«Prima morte» e «seconda morte»

O.O. 104 – L’Apocalisse – 30.06.1908


 

Qual è la prima morte e quale la seconda, dell’uomo o dell’umanità?

 

Dobbiamo farci una precisa immagine dei concetti che lo scrittore dell’Apocalisse ha legato a queste parole.

A questo scopo dovremo metterci davanti all’anima un’altra volta le verità elementari relative all’essenza dell’uomo.

 

Prendiamo l’uomo di oggi, quale noi stessi siamo. Egli vive in modo che dalla mattina, quando si sveglia, fino alla sera, quando si addormenta, consiste di quattro parti costitutive: il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’io. Sappiamo anche che, durante la sua esistenza terrestre, l’uomo elabora col suo io le parti inferiori del suo essere, e che gli deve riuscire, durante l’esistenza sulla terra, di ridurre il corpo astrale sotto la signoria dell’io. Sappiamo che la Terra sarà seguita da Giove, la sua successiva incarnazione. Quando l’uomo sarà pervenuto su Giove, egli ci apparirà come un essere diverso.

 

L’uomo di Giove, partendo dal suo io, avrà elaborato il suo corpo astrale; e se oggi diciamo che l’uomo terrestre, quale ci appare in istato di veglia, ha per ora formato il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’io, dell’uomo di Giove dovremo dire che egli avrà formato il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo astrale e l’io, ma che avrà pure trasformato il suo corpo astrale in Sé spirituale.

 

Egli vivrà ad un gradino superiore di coscienza, ad un gradino che può essere caratterizzato nel modo seguente: l’antica ed oscura coscienza di immagini della Luna, ancora esistente nei primi tempi della coscienza terrestre, sarà di nuovo presente con le sue immagini quale coscienza chiaroveggente; ma essa sarà controllata dall’io umano, di modo che l’uomo, con tale coscienza di Giove, potrà riflettere logicamente come oggi fa con la coscienza diurna terrestre.

 

In un certo senso l’uomo di Giove sarà quindi un poco chiaroveggente:

una parte del mondo animico sarà aperta per lui.

Egli sperimenterà il bene e il male del suo ambiente

in immagini che sorgeranno entro la sua coscienza immaginativa.

 

L’uomo di Giove vivrà di conseguenza in tutt’altre condizioni morali. Pensate di essere un uomo di Giove e di avere davanti a voi un’anima umana: il dolore o il piacere di quell’anima salirà in immagini davanti alla vostra anima, e le immagini del dolore dell’altra anima vi tormenteranno; se non potrete eliminare il dolore dell’altra anima, vi sarà impossibile lasciarlo sussistere assieme al vostro personale benessere.

 

Le immagini del dolore sarebbero una sofferenza per l’uomo di Giove, con la sua elevata coscienza, se egli nulla facesse per alleviare quel dolore ed eliminare così, in pari tempo, le proprie immagini strazianti che null’altro sono se non l’espressione del dolore che si trova attorno a lui. Il bene e il male del singolo non saranno possibili senza quelli degli altri.

 

Vediamo così come l’uomo aggiunga al suo attuale stato di coscienza, la coscienza dell’io, uno stato di coscienza del tutto nuovo. Se vogliamo comprendere l’importanza che questo ha nell’evoluzione cosmica, dobbiamo porci ancora una volta davanti all’anima l’uomo mentre dorme.

 

Durante il sonno giacciono nel letto il corpo fisico e quello eterico, mentre al di fuori si trovano l’io e il corpo astrale. Parlando in modo un po’ impreciso, durante la notte l’io abbandona semplicemente il suo corpo fisico e quello eterico. Ma per il fatto che l’uomo è in grado, durante la notte, di liberarsi dal suo corpo fisico e da quello eterico, per il fatto che l’uomo, durante la notte, può vivere in un mondo spirituale, si determina la possibilità che egli appunto qui, nell’esistenza terrestre, possa agire dal suo io per trasformare il suo corpo astrale. Come avviene questa azione?

