Preparazione del corpo astrale e dell’io del Gesù di Luca attraverso 77 generazioni

O.O. 123 – Il Vangelo di Matteo – 05.09.1910


 

Abbiamo veduto che le forze delle quarantadue generazioni dovettero essere preparate in un modo ben determinato, affinché si potessero formare gli elementi necessari al Gesù del vangelo di Matteo.

Dovettero però essere preparati anche il corpo astrale e l’io, perché più tardi tutto potesse congiungersi convenientemente. Parleremo più avanti di come sia avvenuto quel congiungimento.

Anche per il Gesù del vangelo di Luca dovette dunque aver luogo una preparazione adeguata. Per poterla comprendere, osserviamo ora lo stato di sonno.

 

Ho già detto che è una favola derivata da una chiaroveggenza inferiore l’affermazione che l’intera entità astrale e l’io dell’uomo si trovino contenuti nella nube astrale aleggiante nelle vicinanze di una persona addormentata. In realtà, quando l’uomo esce durante il sonno dal corpo fisico e dall’eterico egli si effonde in tutto il cosmo.

 

Questo è appunto il segreto del nostro sonno: che attingiamo dal mondo degli astri (e perciò parliamo appunto di un corpo astrale effuso nel mondo degli astri) le forze migliori, più pure dell’universo intero, portandole con noi al momento del risveglio, quando ci immergiamo di nuovo nel fisico e nell’eterico. A questo punto si emerge dal sonno, rinforzati e rinvigoriti da tutto quanto si è potuto assorbire dall’intero cosmo.

 

Che cosa deve accadere, se l’uomo d’oggi (e la cosa era simile anche al tempo del Cristo Gesù)

diventa chiaroveggente nel senso più alto?

Nelle condizioni normali di oggi,

l’uomo diventa incosciente quando col suo corpo astrale e con l’io fuoriesce dal corpo fisico e dall’eterico.

 

La coscienza chiaroveggente deve però acquistare la capacità

di poter percepire coi soli strumenti del corpo astrale e dell’io, mettendo fuori uso il corpo fisico e l’eterico.

In tal modo la coscienza chiaroveggente diviene partecipe del mondo degli astri e ne percepisce i contenuti;

non solo li percepisce, ma vi si immerge.

 

In modo simile a quello in cui la coscienza degli Esseni risaliva il corso del tempo,

nel quale domina il numero sette, così l’uomo deve percorrere i gradini

che gli consentono di percepire chiaroveggentemente lo spazio cosmico.

 

Ho già spesso indicato quali siano i pericoli che si presentano in uno sviluppo superiore, tanto in una direzione, quanto nell’altra. Nel caso degli Esseni si trattava in fondo di una discesa entro il corpo fisico ed eterico, per trovare il Dio attraverso le quarantadue generazioni. Era come se qualcuno, destandosi, non percepisse intorno a sé il mondo circostante, ma s’immergesse nel corpo fisico e nell’eterico per scorgerne le forze, cioè come se contemplasse da dentro la sua parte esteriore.

 

Di solito l’uomo nel destarsi non discende coscientemente nel corpo fisico e nell’eterico.

Ne viene impedito dal fatto che al momento del risveglio

la sua coscienza viene distratta dall’ambiente circostante e non si rivolge alle forze del corpo fisico e dell’eterico.

 

Ora presso gli Esseni l’essenziale era che essi apprendevano a conoscere tutte le forze derivanti dalle quarantadue generazioni; essi erano capaci di astrarre da ciò che si presenta alla vista del mondo esterno, e si immergevano nel proprio fisico ed eterico, scorgendovi quanto vi opera secondo il mistero del sei volte sette, delle quarantadue generazioni.

Analogamente, per ascendere al cosmo l’uomo deve sapersi innalzare per scorgerne i misteri.

Si tratta di un processo ancora più arduo.

 

Quando discende entro la propria interiorità, l’uomo è esposto solo al pericolo

di venire afferrato da tutte le forze che vi si agitano,

dalle passioni, dalle brame e da tutto ciò che si trova in fondo all’anima:

abitualmente egli non vi presta attenzione, non lo intuisce neppure,

poiché l’educazione abituale impedisce di conoscere quelle forze.

•  Non si ha neppure la possibilità di lasciarsene afferrare,

in quanto lo sguardo viene subito distratto dall’apparizione del mondo esterno.

 

Mentre dunque, nel discendere nella propria interiorità

si è per così dire esposti al pericolo di essere travolti dagli istinti più bassi

e dalle forze più egoistiche della propria natura,

il pericolo è un altro quando si sperimenta il proprio espandersi nel cosmo intero.

 

Il modo più esatto di caratterizzare questo pericolo è il seguente:

chi sperimenta questo momento, nel quale non si addormenta perdendo la coscienza,

cadendo cioè nell’incoscienza,

ma trova nel suo corpo astrale e nel suo io lo strumento per percepire il mondo spirituale,

rischia di rimanere abbagliato, come quando si guarda il Sole.

 

Si rimane abbagliati dalla potenza di quella immensità

e soprattutto dalla straordinaria confusione che generano le impressioni che si ricevono.

 

Come i gradini che l’Esseno doveva percorrere per imparare a conoscere i caratteri ereditari nel corpo fisico e nell’eterico vanno indicati mediante un mistero numerico, quello del sei volte sette, così esiste anche un mistero numerico rappresentativo del modo in cui l’uomo perviene alla conoscenza dei segreti cosmici.

