Quel che si verifica durante il sonno è molto più importante di ciò che avviene durante la veglia.

O.O. 136 – Le entità spirituali nei corpi celesti e nei regni della natura – 02.09.1912


 

In precedenti considerazioni tenute proprio qui, ho accennato a come l’uomo, mentre compie il suo lavoro quotidiano, giorno dopo giorno, anno dopo anno, trasformi la corporeità fisica che ha ricevuto e con la quale è fisicamente congiunto all’esistenza terrena.

 

Quando si considera tutto ciò che ci circonda nel mondo fisico durante l’esistenza terrena

e quel che vi viene inserito dal nostro personale lavoro,

la massima attenzione va naturalmente rivolta al tempo che trascorriamo in stato di veglia.

Ho detto comunque che per la vita umana, per ciò stesso che l’uomo può essere nell’esistenza terrena

è ancor più importante quel che si svolge nel tempo che egli trascorre dormendo.

 

Se in un momento della nostra esistenza riandiamo al passato, a ciò di cui possiamo ricordarci, escludiamo sempre il tempo trascorso dormendo e colleghiamo tutto quel che abbiamo compiuto o sperimentato di giorno, nello stato di veglia, facendone in un certo senso un insieme unitario. Ma questo non avrebbe mai potuto essere se non vi fossero frapposti i periodi di sonno.

 

Proprio per conoscere l’uomo nella sua reale natura, ci si deve interessare dello stato di sonno.

Spesso si afferma di non sapere nulla di quel che vi è nel sonno.

Tanto questo appare verosimile alla coscienza superficiale, tanto poco è vero in effetti nella realtà.

Se infatti, guardando il passato, osservassimo una vita mai interrotta dal sonno, saremmo degli automi.

Entità spirituali, certo, però automi.

 

Ancor più importanti dell’alternarsi degli stati di sonno giorno dopo giorno

sono, per ciò che ora dirò, i periodi che da neonati trascorriamo dormendo;

infatti l’effetto di quel sonno perdura in noi per tutta la vita,

e lo completiamo durante il sonno degli anni seguenti con quanto spiritualmente ci viene incontro ogni notte.

 

Saremmo degli automi se appena nati entrassimo svegli nel mondo, se rimanessimo svegli senza mai dormire; non solo saremmo degli automi, ma non avremmo neppure la possibilità di fare qualcosa coscientemente in tale stato di automi. Né riconosceremmo mai come nostro quel che venisse compiuto da noi in modo automatico.

 

Siamo infatti in errore ritenendo che non ci si ricordi quel che si è attraversato nel sonno.

Quando ci volgiamo al passato, i periodi di sonno rimangono sempre fuori dai nostri ricordi:

guardando quel nulla, il tempo trascorso dormendo,

noi vediamo al suo posto in un modo o nell’altro gli avvenimenti vissuti durante la veglia.

 

Di fatto, guardando il passato, al posto del tempo trascorso dormendo, vediamo il nulla.

Il nulla lo vediamo come se, trovandoci di fronte a una parete bianca,

in un punto non vi fosse alcun colore ma un cerchio nero:

lo vediamo come oscurità, oppure come buco, se immaginiamo che vi sia

non un cerchio, ma uno squarcio da cui non traspaia nessuna luce.

 

Vediamo l’oscurità, la vediamo nella nostra vita, quando ci volgiamo al passato.

• I periodi in cui abbiamo dormito ci appaiono come oscurità della vita.

E a questa oscurità, a queste tenebre della vita diciamo “io”.

Non si avrebbe alcuna coscienza dell’io se non si guardasse questa oscurità.

 

• Poter dire io a se stessi

non è qualcosa che dobbiamo al nostro operare dalla mattina alla sera, ma al nostro dormire.

Infatti l’io quale lo consideriamo nell’esistenza terrena

è innanzi tutto tenebra della vita, vuoto, non-essere.

 

E quando consideriamo nel modo giusto la vita,

non dovremmo dire della nostra autocoscienza che ne siamo debitori al giorno, bensì alla notte.

