Processi che si svolgono fra la morte e una nuova nascita

O.O. 13 – La scienza occulta nelle sue linee generali – (III)


 

Mentre nell’addormentarsi 

il corpo astrale si distacca soltanto dal suo legame col corpo fisico ed eterico,

i quali restano nondimeno uniti fra loro,

nella morte il distacco avviene fra il corpo fisico e il corpo eterico.

 

Il corpo fisico resta abbandonato alle proprie forze, e perciò si disgrega in quanto cadavere.

Il corpo eterico si trova ormai con la morte in una condizione

in cui non si era trovato mai durante il periodo fra la nascita e la morte

— salvo alcune condizioni eccezionali di cui verrà detto in seguito.

• Esso si trova cioè ora unito al suo corpo astrale, ma senza la presenza del corpo fisico;

il corpo eterico e il corpo astrale, infatti, non si separano immediatamente dopo la morte.

 

Essi sono tenuti insieme da una forza di cui è facile comprendere l’esistenza, poiché senza di essa il corpo eterico non potrebbe affatto sciogliersi dal corpo fisico; rimarrebbe collegato a questo, come avviene nel sonno, durante il quale il corpo astrale non è capace di staccare l’una dall’altra queste due parti costitutive dell’entità umana. Tale forza entra in azione con la morte; libera il corpo eterico dal corpo fisico, e così il primo ora resta unito al corpo astrale. L’osservazione soprasensibile mostra che questa unione dopo la morte è diversa nei vari uomini. La durata si misura a giorni. Alla durata di questo tempo accenniamo qui solo brevemente, a semplice titolo di informazione.

 

Più tardi il corpo astrale si stacca anche dal suo corpo eterico, e prosegue la sua via senza di esso.

Durante l’unione dei due corpi l’uomo si trova in una condizione

che gli permette di percepire le esperienze del corpo astrale.

• Finché esiste un corpo fisico, il corpo astrale, non appena se ne distacca,

deve iniziare il suo lavoro dall’esterno per rinvigorire gli organi stanchi dall’uso.

• Quando il corpo fisico si è distaccato, tale lavoro cessa.

 

Nondimeno, la forza che veniva adoperata in quel modo durante il sonno

sussiste dopo la morte e può ormai esser rivolta ad altro scopo.

Essa serve ora per rendere percettibili le esperienze proprie del corpo astrale.

 

Chi osservi soltanto il lato esteriore della vita potrebbe obiettare che tutte queste affermazioni potranno essere convincenti per chi sia dotato della percezione soprasensibile, ma per chiunque altro non sembra esservi possibilità di accedere alla loro verità. La cosa peraltro non sta così.

 

Quello che la conoscenza soprasensibile osserva in questo campo, che si sottrae alla comune indagine,

una volta trovato può venire afferrato dal normale giudizio.

Solamente occorre che la capacità di giudizio si applichi in modo adeguato

ai rapporti esistenti fra i fenomeni della vita nel mondo manifesto.

 

Pensare, sentire e volere stanno fra loro, e con le esperienze che l’uomo fa nel mondo esterno, in un nesso tale da rimanere incomprensibili, ove non si consideri la loro attività manifesta come espressione di un’attività non manifesta. Questa attività manifesta si illumina per il giudizio umano solamente se la si consideri, nel suo svolgimento entro la vita fisica dell’uomo, come risultato di ciò che la conoscenza soprasensibile constata nella sfera non-fisica. Senza la conoscenza soprasensibile ci si trova, nei confronti di quella attività, come in una camera buia: come gli oggetti fisici dell’ambiente si scorgono soltanto alla luce, così la vita animica dell’uomo diventa comprensibile soltanto per mezzo della conoscenza soprasensibile.

 

• Durante il periodo di unione dell’uomo col suo corpo fisico,

il mondo esterno si manifesta alla coscienza in immagini;

dopo il distacco di questo corpo diventa percepibile ciò che il corpo astrale sperimenta,

mentre non è collegato col mondo esterno da nessun organo di senso.

• Sulle prime non ha esperienze nuove;

la sua unione col corpo eterico gli impedisce di sperimentare qualcosa di nuovo.

 

Esso possiede però il ricordo della vita passata.

La presenza del corpo eterico fa sì che la vita trascorsa possa apparire come un quadro vivido e complessivo.

È questa la prima esperienza dell’uomo dopo la morte:

egli vede la sua vita dalla nascita alla morte distenderglisi dinanzi in una sequenza di immagini.

 

•  Durante la vita i ricordi sussistono solo durante lo stato di veglia, quando l’uomo è unito al suo corpo fisico,

e solo per quel tanto che questo corpo lo consente;

• per l’anima invece nulla va perduto di quanto ha prodotto su di lei un’impressione durante la vita.

 

Se il corpo fisico fosse uno strumento perfetto

dovrebbe riuscir possibile ad ogni momento della vita di rievocare nell’anima tutto il passato;

con la morte l’impedimento cessa.

 

Finché il corpo eterico sussiste, il ricordo rimane in certo qual modo completo; sparisce poi a poco a poco,

a misura che il corpo eterico perde la forma che possedeva durante la sua dimora nel corpo fisico,

e che somiglia a quest’ultimo;

questa è anche la ragione per cui il corpo astrale si separa dall’eterico dopo un certo periodo.

Può rimanere legato ad esso fino a che perdura nel corpo eterico la forma simile al corpo fisico.

 

Nel periodo di vita fra nascita e morte la separazione del corpo eterico avviene solo in casi eccezionali e soltanto per un tempo «breve. Se per esempio una forte pressione viene esercitata su di un arto dell’uomo, una parte del corpo eterico può staccarsi dal fisico. Noi diciamo allora che quell’arto si è « addormentato », e la sensazione particolare che ne riceviamo dipende dallo staccarsi del corpo eterico. (Naturalmente un’interpretazione materialistica può negare anche in questo caso l’invisibile che si manifesta nel visibile, affermando che tutto ciò nasce da un disturbo fisico derivante dalla pressione).

L’osservazione soprasensibile scorge in tal caso che la corrispondente parte del corpo eterico scivola fuori dall’arto fisico. Se poi qualcuno viene colpito da un forte spavento o da qualcosa di simile, tale separazione del corpo eterico dal fisico può verificarsi per un tempo brevissimo e per una gran parte del corpo. Avviene appunto così quando, per una qualsiasi ragione, un uomo sì trova subitamente faccia a faccia con la morte, quando per esempio sta per annegare o quando, durante un’ascensione in montagna, corre rischio di cadere.

Ciò che raccontano le persone che hanno attraversato tali esperienze si avvicina di molto alla verità e può essere confermato dall’osservazione soprasensibile. Esse affermano che in quei momenti la loro vita intera è apparsa dinanzi alla loro anima come in un immenso quadro mnemonico.