Anche qui, il modo migliore per accostarsi a questo mistero è di valersi dei movimenti degli astri, delle loro posizioni reciproche, di quanto si esprime spontaneamente nelle stelle ed è per così dire inscritto nel cielo stellato.

 

• Come attraverso sei volte sette gradini si penetra nei segreti dell’interiorità umana,

• così attraverso dodici volte sette, cioè ottantaquattro gradini

si arriva a conoscere i misteri spirituali dello spazio cosmico.

 

Dopo avere percorso quei dodici volte sette = ottantaquattro gradini, si perviene

• al punto in cui il labirinto delle forze spirituali cosmiche non è più abbagliante,

• al punto in cui si ha realmente conquistato la pace necessaria per orientarsi nel labirinto,

• al punto in cui lo si può comprendere.

 

Anche questo veniva in un certo modo insegnato dagli Esseni.

Conseguendo la chiaroveggenza in questo modo, l’uomo addormentandosi

si effonde in un quid che si esprime nel mistero numerico di dodici volte sette.

 

Ma col dodici volte sette egli si trova già in seno alla realtà spirituale; raggiunge infatti già il limite del mistero, quando ha compiuto l’undici volte sette. Come si trova già entro la realtà spirituale il sette volte sette, così pure è il caso per dodici volte sette. Se l’uomo vuole percorrere questa via, per arrivare al limite dello spirituale gli occorrono undici volte sette gradini: egli deve percorrerli nel corpo astrale e nell’io.

Ciò si esprime nella scrittura stellare, dove il numero sette si trova nei sette pianeti, mentre le esperienze che si devono fare nello spazio cosmico si esprimono nelle dodici costellazioni zodiacali.

 

• Come i sette pianeti si collocano nelle dodici costellazioni,

così l’uomo, se vuol giungere a conoscere lo spazio cosmico, deve percorrere sette volte dodici,

o meglio sette volte undici gradini per penetrare nel mondo spirituale.

 

Per potersi fare un’idea di ciò, ci si raffiguri la sfera dello spirituale nelle dodici costellazioni zodiacali e l’uomo posto al centro. Lo spirituale peraltro è disposto in modo che chi lo voglia raggiungere non può prendere le mosse direttamente dal centro verso la periferia, ma deve espandersi in forma di spirale, e con ogni spirale percorre tutte e dodici le costellazioni: deve percorrere per così dire sette spirali, in modo da passare sette volte per dodici punti.

 

Si tratta naturalmente non solo di una raffigurazione dell’esperienza relativa: l’uomo si effonde gradualmente nel cosmo in forma di spirale, e avrebbe raggiunto la sfera divino-spirituale se percorresse per sette volte l’intero giro dello zodiaco. A questo punto, invece di contemplare il cosmo dal suo centro, contemplerebbe il mondo esterno dalla periferia spirituale, dai dodici punti zodiacali.

 

Questa è un’esperienza necessaria per poter vedere quello che si trova nel mondo; non è sufficiente scorgerlo da un unico punto di vista, ma occorre mettersi successivamente da dodici diversi punti di vista. Chi voleva ascendere fino al divino-spirituale doveva condurre il proprio corpo astrale e l’io su per undici volte sette gradini. Pervenuto alla dodicesima volta, si trovava dentro allo spirituale stesso.

 

Questo è dunque il modo in cui il corpo astrale e l’io dovevano ascendere per sette volte dodici (o più precisamente per sette volte undici) gradini, per poter raggiungere la sfera del divino. Se poi il divino stesso vuole discendere per preparare un io umano, deve a sua volta percorrere undici volte sette gradini.

 

• Quando dunque il vangelo di Luca si propone di descrivere le forze spirituali che resero atti il corpo astrale e l’io a farsi portatori del Cristo, deve mostrarci come la forza divino-spirituale discende attraverso undici volte sette gradini; ed è proprio questo che troviamo in Luca (3,23-38).

 

Siccome il vangelo di Luca ci descrive l’altra personalità, per la quale doveva essere preparato il corpo astrale e l’io, esso non ci parla come il vangelo di Matteo di sei volte sette generazioni, bensì di undici volte sette gradi, attraverso i quali discese da Dio stesso (Luca 3,38) ciò che dimorò entro l’individualità del Gesù di cui appunto parla Luca.

 

Contando le tappe di umanità attraverso le quali viene guidata giù la forza divina,

quali sono menzionate nel vangelo di Luca, troviamo che sono settantasette.

 

Il vangelo di Matteo ci descrive il mistero dell’attività della forza divina che discende

per organizzare il corpo fisico e l’eterico,

e per tale ragione in quel vangelo dobbiamo trovare il numero sei volte sette.

 

Nel vangelo di Luca, che descrive la discesa della forza divina destinata a elaborare il corpo astrale e l’io,

deve invece dominare l’undici volte sette.

 

Da particolari esatti come questi si può constatare da quali profondità siano tratte queste cose,

e come nei vangeli di Matteo e di Luca siano realmente esposti i misteri dell’iniziazionei misteri che vigono

• da un lato nella discesa del divino-spirituale entro un’individualità umana,

• e dall’altro quelli connessi con l’ascesa verso il cosmo.

 

Vedremo nella prossima conferenza la ragione per cui anche nel vangelo di Luca si trova menzionata una serie di generazioni, e perché, in un tempo nel quale solo a pochi veniva comunicato il mistero del Cristo, viene espressamente comunicato che da Dio e da Adamo fino al Gesù di Luca si sono susseguite settantasette generazioni.