

Quando l’uomo percepisce come un iniziando questo mondo elementare, quindi non dormendo nell’incoscienza, non gli rimane più alcun dubbio che dietro il mondo dei sensi vi siano entità spirituali, fatti spirituali.

 

Ma finché l’uomo percepisce solo il mondo sensibile, sogna che dietro a questo mondo fisico-sensibile vi siano ulteriori elementi sensibili astratti di ogni genere, per esempio atomi turbinanti o qualcosa di simile. Di tali atomi vorticosi, si potrebbe dire, di tali atomi di materia spremuti dalle ordinarie percezioni sensibili, non se ne parla neanche per chi penetra nel mondo elementare.

 

Non ciò che ci si rappresenta nel materialismo come materia si trova dietro al colore, dietro al suono e via dicendo, bensì lo spirituale. Tuttavia questo, a quel primo gradino del mondo spirituale in cui ci si addentra, non si mostra ancora nella sua forma come spirito stesso, ma in modo tale che l’uomo non ha davanti a sé delle impressioni spirituali, ma delle altre.

Non è ancora qualcosa che si possa chiamare un vero mondo spirituale in cui dunque si penetra, ma è, in grado rilevante, qualcosa che si deve definire una specie di nuovo velo dei fatti e delle entità spirituali.

 

Questo mondo elementare ci si mostra così che ad esso sono realmente applicabili le denominazioni scelte da tempo immemorabile per il mondo degli elementi. Ciò che lì si scorge si può designare con le parole: il solido, il liquido, l’aeriforme o gassoso e il calore, o terra, acqua, aria, fuoco.

Ci rendiamo conto che queste espressioni sono tratte dal mondo sensibile, per il quale sono state coniate. Il nostro linguaggio è del tutto un mezzo di espressione per il mondo sensibile.

 

Quando noi utilizziamo una qualsiasi parola, essa significa questa o quella cosa nel mondo sensibile. Lo scienziato dello spirito deve dunque descrivere i mondi superiori, quindi deve servirsi di parole prese dal linguaggio ordinario, così che egli per tale motivo, soprattutto con queste regioni in cui ora arriviamo, non può parlare che per via di similitudini.

Egli può impegnarsi a scegliere le parole in modo che via via una rappresentazione viene suscitata da ciò che viene lì percepito in visione spirituale.

 

Quando vogliamo descrivere questo mondo elementare non possiamo scegliere le espressioni delle cose delimitate che ci circondano nella vita quotidiana, ma dobbiamo scegliere le parole di certe qualità che le cose hanno nella vita quotidiana, qualità che sono sempre comuni a tutta una serie di cose. Altrimenti non ce la caviamo.

E qui nella vita di tutti i giorni noi abbiamo certe cose che designiamo solide; ne abbiamo altre che definiamo liquide, altre ancora aeriformi, gassose, e poi conosciamo anche ciò che percepiamo quando sentiamo la superficie degli oggetti o una corrente d’aria, il calore.

 

Quando durante la vita giornaliera percepiamo attorno a noi, tutte le cose ci si mostrano, come in genere possono anche essere, in tali stati: in stato solido, fluido, aeriforme o gassoso e come calore.

Ma un corpo può passare per tutti questi stati. L’acqua, ad esempio, può essere solida come ghiaccio, ma può anche esser liquida, poi, quando il ghiaccio si scioglie, può esser gassosa quando essa evapora. Inoltre tutti questi stati sono compenetrati da ciò che chiamiamo calore. In fondo è così per ogni cosa o essere nel mondo sensibile esteriore.

 

Nel mondo elementare le cose non stanno così da aver dentro degli oggetti come ci si presentano nel mondo sensibile; in esso abbiamo realmente dentro quanto nel mondo dei sensi sono solo qualità. Noi lì percepiamo qualcosa nei cui confronti, per così dire, non si può nulla.

 

Si potrebbe grossomodo descriverlo così:

• «Con il “solido” mi sta davanti qualcosa, sia esso un essere, sia una cosa, in cui io non posso penetrare; lo posso osservare soltanto girandogli attorno; esso ha ancora un interno e un esterno».

Tali entità e cose del mondo elementare si chiamano “terra”.

• Poi ve ne sono altre che si possono denominare con la parola “liquido”.

Poiché è proprio così: si può guardare nel mondo elementare fino a un certo grado.