Fra i molti esempi che potrebbero essere addotti, ne sceglieremo uno solo, perché si riferisce a persona a cui, per la sua attitudine mentale, tutto quanto veniamo dicendo a questo proposito deve apparire vuota fantasticheria.

 

È infatti particolarmente utile, per chi voglia avanzare di qualche passo nell’osservazione soprasensibile, di conoscere le asserzioni di coloro che ritengono questa scienza una semplice fantasticheria. Queste asserzioni non si possono così facilmente ascrivere a parzialità dell’osservatore. Gli occultisti dovranno imparar molto da quelli che considerano la loro scienza come una follia, né dovranno prendersela a male se non verranno ricambiati con uguale considerazione. L’osservazione soprasensibile certamente non ha bisogno di questa conferma delle proprie risultanze, né questi accenni devono ritenersi come prove, bensì come illustrazioni.

 

Moritz Benedict, illustre antropologo criminalista ed eminente studioso di molti altri rami di scienze naturali, narra nei suoi ricordi una sua esperienza, e cioè che una volta, essendo sul punto di annegare mentre si trovava al bagno, vide tutta la sua vita passata presentarglisi dinanzi come in un unico quadro. Se altre persone descrivono in modo diverso tali immagini vedute in circostanze simili, e se le descrivono in modo che sembri abbiano poco a che fare con gli avvenimenti della loro vita passata, ciò non contraddice a quanto abbiamo affermato, poiché le immagini che si presentano in quella condizione del tutto anormale della separazione dal corpo fisico, a prima vista sono talvolta poco chiare nel loro rapporto con la vita.

Osservandole in modo giusto però, il rapporto si ritroverà sempre. Né costituisce obiezione il fatto che per esempio qualcuno, pur essendosi trovato in procinto di annegare, non abbia attraversato l’esperienza ora descritta. Bisogna tener presente che essa si verifica soltanto quando il corpo eterico si stacca effettivamente dal corpo fisico, restando però unito al corpo astrale. Se per lo spavento avviene un distacco parziale anche fra il corpo eterico e quello astrale, l’esperienza non ha più luogo, perché sopraggiunge la completa incoscienza, come nel sonno senza sogni.

 

Nei primi tempi dopo la morte

gli avvenimenti del passato appaiono riassunti in un quadro mnemonico.

Dopo essersi separato dal corpo eterico, il corpo astrale prosegue da solo il suo viaggio.

 

Non è difficile comprendere che nel corpo astrale

rimane tutto ciò che, per effetto della sua propria attività, esso ha fatto

proprio durante il suo soggiorno nel corpo fisico.

• L’io ha elaborato fino ad un certo grado il sé spirituale, lo spirito vitale e l’uomo-spirito.

Per quel tanto di sviluppo che hanno raggiunto,

essi non debbono la loro esistenza agli organi dei diversi corpi, bensì all’io.

E l’io appunto è quell’essere

• che non ha bisogno di organi esterni per percepire,

• né per rimanere in possesso di ciò che ha unito a sé.

 

Si potrebbe opporre: « Come mai, durante il sonno, non si ha percezione alcuna del sé spirituale, dello spirito vitale, dell’uomo-spirito sviluppati? » — Perché fra la nascita e la morte, l’io è incatenato al corpo fisico.

Anche se durante il sonno esso si trova insieme al corpo astrale fuori del corpo fisico, pur tuttavia rimane strettamente collegato ad esso, perché l’attività del suo corpo astrale è rivolta al corpo fisico.

Per tale fatto l’io, con la sua percezione, si trova indirizzato al mondo sensibile esteriore, e non può accogliere le rivelazioni spirituali nella loro forma diretta. Soltanto con la morte queste rivelazioni riescono accessibili all’io, perché per mezzo di essa l’io si libera dalla sua unione col corpo fisico e col corpo eterico.

 

Nell’istante in cui l’anima è tratta fuori dal mondo fisico, che ne vincola l’attività durante la vita,

si illumina per essa un altro mondo.

 

Vi sono però ragioni per le quali anche in tale momento non cessa per l’uomo ogni legame col mondo esteriore dei sensi. Perdurano infatti alcune brame che mantengono quel legame; brame che l’uomo stesso crea in sé con l’acquistar coscienza del suo io, come quarta parte costitutiva del suo essere.

Quei desideri, quegli appetiti, che derivano dall’essenza dei tre corpi inferiori, possono agire soltanto nel mondo esteriore, e la loro azione cessa quando quei corpi sono deposti. La fame è cagionata dal corpo esteriore, e non si fa più sentire quando questo non è più unito con l’io.

 

Se l’io dunque avesse solo i desideri derivanti dalla propria essenza spirituale, dopo la morte egli potrebbe trovare pieno soddisfacimento nel mondo spirituale in cui viene trasferito. Ma la vita gli ha dato anche altri desideri, accendendo in lui la tendenza a piaceri che si possono soddisfare solo col mezzo di organi fisici, sebbene essi non provengano dalla natura stessa di quegli organi.

Non i tre corpi soltanto domandano il loro appagamento dal mondo fisico; anche l’io trova in quel mondo piaceri, per soddisfare i quali non esistono mezzi adeguati nel mondo spirituale.

 

L’io ha due specie di desideri durante la vita.

• Quelli che provengono dai corpi e debbono esser soddisfatti nell’ambito di essi,

ma che cessano al momento del loro disgregarsi;

• e quelli che derivano dalla natura spirituale dell’io.

 

Finché l’io dimora nei corpi,

anche quei desideri vengono soddisfatti mediante gli organi corporei,

poiché nelle manifestazioni degli organi corporei agisce la spiritualità nascosta,

e i sensi accolgono qualcosa di spirituale con tutto ciò che percepiscono;

questo elemento spirituale, pur sotto altra forma, sussiste dopo la morte,

e tutta la spiritualità che l’io ha vagheggiato nel mondo dei sensi

gli rimane anche quando i sensi non esistono più.

 

Ora, se non si dovesse aggiungere una terza specie di desideri alle due già accennate, la morte sarebbe solo un passaggio da desideri che si possono appagare a mezzo dei sensi, a desideri che trovano il loro soddisfacimento nelle rivelazioni del mondo spirituale.

Questa terza specie di desideri è costituita da quelli che l’io ha creati in sé durante la sua vita nel mondo dei sensi, perché in questo trova piacere, anche quando esso non gli riveli nulla di spirituale.

 

I piaceri più umili possono essere manifestazioni dello spirito.

La soddisfazione che prova un uomo affamato cibandosi, è manifestazione dello spirito,

poiché col prendere il nutrimento si crea quella condizione di cose

senza la quale, in un certo senso, la natura spirituale non potrebbe svilupparsi.

 

Ma l’io può andar oltre al piacere, che in questo caso è necessario.

