Quando viene smorzata la percezione sensoria, esiste la tendenza a smorzare l’Io.

O.O. 206 – Il divenire dell’uomo, l’anima e lo spirito del mondo – 12.08.1921


 

Vogliamo prima di tutto incominciare da ciò che chiamiamo il nostro Io,

dal momento che questo Io lo sperimentiamo coscientemente.

 

• Certamente sapete che questo Io – come coscienza –

nel corso della vita è interrotto da tutte quelle condizioni che intercorrono fra l’addormentarsi e il risveglio.

Ad eccezione del sognare e, propriamente parlando, fino ad un certo grado anche nel sogno,

questa coscienza dell’Io – nel periodo che intercorre fra l’addormentarsi e il risvegliarsi – non c’è.

 

• Possiamo dire: questa coscienza dell’Io si accende sempre al momento del risveglio

– naturalmente qui l’espressione accendersi è usata solo in senso immaginativo –

e si smorza al momento dell’addormentarsi.

• Se ci conquistiamo la capacità di osservare queste cose,

allora noteremo che questa coscienza dell’Io nel senso più stretto

è legata all’intera gamma delle percezioni sensorie, ma essenzialmente solo a queste.

 

Basta che facciate una volta soltanto una specie di esperimento animico, che consiste in questo, nel cercare, nello stato di veglia, di estinguere ogni contenuto sensibile, in una certa misura di rinunciare a ogni contenuto sensibile. Ritorneremo ancora una volta su questa cosa, da un altro punto di vista.

Ma già noterete, se cercherete di prescindere da ogni contenuto sensibile, che nella stragrande maggioranza degli uomini è presente una certa tendenza a cadere in una specie di stato di sonno; il che significa: smorzare l’Io.

 

Si può già notare che la coscienza dell’Io, quale vige nello stato di veglia diurno,

è essenzialmente legata alla presenza di contenuto sensibile.

Perciò possiamo dire: per la coscienza quotidiana, in sostanza,

noi non sperimentiamo l’Io in altro modo se non attraverso il contenuto dei sensi.

 

All’inizio è del tutto giustificato se si parte dal punto di vista di questa coscienza quotidiana, il non separare l’Io da questo contenuto dei sensi, ma il dirsi:

fintanto che c’è il rosso, questo o quell’altro suono, questa o quell’altra sensazione di calore, questa o quella

sensazione tattile, questa o quella sensazione gustativa, questa o quella sensazione olfattiva, anche l’Io c’è,

• e se queste sensazioni non ci sono, anche l’Io, così come viene sperimentato nello stato di veglia abituale, è assente.

 

L’ho fatto ripetutamente presente come risultato di un’osservazione animica. In maniera particolarmente chiara l’ho fatto presente una volta in una conferenza, che ho tenuto al Congresso dei Filosofi di Bologna del 1911, allorché cercai di mostrare come, propriamente parlando, ciò che viene sperimentato quale Io non dovrebbe essere separato da tutto l’insieme dello sperimentare dei sensi.

 

Dobbiamo perciò dire: per prima cosa l’Io è legato essenzialmente alla percezione dei sensi

(parlo sempre dello sperimentare).

Non è vero che ora non contempliamo l’Io quale realtà; al contrario, vogliamo, nel corso di queste tre conferenze, oggi, domani e dopodomani, richiamare l’attenzione sull’Io quale realtà.

Soltanto vogliamo ora occuparci prima di tutto soltanto di ciò che in rapporto alla nostra vita chiamiamo esperienza dell’Io.

 

Sapete quanto diventi difficile vivere in rappresentazioni astratte, in rappresentazioni che non siano imbevute del contenuto delle esperienze sensibili. Ciò arriva al punto che si trovano molti filosofi i quali affermano in generale che un tale pensare libero dai sensi, un rappresentare tale che non vi sia contemporaneamente presente una qualche percezione sensoria, si tratti anche di percezioni sensorie riflesse dall’interno verso l’esterno, non è per niente possibile.

 

Ora però, ad una reale osservazione animica diviene subito chiaro che, a dire il vero,

• lo sperimentare interiore non si esaurisce nelle percezioni sensorie,

anzi noi avanziamo semplicemente dalle percezioni sensorie a ciò che chiamiamo rappresentazioni.

Del resto, un’immagine pura del rappresentare ce l’abbiamo soltanto se vediamo chiaramente che ne diviene di un complesso di percezioni sensorie dalle quali ci siamo distolti, e che dopo continuiamo a rappresentarci – bisogna ammetterlo – con l’aiuto delle stesse forze che altrimenti ci servono nel ricordo.

 

Naturalmente non si può affermare che il contenuto delle percezioni sensorie non entri in queste rappresentazioni.

• Ma una cosa è l’attività che riscontriamo nella vita animica dell’uomo,

quando sperimentiamo una percezione sensoria legata al mondo esterno,

• e un’altra è quella che abbiamo quando questa percezione sensoria ce la rappresentiamo soltanto.

 

Questa vita di rappresentazione ci allontana in sommo grado

da ciò che è l’essenziale del nostro sperimentare l’Io nelle percezioni sensorie.

 

Non possiamo dire di avere una forte coscienza dell’Io nello stesso senso,

quando svolgiamo soltanto attività di rappresentazione;

al contrario, nel mero rappresentare entra continuamente in gioco il fatto che questa coscienza dell’Io vuole oscurarsi

– il che si manifesta proprio nel passaggio, nel puro rappresentare,

ad uno stato di sogno o perfino ad una specie di stato di sonnolenza.