 

Se la vogliamo descrivere in modo evidente, possiamo dire: consideriamo l’uomo con il suo stato di veglia diurna e immaginiamo che, accanto al suo lavoro e ai suoi doveri professionali, egli trovi anche solo un breve momento per dedicarsi a pensieri superiori, per far propri i grandi impulsi che fluiscono per esempio dal Vangelo di Giovanni, dalle parole: « In principio era la Parola, e la Parola era presso Dio… ».

 

Immaginiamo che egli faccia sorgere in sé le grandi immagini che gli sono mostrate appunto dal Vangelo di Giovanni, che egli sia sempre compenetrato dal pensiero: allora, all’inizio dell’era cristiana, in Palestina visse un’entità che io voglio seguire. Io voglio disporre la mia vita in modo che tutto possa esser degno di quell’entità, che io mi possa considerare un uomo che ha preso come suo ideale quella personalità.

 

Con questo non occorre però pensare, con intolleranza, soltanto al Vangelo di Giovanni. In diversi altri modi è possibile approfondirsi in quanto può riempire l’anima con tali immagini; ed anche se, in un certo senso, si deve indicare il Vangelo di Giovanni come il documento più poderoso che sia sorto nell’umanità e che può esercitare il più potente effetto, dobbiamo pur sempre dire: se un’altra persona si innalza mediante lo studio devoto della saggezza vedanta o si approfondisce nella Bhagavad-Gita o nel Dhammapada, esisteranno anche per lui sufficienti occasioni, nelle incarnazioni successive, per arrivare, proprio attraverso quello che avrà così assorbito, al principio del Cristo.

 

Immaginiamo cioè che un uomo, durante il giorno, compenetri la sua anima con tali immagini e rappresentazioni: il suo corpo astrale viene allora afferrato da tali pensieri, sentimenti ed immagini, ed essi creano forze nel suo corpo astrale, producono in lui i più diversi effetti.

 

Quando poi l’uomo, durante la notte, esce dai corpi fisico ed eterico, tali effetti permangono nel corpo astrale;

chi durante il giorno aveva potuto immergersi in quelle immagini e nei sentimenti del Vangelo di Giovanni,

ha creato nel suo corpo astrale qualcosa che vi riappare nella notte con poderoso effetto.

Possiamo così dire che oggi l’uomo, durante lo stato di coscienza diurno, agisce sul suo corpo astrale.

 

Oggi può diventare cosciente di tali effetti soltanto l’iniziato;

ma l’uomo appunto si evolve a poco a poco verso questo stato di coscienza.

 

Gli uomini che raggiungeranno la mèta dell’evoluzione terrestre

avranno un corpo astrale interamente compenetrato dall’io

mediante il contenuto spirituale che essi avranno elaborato;

essi avranno questo stato di coscienza quale risultato,

quale frutto dell’evoluzione terrestre e lo porteranno nell’evoluzione di Giove.

 

Potremmo dire che, quando il periodo terrestre sarà giunto alla sua fine, l’uomo avrà conseguito delle facoltà che vengono simboleggiate dalla costruzione della « nuova Gerusalemme »; allora l’uomo potrà già guardare nel mondo immaginativo di Giove; il Sé spirituale sarà allora formato in lui. Questa è la mèta dell’evoluzione terrestre.

 

Che cosa deve dunque conseguire l’uomo nel corso dell’evoluzione terrestre?

Quale è la prima mèta?

La trasformazione del corpo astrale.

 

Il corpo astrale, che oggi si libera ogni notte dal corpo fìsico e da quello eterico, apparirà in avvenire quale parte trasformata dell’entità umana. L’uomo porta là quanto gli è stato dato sulla Terra. Ma ciò non basterebbe ancora per l’evoluzione terrestre.