 

Si penetra all’interno; si ha così una sensazione simile a quella che si ha nel mondo fisico quando si immerge la mano nell’acqua. Mentre con la “terra” si ha qualcosa contro cui ci si urta come contro qualcosa di duro, ci si può immergere all’interno di queste cose ed entità. Queste, nel mondo elementare, si denominano quindi come acqua.

Quando nei libri scientifico-spirituali si parla della terra e dell’acqua, è inteso quanto ho appena descritto, non la terra e l’acqua fisica. L’acqua fisica è solo un simbolo esteriore per ciò che si vede quando si è raggiunto questo gradino dell’evoluzione. Nel mondo elementare l’acqua non è qualcosa che, per così dire, si riversa, che è afferrabile, naturalmente, per i sensi fisici, ma per i sensi superiori dell’iniziato, grazie alla facoltà di percezione spirituale.

 

• Vi è poi qualcosa che si può paragonare con quanto nel mondo fisico sono cose gassose o aeriformi,

e si denomina con “aria” nel mondo elementare.

• Ed inoltre vi è ciò che si designa come calore o fuoco.

 

Allora dobbiamo anche renderci conto, di nuovo, quando si parla di fuoco elementare che ciò che nel mondo fisico si denomina con la parola “fuoco” non è che un simbolo.

Quanto si chiama fuoco nel mondo elementare è già più facile da descrivere rispetto agli altri tre stati. Quegli altri tre si possono descrivere in modo realmente vero solo dicendo che acqua, aria e terra non sono che loro simboli.

 

Il fuoco della vita elementare si lascia descrivere già più facilmente, poiché è affine a ciò che l’uomo conosce come calore animico interiore, quella particolare sensazione di calore che, ad esempio, si percepisce quando ci si trova assieme a una persona amata.

 

Ciò che si riversa allora nell’anima come fuoco, l’ardere di entusiasmo o di gioia, va naturalmente distinto dal fuoco ordinario che brucia le dita quando si tocca. Anche nella vita abituale l’uomo sente che il fuoco fisico è una specie di immagine di questo fuoco animico.

Quest’ultimo, che accende il nostro entusiasmo quando veramente ci afferra, è dunque qualcosa che noi conosciamo già meglio degli altri tre stati.

E se ci immaginiamo una specie di paragone tra il fuoco esteriore che brucia le dita e quel fuoco animico, qualcosa che, per così dire, sta in mezzo ai due, allora abbiamo una rappresentazione di ciò che si chiama fuoco elementare.

 

Quando l’essere umano, quale iniziando, si innalza nel mondo elementare, sente effettivamente come se gli affluisse qualcosa da certe regioni che lo riscalda intimamente, lo compenetra interiormente di fuoco. Di un altro luogo del mondo elementare egli ha l’impressione che lo riempia di fuoco in misura minore. Ha la sensazione come di trovarsi dentro l’essere suddetto che gli invia il fuoco, egli è unito con lui e sente il proprio fuoco interiore come fuoco dell’entità elementare.

 

Così dunque vediamo che l’uomo entra in un mondo superiore che gli dà delle impressioni che egli, però, non ha conosciuto prima nel mondo sensibile. È questo mondo elementare quello dinnanzi al quale, per così dire, si chiude la porta, quando ci si addormenta nell’abituale coscienza normale. E deve essere così, poiché l’uomo, come abbiam visto, penetrandovi, fluisce completamente in questo mondo elementare; egli lì è dentro in tutto.

 

Ma egli, per il fatto di fluire in quel mondo, vi porta dentro il suo proprio essere.

Egli perde il suo Io; esso si riversa entro quel mondo.

 

Ciò che non è Io, le sue qualità astrali, le sue brame e passioni, il suo senso di verità o di falsità,

tutte le caratteristiche animiche, l’uomo le porta in questo mondo; il proprio Io lo perde.

• Ma l’Io è appunto quello che nella vita ordinaria ci tiene a freno,

che apporta ordine e armonia nel nostro elemento astrale.

Mentre l’Io si smarrisce,

tutti i possibili istinti, brame e passioni che l’uomo ha ancora nell’anima si fan valere in modo disordinato

ed ora compenetrano quegli esseri che egli trova nel mondo elementare.

• L’uomo non solo si compenetra di tutto quello che là fuori sperimenta,

ma di sé porta effettivamente dentro gli esseri del mondo elementare ciò che egli stesso ha nella propria anima.

