Relazione fra mondo naturale e mondo morale-animico

O.O. 202 – Il Ponte tra la spiritualità cosmica – 10.12.1920


 

Nelle nostre ultime considerazioni si è trattato

• da una parte della possibilità di vedere nel regno della natura

ciò che in certo modo si collega con l’elemento morale e l’elemento animico,

• e dall’altra parte di vedere nell’animico, a sua volta, quello che è presente nella natura.

Proprio in questo campo l’umanità moderna si trova davanti, direi, a un enigma inquietante.

 

Ho ripetuto spesso, anche in conferenze pubbliche, che l’uomo, quando da un lato applica all’universo le leggi della natura, se rivolge lo sguardo al passato può affermare che tutto ciò che abbiamo intorno a noi proviene da un imprecisato stato di nebbia primordiale, quindi da qualcosa di puramente materiale che poi si è in qualche modo differenziato e trasformato, dal quale sono derivati gli esseri dei regni minerale, vegetale e animale, e da cui è derivato anche l’uomo; tutto ciò, sebbene in forma diversa da come era in principio, si troverà in un certo modo come puramente fisico, alla fine del mondo. Ma allora quello che è sorto in noi come morale, i nostri ideali stessi sarebbero in ultima analisi perduti e dimenticati e vi sarebbe solo il grande cimitero del mondo fisico; in quello stato fisico finale non avrebbe nessuna importanza quanto è sorto nell’uomo come evoluzione dell’anima, perché ciò sarebbe stato proprio soltanto un ribollire di schiuma.

L’unica realtà sarebbe allora ciò che si è evoluto fisicamente da una nebbia primordiale fino alla massima differenziazione dei diversi esseri, per poi ritornare di nuovo a un generico stato cosmico di scoria.

 

Una tale concezione cui deve pur giungere in modo onesto, cioè onesto verso se stesso, chi professi la concezione del mondo naturalistica dell’epoca presente, una simile concezione non può mai gettare un ponte fra il fisico e il morale-animico. Perciò a una concezione del genere, se non vuole essere completamente materialistica e ammettere nel mondo soltanto i processi materiali, in certo modo occorre sempre una specie di secondo mondo, tratto dall’astrazione, che, se si riconosce il primo mondo come dato soltanto per la scienza, sarebbe invece connesso solo con la fede. E questa fede si regge sul fatto che per conto suo essa sostiene che tutto quello che sorge nell’anima umana come « bene » non può rimanere nel mondo senza compenso; debbono esservi certe potenze che (comunque filosoficamente lo si possa pensare, il risultato è il medesimo) ricompensano il bene e puniscono il male e così via.

 

Ai nostri tempi esistono senz’altro degli uomini che professano le due concezioni, nonostante esse stiano una accanto all’altra senza ponte di collegamento. Esistono uomini che da un lato si lasciano dire tutto quel che viene loro offerto dalla concezione del mondo risultante puramente dalle attuali scienze naturali, che accettano la teoria di Kant-Laplace sulla nebulosa primordiale e concordano con tutto quello che viene esposto circa uno stato finale di scoria per la nostra evoluzione, ma tuttavia professano anche qualche concezione religiosa del mondo, per esempio che le opere buone trovino in qualche modo una ricompensa e che i malvagi peccatori siano puniti, e così via.

Colpisce il fatto che nella nostra epoca sussistano nella loro anima entrambe le cose, che nel nostro tempo vi sia scarsa vera attività nelle anime, perché se tale attività interiore vi fosse, una stessa anima non potrebbe da un lato accettare semplicemente un ordinamento del mondo che esclude la realtà della morale, e dall’altro lato ammettere l’esistenza di qualche supremo potere che ricompensi il bene e punisca il male.

 

Paragoniamo ora, con quello che ci si presenta secondo l’indolenza del pensare e del sentire di tanti uomini del nostro tempo, cioè la concezione del mondo morale, da una parte, e quella fisica dall’altra, senza alcun ponte fra di esse, paragoniamo dunque con ciò quanto ho esposto qui l’ultima volta quale risultato della scienza dello spirito.

Io ho detto che noi ci vediamo attorno per prima cosa il mondo delle manifestazioni luminose, che quindi nella natura esterna vediamo tutto quello che ci si presenta attraverso il fenomeno che chiamiamo « luce ».

 

Ho indicato come in tutto quanto esiste intorno a noi come luce

si debbano vedere i pensieri morenti del mondo,

cioè pensieri cosmici che una volta, in un remotissimo passato, furono mondi di pensiero di determinate entità:

mondi di pensiero movendo dai quali entità cosmiche riconoscevano allora i loro segreti cosmici di quel tempo.

• Ciò che allora erano pensieri oggi ci risplende incontro,

• mentre è, per così dire, un cadavere di pensieri, proprio pensiero cosmico che muore,

quanto ci risplende incontro come luce.

 

Basta aprire il mio libro La scienza occulta e leggere le pagine che si riferiscono all’argomento per sapere che,

se rivolgiamo lo sguardo al passato primordiale, l’uomo, quale lo intendiamo oggi come essere, non esisteva.