Esso può desiderare un cibo saporito, a prescindere dal beneficio che può apportare allo spirito il fatto di nutrirsi.

Lo stesso si dica per altre cose del mondo dei sensi.

 

Vengono a crearsi così desideri che non si sarebbero mai palesati nel mondo dei sensi,

se in esso non si fosse incorporato l’io umano. Né tali desideri provengono dalla natura spirituale dell’io.

 

L’io deve avere desideri dei sensi finché vive nel corpo, anche a causa della sua natura spirituale,

perché lo spirito si manifesta nelle cose materiali, ed è dello spirito appunto che l’io gode,

quando si abbandona a quell’elemento del mondo sensibile attraverso cui traspare la luce dello spirito.

 

Nella gioia di questa luce continuerà a trovarsi

anche quando i sensi non saranno più il tramite dell’irradiazione spirituale.

Nel mondo dello spirito però non esiste appagamento dei desideri

per i quali lo spirito già non viva nel mondo sensibile.

Con la morte cessa la possibilità di soddisfare desideri di tale natura.

 

Il piacere che si prova a mangiare cibi saporiti

può sussistere in quanto esistano organi fisici atti a gustarli: palato, lingua, e così via.

Ma l’uomo non li possiede più, dopo aver abbandonato il corpo fisico; s

e l’io richiede ancora questi piaceri, essi dovranno rimanere insoddisfatti.

 

Se un godimento fisico si conforma allo spirito, dura solo fino a che durano gli organi fisici,

ma se l’io lo ha creato senza porlo a servizio dello spirito,

esso rimane dopo la morte come desiderio che invano cerca soddisfazione.

 

Ci facciamo un’idea di ciò che si prova in quelle condizioni, raffigurandoci un uomo che soffra di sete ardente in una regione in cui per lungo e per largo non sia possibile trovare una stilla d’acqua. Così succede all’io dopo la morte, in quanto nutre in sé desideri non ancora spenti per i piaceri del mondo esteriore, e non possiede più gli organi atti a soddisfarli. Naturalmente quell’ardentissima sete, presa a paragone per lo stato dell’io dopo la morte, dobbiamo immaginarla intensificata a dismisura, e rappresentarcela estesa a tutti i diversi desideri ancora esistenti per i quali manca ogni possibilità di appagamento. Il passo successivo dell’io consiste nel liberarsi dal legame di attrazione con il mondo esteriore.

 

L’io deve operare in sé a questo riguardo una purificazione, una liberazione.

• Devono essere espulsi da lui tutti i desideri che esso si è creati nel corpo

e che non hanno diritto di cittadinanza nel mondo spirituale.

• Come un oggetto viene afferrato e arso dal fuoco,

così il mondo di desideri ora descritto viene dissolto e distrutto dopo la morte.

• Ci si trova allora di fronte a un mondo che la conoscenza soprasensibile può indicare col nome

di « fuoco divoratore dello spirito ».

 

Questo fuoco divora i desideri dei sensi che non sono espressione dello spirito. Le descrizioni che la conoscenza soprasensibile dà a questo riguardo possono sembrare terribili e sconfortanti. Può apparire invero spaventevole che una speranza, la cui realizzazione richiede organi sensori, dopo la morte debba trasformarsi in disperazione, e che un desiderio che può appagare soltanto il mondo fisico debba diventare una privazione torturante.

Ci si può attenere a questa opinione soltanto finché non ci si renda ben conto che tutti i desideri e le aspirazioni afferrati dal « fuoco divoratore » dopo la morte, in senso superiore non rappresentano forze benefiche alla vita, bensì forze distruttive.

 

A mezzo di queste forze l’io si lega al mondo dei sensi

molto più di quanto non sia necessario a raggiungere il giusto scopo

di trarre da detto mondo tutto quanto può riuscirgli giovevole.

 

Il mondo dei sensi è la manifestazione del mondo spirituale che vi si nasconde dietro.

L’io non potrebbe mai godere della spiritualità, nella forma caratteristica in cui questa può manifestarsi soltanto attraverso i sensi corporei, se non volesse utilizzare questi ultimi per godere di quanto nel sensibile vi è di spirituale.

Nondimeno l’io di tanto si allontana dalla vera realtà spirituale del mondo,

per quanto nel mondo sensibile tende a desideri da cui lo spirito è assente.

• Mentre il piacere sensorio, come espressione dello spirito, significa elevazione, evoluzione dell’io,

• il piacere invece che non è espressione dello spirito significa decadenza ed immiserimento.

 

Se si appaga un desiderio di tal natura nel mondo sensibile, il suo effetto nocivo sull’io tuttavia permane; soltanto, prima della morte, esso non è percettibile all’io. Nella vita, perciò, la soddisfazione di tali desideri può creare nuovi desideri simili, e l’uomo non si accorge affatto che da se stesso si va avviluppando in un « fuoco divoratore ».

 

Dopo la morte diventa visibile semplicemente ciò che già durante la vita lo circondava,

e nel rendersi visibile si palesa al tempo stesso nelle sue conseguenze efficaci e benefiche.

 

Chi ama veramente un’altra persona non è attratto soltanto da quella parte di lei che è percettibile ai sensi fisici. Soltanto di questa si può dire però che con la morte è sottratta alla percezione. Quella parte invece della persona cara, per la percezione della quale i sensi fisici erano soltanto un mezzo, è proprio quella che diviene ora percettibile. Anzi l’unico ostacolo a questa visibilità è la presenza di desideri che possono esser soddisfatti soltanto a mezzo degli organi fisici. Finché tali desideri non siano estinti, non si potrà avere la percezione cosciente di una persona cara dopo la morte. Osservando le cose da questo punto di vista, le esperienze che seguono la morte, quali deve descriverle la conoscenza soprasensibile, perdono il carattere di spavento e di disperazione, e si mutano in qualcosa di profondamente confortante e soddisfacente.

 

Le esperienze immediate dopo la morte differiscono da quelle della vita presente anche sotto un altro aspetto.

Durante il periodo della purificazione l’uomo vive in un certo senso a ritroso.

Rivive tutto il percorso delle esperienze che egli ha attraversate dalla nascita in poi;

cominciando dagli eventi che hanno preceduto immediatamente la morte,

egli sperimenta a ritroso di nuovo tutta la sua vita fino alla propria infanzia.

E allora gli si presenta agli occhi spiritualmente ciò che durante la vita non emanava dalla natura spirituale dell’io.

Egli però ora lo sperimenta in senso inverso.