 

• Quando rappresentiamo soltanto, ci immergiamo più profondamente nella nostra interiorità

che non quando viviamo collegati col mondo esterno nella rappresentazione sensoria.

• Bisogna perciò indirizzare ogni singola persona all’auto-osservazione: ci si accorgerà che,

quando viene smorzata la percezione sensoria, esiste la tendenza a smorzare l’Io.

 

Infatti,

• quando leghiamo la rappresentazione allo sperimentare con i sensi,

• procediamo dal nostro Io al nostro corpo astrale.

Perciò possiamo dire:

• come la vita nella percezione dei sensi appartiene allo sperimentare dell’Io,

• così la vita della rappresentazione appartiene al corpo astrale.

 

Innanzitutto questo spegnersi dell’Io si esprime

(e questa è veramente la cosa più importante alla quale bisogna allacciarsi,

se si vuole capire ciò che ora intendo dire esattamente) completamente nel fatto che noi,

finché restiamo nella percezione dei sensi,    • abbiamo qualcosa di completamente individuale.

 

Il complesso delle rappresentazioni sensorie, che ci stanno immediatamente davanti,

non può averlo davanti a sé una seconda persona precisamente nello stesso modo…

e in questa cosa del tutto individuale contemporaneamente abbiamo la nostra esperienza dell’Io.

 

In quanto saliamo alla vita di rappresentazione abbiamo allo stesso tempo

la possibilità di arrivare a qualcosa di più generale, per esempio di formare astrazioni,

che possano essere comunicate ad altri nella stessa forma,

in quanto gli altri hanno una capacità di comprendere identica alla nostra.

 

• Per quanto abbiamo di individuale nelle percezioni sensorie,

nel corso di tutta la nostra vita, possiamo avere comprensione soltanto di noi stessi;

• mentre ciò che leghiamo alle rappresentazioni lo riceviamo in forma siffatta da avere valore più generale,

da poter essere comunicata in una certa misura ad un maggior numero di uomini.

Ma ciò è una testimonianza del fatto che,

• quando dalla vita dei sensi ci innalziamo alla vita di rappresentazione,     • l’Io si smorza.

 

Però, allo stesso tempo, scendiamo più profondamente dentro di noi:

anche questo è, invero, uno sperimentare immediato.

Mentre però le rappresentazioni – o per meglio dire, ciò che si svolge in noi affinché esse sussistano

e che noi vogliamo oggi, per il momento, lasciare imprecisato – continuano a svilupparsi,

• dalle rappresentazioni nascono i ricordi.

 

A tutta prima le rappresentazioni scompaiono veramente dalla nostra coscienza.

• Da una qualche profondità emergono delle realtà – oggi vogliamo che restino imprecisate –

• grazie alle quali abbiamo la possibilità di evocare le stesse rappresentazioni.

 

Questa è la sola ed unica cosa che possiamo affermare. Quando ci si attiene allo stato dei fatti non si può, non è vero, fare il paio con quegli psicologi che dicono pressappoco così: le rappresentazioni scendono quindi nella subcoscienza, lì se ne vanno a spasso senza che la coscienza ne sappia niente, e quando compare un ricordo, allora risalgono un’altra volta in superficie. Questa non è la realtà dei fatti.

 

Nulla parla a favore del fatto che una rappresentazione, che mi sono formata tre anni fa, ha continuato ad esistere fino alla data odierna e se n’è andata a spasso da qualche parte nel sottosuolo dell’anima, e poi oggi, se mi viene in mente un ricordo, ritorna di nuovo su.

 

Al contrario, l’unica cosa che si può dire, se si vuole essere precisi, è questa:

• un tempo mi sono formato le rappresentazioni;

le capacità che si sono aggregate a questo formare rappresentazioni

sono divenute nel loro ulteriore decorso atte a che oggi

questa rappresentazione possa presentarsi di nuovo in me in maniera cosciente.

 

Questo è il solo e unico stato dei fatti. E se ovunque si fosse inclini ad afferrare gli stati di fatto precisi, è proprio certo che al mondo ci sarebbero meno teorie e ipotesi di quante ce ne sono. Giacché, proprio in relazione a quanto io sto qui ora esponendo, la maggior parte degli uomini crede proprio che ciò che una volta ci si è formati come rappresentazione, viva da qualche parte nell’indeterminato e poi di nuovo si faccia una passeggiata per risalire.

 

Ma sappiamo anche che la rappresentazione che l’uomo si forma in merito ad un’esperienza sensibile,

è del tutto effimera, e che, anche se a volte ciò è camuffato, tuttavia deve svilupparsi una forza interiore,

che può essere sperimentata, quando una rappresentazione del passato diviene di nuovo rappresentazione nel ricordo.

 

Ciò che diviene motivo di rappresentazione-ricordo

sta dunque più in profondità della comune rappresentazione legata alla sensazione.

È una rappresentazione-ricordo che ha il suo fondamento nella nostra organizzazione;

è connessa anche con ciò che siamo quali esseri temporali.

 

Se riassumiamo tutti i fatti che cadono sotto la nostra osservazione, dobbiamo dire:

in ogni caso ciò che ha avuto vita in una rappresentazione legata ad una percezione sensoria,

è penetrato nella corrente del tempo nella quale noi stessi viviamo.

 

• Certe sensazioni, che noi proviamo nella loro interezza, mentre affiora un ricordo,

ci dicono come il ricordare sia legato effettivamente a tutta la nostra organizzazione.

 

• Sappiamo anche come nelle diverse età della vita,

quindi nella sequenza di tempo della vita compresa fra nascita e morte,

la forza del ricordare sia maggiore o minore.