Immaginiamo cioè che l’uomo esca ogni notte dai suoi corpi, fìsico e eterico, e che egli compenetri ogni notte il suo corpo astrale con quanto egli ha assorbito durante il giorno, senza che peraltro il suo corpo fìsico e quello eterico ne vengano minimamente toccati: in tal caso l’uomo non raggiungerebbe la mèta terrestre.

 

Deve avvenire qualcosa d’altro; deve essere possibile che, durante l’evoluzione terrestre,

l’uomo imprima sempre più almeno nel corpo eterico quanto egli ha così accolto.

È necessario che il corpo eterico possa anche ricevere gli effetti

di quello che l’uomo forma nel corpo astrale.

• L’uomo da solo non può ancora agire sul corpo eterico.

 

Su Giove, quando l’uomo avrà trasformato il suo corpo astrale,

egli diverrà capace di agire anche sul corpo eterico;

oggi non lo può, oggi egli ha bisogno, per così dire, di chi lo aiuti.

Su Giove l’uomo diverrà capace di iniziare il vero e proprio lavoro sul corpo eterico.

 

Su Venere egli lavorerà sul corpo fìsico, sulla parte più difficile da superare.

Oggi però l’uomo, di notte, deve ancora lasciare nel letto entrambi i corpi, il fisico e l’eterico, ed uscirne.

Affinché ugualmente il corpo eterico venga influenzato,

e l’uomo possa così imparare a poco a poco a lavorare sul corpo eterico, gli occorre un aiuto.

• Chi di nuovo gli rende possibile questo non è altri che l’entità del Cristo,

mentre l’entità che aiuta l’uomo a lavorare sul corpo fìsico viene indicata come il « Padre ».

 

Ma prima che non sia arrivato l’aiuto che gli rende possibile lavorare sul corpo eterico,

l’uomo non può lavorare al suo corpo fisico: « Nessuno giungerà al Padre, se non attraverso di me ».

Nessuno conseguirà la facoltà di lavorare al suo corpo fisico,

se prima non sarà passato attraverso il principio del Cristo.

 

Così, quando sarà giunto alla mèta dell’evoluzione terrestre,

mediante la facoltà di trasformare per forza propria il suo corpo astrale,

l’uomo avrà pure la facoltà di agire fin giù sul corpo eterico.

 

Egli è debitore di questo alla vivente assistenza del principio del Cristo sulla terra.

Se questi non si fosse unito come qualcosa di vivente con la terra, se non fosse entrato nell’aura della terra,

allora quanto si forma nel corpo astrale non si sarebbe impresso in quello eterico.

 

Vediamo quindi che chi si chiude, allontanandosene, al principio del Cristo,

si toglie la possibilità di lavorare sul suo corpo eterico,

come è necessario avvenga già durante l’evoluzione terrestre.

 

Possiamo così avere un altro modo di caratterizzare i due tipi di uomini

che si avranno alla fine dell’evoluzione terrestre.

• Avremo cioè gli uomini che avranno accolto in sé il principio del Cristo,

che in tal modo avranno trasformato il loro corpo astrale

e che avranno ottenuto dal Cristo l’aiuto per trasformare anche il corpo eterico.

• E ne avremo altri che non saranno pervenuti al principio del Cristo

e che non saranno in grado di trasformare alcunché nel corpo eterico,

perché non avranno potuto trovare l’aiuto, il Cristo.

 

Guardiamo ora a un tale avvenire umano. La Terra si spiritualizza, vale a dire l’uomo deve perdere totalmente qualcosa che egli considera appartenergli nella sua esistenza fisica. Possiamo farci un’immagine di che cosa avverrà all’uomo se soltanto consideriamo l’abituale corso della sua vita dopo la morte. Dopo la morte l’uomo perde il corpo fisico. Al corpo fisico è da ascrivere che l’uomo abbia passioni e tendenze che si riallacciano alla vita abituale; è stato poi descritto che cosa l’uomo sperimenti dopo la morte. Immaginiamo un uomo cui piacesse in modo speciale una qualsiasi ghiotta vivanda.