 

Un uomo che per esempio sia morto a sessant’anni e che nel suo quarantesimo anno di età, in un impeto di collera, abbia cagionato a qualcuno un dolore fisico o morale, rivivrà quella medesima esperienza quando, nel suo viaggio all’indietro dopo la morte, avrà raggiunto il momento del suo quarantesimo anno. Non risentirà però il piacere che l’attacco all’altra persona gli procurò in vita, bensì il dolore che egli ha inflitto all’altro. Da quanto abbiamo detto risulta però anche che di un tale evento l’io può percepire come dolore dopo la morte solo ciò che sia cagionato da un suo desiderio, originato soltanto dal mondo fisico esteriore. Invero l’io non fa danno soltanto agli altri appagando tali desideri, ma danneggia se stesso, sebbene non se ne renda conto finché dura la vita. Dopo la morte però, tutto questo mondo nocivo del desiderio diventa visibile all’io, il quale si sente attirato da ogni essere od oggetto che abbia acceso il suo desiderio, affinché nel « fuoco divoratore » questo si consumi come è nato.

 

Quando l’uomo, ripercorrendo la propria vita, raggiunge il momento della nascita,

allora soltanto tutti i desideri sono passati attraverso il fuoco purificatore,

e nulla gli impedisce più di dedicarsi completamente al mondo spirituale.

Egli passa a un nuovo gradino di esistenza.

 

Come nella morte egli ha abbandonato il corpo fisico, e poco dopo abbandona il corpo eterico,

così si disgrega ormai quella parte del corpo astrale che può vivere solo nella coscienza del mondo fisico esteriore.

• Secondo la conoscenza soprasensibile esistono dunque tre cadaveri: il fisico, l’eterico, l’astrale.

• Il momento in cui quest’ultimo viene abbandonato dall’uomo segna la fine del periodo della purificazione

il quale è costituito da circa un terzo del tempo trascorso sulla Terra dall’uomo fra nascita e morte.

Soltanto in seguito, quando esamineremo il corso della vita umana sulla base della scienza occulta,

potremo comprendere chiaramente la ragione di questo fatto.

 

• Per l’osservazione soprasensibile, nel mondo circostante quello umano, esistono i cadaveri astrali abbandonati dagli uomini che passano dallo stato di purificazione ad un’esistenza più alta, nello stesso modo in cui i cadaveri fisici esistono per la percezione fisica dove vivono gli uomini.

 

Dopo la purificazione incomincia per l’io uno stato di coscienza del tutto nuovo.

Mentre prima della morte le percezioni esteriori dovevano affluire verso di lui,

perché la luce della coscienza le potesse illuminare,

ora invece dall’interiorità scaturisce un mondo che giunge alla coscienza.

 

• L’io vive in questo mondo anche nel periodo fra nascita e morte,

ma esso gli si presenta rivestito dalle manifestazioni dei sensi.

• Soltanto quando l’io, abbandonate le percezioni sensorie, percepisce se stesso nella sua interiorità più sacra,

gli si palesa nella sua forma diretta ciò che di solito gli appariva solo attraverso il velo dei sensi.

 

• Come la percezione dell’io si svolge prima della morte nell’interiorità,

• così dall’interiorità il mondo spirituale gli si manifesta nella sua pienezza dopo la morte e la purificazione.

 

Tale rivelazione avviene di fatto subito dopo l’abbandono del corpo eterico;

ma i desideri ancora rivolti al mondo esteriore formano come una nube oscura che ne ottenebra la vista.

 

È come se a un mondo beato di esperienze spirituali si frammischiassero nere ombre demoniache,

sorte dai desideri che vanno « consumandosi nel fuoco ».

Invero quei desideri non sono semplicemente ombre, ma entità reali;

questo risulta evidente quando l’io, liberatosi dagli organi fisici, può percepire ciò che è di natura spirituale.

Questi esseri appaiono come contraffazioni e caricature

di quello che l’uomo ha prima conosciuto mediante la percezione sensoria.

 

L’osservazione soprasensibile scorge l’ambiente del fuoco purificatore popolato da esseri, la cui vista può riuscire orrida e dolorosa all’occhio spirituale; esseri per i quali il piacere sembra consistere nella distruzione, e le cui passioni sono improntate a male così grande che quello del mondo dei sensi è un nulla al confronto. I desideri del genere di quelli descritti, che l’uomo porta seco in quel mondo, sono considerati da quegli esseri come un nutrimento per mezzo del quale la loro potenza acquista sempre nuova forza e vigore. La descrizione di un tal mondo, non percepibile dai sensi, apparirà meno inverosimile se osserveremo con animo scevro da pregiudizi una parte del mondo animale.

 

Che cosa rappresenta dal punto di vista spirituale un lupo feroce?

Che cosa si manifesta in ciò che i sensi percepiscono, osservandolo?

Null’altro che un’anima che vive di brame ed è determinata da esse.

Si può chiamare la forma esteriore del lupo l’incarnazione di quelle brame.

 

Se anche l’uomo non avesse organi per percepire questa forma, dovrebbe nondimeno ammettere l’esistenza di un tale essere, quando le brame di esso si manifestassero invisibilmente nei loro effetti, e una forza invisibile si aggirasse all’intorno, producendo tutto ciò che produce il lupo visibile. Ora, gli esseri del fuoco purificatore esistono bensì per la coscienza soprasensibile e non per quella sensibile; la loro azione però risulta evidente e consiste nella distruzione dell’io, se questo dà loro nutrimento. Questi effetti diventano chiaramente visibili, quando un piacere consentito giunge fino all’eccesso e alla dissolutezza. Ciò che infatti è percettibile ai sensi dovrebbe attrarre l’io solo in quanto il piacere tragga origine dalla sua natura stessa.

 

L’animale ricerca soltanto le cose esterne che i suoi tre corpi desiderano.

L’uomo ha piaceri più alti, perché ai suoi tre elementi corporei se ne è aggiunto un quarto: l’io.

Ma se l’io cerca soddisfazioni dirette

non alla conservazione ed allo sviluppo del suo essere, ma alla sua distruzione,

tale tendenza non può provenire né dall’azione dei suoi tre corpi, né dalla propria natura,

ma soltanto da quella di entità la cui forma reale rimane celata ai sensi,

ma che possono appunto avvicinarsi nascostamente alla natura superiore dell’io

ed eccitare in essa desideri non dipendenti dai sensi, ma appagabili solo da questi.

 

• Esistono appunto degli esseri che si nutrono di passioni e desideri di natura peggiore di quelli degli animali, perché non si esplicano nel campo dei sensi, ma aggrediscono l’elemento spirituale, abbassandolo al livello di quello dei sensi.

Le forme di tali esseri appaiono perciò allo sguardo spirituale più brutte e spaventevoli delle forme degli animali più feroci, nei quali s’incarnano soltanto passioni radicate nei sensi; e le forze distruttrici di questi esseri superano di molto qualsiasi sete di distruzione del mondo animale percettibile. La conoscenza soprasensibile si trova perciò costretta a dirigere lo sguardo degli uomini verso un mondo di entità inferiori che, sotto molti riguardi, è al di sotto del mondo animale visibile, apportatore di distruzione.