 

Questo portar dentro è una realtà; le cose non stanno pressappoco così che l’uomo si rappresenti semplicemente questo, ma in modo che, se ha ad esempio una cattiva qualità, egli la trasmette veramente a un essere corrispondente del mondo elementare; essa si trova poi dentro quell’essere. Se l’uomo ha dunque una particolare cattiva qualità, viene attirato da un essere del mondo elementare che si sente attratto proprio da quella qualità.

 

Con la perdita dell’Io l’uomo, uscendo nel macrocosmo, riverserebbe dunque tutto il suo essere astrale su tali entità che permeano il mondo elementare come entità malvagie. E la conseguenza di ciò sarebbe che l’essere umano, poiché si incontra con questi esseri, ma è più debole di loro – perché egli ha sì perso il suo Io, ma questi hanno un io forte –, porta loro nutrimento con le sue qualità, per cui essi lo ricompenserebbero in senso negativo.

 

Egli li alimenta addirittura col proprio essere astrale, ma essi gli danno, in particolare, ciò che appartiene loro delle sue qualità; e il fatto che egli abbia vissuto in loro si mostra, quando al risveglio ritorna il suo Io, in una rafforzata tendenza alla cattiveria, al male.

Vediamo così che è una saggia disposizione il fatto che l’uomo perda la coscienza quando entra nel mondo elementare e che non vi si inserisca col suo Io, ma ne venga protetto nel normale sonno.

 

Per questo colui che, negli antichi misteri, era condotto nel mondo elementare, veniva prima preparato con cura, mentre gli venivano somministrate delle forze dagli aiutanti dell’iniziatore, prima di entrare in quel mondo. Tale preparazione imponeva dapprima all’iniziando delle forti prove con cui egli diventava soprattutto capace della forza morale di superamento.

 

A questo si teneva particolarmente. In modo simile a come nel mistico in erba si teneva alla qualità dell’umiltà, in chi voleva viversi fuori nel macrocosmo si teneva in modo particolare che egli fosse temprato nella forza del superamento interiore.

Perciò un uomo che doveva essere ammesso a tale iniziazione dei misteri veniva sottoposto a delle prove, per superare ogni possibile avversità della vita già nell’esistenza fisica. Sul cammino veniva esposto a forti pericoli per rinforzare la sua volontà attraverso il loro superamento.

 

Egli doveva divenire un vincitore con un’anima più forte e preparato, quando gli si fossero fatte incontro quelle entità, ad essere abbastanza forte da non subire tentazioni, da poterle respingere e da non perdersi in loro. Chi veniva educato al coraggio e al superamento era ammesso a tali misteri.

 

Ancora una volta va detto tra parentesi che nessuno ha bisogno di spaventarsi per la descrizione di questi misteri, poiché tali cose ora non vengono più coltivate, ora non sono neanche più necessarie, poiché sono possibili cammini diversi. Ma comprenderemo molto meglio anche tutta la portata del metodo moderno di iniziazione, se avremo descritto dapprima ciò che un tempo molti, molti uomini hanno attraversato per cimentarsi col microcosmo, per diventare in tal senso iniziati del macrocosmo.

 

Poi, quando l’iniziando, dopo aver fatto tali esperienze per più lungo tempo, era diventato capace di riconoscere che tutto ciò che poteva percepire nel mondo esteriore dei sensi, terra, acqua, aria e fuoco, era la manifestazione di entità spirituali che vi stanno dietro, quando egli aveva imparato a distinguere queste cose, ad orientarsi nel mondo elementare, allora poteva progredire di un gradino, veniva portato a conoscere come appare ciò che sta dietro a quegli elementi del mondo elementare. Ed egli così era condotto nel vero mondo spirituale.

 

Nel mondo spirituale che si trova dietro a quello elementare, in questo mondo spirituale, a cui si matura dopo aver imparato a conoscere per un certo tempo il mondo elementare, in modo da acquisire capacità di discernimento in esso, si sperimenta ora – questo può di nuovo solo esser descritto come una comunicazione delle esperienze degli iniziati –, che vi sono effettivamente delle entità che risiedono dietro al nostro mondo sensibile e dietro al mondo elementare.

 

• Ma queste entità, nel cui mondo ci si familiarizza,

sono completamente dissimili dagli esseri che conosciamo quali quelli come noi, come uomini.