Solo grazie alla notte diveniamo quel che ci rende veri esseri umani, altrimenti saremmo automi.

 

Così se riandiamo ad antiche epoche dell’evoluzione umana sulla terra, scopriamo che gli uomini non erano certo automi perché vi era già una certa differenza fra il sonno e la veglia, però, essendo gli stati di sonno più vicini all’abituale coscienza diurna, il loro agire, la loro intera vita terrena erano molto più automatici della vita umana nell’epoca in cui viviamo.

 

Possiamo dunque dire: il nostro vero io, reale, interiore,

non lo portiamo con noi dal mondo spirituale nel mondo fisico sulla terra.

Lo lasciamo sempre nel mondo spirituale.

Era nel mondo spirituale prima che noi scendessimo nell’esistenza terrena.

È ancora in quel mondo fra il momento in cui ci addormentiamo e il risveglio.

Rimane sempre nel mondo spirituale.

 

Quando di giorno abbiamo la nostra attuale coscienza di uomini e ci definiamo un io,

la parola “io” indica qualcosa che non è presente in questo mondo fisico, in cui ve n’è solo l’immagine.

 

Non consideriamo noi stessi nel modo corretto dicendo:

io sono quest’uomo robusto qui sulla terra e vi sto col mio vero essere;

saremmo invece nel giusto dicendo: il nostro vero essere è nel mondo spirituale.

Ciò che di noi è qui sulla terra è un’immagine, o meglio una copia del nostro vero essere.

L’affermazione più corretta è che quello sulla terra non va considerato l’essere umano reale, ma la sua immagine.

 

Tale carattere di immagine può diventarci ancora più chiaro.

Pensiamo a noi stessi mentre dormiamo.

L’io e il corpo astrale sono lontani dal corpo fisico e da quello eterico.

Ma l’io agisce nel sangue e nei movimenti umani.

Questi movimenti si interrompono quando nel sonno l’io è lontano;

ma il sangue continua ad agire benché l’io non sia presente.

 

Basta osservare il corpo fisico per domandarsi che cosa ne avvenga mentre si dorme.

Il sangue allora deve pur essere sostenuto in un certo modo da qualcosa, come di giorno, durante la veglia lo è dall’io.

Lo stesso vale per il corpo astrale che vive sempre in tutto il processo di respirazione

ma che lo abbandona durante la notte; eppure tale processo continua!

 

Vi deve allora essere qualcosa che agisce come fa il corpo astrale nella vita diurna.

Nel sonno con il corpo astrale o con il nostro io abbandoniamo le forze della pulsazione del sangue.

Che cosa fanno durante la notte?

Quando giaciamo distesi nel letto e l’io ha lasciato le forze del sangue che pulsa,

in esse entrano entità della più vicina gerarchia superiore: allora Angeli, Arcangeli e Archai

vivono in quegli stessi organi in cui di giorno, durante la veglia, vive l’io.

 

Negli organi della respirazione che noi abbiamo abbandonato

perché il corpo astrale ne è fuori, agiscono durante la notte

esseri della gerarchia successiva: Exusiai, Dynamis, Kyriotetes.

 

La situazione è dunque che quando, addormentandoci la sera, predisponiamo con l’io e il corpo astrale la nostra partenza dalla corporeità diurna, Angeli, Arcangeli ed entità spirituali superiori entrano in noi e mentre siamo lontani i nostri organi continuano a vivere dall’istante in cui ci addormentiamo a quello in cui ci svegliamo.

 

Per quel che riguarda il corpo eterico

non siamo ancora in grado di fare, neppure nella veglia diurna, quel che vi deve essere fatto,

e lo devono compiere le entità della gerarchia più alta, Serafini, Cherubini e Troni,

che vi rimangono sempre anche quando siamo svegli.

 

E poi il nostro corpo fisico!

Se dovessimo occuparci da soli di quel che avviene nel nostro corpo nei suoi grandiosi, potenti processi,

non solo lo faremmo male, ma soprattutto non sapremmo da che parte cominciare

perché in tale campo siamo del tutto sprovveduti.