 

Quando l’uomo dopo la morte ha attraversato il mondo appunto descritto, si trova di fronte ad un mondo colmo di spiritualità e che crea in lui soltanto desideri appagabili a mezzo di ciò che è spirituale.

Però l’uomo distingue anche qui quello che appartiene proprio al suo io, da quello che costituisce l’ambiente dell’io, e che si potrebbe anche chiamare il suo mondo esteriore spirituale.

Ma quello che egli sperimenta di questo ambiente fluisce verso di lui, come la percezione del suo proprio io fluiva a lui durante il suo soggiorno nel corpo.

 

Così, mentre ciò che circonda l’uomo fra nascita e morte gli parla a mezzo degli organi dei suoi corpi,

il linguaggio del suo nuovo ambiente penetra direttamente nell’« intimo santuario » dell’io,

allorché questo si è liberato di tutti i suoi corpi.

L’intiero ambiente che circonda l’uomo è ora pieno di entità della natura medesima del suo io,

poiché soltanto un io può entrare in rapporto con un altro io.

 

• Come durante la vita l’uomo è circondato da minerali, piante e animali che compongono il mondo dei sensi,

• così dopo la morte egli è circondato da un mondo costituito di entità di natura spirituale.

L’uomo porta però seco in questo mondo qualcosa che non fa parte di quell’ambiente:

cioè quello che l’io ha sperimentato nel mondo dei sensi.

 

• Dapprima, immediatamente dopo la morte, quando il corpo eterico era ancora unito all’io,

il complesso di queste esperienze si manifestò in un quadro mnemonico d’insieme.

• Il corpo eterico stesso fu poi deposto,

ma di quel quadro mnemonico qualcosa rimase in possesso dell’io, come sua proprietà permanente.

 

• Come se da tutti gli avvenimenti, da tutte le esperienze attraversate dall’uomo fra nascita e morte

si ricavasse un estratto, una essenza, così si presenta ora ciò che rimane all’io.

 

È il prodotto spirituale della vita, il frutto di essa. Questo prodotto è di natura spirituale.

Contiene tutto quanto di spirituale si manifesta a mezzo dei sensi;

non avrebbe però potuto costituirsi senza la vita nel mondo dei sensi.

 

• L’io, dopo la morte, sente che questo frutto spirituale del mondo dei sensi è il suo proprio mondo,

è il suo mondo interiore, e con esso penetra nel mondo costituito da entità che si manifestano

come soltanto un io può manifestare se stesso nella propria interiorità più profonda.

 

• Come il seme di una pianta, che è l’essenza della pianta stessa,

si sviluppa soltanto quando è sepolto in un altro mondo, cioè nella terra,

• così quello che l’io porta con sé dal mondo dei sensi si sviluppa ora come un seme,

sotto l’azione dell’ambiente spirituale che ormai lo ha accolto.

 

La scienza del soprasensibile certamente può dare soltanto immagini quando vuole descrivere ciò che accade in questo “mondo dello spirito”; però queste immagini possono essere tali da presentarsi alla coscienza soprasensibile come realtà assoluta, quando essa persegue gli avvenimenti in questione, invisibili per l’occhio fisico. Ciò che vi è da descrivere può essere reso evidente da paragoni col mondo sensibile perché, quantunque sia di natura del tutto spirituale, sotto certi riguardi assomiglia al mondo fisico. Come per esempio in questo mondo un colore appare quando questo o quell’oggetto colpisce l’occhio, così un’esperienza come quella derivata da un colore si presenta all’io nel “mondo dello spirito” quando un’entità agisce su di esso; però questa esperienza viene prodotta nello stesso modo in cui, durante la vita fra nascita e morte, soltanto la percezione dell’io può essere interiormente determinata. Non è come se la luce penetrasse dall’esterno nell’uomo, ma come se un altro essere agisse direttamente sull’io e lo incitasse a rappresentarsi questa azione in forma di immagine colorata.

• Così tutti gli esseri dell’ambiente spirituale dell’io trovano la loro espressione in un mondo che irradia colori.

 

Poiché hanno però un’origine diversa, naturalmente le esperienze di colore del mondo spirituale hanno anche un carattere diverso da quelle derivate dai colori fisici. Anche per altre impressioni che si ricevono nel mondo sensibile, si deve dire lo stesso. Le impressioni più somiglianti a quelle del mondo fisico vengono date dai suoni del mondo spirituale. E quanto più l’uomo si familiarizza con questo mondo, tanto più esso gli si palesa come una vita di per se stessa animata, paragonabile ai suoni della realtà sensibile e alla loro armonia. Però egli non sente il suono come qualcosa che colpisce un organo dal di fuori, bensì come una forza che attraverso il suo io fluisce fuori nel mondo. Egli sente il suono come sente nel mondo fisico la propria parola, il proprio canto, con la differenza che ora, nel mondo spirituale, egli sa che i suoni emanati da lui sono nel tempo stesso le manifestazioni di altre entità che si effondono nel mondo per mezzo suo.

 

Una manifestazione di grado ancor più elevato avviene nel “mondo dello spirito”,

quando il suono diventa “parola spirituale”.

 

Attraverso l’io fluisce allora non soltanto la vita pulsante di un altro essere spirituale,

ma quell’essere stesso fa partecipare l’io alla propria interiorità.

E quando l’io viene compenetrato dalla “parola spirituale”, due esseri vivono effettivamente l’uno nell’altro,

senza quella barriera di separazione che deve esistere sempre in ogni unione del mondo fisico.

Veramente, dopo la morte, questa è la natura dell’unione dell’io con altri esseri spirituali.

 

Di fronte alla coscienza chiaroveggente appaiono tre regioni del mondo spirituale

che si possono paragonare a tre parti del mondo fisico dei sensi.

• La prima regione è in certo qual modo la “terra ferma” del mondo spirituale;

• la seconda, la “regione del mare e dei fiumi”,

• e la terza la “regione atmosferica”.

 

Prima regione – Quel che sulla Terra assume forma fisica, in modo da poter essere percepito a mezzo di organi fisici, vien percepito nella sua essenza spirituale nella prima regione del “mondo dello spirito”. In essa per esempio si potrà vedere la forza che plasma la forma di un cristallo. Si manifesta però tutto il contrario di ciò che appare nel mondo dei sensi. Lo spazio, che nel mondo dei sensi è riempito dalla massa minerale, si presenta allo sguardo spirituale come uno spazio vuoto; ma intorno ad esso si vede la forza che elabora la forma della pietra.