 

Durante la vita egli può procurarsi quel piacere, dopo la morte non più. Ma il desiderio non cessa, poiché esso ha la sua sede non nel corpo fisico, ma in quello astrale. E poiché ora manca lo strumento fisico, manca pure la possibilità di soddisfare quel desiderio. Gli uomini in tal situazione allora, nel kamaloka, guardano giù nel mondo fisico che hanno lasciato; fra quelle cose che si trovano nel mondo fisico guardano a quelle che ancor potrebbero procurar loro piacere, ma delle quali essi non possono godere perché più non hanno uno strumento fisico adatto. Ne deriva la loro sete ardente.

 

Così avviene per tutte le passioni che siano rimaste nell’uomo dopo la morte e che sono indirizzate verso il mondo fisico, perché esse possono essere soddisfatte soltanto con uno strumento fìsico. Così avviene ogni volta dopo la morte: l’uomo vede ogni volta staccarsi il suo corpo fisico, e per il fatto che gli è rimasto qualcosa di quel corpo fisico, si sente ancora spinto verso il mondo abituale del nostro piano fisico. Fintanto che egli, nel mondo dello spirito, non se ne sia disabituato, vi sarà per lui il tempo degli ardenti desideri.

 

Pensiamo ora all’ultima incarnazione terrestre prima della spiritualizzazione della Terra, pensiamo all’abbandono dell’ultimo corpo fisico. Gli uomini che oggi vivono sulla terra, grazie al principio del Cristo, saranno così progrediti che, in un certo senso, l’abbandonare l’ultimo corpo fisico non presenterà per loro alcuna speciale difficoltà; essi dovranno tuttavia abbandonare qualcosa poiché dalla Terra spiritualizzata è svanito per sempre quello che può dare gioia dagli oggetti di questa terra.

 

Pensiamo all’ultima morte che è possibile nell’evoluzione terrestre, pensiamo all’ultimo distacco dal corpo fisico.

L’ultima morte nella serie delle incarnazioni, nell’Apocalisse viene chiamata la prima morte.

E chi avrà accolto il principio del Cristo vedrà quel corpo fisico come un involucro che si stacca.

Per essi avrà allora importanza il corpo eterico.

 

Con l’aiuto del Cristo, esso sarà organizzato in maniera che in un primo stadio si adatterà al corpo astrale

e non avrà più piaceri e passioni per quanto vi è in basso, nel mondo fisico.

Gli uomini continuano ora a vivere nella Terra spiritualizzata

soltanto con quello che è stato immesso nel corpo eterico con l’aiuto del Cristo.

Essi hanno creato un’armonia tra il loro corpo astrale e il loro corpo eterico;

il principio del Cristo ha appunto creato questo accordo.

 

Di contro vi sono gli altri, quelli che non avranno accolto in sé il principio del Cristo.

Questi altri non hanno un tale accordo.

Anch’essi devono abbandonare il corpo fisico poiché sulla Terra spiritualizzata non vi è corpo fisico.

Tutto quanto è fisico, intanto, deve venir dissolto,

ma resta indietro il desiderio del fisico, quale spirito non purificato, quale spirito indurito nella materia.

• Rimane indietro un corpo eterico che il Cristo non ha aiutato ad adattarsi al corpo astrale

e che è orientato verso il corpo fisico.

 

Questi uomini sentiranno calde vampe di passione per i sensi fisici;

sentiranno nel corpo eterico un’implacata e bruciante vampa di passione

in conseguenza di quanto ebbero nel corpo fisico e di cui ora sono privi.

In quei tempi futuri, dopo che quanto è fisico si sarà dissolto,

• avremo quindi uomini che vivranno nel loro corpo eterico

come in una parte del loro essere che risuona armonicamente col corpo astrale;

• e avremo altri uomini il cui corpo eterico vivrà in disarmonia

poiché essi hanno desideri verso quanto è andato perduto nel corpo fisico.