Quel che l’anatomia dice del corpo fisico non riuscirebbe a mettere in movimento un solo atomo.

 

A questo presiedono ben altre potenze.

Quelle stesse potenze che da tempi antichissimi vengono chiamate la somma Trinità:

le potenze del Padre, del Figlio e dello Spirito, la vera Trinità che dimora nel nostro corpo fisico.

 

Possiamo dunque affermare che durante tutta la vita terrena il nostro corpo fisico non ci appartiene,

attraverso di noi non potrebbe avvenire la sua evoluzione.

Come dissero gli antichi, è il vero tempio della divinità, della divinità che si manifesta come trina.

 

Il nostro corpo eterico è la sede della gerarchia di Serafini, Cherubini, Troni;

essi curano tutti gli organi che sono assegnati al corpo eterico.

I nostri organi fisici ed eterici, che di notte vengono abbandonati dal corpo astrale,

devono essere curati dalla seconda gerarchia: Kyriotetes, Dynamis, Exusiai.

• E i nostri organi che vengono abbandonati dall’io devono essere curati dalla terza gerarchia:

Angeli, Arcangeli, Archai.

 

• Vi è nell’uomo un operare ininterrotto che non proviene solo da lui stesso.

Durante la veglia egli abita per così dire da ospite il proprio organismo,

contemporaneamente tempio e dimora degli spiriti delle gerarchie superiori.

 

Considerando tutto questo possiamo concludere che si guarda in modo giusto la figura fisica umana

solo considerandola un’immagine, l’immagine dell’azione di tutte le gerarchie.

Esse sono al suo interno.

 

Guardando la testa umana nella sua conformazione, in tutti i particolari, ed anche come è plasmato il resto del corpo,

sarei nell’errore dicendo che è questo o quell’essere;

dovrei invece dire che è immagine di un agire invisibile, sovrasensibile di tutte le gerarchie.

 

Solo quando si penetra in tal modo nelle cose,

si parla correttamente fin nel dettaglio di ciò che in genere viene sempre spiegato nell’astrattezza più assoluta.

Viene detto che il mondo fisico non è la realtà, è maya, e che la realtà rimane dietro di esso.

Non è un inizio che porti molto lontano: è solo una verità generica, come quando si dice che nei prati spuntano i fiori.

 

Si può iniziare qualcosa solo sapendo quali fiori crescano nel prato; così si può intraprendere qualche cosa

solo con una conoscenza dei mondi superiori che giunga ad indicare nei particolari

quale sia l’azione di tali mondi in ciò che esteriormente appare come immagine, maya, riflesso,

manifestazione nella sfera fisico-sensibile.

 

• Per la sua vita terrena diurna, ma anche per quella notturna, l’uomo considerato come un tutto

non solo è in relazione con ciò che lo circonda in questa esistenza, ma anche con il mondo della spiritualità superiore.

• Come una spiritualità che si potrebbe definire inferiore agisce sulla terra attraverso i regni della natura

(minerale, vegetale, animale), così attraverso le stelle agisce sull’essere umano una spiritualità superiore.

 

L’uomo considerato come essere completo

è sì in relazione qui sulla terra con le piante e gli animali, l’acqua e l’aria attraverso la sua esistenza terrena,

ma allo stesso modo è nella sua interezza in relazione con il mondo delle stelle che a sua volta è solo immagine,

manifestazione di quel che è presente in realtà, e cioè proprio gli esseri delle gerarchie superiori.

 

Levando lo sguardo alle stelle, in effetti guardiamo gli esseri spirituali

delle gerarchie che irraggiano verso di noi una sorta di luce simbolica del loro essere,

una traccia per la vita fisica di ciò che di spirituale ricolma l’universo intero.

 

Come sulla terra proviamo il desiderio di conoscere la montagna, il fiume, l’animale, la pianta,

così dovremmo sentire il desiderio di conoscere il mondo delle stelle nella sua verità.

Nella sua verità è un mondo spirituale.