Il colore che una pietra ha nel mondo fisico si manifesta nel mondo spirituale come l’esperienza del suo colore complementare; così una pietra rossa ci appare come verdastra vista dal mondo spirituale; una pietra verde ci appare come rossiccia, e via di seguito. Anche le altre proprietà appaiono nei loro contrari. Come le pietre, le masse di terra e simili compongono la terra ferma, la regione continentale del mondo fisico, così le formazioni che abbiamo descritto costituiscono la “terra ferma” del mondo spirituale.

 

Seconda regione – Tutto ciò che nel mondo dei sensi è vita, costituisce la « regione del mare » del mondo spirituale. All’occhio fisico la vita si palesa nelle sue manifestazioni nelle piante, negli animali e negli uomini.

Per l’occhio spirituale la vita è un’essenza fluente, simile ai mari e ai fiumi, che compenetra la regione spirituale. Paragone più esatto è quello con la circolazione del sangue nel corpo poiché, mentre i mari ed i fiumi del mondo fisico ci appaiono distribuiti irregolarmente, una certa regolarità regna nella distribuzione della vita fluente del mondo spirituale, come per la circolazione del sangue. Questa « vita fluente » appunto è percepita ad un tempo come suono spirituale.

 

Terza regione del mondo dello spirito è quella della sua « atmosfera ».

Ciò che nel mondo fisico si presenta come sensazione esiste anche nella regione spirituale, compenetrandola interamente, come l’aria sulla Terra. Dobbiamo raffigurarci un mare permeato di sensazioni. Dolore e tristezza, gioia ed estasi si agitano in questa regione, come il vento e la tempesta nell’atmosfera del mondo fisico.

Si pensi ad una battaglia che si combatte sulla Terra. Vi si trovano di fronte non soltanto forme umane che l’occhio fisico può vedere, ma sentimenti contro sentimenti, passioni contro passioni; il campo di battaglia è riempito di sofferenze, come lo è di forme umane. Tutto ciò che in esso vive di passioni, di dolore, di gioia di vittoria non vi esiste soltanto nei suoi effetti percettibili ai sensi, ma si rivela ai sensi spirituali come processo dell’atmosfera del mondo spirituale. Tale avvenimento è nel mondo spirituale come una tempesta nel mondo fisico. E la percezione di tale avvenimento si può paragonare alla percezione auditiva della parola nel mondo fisico. Perciò si dice: come l’aria avviluppa e pervade gli esseri terrestri, così la « fluttuante parola spirituale » avviluppa e pervade gli esseri ed i processi del mondo spirituale.

 

Sono possibili anche altre percezioni nel mondo spirituale.

Vi si trova anche qualcosa che si può paragonare al calore ed alla luce del mondo fisico.

È il mondo stesso del pensiero quello che compenetra tutto il mondo spirituale,

così come il calore compenetra gli esseri e le cose sulla Terra;

però i pensieri bisogna rappresentarseli come esseri viventi e indipendenti.

 

Quello che l’uomo considera pensiero nel mondo manifesto

non è che l’ombra di ciò che vive nel mondo dello spirito come entità-pensiero.

Si immagini il pensiero quale esiste negli uomini,

costituito al di fuori di loro come entità attiva, dotata di vita interiore propria,

e si avrà una debole immagine di ciò che riempie la quarta regione del mondo dello spirito.

 

Ciò che l’uomo percepisce come pensiero nel suo mondo fisico, fra nascita e morte, non è che la manifestazione del mondo del pensiero, quale essa può foggiarsi per mezzo degli strumenti dei corpi.

Ma tutti i pensieri che l’uomo alberga in sé, e che importano un arricchimento per il mondo fisico, traggono origine da questa regione; non occorre che siano unicamente quelli di grandi inventori o di uomini di genio: ogni uomo può avere « idee » di cui non va debitore unicamente al mondo esteriore, ma con le quali, anzi, lo trasforma.

 

• Le passioni e i sentimenti suscitati dal mondo esteriore

sono percettibili nella terza regione del mondo dello spirito;

• ma tutto ciò che può vivere nell’anima umana

in modo che l’uomo si renda capace di creare, trasformare e fecondare il proprio ambiente,

si manifesta nella sua forma originaria ed essenziale nella quarta regione del mondo spirituale.

 

Quel che si trova nella quinta regione si può paragonare alla luce fisica.

Nella sua forma archetipa è saggezza che si manifesta.

Appartengono a questa regione esseri che irradiano saggezza nel loro ambiente,

come il sole su gli esseri del mondo fisico.

Quello che viene illuminato da questa saggezza si palesa nel suo vero senso e nella sua importanza per il mondo spirituale, come un oggetto fisico palesa alla luce il suo colore.

 

Esistono poi regioni ancora più elevate nel mondo dello spirito;

esse verranno descritte nel corso di quest’opera.

 

Dopo la morte, l’io si trova immerso in quel mondo con il frutto che porta con sé dalla vita dei sensi.

Tale frutto è ancora unito alla parte del corpo astrale

che non viene abbandonata al termine del periodo di purificazione;

infatti, si distacca solo quella che dopo la morte aveva desideri e aspirazioni rivolti alla vita fisica.

 

L’immersione dell’io nel mondo spirituale,

unitamente a ciò che esso ha acquistato a mezzo della vita nel mondo fisico,

si può paragonare all’immersione di un seme nel terreno che dovrà farlo maturare.

• Come il seme trae sostanza e forza da quanto lo circonda per potersi sviluppare in una pianta nuova,

• così sviluppo e crescita sono l’essenza dell’io, immesso nel mondo spirituale.

 

In quello che un organo percepisce sta pure nascosta la forza per mezzo della quale l’organo stesso vien formato. L’occhio percepisce la luce, ma se la luce non esistesse non esisterebbe neanche l’occhio. Gli esseri che trascorrono la vita nell’oscurità non sviluppano organi visivi.

•  Così l’intiero corpo dell’uomo vien costituito dalle forze nascoste in ciò che gli organi del corpo percepiscono.

Il Corpo Fisico è formato dalle forze del Mondo Fisico,

il Corpo Eterico dalle forze del Mondo Vitale,

e il Corpo Astrale è elaborato dal Mondo Astrale.

• Quando l’io dunque vien trasferito nel mondo dello spirito,

si trova a contatto proprio con quelle forze che rimangono nascoste alla percezione fisica.

 

Nella prima regione del mondo dello spirito diventano visibili le entità spirituali che circondano sempre l’uomo, e che hanno anche costruito il suo corpo fisico.

Nel mondo fisico l’uomo non percepisce dunque altro che le manifestazioni delle forze spirituali che hanno dato forma anche al suo corpo fisico. Dopo la morte egli si trova appunto in mezzo a queste forze plasmatrici le quali, prima nascoste, gli si rivelano ora nella loro vera forma.