 

Nell’evoluzione successiva si avrà poi uno stadio in cui la spiritualizzazione della Terra prosegue

in modo che non può esistere nemmeno più il corpo eterico.

• Coloro il cui corpo eterico sarà del tutto in armonia col corpo astrale abbandoneranno senza dolore il corpo eterico

poiché essi rimangono nel loro corpo astrale, che sarà riempito dall’essere del Cristo,

e sentiranno come una necessità evolutiva che il corpo eterico sia abbandonato.

• Essi sentiranno infatti in sé la facoltà di ricostruirlo da loro, perché avranno accolto in sé il Cristo.

 

Quelli invece che avranno ancora nel loro corpo eterico il desiderio per quello che è passato,

neppure essi potranno trattenere il corpo eterico quando tutto diviene astrale.

Il corpo eterico verrà loro tolto, verrà loro strappato, ed essi sperimenteranno ora come la « seconda morte ».

 

Per quelli che avranno reso il loro corpo eterico armonico col corpo astrale,

grazie all’accoglimento del principio del Cristo, tale seconda morte passerà inosservata.

Su di essi la seconda morte non avrà potere alcuno.

Gli altri invece sperimenteranno la seconda morte passando nella successiva figura astrale.

 

L’umanità sarà allora in uno stato nel quale

•  chi avrà raggiunto la mèta dell’evoluzione avrà il corpo astrale del tutto compenetrato dal Cristo.

Essi saranno maturi per vivere in seguito su Giove.

Essi adombrano sulla nostra terra il piano per l’evoluzione di Giove.

È questo il piano che viene chiamato la « nuova Gerusalemme ».

Essi vivranno in un « nuovo cielo » e in una « nuova Terra », su Giove.

 

Il nuovo Giove sarà accompagnato, come da un satellite,

da coloro che saranno esclusi dalla vita nello spirito,

da coloro che avranno sperimentato la seconda morte,

e di conseguenza non avranno alcuna possibilità di raggiungere la coscienza di Giove.

 

• Abbiamo cioè uomini arrivati alla coscienza di Giove, che hanno conseguito il Manas,

• ed esseri che hanno respinto da loro le forze che avrebbero loro dato quella coscienza;

si tratta di coloro che raggiungeranno soltanto su Giove la coscienza dell’io della Terra,

che cioè, per così dire, rimangono come oggi è l’uomo sulla Terra con le sue quattro parti costitutive.

 

Un tale uomo può evolversi soltanto sulla Terra;

soltanto la Terra presenta l’ambiente, il terreno, l’aria, le nuvole, le piante e i minerali

che sono necessari per l’uomo, quando egli voglia raggiungere

quanto si può conseguire nei limiti delle quattro parti costitutive.

 

Giove sarà formato in tutt’altra maniera, sarà una Terra nuova.

Terreno, aria, acqua saranno diversi, ogni essere sarà diverso.

E non vi sarà la possibilità di condurre una vita normale

per degli esseri che avranno raggiunto soltanto la coscienza terrena;

essi saranno le entità rimaste indietro.

 

Ed ora si arriva a qualcosa che di nuovo può tranquillizzarci.

Ancora su Giove vi sarà un’ultima possibilità,

grazie alla gran forza di cui disporranno i più progrediti,

di sollecitare di nuovo ad un ritorno coloro che saranno così sprofondati nell’abisso,

ed anche di riuscire a convincerne un certo numero al ritorno.

 

Soltanto nell’incarnazione di Venere vi sarà la decisione definitiva, la decisione immutabile.

Se ricordiamo tutto questo, il pensiero del quale abbiamo parlato poco fa acquista un’altra colorazione.

Non susciterà più angoscia e irrequietudine, ma soltanto un anelito:

io voglio fare tutto quanto è necessario per adempiere la missione della Terra.