Durante il periodo di Saturno, per esempio, dell’uomo non esisteva che una specie di automa dotato di sensi.

 

Sappiamo pure che a quei tempi l’universo era abitato come lo è ora. Ma allora altri esseri avevano nell’universo il grado che oggi è assunto dall’uomo.

Sappiamo che gli spiriti che chiamiamo archai durante l’antica esistenza di Saturno si trovavano al grado umano; essi non erano uomini, così come sono gli uomini oggi, ma si trovavano al grado di uomini; con una ben diversa costituzione essi tuttavia si trovavano al grado umano.

Gli arcangeli furono poi al grado umano durante l’antica esistenza solare e così via.

 

Volgiamo dunque lo sguardo indietro al remoto passato e diciamo:

come quali esseri pensanti noi attraversiamo il mondo oggi,

nello stesso modo quelle entità attraversavano allora il mondo quali esseri pensanti con carattere umano.

• Ma ciò che viveva allora in essi è diventato ora pensiero cosmico esteriore.

• E ciò che viveva allora in essi come pensiero,

in modo che dall’esterno non si sarebbe potuto percepire che come una loro aura di luce,

viene visto nella cerchia dei mondi e si palesa poi nei fenomeni della luce;

di modo che nei fenomeni della luce dobbiamo vedere morenti mondi di pensieri.

 

• In questi fenomeni della luce si intromette ora la tenebra

e rispetto alla luce si esplica ora, nella tenebra,

ciò che da un punto di vista animico-spirituale può chiamarsi volontà,

e che con locuzione più orientale può anche esser chiamato amore.

 

Quando dunque guardiamo fuori nel mondo, vediamo da una parte il mondo splendente, se posso dire così;

ma noi non potremmo vedere questo mondo splendente che per i nostri sensi sarebbe sempre trasparente,

se in esso non si rendesse percepibile la tenebra.

• E in quello che ora compenetra il mondo come tenebra dobbiamo cercare, sul primo gradino dell’animico,

ciò che vive in noi come volontà.

• Come il mondo fuori può essere considerato un’armonia di tenebra e luce,

così anche la nostra stessa interiorità, soprattutto in quanto essa si estende nello spazio,

può essere considerata come luce e tenebra.

 

Soltanto che, per la nostra coscienza individuale,

• la luce è pensiero, rappresentazione;

• la tenebra in noi è volontà che diventa bontà, amore.

 

Con questo noi acquistiamo una concezione del mondo in cui

• quello che è nell’anima non è soltanto animico,   • né quello che è fuori nella natura è soltanto naturale;

acquistiamo cioè una concezione del mondo in cui

• ciò che si trova fuori nella natura è il risultato di processi morali precedenti,

in cui la luce è costituita da morenti mondi di pensieri.

 

Da ciò possiamo anche dedurre che, quando portiamo in noi i nostri pensieri, proprio in quanto vivono in noi come pensieri, essi sono soprattutto una specie di forza liberata del nostro passato.

Ma da tutto il resto del nostro organismo compenetriamo continuamente con la volontà i nostri pensieri.

Infatti proprio quelli che chiamiamo i pensieri più puri sono residui di un remoto passato, compenetrati dalla volontà.

Così che anche il pensiero puro (ho espresso questo molto energicamente nella nuova edizione della mia Filosofia della libertà) è compenetrato dalla volontà.

 

Ma quanto ora portiamo in noi trapassa nel lontano avvenire,

e nel lontano avvenire ciò che ora è predisposto in noi come un primo germe

risplenderà nelle manifestazioni esteriori.

 

Esisteranno allora esseri che guarderanno fuori nel mondo, così come noi dalla Terra guardiamo nel mondo, e diranno: « Intorno a noi risplende una natura. E perché risplende per noi così come risplende? Perché le azioni degli uomini sulla Terra furono di un determinato genere: quello che vediamo ora intorno a noi è infatti il risultato di quel che gli uomini terrestri hanno portato in loro come germe ».

 

Noi ora siamo qui e guardiamo fuori nella natura esteriore. Come uomini possiamo anche stare qui come fossimo astrazioni aride e spassionate; possiamo, come fanno i fisici, analizzare la luce e i suoi fenomeni: analizzeremo allora questi con freddezza interiore, come uomini di laboratorio; da ciò risulterà molto di bello e di ingegnoso, ma allora non ci mettiamo di fronte al mondo esterno come uomini completi.

Ci troviamo di fronte al mondo come uomini completi soltanto quando possiamo « sentire » quel che ci si presenta nell’aurora, nell’azzurro del cielo, nella pianta verdeggiante, quando possiamo « sentire » quel che ascoltiamo nel frangersi dell’onda; non si tratta qui solo della luce percepibile all’occhio, io adopero qui l’espressione « luce » per tutte le percezioni sensorie.

In ciò che percepiamo intorno a noi che cosa vediamo? Vediamo un mondo che certamente può elevare la nostra anima, che in un certo modo si rivela per la nostra anima come un mondo necessario affinché noi, in generale, possiamo guardare fuori con tutti i sensi in un mondo pieno di significato.