• Così pure nella seconda regione egli sta in mezzo alle forze che formano il suo corpo eterico;

• nella terza regione affluiscono verso di lui le forze che hanno costituito il suo corpo astrale.

• Anche le regioni più elevate del mondo spirituale fanno affluire verso di lui ciò che ha contribuito alla sua formazione per la vita fra nascita e morte.

 

Queste entità del mondo spirituale lavorano ora unitamente a ciò che l’uomo ha portato con sé

come frutto della vita anteriore e che diventa ora un germe.

Per mezzo di questa cooperazione, l’uomo viene costituito di nuovo anzitutto come essere spirituale.

 

Durante il sonno il corpo fisico e il corpo eterico rimangono presenti; il corpo astrale e l’io si trovano sì al di fuori di quei due corpi, ma ancora con loro collegati, e ciò che durante tale stato possono ricevere come influssi del mondo spirituale può servire soltanto a ripristinare le forze esaurite durante la veglia.

Ma quando sono stati deposti il corpo fisico e il corpo eterico

e, dopo la purificazione, anche quelle parti del corpo astrale che sono rivolte con i desideri verso il mondo fisico,

allora tutto ciò che dal mondo spirituale fluisce verso l’io esercita una azione non soltanto di miglioramento,

ma anche di riorganizzazione.

 

• E dopo un determinato tempo, di cui parleremo più oltre in questo libro, si foggia intorno all’io un corpo astrale, atto ad abitare di nuovo un corpo eterico e un corpo fisico tali da essere caratteristici dell’uomo fra nascita e morte. L’uomo può passare di nuovo per una nascita e riapparire in una nuova esistenza terrestre, in cui è ora incorporato il frutto dell’esistenza antecedente.

Sino alla nuova formazione del corpo astrale, l’uomo assiste come testimonio a questa sua ricostituzione.

 

Poiché le potenze del mondo spirituale non gli si manifestano a mezzo di organi esteriori, bensì interiormente, come il proprio io nell’autocoscienza, così egli può percepire queste manifestazioni fintanto che i suoi sensi non siano ancora rivolti verso un mondo esteriore di percezione.

 

Dal momento in cui il corpo astrale si è costituito nuovamente, questo senso però si volge verso l’esteriore.

Il corpo astrale richiede ormai di nuovo un corpo eterico esteriore e un corpo fisico;

così esso si distoglie dalle manifestazioni dell’interiorità.

Si presenta perciò ora uno stato intermedio, durante il quale l’uomo cade nell’incoscienza.

• La coscienza può risorgere nel mondo fisico

soltanto dopo formati gli organi necessari per la percezione fisica.

• In questo periodo, in cui cessa la coscienza rischiarata dalla percezione interiore,

il nuovo corpo eterico comincia a collegarsi al corpo astrale, e l’uomo può nuovamente entrare in un corpo fisico.

 

Potrebbe prender parte cosciente a questi due processi di collegamento soltanto un io che da se stesso avesse prodotto quelle forze creatrici nascoste nel corpo eterico e nel corpo fisico, cioè lo spirito vitale e l’uomo-spirito. Finché l’uomo non è giunto a tanto, altre entità, più di lui progredite nella loro evoluzione, debbono compiere questa unione.

Il corpo astrale vien guidato da tali entità verso una coppia di genitori, che potrà fornirgli il corpo eterico e il corpo fisico adatti.

 

Prima che si compia il collegamento col corpo eterico, qualcosa di straordinariamente importante si verifica per l’uomo che è sul punto di entrare nuovamente nell’esistenza fisica.

L’uomo ha creato durante la sua vita precedente delle forze perturbatrici che gli si sono palesate durante il viaggio a ritroso effettuatosi dopo la morte.

Ricorriamo all’esempio già citato: cioè dell’uomo che nel quarantesimo anno della sua vita precedente abbia cagionato in un impulso di collera dolore a qualcuno. Dopo la morte questo dolore altrui gli si para dinanzi come una forza contrastante allo sviluppo del proprio io. E così è per tutti i casi simili della vita precedente.

Al suo rientrare nella vita fisica questi impedimenti all’evoluzione si presentano nuovamente dinanzi all’io.

 

• Come al sopraggiungere della morte si presenta all’io umano una specie di quadro mnemonico,

• così ora gli si presenta un’immagine anticipata della vita da venire.

L’uomo vede nuovamente un quadro che questa volta gli mostra tutti gli ostacoli che egli dovrà superare,

se vuol progredire nella sua evoluzione.

 

Ciò che egli vede in tal modo diventa il punto di partenza di forze che l’uomo deve prendere seco nella nuova vita. L’immagine del dolore inflitto ad altri diventa una forza che spinge l’io, quando ritorna nella vita, a rimediare a questo dolore. La vita precedente esercita così una azione determinante sulla nuova vita.

 

Le cause delle azioni della nuova vita si trovano in certo qual modo nella vita precedente.

Questa correlazione retta da una norma fra la passata esistenza e quella nuova

costituisce la legge del destino che si indica generalmente col nome di « karma »,

nome tratto dalla sapienza orientale.

 

La costituzione di un nuovo insieme di corpi non è però la sola attività che incombe all’uomo fra la morte e una nuova nascita. Mentre questa costituzione si compie, l’uomo vive al di fuori del mondo fisico che intanto procede oltre nella propria evoluzione. In periodi di tempo relativamente brevi la Terra cambia di aspetto. Come apparivano alcune migliaia di anni or sono le regioni che costituiscono oggi la Germania?

Quando l’uomo inizia una nuova esistenza sulla Terra, questa, in regola generale, non presenta mai il medesimo aspetto che aveva durante la sua vita precedente. Mentre egli è stato assente, ogni specie di cambiamenti si sono prodotti. Nella trasformazione dell’aspetto della Terra agiscono anche forze nascoste; esse esercitano la loro azione proprio da quel mondo in cui l’uomo si trova dopo la morte.

L’uomo stesso deve collaborare a queste trasformazioni della Terra, e lo può fare soltanto sotto la direzione di entità superiori finché, con la costituzione dello spirito vitale e dell’uomo-spirito, egli non abbia acquistato una chiara coscienza del nesso fra lo spirituale e la sua espressione nel fisico. Pure, egli collabora alle trasformazioni delle condizioni terrestri.

 

• Si può dire che durante il tempo fra morte e rinascita gli uomini trasformano la Terra

in modo che le condizioni di questa si accordino con ciò che si è sviluppato in loro stessi.

 

Se osserviamo in un determinato momento un punto della Terra e torniamo poi ad osservarlo dopo molto tempo,

lo troveremo completamente cambiato; le forze che hanno prodotto quei cambiamenti si trovano fra i morti.

Così anche fra la morte e una nuova nascita essi si trovano in connessione con la Terra.

La coscienza soprasensibile vede in tutta l’esistenza fisica la manifestazione di una spiritualità nascosta.

 

Per l’osservazione fisica

sono la luce del sole, i cambiamenti di clima, ecc., che producono le modificazioni della Terra.

Per l’osservazione soprasensibile

è la forza degli uomini morti che agisce nel raggio di luce, che dal sole cade sulla pianta.

 

• A tale osservazione si manifesta come anime umane aleggino intorno alle piante, trasformino il suolo, ed altre cose simili. Dopo la morte l’uomo non si occupa soltanto di se stesso e della preparazione alla sua nuova vita. Egli ha il compito di lavorare spiritualmente per il mondo esteriore, così come durante il periodo fra nascita e morte ha il compito di lavorare fisicamente.

 

La vita degli uomini nel mondo spirituale influisce sulle condizioni del mondo fisico,

ma a sua volta anche l’attività della esistenza fisica esercita la sua azione sul mondo spirituale.

Un esempio potrà illustrare quanto accade a questo riguardo. Un legame di affetto esiste fra madre e figlio. Questo affetto emana dalla reciproca attrazione che ha radice nelle forze del mondo dei sensi. Ma nel corso del tempo l’affetto si trasforma, e dal legame fisico si sviluppa un legame spirituale; esso non è intessuto soltanto per il mondo fisico, ma anche per il mondo dello spirito. Ciò si verifica ugualmente in altre circostanze.

Quello che nel mondo fisico è stato intessuto da entità spirituali permane nel mondo spirituale.

 

Amici, che durante la vita furono intimamente legati, si ritrovano nel mondo spirituale, e dopo l’abbandono del corpo la loro unione è anche più intima che nella vita fisica. Difatti, come spiriti, essi si manifestano l’uno all’altro come ho descritto prima per le reciproche manifestazioni interiori di entità spirituali, e un tale legame stretto fra due uomini li riconduce insieme anche in una nuova vita. Nel vero senso della parola possiamo dunque dire che gli uomini si ritrovano dopo la morte.

 

Tutto ciò che si è verificato per l’uomo fra nascita e morte, e poi fra la morte e una nuova nascita, si ripete. L’uomo torna sempre di nuovo sulla Terra, quando il frutto che egli ha acquistato durante un’esistenza fisica è giunto a maturazione nel mondo spirituale. Non si tratta però di una ripetizione senza principio e senza fine. L’uomo è pervenuto da altre forme di esistenza a quella che ora descriviamo, e passerà nuovamente ad altre forme nell’avvenire. Avremo un’idea di questi stadi di transizione quando in seguito descriveremo dal punto di vista della coscienza soprasensibile l’evoluzione dell’universo rispetto all’uomo.

 

I processi che si svolgono fra la morte e una nuova nascita riescono naturalmente ancora più occulti per l’osservazione dei sensi esteriori, di quanto non lo sia lo spirituale che sta a base dell’esistenza manifesta fra nascita e morte. L’osservazione dei sensi può vedere l’azione di quella parte del mondo occulto solo là dove essa si manifesta nell’esistenza fisica. Si potrebbe domandare a questo proposito se l’uomo, il quale attraverso la nascita entra nell’esistenza, porti seco qualcosa dei processi descritti dalla conoscenza soprasensibile, i quali processi si svolgono fra una morte precedente e la nascita successiva. Quando si trova il guscio di una chiocciola in cui non resti traccia dell’animale, si dovrà ugualmente ammettere che tale guscio fu formato dall’attività dell’animale, né si potrà credere che esso si sia plasmato nella sua forma unicamente per mezzo di forze fisiche.

 

Allo stesso modo chi studia l’uomo durante la sua vita e trova in lui qualcosa che da questa vita non può derivare, potrà ragionevolmente ammettere che ciò derivi da quanto descrive la scienza del soprasensibile, se così facendo può gettar luce su fenomeni che altrimenti rimarrebbero inesplicabili. In tal modo anche in questo caso l’osservazione propria dell’intelletto fisico potrebbe dagli effetti visibili arrivare a trovare comprensibili le cause invisibili. E chi osserva questa vita imparzialmente, rileverà con ogni nuova osservazione come ciò sia vero. Si tratta soltanto di trovare il giusto punto di vista per esaminare quegli effetti nella vita. Dove troviamo per esempio le conseguenze di quanto la conoscenza soprasensibile descrive come processi del periodo di purificazione? Come si manifesta l’effetto di ciò che, secondo l’indagine spirituale, l’uomo sperimenta nelle regioni della pura spiritualità, dopo trascorso il tempo della purificazione?

 

Degli enigmi si affacciano da ogni parte, in questo campo, a chi osservi la vita con serietà e con coscienza. Vediamo nascere un uomo nel bisogno e nella miseria, e lo vediamo dotato di capacità così meschine che per queste condizioni inerenti alla sua nascita sembra destinato a priori ad un’esistenza miserevole. Un altro, fin dal primo istante di sua vita, è sostenuto e curato da cuori e da mani amorevoli; si sviluppano in lui brillanti facoltà: egli ha la possibilità di un’esistenza fruttuosa e soddisfacente. Questi problemi determineranno due diversi atteggiamenti. L’uno si atterrà a quello che i sensi percepiscono e a ciò che l’intelletto, su di essi basato, è capace di comprendere.

Questo atteggiamento non vedrà che vi sia un problema da risolvere nel fatto che un uomo nasce fortunato ed un altro sventurato.

Se pur la parola caso non sarà pronunziata, non si arriverà certo a supporre l’esistenza di una legge che operi in tal maniera. Riguardo alle disposizioni, alle capacità, esse verranno considerate, da tale modo di pensare, come ereditate dai genitori, dai nonni, o dagli antenati. Non ne verranno cercate le cause nei processi spirituali, sperimentati dall’uomo stesso — indipendentemente dalla linea di eredità degli antenati — prima della sua nascita, e a mezzo dei quali egli ha formato le proprie disposizioni e capacità.

 

Un altro atteggiamento non resterà soddisfatto da una tale interpretazione, e dirà:

• «Anche nel mondo manifesto,

per tutto quello che accade in una determinata occasione ed in un luogo determinato, s

i devono presupporre delle cause determinanti».

 

Se pure spesse volte tali cause non sono state ricercate, nondimeno esse esistono. Un fiore alpino non nasce nella bassa pianura. Vi è nella sua natura qualcosa che lo connette alle regioni alpine. Nello stesso modo appunto deve esistere per ogni uomo qualcosa che lo fa nascere in un determinato ambiente. Le sole cause fisiche non sono sufficienti a spiegare questo fatto, perché una simile spiegazione, per chi ragiona con una certa profondità, equivarrebbe ad attribuire il colpo che un uomo dà ad un altro, non all’espressione del sentimento di quest’uomo, ma al semplice meccanismo fisico della sua mano.