 

• Noi non siamo uomini completi

se ci poniamo dinanzi al mondo per analizzarlo aridamente come i fisici.

Ci poniamo come uomini completi di fronte al mondo soltanto quando diciamo:

• « Quello che qui risplende, quello che qui risuona

è in fondo ciò che in lontani tempi passati degli esseri hanno elaborato entro le loro anime;

ad essi dobbiamo essere riconoscenti ».

 

Allora non guardiamo fuori nel mondo come aridi fisici, guardiamo con sentimenti di gratitudine verso le entità che molti milioni di anni fa, diciamo durante l’epoca dell’antico Saturno, vissero da uomini così come noi oggi viviamo da uomini e pensarono e sentirono in modo tale che oggi abbiamo questo meraviglioso mondo intorno a noi. Tale è un importante risultato di una concezione del mondo satura di realtà in quanto essa ci conduce a non guardare il mondo come uomini aridi e freddi, ma a guardarvi pieni di gratitudine verso gli esseri che nel remotissimo passato hanno effettuato per mezzo del loro pensare e delle loro attività ciò che è ora intorno a noi il mondo che ci entusiasma.

 

Rappresentiamoci questo con la dovuta intensità; colmiamoci di questa rappresentazione del dovere di riconoscenza verso gli antichissimi uomini primordiali predecessori degli attuali uomini, perché sono essi che hanno creato quello che ci attornia. Colmiamoci di questo pensiero e portiamo l’anima nostra a riconoscere che dobbiamo regolare i nostri pensieri e i nostri sentimenti in modo da corrispondere all’ideale morale che si libra davanti ai nostri occhi, affinché quegli esseri che verranno dopo di noi possano vedere un mondo circostante per il quale debbano esserci altrettanto riconoscenti quanto noi dobbiamo essere riconoscenti ai nostri remotissimi antenati i quali ora, in senso letterale riguardo alle loro azioni, ci circondano come spiriti di luce.

 

• Vediamo oggi un mondo luminoso che, milioni di anni fa, era un mondo morale.

• Ora noi portiamo in noi un mondo morale: fra milioni di anni esso sarà un mondo di luce.

 

Una concezione del mondo pienamente valida conduce a sentire il mondo in questo modo. Una concezione del mondo di incompleto valore porta invece a idee e concetti di ogni genere, a svariatissime teorie sul mondo, ma tuttavia non colma tutto l’uomo, perché lascia vuoto il suo sentimento.

Ciò ha un suo lato molto pratico, sebbene l’uomo di oggi non ne scorga ancora che in piccola parte la praticità; ma chi è animato da buone intenzioni verso il mondo attuale sa che non deve lasciarlo andare in rovina; egli dovrebbe gettare uno sguardo su una scuola e su una università dell’avvenire, in cui i giovani non entreranno alle otto della mattina con un certo qual sentimento indolente di indifferenza per uscirne alle dodici o all’una con il medesimo sentimento indolente e indifferente, tutt’al più con una punta di orgoglio per essere diventati ancora più sapienti (supponendo che lo siano diventati).

 

No! Si può dirigere lo sguardo a una prospettiva avvenire in cui quelli che usciranno alle dodici o all’una abbandoneranno i locali dell’insegnamento con sentimenti che, rispetto al mondo, si estendano fino all’universale, perché sarà impiantato nelle loro anime, oltre alla sapienza, anche il sentimento del divenire del mondo e il sentimento di gratitudine verso il remotissimo passato in cui furono attivi degli esseri che hanno formato la natura che ci circonda quale essa è ora, e il sentimento della grande responsabilità che noi abbiamo perché quelli che sono impulsi morali in noi diventeranno più tardi mondi risplendenti.

Certamente non si tratta che di fede quando si dice alla gente: la nebbia primordiale è realtà, la scoria futura è realtà, nel frattempo gli uomini si fanno delle illusioni morali che sorgono in loro come schiuma. Di quest’ultima però la fede nella nebulosa non parla; dovrebbe però parlarne, se fosse onesta. Non è forse qualcosa di essenzialmente diverso se l’uomo può dire a se stesso che esiste una specie di compenso, perché la natura è per se stessa disposta in modo che si verifichi questo compenso, cioè che i pensieri diventino luce splendente?

 

Così si manifesta l’ordinamento morale del mondo.

• Ciò che in un tempo è ordinamento morale del mondo

sarà in un altro tempo ordinamento fisico del mondo,

e ciò che in un tempo qualsiasi è l’ordinamento fisico del mondo

è stato in un altro tempo ordinamento morale del mondo.

Tutto ciò che è morale è destinato ad apparire fuori nel fisico.

 

All’uomo che considera la natura in modo spirituale

occorre forse ancora una prova speciale di un ordinamento morale del mondo?

No, nella natura stessa, se è veduta secondo lo spirito, risiede la giustificazione dell’ordinamento morale del mondo.

Ci si eleva a questa immagine quando si considera appunto l’uomo, vorrei dire, nella sua piena umanità.